Ok, il superbonus è costato un botto. Ma non sono stati soldi buttati via: cappotti e caldaie efficienti riducono i consumi energetici e ne beneficiano la bilancia commerciale italiana, i bilanci familiari (che potranno essere impiegati per altri consumi), oltre che l’ambiente.

Ma il vero problema da risolvere è un altro: la festa appena cominciata, è già finita, come recitava una vecchia canzone? La rivoluzione green è bloccata dall’insofferenza verso l’Europa di una parte dello schieramento politico? Eppure, consumare meno gas e petrolio è interesse di tutti, non solo di chi fa dell’ambientalismo una sfida ideologica: un buon intervento di efficientamento energetico può abbattere la bolletta energetica del 40%.

Case green

La transizione verso case green ed edifici meno energivori, insomma, non è un pallino di pochi, ma un’esigenza pratica, a prescindere dalle considerazioni sul cambiamento del clima.

Allo stesso tempo, però, non va sottovalutato un altro impatto, quello sui conti dello Stato. Lo riconosce la stessa filiera dell’edilizia. Poche settimane fa il rapporto Valore dell’abitare elaborato da Cresme e Symbola, promosso da Assimpredil Ance di Milano insieme a European Climate Foundation, ha messo il dito nella piaga: per assecondare la direttiva Case green approvata dal Parlamento europeo sono necessari dai 285 ai 320 miliardi.

In Italia saranno da rendere meno energivori entro il 2030 circa 3,2 milioni di immobili, circa il 16% di quelli residenziali, come YouTrade ha raccontato nei mesi scorsi.

Gli analisti che hanno realizzato il rapporto, utilizzando i dati dell’Enea, si sono messi a fare i conti: con una riduzione del 15% relativa alla nuova classe G secondo i nuovi criteri di catalogazione europei, le abitazioni più energivore, quelle da riqualificare subito, sono 3,2 milioni di unità, di cui 578 mila in case unifamiliari e 2,6 milioni in condominio.

Uno stock che, sulla base dell’utilizzo del superbonus 110%, per migliorare di due classi potrebbe costare la cifra indicata, di fatto superiore al costo dell’incentivo appena abolito. Come fare? È in questi casi che un buon ministro dell’Economia, o più in generale un governo, tira fuori gli attributi.

Se non si può creare debito, si possono impegnare i gioielli dello Stato e, non da ultimo, creare meccanismi che coinvolgano, anche finanziariamente i proprietari degli immobili, contando che sui conti correnti degli italiani stazionano circa 1.300 miliardi. Ma, ah già, poi si perdono voti, come non detto.

di Federico Mombarone

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