Passaggio generazionale in azienda: che cosa fare?

passaggio generazionale

Come gestire il passaggio generazionale in azienda? Ci vogliono poche regole, ma chiare. E un’efficace verifica dei requisiti fondamentali.

Questa l’indicazione di Alberto Bubbio, professore associato di Economia Aziendale e responsabile del corso di Programmazione e Controllo, presso l’Università Cattaneo-Liuc, che ha spiegato i passaggi fondamentali da attuare per tutte quelle aziende che stanno attraversando il fenomeno, durante il XVII Convegno Nazionale di YouTrade.

«È un tema importante, fondamentale, che si è reso protagonista negli ultimi dieci anni, dato che sono tante le aziende che hanno attuato questo passaggio, alcune con successo, alcune no, ma non esiste la ricetta giusta, varia per ognuno».

Tre caposaldi

Bubbio ha basato le sue considerazioni non solo sulla teoria, ma anche sullo studio e sull’osservazione di casi concreti, affrontati nel corso degli anni. 

«Passione, trasparenza e meritocrazia sono i tre caposaldi per attuare il cambiamento. La prima la deve individuare l’erede, il delfino, colui che prenderà il comando al posto vostro, che sia interno o esterno all’azienda, che decidiate di cedere lo scettro o di vendere», ha specificato l’esperto.

«La trasparenza, poi, deve essere un compito vostro, in generale e durante il passaggio generazionale: se volete che le persone siano attente e motivate è necessario essere chiari e stabilire poche regole, ma che si capiscano subito. Non tante e confuse, come vedo accadere spesso.

Il terzo caposaldo, la meritocrazia, è la possibilità di crescere all’interno dell’impresa. Basta gerarchie, è necessario sviluppare i ruoli e dare la possibilità alle persone di crescere sul piano professionale. Sono questi gli aspetti sui quali si gioca il successo dell’azienda».

Passaggio generazionale
Alberto Bubbio al XVII convegno YouTrade

Non improvvisare

Un altro aspetto importante è quello di non improvvisare o farsi trovare impreparati. In aziende il passaggio generazionale deve essere sempre pianificato per tempo, possibilmente con un anticipo di anni.

«Il principio fondamentale deve essere quello di fare sempre il bene dell’azienda, il che significa garantirne la continuità nel tempo.

Bisogna anche basarsi sulle competenze dell’individuo, che possono essere tecniche e specifiche di settore e poi, quelle manageriali, che sono differenti. Le prime ci sono, le seconde, non è detto.

L’ultima caratteristica, forse la più importante per un amministratore delegato, è la capacità di saper concettualizzare, che deriva ovviamente dal saper ascoltare.

Un consiglio che viene dal cuore? Bisogna buttare via le strutture organizzative e distribuire bene le responsabilità», ha concluso Bubbio.

di Alice Fugazza

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