Anest, l’Associazione Nazionale Energia Solare Termodinamica chiede al nuovo ministro dello Sviluppo Economico, nonché vice presidente del Consiglio, Luigi Di Maio, che si è dichiarato favorevole alle fonti di energia rinnovabile, di prendere in mano in tempi rapidi la situazione ed emanare in tempi brevi un nuovo decreto che contenga una parte dedicata al solare termodinamico, «per non far morire un comparto ad alta tecnologia e innovazione, fiore all’ occhiello del Paese».
La tecnologia solare termodinamica (detta anche Csp, Concentrated Solar Power), nella sua evoluzione più recente a sali fusi, è nata proprio nel nostro Paese con l’intuizione del Premio Nobel Carlo Rubbia e il lavoro dell’Enea. E, prima di lui, per iniziativa di Archimede di Siracusa, qualche anno prima. In sostanza si tratta di concentrare il calore tramite specchi concavi. L’utilizzo insieme con i sali fusi come fluido termovettore, presenta inoltre altri vantaggi: non sono inquinanti, non sono pericolosi, raggiungono una temperatura più alta di altri fluidi e durano per l’intera vita dell’impianto.
Il Csp utilizza la radiazione solare, che non viene direttamente convertita in energia elettrica (come il fotovoltaico), ma è raccolta sotto forma di energia termica e può essere conservata e utilizzata per esempio di notte per produrre energia elettrica. Questa possibilità di modulare l’erogazione dell’energia raccolta, ovvero la dispacciabilità, è una peculiare caratteristica del Csp, che la contraddistingue e la rende vantaggiosa e sinergica rispetto ad altre energie rinnovabili.
Da giugno 2016, spiega Anest, quando è uscito l’ultimo decreto per le Fonti di Energia Rinnovabile, scaduto a novembre dello stesso anno senza che ci sia stato il tempo di partecipare alle aste in modo adeguato, non è stato fatto più nulla. Siamo ormai a giugno 2018, sono passati giusti due anni, e tra addetti ai lavori si parla genericamente di un possibile decreto che dovrebbe essere sottoposto all’attenzione degli organismi preposti, ma che nessuno a oggi conosce né per i suoi contenuti né per la tempistica.
In questo blocco totale, accusa l’associazione di categoria, la situazione per l’intera filiera nazionale del Csp è drammatica: i progetti autorizzati dopo due anni di silenzio amministrativo e istituzionale hanno le autorizzazioni in scadenza e nessuno si preoccupa che tale ritardo non è dovuto agli operatori, ma dipende da altri uffici amministrativi, diversi soggetti disponibili a finanziare i progetti sono stanchi di aspettare e stanno rivolgendo le loro attenzioni ad altri Paesi dove è più facile e più sicuro investire o stanno riconvertendo i progetti Csp in più semplici e remunerativi impianti fotovoltaici, le aziende italiane che faticosamente hanno creduto in questa tecnologia e su cui hanno investito, si trovano a un bivio: o aprire stabilimenti per produrre all’estero o a brevissimo dovranno chiudere. In entrambi i casi ci saranno licenziamenti e perdita di posti di lavoro.