Pnrr, solo 9 miliardi spesi nei primi 6 mesi: ripresa o resilienza?

Piano Pnrr

Secondo i dati del governo nei primi sei mesi dell’anno sono stati impiegati per il Pnrr solo poco più di 9 miliardi, mentre per l’intero anno il traguardo sarebbe di oltre 40. Alle costruzioni la maggior parte del business.

Come va il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza? Dipende da come lo si considera. C’è chi, ironicamente, mette l’accento sulla parola iniziale piano (cioè che va a rilento) e chi, invece, ne sottolinea la terza, ripresa (per il business delle imprese, oltre che per il Paese).

Quale delle due interpretazioni è giusta a tre anni dall’avvio (il compleanno del Piano cade il 13 luglio 2021, data ufficiale del via libera)? Quella governativa, secondo cui va tutto bene, anzi benissimo, oppure quella di chi rimarca i ritardi?

La verità, forse, è che tutte e due le interpretazioni sono valide. Gli ultimi dati resi noti a fine luglio dal governo nella relazione semestrale sull’avanzamento del Pnrr indicano che sono stati spesi 51,3 miliardi, sotto le previsioni. D’altra parte, è stato messo a gara il 91% delle misure attivate. Insomma, le idee non mancano, ma il portafogli pubblico non si apre abbastanza.

Le buone notizie dal Pnrr: i dati Sda Bocconi

Le buone notizie riguardano, invece, il settore delle costruzioni, l’ottimismo prevale. Uno studio appena completato dal Pnrr Lab della Sda Bocconi ha fatto il punto sui lavori in corso. Risultato: le opere infrastrutturali, e non solo, legate al mondo di cemento e mattone sono quelle che impiegano la maggior parte dei finanziamenti, con la conseguente domanda di lavoro generata.

Insomma, mentre il Pnrr si è presentato con 16 grandi ambizioni (le missioni di partenza), con obiettivi come digitalizzazione, innovazione, transizione ecologica, istruzione e ricerca, nella realtà sono i cantieri quelli che utilizzano davvero i fondi europei. E parecchio: le costruzioni rappresentano oltre il 60% del totale degli impieghi.

Nel dettaglio, per l’anno corrente la spesa prevista dal ReGis, cioè la piattaforma unica attraverso cui le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, gli enti locali e i soggetti attuatori possono compiere una serie di operazioni per rispettare gli obblighi di monitoraggio, rendicontazione e controllo delle misure e dei progetti finanziati dal Pnrr, a dicembre 2023 aveva valutato una spesa di 16,8 miliardi su 32 miliardi suddivisibili per categoria.

Il 51% sono i progetti che si sono trasformati in cantieri. E, per quanto riguarda l’occupazione, su un indotto totale di circa 710 mila unità tra autonomi e dipendenti, il numero più consistente (113.762, il 16%) è legato all’edilizia, che stacca di gran lunga istruzione (37.782 nuovi addetti), assistenza sociale (37.060) e servizi informatici (36.916).

Il citato studio della Bocconi indica anche che al Sud è destinato il 26,3% dei 60.756 progetti di ecobonus e sismabonus, per un valore di 13,73 miliardi.

Altra buona notizia per il mondo delle costruzioni: i condomini hanno ricevuto la quota maggiore di fondi, anche se concentrano solo il 22,8% dei progetti.

La Bocconi fa anche il conto del costo medio per la riqualificazione dei condomini: 520.343 euro, mentre per gli immobili unifamiliari è di 141.251 euro e per le unità indipendenti 133.541 euro.

L’altra faccia della medaglia riguarda quello che si dovrebbe fare e non si fa. Per esempio, il Pnrr destina al Mezzogiorno il 40% delle risorse, ma siamo indietro rispetto all’obiettivo.

I fondi Pnrr destinati all’edilizia scolastica sommano 6,1 miliardi per 3.204 progetti. Al Nord l’attenzione è posta maggiormente alla riqualificazione energetica.

Anche se l’edilizia è l’attività più frizzante, inoltre, non bisogna dimenticare che ci sono ritardi per case e ospedali di comunità, finanziati con 3 miliardi: i progetti sono 1.846 (1.417 case della comunità e 429 ospedali), ma per 638 (il 34,6%) non risultano ancora gare aggiudicate e per 101 nemmeno bandite.

Pnrr, Sud con luci e ombre: i dati Svimez e Istat

Ai dati della Bocconi si aggiungono quelli di Svimez, centro studi sul Sud. Secondo l’ultima analisi dell’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno, gli investimenti pubblici sono cresciuti al Sud del 16,8%, a fronte del 7,2% del Centro-Nord. E per le opere la spinta equivale a 4,3 miliardi (+50,1%).

Al Sud le costruzioni contribuiscono alla formazione del valore aggiunto in modo particolarmente significativo, più che al Centro-Nord.

Un altro organismo, questa volta l’Istat, indica per le costruzioni una crescita del valore aggiunto del 4,6%, anche per gli ultimi mesi di accelerazione delle spese del superbonus prima della frenata.

