Il docente di economia ha messo a fuoco le scelte di management necessarie per non tarpare le ali alle nuove idee, fondamentali per cavalcare un mondo della distribuzione sempre più complesso e competitivo.
Per non uccidere l’innovazione oggi bisogna essere anche un po’ squali e andare a caccia degli innovatori. Essere veloci “predatori” per avere sempre prodotti e soluzioni nuove da proporre a clienti selezionati e fedeli. Lo ha spiegato con molta semplicità al II Convegno YouTrade Sud Alberto Bubbio, professore associato di Economia Aziendale dell’università Cattaneo-Liuc.
«Molti ragionano come se fossimo nel Giurassico: il cliente ha sempre ragione. È sbagliato, a volte è meglio lasciar perdere. Bisogna capire il cliente e i suoi potenziali, non basta più il fatturato. Dal suo futuro, dipenderà il nostro. Quindi è necessario acquisire informazioni».
Noi siamo ciò che misuriamo: se vi misurate esclusivamente con il fatturato e il margine, sarete solo quelle cose. È molto limitante. Con la qualità e la crescita, allora state portando avanti un’azienda che avrà un futuro. Siamo un popolo di inventori, non di innovatori. Bisogna mettere insieme le due figure, l’inventore ha l’idea ma l’innovatore realizza. È una differenza sostanziale», ha ammonito Bubbio.
Secondo l’economista, l’innovazione è un’idea che attraverso un processo di trasformazione diventa qualcosa di concreto e utilizzabile. Ma non è sempre facile distinguersi dagli altri, anche con l’intelligenza artificiale a portata di mano. Bisogna essere disruptive, dirompenti, come usano dire gli americani, proponendo qualcosa che prima era per pochi e renderlo accessibile a tutti. Quindi, come non uccidere questo processo?
Addio giurassico
«Bisogna evitare di fossilizzarsi in una struttura pesante e difficile da sfamare. Non essere dinosauri, ma squali, sopravvissuti all’estinzione. Non solo perché hanno le branchie e nuotano veloci, ma per i pesci pilota che nuotano con loro, sotto di loro.
Quelli che con le loro capacità di adattamento riescono a sopravvivere, le piccole imprese che formano un ecosistema». Deve essere abolita, quindi, la rigidità. E bisogna puntare soprattutto sul team. «Poche duplicazioni di ruoli, pochi obiettivi da perseguire, al massimo tre, e le persone non devono arrivare tutte dalla stessa area. La routine uccide le aziende. Bisogna scegliere bene le persone, facendo investimenti e dando a tutti obiettivi chiari.
Puntare su pubblicità e marketing e nel gruppo bisogna scovare l’innovatore», ha aggiunto Bubbio. Che ha indicato come necessaria una figura professionale con uno specifico Dna. «Una persona che ha una forte capacità di osservazione, che pone le domande giuste, che non ha paura di sperimentare e di relazionarsi con gli altri. L’intelligenza artificiale non basta, non è capace di fare queste cose. Almeno per il momento».
Per concludere il ragionamento, le imprese devono essere ambidestre: «Un’organizzazione ibrida, divisa in due parti. Una che innova, pensa e arriva al prototipo. L’altra che gestisce il magazzino e che progetta. I grandi marchi fanno scuola, bisogna avere quello che una volta si chiamava l’Olivetti Touch», ha concluso il professore.
di Alice Fugazza