Meglio tardi, che mai. Arriva la riforma per la gestione delle terre e rocce di scavo. Il provvedimento è arrivato con il consiglio dei ministri, che ha varato definitivamente il Decreto sarà ora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore. Il Dpr è composto da 31 articoli e dieci allegati. La riforma manda in pensione una serie di altre norme, come il il decreto ministeriale 161/2012 sulla gestione dei grandi cantieri, l’articolo 184-bis, comma 2-bis, Dlgs 152/2006 sul campo di applicazione, gli articoli 41, comma 2 e 41-bis Dl 69/2013 (legge 98/2013) sui materiali di riporto e sulla gestione dei piccoli cantieri.
Che cosa prevede
Il provvedimento distingue tra terre e rocce prodotte in cantieri di grandi e piccole dimensioni. Inoltre, introduce regole su terre e rocce dei cantieri di grandi dimensioni non soggetti a Via e ad Aia. Il testo approvato dal governo specifica anche in merito a terre e rocce come rifiuti, quelle escluse da questa categoria e quelle dei siti oggetto di bonifica. Obiettivo (ancora tutto da verificare) è la semplificazione delle procedure. Ora il deposito intermedio prima dell’utilizzo può essere effettuato anche in luogo diverso dal sito di produzione e da quello di destinazione, basta che il sito di deposito rientri nella stessa classe urbanistica di quello di produzione. Per i grandi cantieri scompare la comunicazione all’autorità competente di ogni trasporto di terre e rocce intese come sottoprodotti.
Altro snellimento: gestione e uso di terre e rocce come sottoprodotti non sono più subordinati alla approvazione del piano di utilizzo da parte dell’Autorità competente. Adesso, decorsi 90 giorni dalla presentazione del piano, il proponente può avviare la gestione nel rispetto del piano di utilizzo. Non solo, il piano di utilizzo potrà essere prorogato di due anni mediante semplice comunicazione al Comune e all’Arpa. È sufficiente, infatti, una comunicazione per apportare modifiche sostanziali al piano di utilizzo o per prorogarlo. In caso di amianto, ogni tipologia di cantiere può impiegare terre e rocce come sottoprodotti usando il parametro previsto dal Dlgs 152/2006 per le bonifiche (1.000 mg/kg).
Piccoli cantieri
Se vuole usare terre e rocce in quantità non superiore a 6mila cubi destinate a recuperi, ripristini, rimodellamenti, riempimenti o altri usi sul suolo, il produttore deve dimostrare il non superamento dei valori delle concentrazioni soglia di contaminazione previsti per le bonifiche con riferimento alle caratteristiche delle matrici ambientali e alla destinazione urbanistica indicata nel piano di utilizzo. Adesso, insomma, si può aggiornare la dichiarazione di utilizzo in presenza di variazioni delle condizioni previste per la sussistenza dei sottoprodotti. Il termine di utilizzo può essere proroga una sola volta e per quattro mesi. Se terre e rocce contengono materiali di riporto, la componente di materiali di origine antropica frammisti ai a quelli di origine naturale non può superare il 20% in peso da quantificarsi in base all’allegato 10.
Rifiuti terrosi
È stato modificato il volume del deposito temporaneo: ora è a 4mila metri cubi, di cui 800 se terre e rocce sono pericolose. Per le terre e rocce escluse dalla disciplina sui rifiuti nell’ambito di opere soggette a Via, i requisiti per l’esclusione sono dimostrati in fase di stesura dello Studio di impatto ambientale. Per i piani approvati prima dell’entrata in vigore del Dpr la disciplina abrogata è ultrattiva: si applica.