I cambiamenti del mercato del lavoro. Negli ultimi anni ha preso piede anche in Italia una nuova realtà e dimensione lavorativa: il co-working. La condivisione degli spazi di lavoro è ormai una realtà affermata, oltre che soluzione sostenibile a lungo termine che favorisce la crescita e lo sviluppo,
Uno studio condotto da Regus, società che affitta spazi per il co-working, (su un campione di 40 mila partecipanti) sostiene (ovviamente) che il co-working sia un’opportunità che calza a pennello per le start-up con limiti di budget o agli imprenditori in cerca di compagnia. Inoltre, il 67% degli intervistati, ha confermato come il lavoro condiviso venga adottato anche dalle strategie aziendali (soprattutto delle grosse aziende), così da essere reattivi agli improvvisi cambiamenti del mercato.
Il commento ai dati di Mauro Mordini, Country Manager Italia di Regus: “L’utilizzo di un ufficioin condivisione offre alle aziende un percorso di crescita sostenibile: permette alle aziende di espandersi rapidamente senza vincolarsi ad affitti a lungo termine e di adattarsi in modo flessibile ai cambiamenti. Ad esempio, le aziende che desiderano muoversi in una nuova direzione possono scegliere un ufficio in co-working per sondare il terreno prima di procedere a cambiamenti concreti. All’opposto, se le condizioni di un particolare mercato acquistano una svolta negativa, ridurre le dimensioni dell’ufficio non comporterà le pesanti penali solitamente associate a un contratto d’affitto tradizionale”. E infine: “L’ascesa del co-working rappresenta un’opportunità reale per grandi e piccole aziende che possono utilizzare questa soluzione con creatività e nelle modalità più adatte alle loro esigenze. Inoltre, il co-working aiuta le aziende a liberare capitali da investire poi in iniziative di crescita”.
SanMarco è partner del progetto “La Casa dell’Energia“, fabbricato-modello dotato di sistemi di facciata altamente performanti per il risparmio energetico e l’isolamento termico e acustico. L’Istituto Tecnico Industriale Levi di Mirano, in collaborazione con la Provincia di Venezia e lo studio professionale Divisione Energia (Aequa Group) stanno sviluppando un’idea per la realizzazione di un edificio-laboratorio ad alta efficienza energetica dotato delle migliori tecnologie per la produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili. L’ambizioso progetto è stato denominato “La Casa dell’energia”, e ha già preso avvio nella Cittadella di Mirano (VE) grazie ad un finanziamento della Provincia di Venezia ed al contributo da parte di circa 25 aziende specializzate che hanno aderito al progetto, tra le quali SanMarco-Terreal Italia che ha partecipato fornendo oltre al know how tecnico materiali e sistemi in laterizio altamente performanti.
L’iniziativa consiste nella costruzione di un innovativo edificio ad altissima efficienza energetica, contenente tutte le migliori tecnologie in materia di risparmio energetico, efficienza energetica, impiantistica solare fotovoltaica, termica edomotica e nel suo successivo utilizzo per fini educativi e divulgativi sul tema dell’energia. SanMarco ha fornito due sistemi di facciata particolarmente performanti: la soluzione a cappotto con il listello in laterizio a pasta molle (colore giallo vivo) e la facciate ventilata in cotto con lastre Piterak (colore grigio).
Il commento dell’architetto Roberta Massarotto, Ventilated Walls Product Manager in SanMarco Terreal Italia: “L’utilizzo dei nostri sistemi in facciata ventilata, intesi come chiusure realizzate da una pelle esterna in laterizio naturale applicati tramite fissaggi secco con una sotto-struttura in lega di alluminio, sono sempre più diffusi, sia in contesti commerciali e direzionali, sia in fabbricati residenziali, vocazione tipica del laterizio stesso. Sono sistemi che consentono di realizzare architetture contemporanee e di taglio moderno, ma conservando il calore e la bellezza del cotto naturale”. E infine: “Dal punto di vista tecnico, le possibilità di termoregolazione che la facciata ventilata in genere offre sono note, ed è facilmente intuibile come l’uso del laterizio, con il suo contributo in termini di effetto massa e igro-regolazione, sia assolutamente migliorativo, sia con climi estivi sia invernali. La possibilità data dalla sperimentazione condotta presso la Casa dell’Energia per approfondire la tematica dal punto di vista scientifico è unica”.
