Una precisa identità aziendale serve non solo a definire meglio gli obiettivi di business, ma anche a migliorare la produttività di chi lavora. Gli strumenti? Trasparenza, coinvolgimento e buon esempio dai piani alti.
Che sia il Milan, la Juventus oppure l’Atalanta: la passione per la squadra di calcio preferita è qualcosa che accompagna un tifoso per tutta la vita. E con cui si identifica. Eppure, da un punto di vista strettamente economico, è un costo: biglietti per lo stadio, magliette, abbonamenti televisivi, per non parlare delle trasferte per i più sfegatati.
Ma non importa: l’appartenenza a un’entità precisa è un bisogno fondamentale dell’essere umano. E a volte, quando portata all’eccesso, ha anche un lato negativo, se comporta atteggiamenti di esclusione e discriminazione verso chi non fa parte dello stesso gruppo etnico, religioso o semplicemente sportivo. Ma questo è un altro discorso.
Va notato, invece, che l’orgoglio per l’appartenenza a una fazione, partito, schieramento, tifoseria, associazione, fanclub e via raggruppando, molto spesso non riguarda l’attività che impegna gli individui per buona parte del loro tempo: il luogo di lavoro.
Un dipendente, insomma, raramente si identifica con l’azienda che a fine mese gli fornisce, in cambio dell’attività svolta, i mezzi necessari per vivere. Sembra un paradosso, ma è così: c’è passione per aderire a un gruppo che è anche un costo mentre, invece, suscita disinteresse, se non proprio avversione, chi fornisce quattrini.
È un problema che si riflette sulla produttività dell’azienda: dipendenti poco motivati o peggio comportano meno efficienza.
Per questo uno degli obiettivi di un’azienda dovrebbe essere non solo vendere più prodotti ai clienti, ma «vendere», questa volta scritto tra virgolette, sé stessa ai propri dipendenti. Si può fare.
I risultati sono misurabili: l’annuale ricerca di Great Place To Work, la classifica delle aziende in cui si lavora meglio, indica chiaramente che i luoghi di lavoro con punteggi di appartenenza elevati forniscono risultati aziendali migliori.
Il 64% dei dipendenti delle aziende con identità precisa e più friendly ha maggiori probabilità di sentirsi coinvolto in elevati livelli di innovazione e lavora di più e meglio.
Investire, ma bene
Che definire un’identità aziendale e coinvolgere i dipendenti sia importante lo conferma anche una ricerca della Harvard Business Review condotta da un team di esperti, medici e studiosi del comportamento composto da Evan W. Carr, Andrew Reece, Gabriella Rosen Kellerman e Alexi Robichaux.
Secondo la loro analisi, il senso di appartenenza a un’identità aziendale nella maggior parte delle realtà è compromesso spesso da una cattiva gestione manageriale o da condizioni che non consentono il coinvolgimento dei dipendenti.
Per esempio, il 40% delle persone si sente isolato sul luogo di lavoro, con il risultato di un impegno inferiore al dovuto. E dire che molte aziende investono ingenti risorse per corsi di formazione con l’obiettivo di fare gruppo.
I team building per la diversità e l’inclusione, però, non sempre centrano il bersaglio, perché trascurano il bisogno di far sentire inclusi quei soggetti che non fanno parte delle categorie svantaggiate.
Insomma, il dipendente che non si identifica con la mission aziendale non cambia opinione se, poniamo, l’impresa decide una politica di agevolazione verso le dipendenti in maternità. Sono due faccende diverse.
Il senso di esclusione, quindi, sempre secondo gli esperti della Harvard Business Review, è il primo problema che frena la formazione di un senso di identità aziendale. Sentirsi estranei a un progetto è un sentimento con un peso notevole e deriva da cause che sono difficili da sradicare anche dai luoghi di lavoro più sani.
Socialità condivisa
Per natura gli esseri umani, così come gli altri componenti della famiglia dei primati (per esempio, scimpanzè e bonobo) con cui la nostra specie è strettamente imparentata, sono animali fondamentalmente sociali. Una mancanza di compartecipazione crea disagio.
Il quotidiano britannico The Guardian ha invitato i lettori a condividere le proprie esperienze sul senso di esclusione al lavoro: hanno risposto subito in più di 800. E le lamentele non riguardavano il livello retributivo, ma la mancanza di stimolo e di coinvolgimento nella propria attività.
Un’altra indagine per misurare il peso del senso di appartenenza all’azienda è stata condotta da BetterUp, società che propone strategie di coaching. Il sondaggio ha coinvolto 1.789 dipendenti statunitensi a tempo pieno in molti settori.
Inoltre, sono stati condotti una serie di esperimenti con oltre 2 mila partecipanti per osservare e misurare i costi dell’esclusione. Risultato: se i lavoratori si sentono a casa le aziende ne traggono notevoli benefici in termini di profitti.
Un elevato senso di appartenenza è stato collegato a un aumento del 56% delle prestazioni lavorative, a un calo del 50% del rischio di turnover e a una riduzione del 75% dei giorni di malattia. Per una grande azienda da 10 mila addetti, la società di analisi ha calcolato che ciò si tradurrebbe in un risparmio annuale di oltre 52 milioni di dollari.
I dipendenti con un maggiore senso di appartenenza al posto di lavoro hanno anche mostrato un aumento del 167% nella disponibilità a raccomandare la loro azienda ad altri. Inoltre, hanno anche ricevuto il doppio degli aumenti e 18 volte più qualche promozione.
I pericoli
Oltre a quantificare i vantaggi che un’azienda trae dal coinvolgimento attivo dei dipendenti, vanno valutati anche gli aspetti negativi del mancato coinvolgimento nella identità aziendale.