Pnrr

I conti della Ragioneria generale dello Stato sul Pnrr

C’è, però, anche l’altra faccia della medaglia. E a fotografare una situazione non proprio brillante non è un partito di opposizione, ma la stessa Ragioneria generale dello Stato.

Secondo i tecnici contabili dell’amministrazione pubblica, in realtà tra gennaio e giugno sono stati spesi meno di 4 miliardi, molto meno di quanto sarebbe stato necessario. È, insomma, la lettura di chi sottolinea che il Piano va troppo piano. L’ultimo monitoraggio aggiornato a giugno, in effetti, indica che sono stati utilizzati solo 49,5 dei 102,5 miliardi incassati fino a oggi. Neppure la metà.

Lo Stato, insomma, incassa una montagna di soldi dall’Unione Europa, ma restano per la metà nella cassaforte della tesoreria. I tappi di champagne che volano (sui giornali) per l’incasso delle rate si possono vedere così in una luce diversa.

C’è anche un pericolo a medio termine: per arrivare alla decima e ultima tranche (ora siamo alla sesta) bisognerà centrare 120 target, quattro volte di più rispetto a quelli raggiunti finora.

Un compito non semplice per il governo che, detto tra parentesi, votando contro la rielezione di Ursula von der von der Leyen non ha certo aggiunto empatia tra Bruxelles e Roma.

Una situazione che allarma il ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti: «Spendete tanto e subito», ha ammonito ai suoi colleghi di governo.

Anche perché un Pnrr lumaca si traduce in meno Pil. E, ha ammonito Giorgetti, «se non spendete quest’anno i soldi del Pnrr che dovete spendere come previsto, allora dovrò rivedere al ribasso la stima per la crescita».

Insomma, le lungaggini sull’apertura dei cantieri hanno due effetti negativi: si rischiano di perdere i fondi e di far calare il Pil, con ripercussioni gravi sui conti pubblici. Come fare?

Un’idea Giorgetti ce l’ha: dopo aver chiesto all’Unione Europea di modificare il Piano, cosa che è avvenuta lo scorso dicembre, ora l’idea è quella di un via libera per posticipare la scadenza. Anche in questo caso il voto contrario espresso a Strasburgo non faciliterà l’obiettivo.

Pnrr, i dati del Ministro Raffaele Fitto

Veniamo ai dati ufficiali della semestrale presentati dal ministro al Pnrr e non solo, Raffaele Fitto, che sono diversi (più ottimistici) rispetto a quelli della Ragioneria.

Secondo il governo, al 30 giugno erano stati spesi circa 51 miliardi, solo 9,4 miliardi in più di fine dicembre 2023 (42 miliardi), dunque 5 miliardi in più rispetto a quanto conteggiato dai tecnici della Ragioneria dello Stato.

In ogni caso, troppo poco rispetto al tabellino di marcia, se si considera anche che i 45,6 scritti nella precedente relazione semestrale comprendevano gli interventi poi usciti dal Pnrr con la rimodulazione (leggi: tagli) approvata a dicembre dal governo.

La spesa di taglio scozzese dei primi sei mesi stride con l’obiettivo di 40,27 miliardi, tetto di spesa necessario per raggiungere il traguardo di investimenti previsti entro il 2026, data di scadenza del Pnrr.

L’altra faccia della medaglia riguarda l’assegnazione delle risorse: 164,79 miliardi su 194,42 miliardi (la diminuzione dagli iniziali 220 miliardi si deve, appunto, alla rimodulazione decisa dall’esecutivo) sono stati assegnati ai soggetti attuatori dopo la lunga trafila di bandi, avvisi, circolari previsti dalle procedure. Facendo due conti, si scopre però che l’85% dei fondi è stato assegnato, almeno sulla carta.

Delle misure che passano attraverso una gara, per un totale di 132,77 miliardi, sono state attivate procedure per 122,04 miliardi (il 92%) e avviate gare per 111,62 miliardi. Di queste, il 91% del totale è stato messo in pista.

Piano di Ripresa e Resilienza: bicchiere mezzo pieno?

La doppia lettura del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, insomma, rimane valida. La spesa va a rilento, come indicano i 9,4 miliardi spesi nei primi sei mesi dell’anno. Ma il numero di appalti assegnati indica che la spesa reale è destinata a salire.

Per quanto riguarda i fondi europei, la quinta rata da 11 miliardi è stata incassata, e l’Italia ha già battuto cassa per la sesta da 8,5 miliardi. Al momento l’Italia ha ricevuto 102,5 miliardi, il 53% della dotazione complessiva, e ha garantito di aver raggiunto i traguardi collegati al 63% dei fondi del Piano.

Al lordo, però, dello stop alla concessione automatica delle licenze ai balneari o dell’apertura del mercato dei trasporti pubblici (per aumentare il numero di taxi), come chiesto dall’Europa con l’obiettivo di migliorare la concorrenza a favore degli utenti: per quelle due categorie non c’è Pnrr che conti.

di Giuseppe Rossi

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