Roberto Forzatti, direttore generale di Eternedile, racconta il segreto dell’azienda nata a Bologna nel dopoguerra: era il 1949 e la città, così come l’Italia, era da ricostruire. GiorgioNessi la rilevò alla fine degli anni ’70 dal fondatore Armando Zavadini e da allora i Nessi, ora alla quinta generazione al comando, sono l’Eternedile: suo figlio Franco Nessi prese il timone dell’azienda, senza più allentare la presa. E anzi, affiancato dal figlio Federico Nessi, continua a tenere la rotta. “La vera sfida non è quella di guardare cosa uno vendeva fino al 2007, ma capire quello che si venderà nei prossimi 15 anni”, spiega Forzatti.
Eternedile
Domanda. Che cosa rappresenta Eternedile per il mercato italiano?
Risposta. Eternedile è il distributore multi-point italiano con la maggiore estensione geografica: 27 magazzini distribuiti sul territorio nazionale.
D. Con quali coordinate?
R. Il nostro magazzino più a Sud è all’altezza di Abbadia San Salvatore, in provincia di Siena, mentre quelli più a Nord sono a Milano città. Poi abbiamo una fortissima presenza a Reggio Emilia, Modena, Bologna, la Romagna – con due punti vendita a Rimini – e tutta la parte centrale della Toscana, specialmente nel senese.
D. Qual è il punto di forza dell’azienda rispetto alla concorrenza?
R. Urge una premessa d’obbligo…
D. Prego?
R. Bisogna fare una valutazione per singoli mercati geografici in quanto, non avendo concorrenti omogenei, è difficile ed erroneo fare confronti. Abbiamo una fortissima focalizzazione su quella che è l’edilizia tradizionale e siamo un’azienda che ha – proprio grazie alla nostra importante ramificazione geografica – un’estensione di fornitori trattati che credo non abbia nessun altro del settore in Italia. Ogni anno facciamo contratti con più di 300 fornitori quando mediamente una struttura multi-point più concentrata geograficamente ne fa 100-150.
Eternedile, magazzino all’aperto
D. Poi?
R. Possiamo contare su fattori differenziali in termini di struttura logistica, di competenza tecnica e di storica presenza sul territorio. In un mercato molto competitivo come il nostro, i fattori tecnici e la valorizzazione dei contenuti dell’offerta sono i fattori critici con i quali si fidelizza il cliente e si perfezione una vendita. Perché non è la variabile prezzo il fattore critico.
D. Il denominatore comune a tutte le aree che rappresenta l’eccellenza di Eternedile?
R. Una gestione del credito estremamente rigorosa e di primissimo livello, anche nelle zone dove storicamente vi sono maggiori problemi in merito.
D. Per esempio?
R. Milano, che ha sempre avuto pagamenti molto più lunghi rispetto al resto del Paese con difficoltà molto grosse dal punto di vista dell’incasso. Nel Milanese, su circa 6 milioni di fatturato, l’anno scorso abbiamo avuto 2000 euro di perdite. Rispetto alla media del settore la discrepanza è impressionante. Poi c’è dell’altro…
D. Che cosa?
R. L’investimento per l’ammodernamento delle strutture: forti dei 45 milioni di fatturato dell’anno scorso, quest’anno abbiamo messo a budget circa 2 milioni di investimenti per lavori di ristrutturazione dei magazzini aperti (cambio delle scaffalature, interventi sulle illuminazioni dei piazzali montando Led…). È fondamentale fare margini per avere soldi da investire: senza investimenti qualsiasi impresa muore.
