Il settore delle costruzioni è uno di quelli con più alta incidenza di lavoratori stranieri in Italia. I numeri indicano che nelle rivendite di materiali edili si affacciano sempre più spesso lavoratori e imprenditori stranieri. Perché se una volta rumeni, arabi o moldavi erano semplici muratori, ora molti di loro hanno anche aperto una loro impresa. Piccola, artigianale, ma pur sempre un’azienda che, magari, con il tempo potrebbe ingrandirsi.
Imprenditoria straniera in Italia: i dati
Come si dice cemento in arabo? Vi aiutiamo: si dice تنمسأ , parola che si pronuncia ‘asmant’. Vabbè, avete una seconda possibilità: che cosa date al vostro cliente che chiede un راطإ ? Niente?
Male, perché la parola, che si pronuncia ‘iitar’, significa infisso. E se vi domandano qualcosa a proposito del muetaf, sappiate che in arabo significa cappotto. D’accordo, non è necessario imparare la lingua che si parla in Egitto o Marocco per accontentare chi entra nel punto vendita. Ma sapere con chi si ha a che fare è essenziale. Il trend è ormai consolidato: nel 2014, per esempio, il saldo tra aziende iscritte alle camere di commercio e quelle che hanno cessato l’attività è stato positivo per le società aperte da stranieri (24mila registrazioni in più), mentre il bilancio è stato in rosso per gli italiani (35mila in meno). In altri termini, secondo l’analisi della Fondazione Moressa dedicato alla imprenditoria straniera in Italia e basato su elaborazioni di dati Infocamere, «le imprese straniere nel nostro Paese sono aumentate, mentre quelle italiane sono diminuite». Con l’aumento avvenuto negli ultimi quattro anni gli imprenditori stranieri oggi rappresentano quasi il 9% del totale delle società operanti in Italia: 525mila su oltre 6 milioni. Nello stesso periodo il numero totale, a causa della crisi, è diminuito del 2,5%. In particolare, sembra che sia il Lazio dove nel 2014 sono aumentate percentualmente di più le imprese straniere (+5.890), seguito dalla Lombardia e dalla Campania. Ma è in Lombardia (100mila imprese, quasi il 20%) dove ce ne sono di più in assoluto, seguita dal Lazio (13%).
Imprese straniere in cantiere
È interessante anche guardare in controluce di che cosa si occupano le imprese fondate da cittadini di altri Paesi. Quasi la metà del fatturato prodotto da loro, 41 miliardi di euro su 94 complessivi, arriva dal comparto dei servizi. Seguono commercio e industria manifatturiera, con 18 e 17 miliardi. Ma poi c’è l’edilizia, che ha la più alta quota di valore aggiunto settoriale (16%) prodotta da imprese straniere. A dispetto della crisi del settore, le piccole e spesso piccolissime imprese dove si parla arabo, albanese o rumeno resistono. In Italia le aziende edili con un titolare straniero sono 128.961, pari al 15,1% sul totale del comparto (854.947). E il tasso di crescita di queste imprese con passaporto estero, ma portafoglio italiano, che operano nelle costruzioni è superiore a quello complessivo riferito all’edilizia: dato che non sorprende, vista la moria di società dovuta alla grande crisi del settore. Fatto sta che, nonostante tutto, le imprese straniere sono cresciute nel terzo trimestre del 2015 (rispetto al secondo) dello 0,49% rispetto alla variazione totale dello 0,10%. Non solo: se si calcola il periodo che va dal settembre 2012 al settembre scorso, la crescita è del 3,9%.
Lavoratori stranieri in edilizia
Ma, ovviamente, non ci sono solo gli imprenditori stranieri: il grosso è costituito dai semplici lavoratori. Secondo i calcoli presentati tempo fa nel secondo Rapporto Ires-Fillea, presentato alla IV Conferenza nazionale dei lavoratori stranieri di Fillea Cgil, un muratore su cinque arriva da un altro Paese. Nel campo delle costruzioni, a crisi appena iniziata, erano occupati 406mila lavoratori immigrati (il 21,2% su un totale di 1,9 milioni). Una presenza che è rimasta più forte nelle grandi città, dove il sindacato calcola che la metà degli addetti di chi sta in cantiere parli un’altra lingua, con punte dell’80%. Le Casse edili confermano la stima. I lavoratori stranieri dell’edilizia sono impiegati in genere nelle mansioni più semplici, più faticose e meno retribuite, mentre gli operai specializzati rappresentano solo il 9% a fronte del 30% se si contano anche gli italiani. Oltre a essere stranieri, in media gli operatori di queste aziende sono anche giovani. Se si contano i titolari di azienda, sono giovani 31.388 su 128.961. Scomponendo i dati, infatti, si scopre che nel settore delle costruzioni le società straniere guidate da under 30 sono il 24,3%: una percentuale del doppio rispetto al totale delle aziende di costruzioni, dove non superano l’11%. Dunque, per rivolgersi a questo cliente bisogna tenere conto non solo della provenienza, ma anche dell’età anagrafica. Il trend, in ogni caso, sembra inarrestabile. In Campania, per esempio, sulla base dei dati del Registro delle Imprese, estrapolati dal Centro Studi dell’Acs (Associazione Costruttori Salernitani) le aziende edili di proprietà di cittadini stranieri sono 37mila e hanno fatto segnare una crescita del 4% nel terzo trimestre 2015. Secondo il presidente di Unioncamere-InfoCamere, Antonio Lombardi), «le aziende straniere crescono a ritmi frenetici» e «prediligono tra i settori il commercio e le costruzioni. È la conferma dei cambiamenti in atto nelle dinamiche produttive. È necessario tutelare le nuove aziende ed incanalarle in progetti di crescita diffusa».
Rivendite senza frontiere
E non è detto che anche per il commercio edile non avvenga quello che è successo con altri settori, con punti vendita sempre aperti e prezzi stracciati. Il commercio, infatti, è uno dei settori in cui cresce di più il numero di stranieri che apre un’attività: nel 2014 il saldo è stato positivo di circa 8mila per le imprese straniere e negativo di 41mila per le italiane. Le imprese straniere del commercio nel 2015 sono arrivate quasi a toccare quota 240mila. L’incidenza di queste ultime, inoltre, è particolarmente significativa nel commercio all’ingrosso e al dettaglio: nel 2015 se ne contano 197.850, oltre un terzo (il 36,4%) del totale delle attività condotte da non italiani residenti nel nostro Paese. Certo, la grande maggioranza di questi commercianti è attivo nel food e, spesso, con attività da ambulanti. Ma non è detto che il prossimo punto vendita di materiale edile non esponga anche un cartello: «qui si parla arabo».