In collaborazione con Naturalia-Bau
Si può praticare la lotta al climate change con i materiali naturali e garantire al contempo un’ottima prestazione dell’involucro edilizio? La risposta, in breve è sì.
Se approfondiamo ci sono due aspetti fondamentali da tenere in considerazione:
1) AMBIENTE E SALUTE
Fisso l’asticella in basso. Per correttezza nei confronti dei lettori e perché il green claim da parte di molti protagonisti del mondo dell’edilizia ha sfalsato la percezione di ciò che è corretto. Il settore dell’edilizia è responsabile del 35% dei rifiuti prodotti e del 50% delle materie prime estratte a livello globale. Tutto è potenzialmente sostenibile, riciclabile o green, ma poi, se andiamo a guardare bene, gli ordini di grandezza sono differenti. Questa generalizzazione danneggia l’utente finale, che ha diritto di poter comprendere e scegliere consapevolmente.
Da una parte, per la produzione dei materiali edili abbiamo dei processi altamente energivori che, per quanto ottimizzati, hanno sempre un impatto ambientale enorme. L’energia più pulita è quella non consumata, non quella prodotta con la compensazione dei crediti di C02, una foglia di fico che sta generando un mercimonio di certificati fasulli, dovuta all’assenza di una regolamentazione seria in quest’ambito.
Sono informazioni essenziali: se voglio farmi un’idea veritiera sui materiali da costruzione, la trovo sul sito https://materialepyramiden.dk/. I materiali sono raggruppati in base all’emissione di CO2 equivalenti ed è interessante notare come un pannello isolante in fibra di legno abbia un valore negativo! Questo perché il legno è costituito da carbonio sottratto all’atmosfera tramite la fotosintesi clorofilliana. Comincio a contrastare l’emissione di CO2nell’ambiente, ancora prima di aver posto in opera l’isolamento termico: una cosa bellissima.
Dall’altra parte, c’è l’abuso di materiali sintetici che, per quanto riciclabili, sono ormai oltre al punto di saturazione degli ecosistemi. Il classico esempio è quello delle microplastiche. Il punto è, che ormai sono presenti a tutti i livelli della catena alimentare, oltre che nell’aria che respiriamo e nell’acqua che beviamo. Uno studio condotto da ricercatori dell’ospedale Fatebenefratelli di Roma e dell’Università Politecnica delle Marche ha accertato per la prima volta la presenza di microplastiche all’interno di un’area cruciale del corpo umano per sostenere lo sviluppo del feto: la placenta. Domanda retorica: ha senso continuare a parlare di riciclo di materiali di origine non rinnovabile, potenzialmente dannosi per la salute umana? Oppure conviene di utilizzare materiali naturali, provenienti da fonti rigenerabili, atossici e che addirittura vantano un influsso benefico sulla salute?
Non fraintendiamoci, non sono contrario ai materiali dell’edilizia convenzionale per motivi ideologici. Sono contro l’abuso che se ne fa, specialmente quando ho a disposizione delle alternative migliori. La casa è la nostra terza pelle; dobbiamo scegliere con cura cosa metterci addosso. Facendo un parallelismo con gli abiti, la seconda pelle, una giacca a vento o delle scarpe fabbricate con materiali sintetici hanno un’utilità ben precisa, ma circoscritta all’uso specifico che ne faccio. Non mi verrebbe mai in mente di andare a dormire con le scarpe da trekking e l’impermeabile: perché non dovrei applicare lo stesso ragionamento agli ambienti in cui trascorro gran parte del mio tempo?
Un altro aspetto importante è la fine vita dell’edificio. I sistemi NATURALIA-BAU sono progettati per il per disassemblaggio e la demolizione selettiva a fine vita. I materiali non divengono solamente rifiuti da costruzione, ma possono vivere nuove vite attraverso il riciclo e le pratiche di downcycling. In fondo, la natura non crea rifiuti: tutto viene rimesso in circolo. È solo da quando abbiamo cominciato a produrre oggetti di sintesi chimica su scala industriale, che non sappiamo più dove mettere i rifiuti.
2) PRESTAZIONE TECNICA
La normativa per il risparmio energetico degli edifici dà precedenza alla prestazione invernale; tecnici e progettisti, abbagliati dalla rincorsa a valori di trasmittanza termica invernale, optano per materiali isolanti con il più basso lambda possibile. Per esempio, se voglio isolare una copertura con struttura in legno, la prestazione apparentemente migliore è quella dell’isolante poliuretanico.
E l’aspetto estivo?
In molte zone d’Italia, il fabbisogno energetico per raffrescamento è predominante, con la drammatica prospettiva di un continuo aumento della richiesta. Spesso, il comfort estivo viene demandato solamente agli impianti. È come voler far galleggiare una barca piena di falle grazie alle pompe di sentina: un capolavoro ingegneristico, ma una pazzia dal punto di vista energetico. L’involucro è il primo e principale elemento che permette il risparmio energetico. È essenziale progettare soluzioni contro il surriscaldamento giornaliero delle strutture, con un elevato sfasamento termico e trasmittanza termica dinamica. Solo così, gli impianti per raffrescamento avranno vita facile, riuscendo a mantenere con poca spesa una temperatura confortevole all’interno dell’edificio.
E la durabilità nel tempo?
I materiali naturali hanno il vantaggio di aver già vissuto una vita: un albero, una pianta di canapa, prima di diventare legno da costruzione o fibra per coibentazione, hanno passato estati, inverni, periodi di siccità e alluvioni. Questo conferisce loro una resistenza e una longevità, che altri materiali non hanno. Se ben progettato, un edificio costruito con materiali naturali può durare a lungo. La testimonianza diretta ce la danno gli edifici storici, mentre molti edifici contemporanei sono già fatiscenti dopo poche decine d’anni. Costruire bene significa investire con successo nel lungo periodo.
In conclusione, i materiali da costruzione naturali sono la risposta al problema del surriscaldamento estivo di un’abitazione; possiamo costruire in clima caldo-umido, con soluzioni adeguate e sicure nel tempo.
di Arch. Matteo Bignozzi