D. I 45 milioni di fatturato nel 2015. E per il 2016 quali sono le vostre previsioni?
R. È difficile fare una stima precisa perché il mercato è molto «isterico». Per noi sarebbe un bel risultato pareggiare il fatturato registrato l’anno scorso, in crescita del 10% rispetto al 2014.
Eternedile, com’era
D. Quali sono i settori merceologici che vanno meglio e quali peggio?
R. Dipende molto dalla collocazione geografica: il carrello del cliente milanese è completamente diverso rispetto a quello di Reggio Emilia, che a sua volta è diverso da quello di Modena. Certo è che in linea di massima vi sono comparti che sono in crisi ovunque: laterizio, muri, calcestruzzo cellulare, tetti e carpenteria in legno, insomma tutto ciò che è legato alle nuove realizzazioni. La vera sfida non è quella di guardare cosa uno vendeva fino al 2007, ma capire quello che si venderà nei prossimi 15 anni.
D. Avete in cantiere nuove strategie per rafforzare la presenza su territorio?
R. Noi ci sviluppiamo a seconda delle opportunità che ci si presentano e cogliamo solo quelle inquadrate in mercati sostenibili: le cose si fanno con costrutto, non ha senso lottare contro i mulini a vento in zone dove non vi sono prospettive di crescita. Il materiale costa allo stesso modo a ogni latitudine, quindi si deve operare dove per volumi e margine, è sostenibile e garantisce profitti.
D. L’ultimo punto vendita che avete aperto a quando risale?
R. A un mesetto fa, a Milano Sud, nell’ex area edilizia della Gatti Legnami: ci aspettiamo molto da questa realtà, che va a far compagnia agli store di Bicocca e Lambrate. La penultima invece a Siena, tra il dicembre 2014 e il gennaio 2015.
In un clima che invita all’ottimismo – dalle riflessioni dell’Ance e di altre Associazioni sulla ripresa alle miriadi di agevolazioni/benefit/fondi per le scuole, per le zone a rischio sismico, i condomini decrepiti, e così via – vien da chiedersi come mai, in generale, lo scorso anno la distribuzione edile abbia dovuto sopportare un altro pesante segno meno. Da quel che sento, anche quest’anno pochi brillano, piccoli segnali positivi, e la mia impressione è che il nostro specifico mercato stia vivendo una difficoltà ancora più pericolosa di quella conclamata degli scorsi anni, dove era ben visibile e generalizzata. Ora si sviluppa in modo un po’ più subdolo, perché ammantata, appunto, di un ottimismo “esterno” che poco ha a che fare con la realtà “interna”.
Che tutti quanti si abbia bisogno di un po’ di serenità economica e anche finanziaria è fuori di dubbio, che la si cerchi disperatamente è comprensibile, ma forse dobbiamo dedicare maggiore attenzione alla situazione attuale di quanta ne avevamo riservata ai tempi della crisi, perché la torta non solo si è rimpicciolita, ma è anche diventata difficile da masticare. L’idea che la produzione abbia bisogno della distribuzione è ancora abbastanza radicata, anche se si moltiplicano i canali di vendita – non ultimo ma per ora ininfluente il mercato web, per ora, ribadisco – e anche il valore del presidio del territorio continua a essere importante, in un mondo che sta cancellando i suoi confini, eliminando le sue barriere, smantellando le sue consuetudini distributive.
La mia impressione, e spero che sia solo una impressione, parte dalla considerazione che la produzione abbia certamente bisogno della distribuzione, ma non di una distribuzione qualsiasi, come era un tempo. Ed è vero anche il contrario, ovvero che la distribuzione ha un forsennato bisogno della produzione e, anche in questo caso, non di una produzione qualsiasi, come era un tempo. Ma i rivenditori faticano ad ammetterlo, soprattutto nel caso delle aggregazioni commerciali in genere, dove la presunzione di forza è maggiore, una sorta di mancata consapevolezza di come il mercato sia oggi cambiato nei suoi basici presupposti. Sui rapporti fra questi due nemici/amici si è scritto anche fin troppo e se ne è parlato oltre ogni dire. Resta il fatto che il problema rimane in attesa di una soluzione, e il mondo intanto va avanti.