Lo scenario peggiore del senso di esclusione, per esempio, può comprendere azioni di sabotaggio. Che non significa per forza atti violenti nei confronti di strutture o attrezzature, ma anche semplicemente un atteggiamento di resistenza passiva, non partecipare attivamente quanto sarebbe invece possibile ai compiti che il dipendente è chiamato a svolgere.
L’esclusione non motiva, ma scoraggia e frena. E per questo la mancata adesione all’identità aziendale genera ingenti perdite finanziarie all’azienda.
Motivi che devono indurre le aziende a fare di tutto per rendere i dipendenti coinvolti nella realtà aziendale e nella sua identità. Beninteso: occorre che prima l’impresa se ne costruisca una precisa e solida.
Marchio, obiettivi, principi etici, storia, leadership e regole di comportamento: sono la base su cui il dipendente deve potersi confrontare.
Le strategie sono diverse e vanno adattate al contesto aziendale, alla dimensione dell’impresa e alle attitudini del management.
Per questo, spesso per ottenere dei risultati le aziende si rivolgono a esperti esterni, che hanno il compito di proporre e a volte anche gestire una strategia per formare e condividere una corretta identità aziendale.
In linea di massima, gli aspetti su cui focalizzarsi comprendono l’analisi dei meccanismi di psicologia sociale, che permettono di innescare un forte senso di appartenenza a un’identità di gruppo, ma anche l’impostazione di una strategia di comunicazione aziendale studiata per innescare un forte senso di appartenenza all’azienda, e l’introduzione alle buone pratiche di comunicazione manageriale.
Ancora: sono necessarie l’analisi preliminare del senso di appartenenza all’azienda, così come è fondamentale tenere conto dei bisogni di socialità e delle dinamiche di gruppo, quelle di accettazione o conflitto nei confronti dei leader, vanno compresi gli errori da evitare e conoscere in anticipo i meccanismi psicologici per la generazione dell’impegno e la dedizione al lavoro. Ricordandosi, in ogni caso, che è difficile ricevere più di quanto si dà.
Le cinque regole da rispettare
Quali sono le regole per definire e gestire una chiara identità aziendale?
1 Stabilire vision, mission e valori
È fondamentale definire un’identità aziendale chiara e riconoscibile.
Vision: è la destinazione ideale verso cui l’azienda vuole tendere, per esempio, essere leader in un determinato segmento di mercato, in un’area, in una particolare classe di prodotti. Il traguardo deve essere facilmente riconoscibile, ambizioso, ma non impossibile da raggiungere. Manager e dipendenti devono aver chiaro e visibile lo striscione del traguardo.
Mission: comprende non solo l’obiettivo, ma anche le modalità strategica per raggiungerlo, il metodo di lavoro.
Valori: vanno precisati i principi etici e morali che guidano il comportamento di tutti i membri dell’azienda. Attenzione, questo aspetto è molto importante e deve coinvolgere con coerenza manager e proprietà. Anzi, sono loro che devono dare il buon esempio attenendosi strettamente ai principi guida.
Solo con una piena adesione a tutti i livelli della filosofia aziendale, senza favoritismi né discriminazioni, si ottiene una identità aziendale forte e coinvolgente.
2 Comunicare meglio
Spesso manager o imprenditori hanno altro a cui pensare invece di perdere tempo a parlare con i dipendenti. Sbagliato. Dialogare con i propri collaboratori non è uno spreco di preziosi minuti, ma fa parte del business. E, probabilmente, il tempo dedicato ai dipendenti si riduce se l’azienda attua una politica di comunicazione proficua e trasparente.
Non c’è nulla di peggio che apprendere casualmente da un/una collega una novità aziendale durante la classica pausa caffè: è il modo migliore per far sentire inutile, escluso o discriminato un dipendente o un collaboratore.
Comunicare cambiamenti, novità e iniziative a tutti significa far sentire tutti i dipendenti partecipi di quanto fa l’azienda. E questo vale anche per le notizie negative, che sussurrate e magari ingigantite nel corridoio possono provocare un effetto nefasto. Meglio affrontare la dura realtà e gestirla, piuttosto che cercare di nasconderla.
3 Feedback
Non solo è importante comunicare, ma anche ascoltare. Richieste, suggerimenti, commenti dei dipendenti non sempre sono costruttivi, ma sono comunque necessari. L’azienda può organizzare un feedback anche attraverso strumenti elettronici come bacheche virtuali, chat, gruppi mail. L’importante è che non ci siano limiti, ovviamente con un po’ di buonsenso, nella possibilità di espressione.
4 Formazione
L’identità di un’azienda è determinata anche dalle possibilità di crescita offerte a chi lavora. Non è solo una questione retributiva, ma di percorsi di crescita professionale. Chi può essere soddisfatto del proprio lavoro se sa che non cambierà mai in meglio?
La possibilità di crescere fa aumentare anche la partecipazione emotiva alla mission aziendale. L’azienda deve accompagnare il cammino organizzando corsi di specializzazione, workshop, e-learning, oppure mentorship e coaching.
5 Ambiente
C’è la salute del pianeta, certo. Ma il primo ambiente da salvaguardare è quello in cui si passano otto (o più) ore al giorno.
Un’azienda con uffici o magazzino ordinati, puliti ed efficienti stimola chi ci lavora. Una piccola zona relax è ideale per una pausa, a patto che non incentivi chi la frequenta a spiaggiarsi lì per troppo tempo.
Macchine moderne su cui lavorare, strumenti adatti, software aggiornati: l’efficienza contribuisce a formare l’immagine aziendale e a spingere chi lavora a essere a sua volta efficiente.
di Giuseppe Rossi