Nell’ambito del progetto europeo Sitar del programma Interreg Italia-Austria, il Dipartimento Politecnico di ingegneria e architettura dell’Università di Udine, guidato da Giuliana Somma, e il Laboratorio Qualità di Alpacem Cementi Italia, diretto da Elvis Rosset, hanno condotto una ricerca sull’utilizzo di materiali di scarto a chilometro zero che, opportunamente trattati, possono sostituire componenti ad alto impatto ambientale come il clinker, la cui produzione rappresenta da sola circa il 6% delle emissioni globali di gas serra.
I due materiali al centro della sperimentazione sono la pietra piasentina, una roccia sedimentaria calcarea tipica del Friuli Venezia Giulia, e la cenere di lolla di riso, derivata dalla combustione del rivestimento esterno del chicco di riso.
Gli scarti di lavorazione della pietra piasentina, oltre il 50% del peso, si sono dimostrati idonei a sostituire parzialmente il calcare nel cemento grazie a un contenuto di carbonato di calcio (CaCO2) superiore al 95%.
Le prove meccaniche condotte hanno confermato che è possibile raggiungere la resistenza richiesta (classe C30/37) a fronte di un’importante riduzione delle emissioni di anidride carbonica (CO2).
La cenere di lolla di riso, portata a 600 gradi, sviluppa proprietà simili a quelle dei fumi di silice, con una percentuale di silice (SiO2) superiore al 90%.
I test hanno mostrato che i calcestruzzi prodotti con cenere di lolla raggiungono e superano le performance richieste nel lungo periodo, a conferma del suo valore tecnico e ambientale.
«Il progetto ha l’obiettivo di accelerare la transizione del mondo delle costruzioni verso l’utilizzo di materiali più rispettosi del clima: con tali calcestruzzi infatti si vuole ridurre l’impatto della produzione di CO2 dando nuova vita a materiali di scarto, mantenendo però inalterate le performance strutturali», spiega la professoressa Giuliana Somma, docente di tecnica delle costruzioni dell’Università di Udine.
Per Elvis Rosset, Responsabile Laboratorio Qualità R&D di Alpacem Cementi Italia, «questi studi dimostrano quanto la ricerca possa essere strumento concreto per un’industria più responsabile. L’integrazione di materiali alternativi non solo riduce l’impatto ambientale della produzione di cemento, ma valorizza anche le risorse del nostro territorio».
Il progetto Sitar
La sperimentazione si svolge all’interno del progetto europeo Sitar del programma Interreg Italia-Austria.
Il progetto, con sette partner pubblici e privati, ha una durata biennale, un valore di quasi un milione e 200mila euro ed è stato finanziato dalla Commissione europea con quasi 875mila euro.
L’iniziativa mira ad accelerare il trasferimento al settore delle costruzioni di tecnologie avanzate e di approcci moderni di costruzione rispettosi del clima ed efficienti dal punto di vista delle risorse. Il comparto infatti causa direttamente e indirettamente più di un terzo delle emissioni di CO2 a livello mondiale.
Il progetto Sitar intende quindi fornire strumenti adeguati per sostenere lo European Green Deal. Si concentra, in particolare, sulla regione alpina centro–sud-orientale e analizza le opportunità offerte dalle moderne tecnologie e dagli approcci avanzati per la progettazione, la costruzione e la ristrutturazione degli edifici da un punto di vista ambientale.
A Sitar partecipano: la Carinthia University of Applied Sciences (capofila), l’Università di Udine, l’Istituto tecnologia materiali edili Alto Adige (Isb) e le aziende Bergmeister, Friul Julia Appalti, Antonio Basso e Alpacem Cementi.