Il nuovo mercato ha eliminato il vocabolo “qualsiasi”, una definizione in voga per decenni ma oggi improponibile per più di un motivo. E ciò per la distribuzione tradizionale è un problema davvero grosso perché, soprattutto dove l’offerta generalista è ancora dominante, dove i materiali tradizionali giocano ancora un ruolo di primo piano – senza apparente motivo, perché si costruisce pochissimo – la mancanza della richiesta del “qualsiasi” è una vera e propria calamità che si abbatte sulle prospettive future. Anche da questo immagino dipenda il segno meno in congiuntura, ed è quindi abbastanza conseguente che i primi mesi del 2016 siano stati ancora deboli.
Ma ovviamente c’è di più. La ciclicità della nostra economia di settore non è solo di natura, appunto, economica. La mia impressione è che oggi, sia detto sempre in generale, la distribuzione indipendente o aggregata che sia non sappia ancora bene dove andare. E la cosa suona strana perché il mercato che cresce intorno a noi è lì da vedere. Ma siamo ancora eccessivamente legati ai prezzi e alle marginalità per fare scelte radicali, troppo legati alle consuetudini per aver voglia di capire se i prodotti che distribuiamo sono adatti a ciò che il nuovo mercato pretenderebbe. Siamo ancora troppo (e forse giustamente) impauriti per comprendere che l’ottimismo non è un concetto che deve arrivare da fuori, ma che deve nascere dentro le nostre strutture di vendita attraverso il cambiamento delle nostre abitudini soprattutto mentali.
Chi oggi imposta la sua politica commerciale sulla spremitura dei fornitori – lo so, il verbo è brutto, ma di questo stiamo parlando – dimentica, o finge di dimenticare o, peggio, non si rende conto, che il prodotto tecnico ogni giorno diventa sempre più importante, e che il sostegno, appunto tecnico, del produttore è essenziale per favorire le vendite. Il mercato non permette né sprechi, né cieca tolleranza, il rischio di essere emarginati è forte. In un mercato che fatica a concepire l’essenziale concetto di “rete” si costruiscono ancora barriere anacronistiche che andavano bene sì e no trent’anni fa. È questa l’impressione che mi impressiona. Ma, forse, è proprio solo una trascurabile impressione.
Uno spettro si aggira per l’Europa, anzi, per il mondo. Non è, come ai tempi di Carl Marx, la rivoluzione comunista. Al contrario, è lo spettro del dubbio capitalista. Tutto è cominciato nel 2007, con il fallimento di Lehman Brothers. La grande banca americana, insolvente sotto una montagna di titoli subprime da lei stessa creati, non ha avuto la fortuna di essere salvata dall’allora ministro del Tesoro Usa, Henry Paulson. E, purtroppo, la riacquistata consapevolezza che una banca può andare a gambe all’aria, e con essa i soldi di chi ha investito, ha avuto diversi risultati negativi.
Il primo è la recessione che ne è seguita, a causa della chiusura dei rubinetti del credito. La seconda è che alla recessione è seguita una lunga fase, non ancora conclusa, di stagnazione. A questa prospettiva le banche centrali hanno risposto sostanzialmente stampando moneta, attraverso l’acquisto di debito pubblico statale. Prima ha cominciato la Federal Reserve. Poi, l’ha imitata la Boj, la Banca centrale giapponese. Infine, superando le resistenze dei tedeschi, si è aggiunta la Bce, con Mario Draghi pronto a qualsiasi cosa (il famoso «whatever it takes»).
