Il «tagliabollette» taglia troppo poco. Lo sconto energetico rivolto alle Pmi potrebbe non produrre benefici per l’85% delle imprese e dei lavoratori autonomi presenti in Italia, perché lo sconto riguarda le utenze collegate con una potenza impiegata superiore a 16,5 Kw. Per avere un ordine di grandezza, una comune famiglia è collegata con una potenza impiegata di 3 Kw, ma per molte sale anche a 5 Kw. In termini assoluti, secondo la Cgia di Mestre, almeno 4 milioni di attività economiche non potranno beneficiare degli effetti del cosiddetto tagliabollette che, secondo gli obbiettivi del Governo, dovrebbe ridurre i costi energetici delle Pmi del 10%. Il problema, secondo la Cgia, è determinato da una serie di fattori. Il primo è che in Italia le piccole imprese pagano l’energia elettrica oltre il 68% in più della media europea. Solo Cipro registra una situazione peggiore della nostra. Poi il costo praticato nel nostro Paese è pari a circa 200 euro ogni 1.000 Kwh consumati. Solo Cipro ha una tariffa più elevata: 234 euro ogni 1.000 kwh consumati. Inoltre le piccole imprese italiane pagano il 61% in più delle grandi imprese: solo in Grecia (82,4%) si registra un differenziale più elevato. Alla luce di ciò, il Governo ha deciso di abbassare la spesa elettrica dei soggetti collegati in media tensione e di quelli collegati in bassa tensione con una potenza impegnata superiore ai 16,5 Kw. Secondo le stime del ministero dello Sviluppo Economico, le imprese interessate da questo provvedimento in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale sono 710mila. Ma la Cgia sostiene che al di sotto della soglia dei 16,5 Kw operino almeno 4 milioni di imprese e di lavoratori autonomi che, pertanto, non godranno di nessun sconto.