Detto fatto, nel giro di una manciata di anni il debito pubblico mondiale è arrivato a superare i 200mila miliardi di dollari (dato aggiornato alla scorsa estate). Il debito, di per sé, non è un problema se uno se lo può permettere. È il lavoro delle banche concedere credito a cittadini e imprese perché questi, poi, restituiscono i soldi prestati, con gli interessi. Il problema è che per restituire i soldi uno deve guadagnarli. Ed è proprio quello che non sta succedendo. Nonostante l’acquisto di miliardi di dollari o euro di titoli di Stato in cambio di carta moneta, riproposti ancora di più a marzo, l’economia del mondo stenta. È vero, la Cina continua a crescere, ma molto meno. Il Pil degli Stati Uniti aumenta, ma già si prevede uno stop per il prossimo anno. Per non parlare di Giappone e Europa, dove la stagnazione (zero inflazione, poca o nulla crescita) è palpabile per quasi tutti.
Ora, e qui torniamo allo spettro, si avanza un dubbio: e se iniettare nel sistema tutti quei soldi fosse servito a poco per l’economia reale? Se è davvero così, ragiona qualcuno, a lungo andare gli Stati (e a ruota le imprese) non riusciranno a restituire i soldi ricevuti. Se questa convinzione si farà davvero strada, vedremmo di nuovo crack a catena e, forse, il caos. Se poi a lanciare questo allarme non siamo noi, come è avvenuto, un’istituzione come la Bri (Banca dei regolamenti internazionali)… Be’, siete legittimati a ricorrere subito a qualsiasi gesto scaramantico.
Centroedile parte in quarta aprendo quattro nuovi showroom a Milano e dintorni: Porta Genova, Lambrate, Agrate e Vimercate. L’azienda rafforza la sua presenza sul territorio e può ora contare su ben dodici filiali in tutta la Lombardia.
Centroedile offre tutto per la casa forte di un’assistenza al cliente esperta, un’ampia gamma di scelta e un netwrok commerciale capace di soddisfare professionisti, imprese e pubblico generalista. Andando in ciascuno dei quattro nuovi showroom si potranno acquistare prodotti di qualità e soluzioni di tendenza per la casa.
Il personale altamente specializzato, sempre a disposizione del cliente, è un fiore all’occhiello di Centredile: gli addetti accompagnano il cliente nel mondo di pavimenti e rivestimenti, fornitura e posa, arredo bagno, box doccia e wellness, sanitari e rubinetteria. Il tutto, come sempre, all’insegna del miglior prezzo.
Casa Sn, la prima abitazione a impatto ambientale nullo
Sta per nascere ad Arco, in provincia di Trento, la prima abitazione italiana super-sostenibile a impatto ambientale zero. Si chiama “Casa Sn” ed è il primo progetto tricolore ad essere certificato dalla Living Building Challenge, la più avanzata e radicale delle certificazioni per la sostenibilità in edilizia, nata nel 2006 dall’International Living Future Institute (Seattle).
Attualmente i progetti registrati o certificati LBC nel mondo sono più di 300 (il programma di certificazione è partito otto anni fa) e sono in continua crescita, non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa. Casa Sn dimostrerà che è possibile realizzare un edificio a impatto ambientale nullo. Si tratta di un cambiamento radicale: non più progettare e costruire edifici che consumano un po’ meno rispetto a quelli tradizionali, ma case che siano in grado di avere un impatto positivo sull’ambiente.
Casa Sn, la prima abitazione a impatto ambientale nullo
Come è possibile realizzare un edificio a impatto nullo, seguendo i criteri del protocollo LBC? Lo spiegano Carlo Battisti e Paola Moschini, titolari di Macro Design Studio. “Innanzitutto un living building è completamente autonomo nell’uso di risorse. Energia, acqua, rifiuti: tutto ciò che viene consumato viene prodotto, trattato, gestito sul posto. Il residuo impatto sull’ambiente, ridotto al minimo, viene abbattuto secondo vari sistemi di compensazione. Ad esempio la CO2 emessa nella fase di costruzione viene compensata tramite un fondo che promuove progetti di energie rinnovabili per organizzazioni sociali meritevoli. In più l’edificio LBC è bello, salubre, realizzato con criteri di biofilia, equità e trasparenza. Insomma, è l’edificio del futuro, realizzabile oggi”.
Un cambiamento radicale richiede il coraggio degli innovatori e in questo caso i pionieri italiani che intendono mettere in pratica i principi dell’architettura rigenerativa sono Nicola e Sara Berlanda, una coppia di Arco che ha deciso di sposare LBC nella realizzazione della casa per la propria famiglia. Il ruolo di Andrea Rigo, architetto contitolare di PLAN.architettura di Arco e progettista di Casa SN, affiancato da Matteo Rigo ingegnere impiantista dello Studio Vio di Venezia, è fondamentale perché è grazie ad una progettazione integrata, multidisciplinare e consapevole che un edificio “living building” può diventare realtà. «
La progettazione di Casa SN è in pieno svolgimento, l’inizio del cantiere è previsto per quest’estate, l’ultimazione nel corso del 2017. Una delle caratteristiche che differenziano radicalmente Living Building Challenge dagli altri protocolli per la valutazione e la certificazione della sostenibilità degli edifici è che in questo caso la certificazione finale potrà essere rilasciata solo dopo dodici mesi di utilizzo, nei quali i consumi verranno periodicamente misurati. L’edificio dovrà dimostrare di essere completamente autosufficiente sotto il profilo energetico, tramite l’impiego di fonti rinnovabili. È ciò che ci verrà richiesto dalle direttive europee sull’efficienza energetica a partire dal 2020: Living Building Challenge in questo senso anticipa già ciò che fra non molto diventerà il nuovo standard per le costruzioni europee.
Il Policlinico di Milano si apre al design trasformando i suoi ambienti ancora più a misura di cittadino e di paziente. La Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano ospita infatti un murale realizzato dagli studenti del Corso “Scenografie di luce” della Scuola del Design del Politecnico, sotto la guida dell’Architetto Gianni Ravelli, insieme all’associazione di volontari Retake Milano. La particolarità di questo murale? È stato realizzato con una speciale tecnologia anti-smog racchiusa in una pittura, in grado di depurare l’aria rendendo inerti gli inquinanti e di resistere ai batteri, contribuendo all’igiene dell’area e dell’aria in cui l’opera è esposta.
Il murale anti-smog del Policlinico di Milano
L’iniziativa eco-friendly è nata dal desiderio della Presidenza Ospedaliera di abbellire gli spazi sotterranei della propria Clinica De Marchi, dedicata alle cure pediatriche, con un dipinto che portasse colore e allegria ai bambini in attesa di effettuare un esame radiografico o un’ecografia. Due i dipinti, uno dedicato ai bambini (che verrà eseguito nel mese di giugno dai volontari di Retake Milano), e uno più grande sulla piazza del nuovo Padiglione Guardia-Accettazione, presentato oggi e accessibile a tutti i cittadini.
Murale anti-smog – Policlinico di MIlano
L’Ospedale è la più grande struttura sanitaria del centro città: la sua struttura a Padiglioni, tra via Sforza e via Commenda, via Manfredo Fanti e via Pace, permette un passaggio tra due parti della città, e crea quindi un legame ancora più stretto con il territorio. Il murale rappresenta un regalo che studenti e cittadini milanesi fanno con una doppia finalità: donare colore e bellezza ad un luogo dedicato alle cure, ma anche contribuire a migliorare la qualità dell’aria. Grazie ad Airlite, la speciale pittura utilizzata per realizzare l’opera, e al suo principio brevettato, si ridurranno gli inquinanti per oltre l’88% e i batteri del 99,9% in modo del tutto naturale. Airlite, infatti, sfrutta la potenza della luce per liberare molecole ossidanti che attaccano gli agenti inquinanti rendendoli innocui.
Prosegue l’espansione di Wood Beton: l’azienda di Iseo (Brescia) continua il suo processo di crescita e di internazionalizzazione dando vita a Wood Beton Suisse. La società, che si sta trovando sempre più ad operare in Paesi esteri come Gran Bretagna, Romania, Russia – sino ad arrivare in Estremo Oriente con realizzazioni in Sri Lanka – pone la propria bandiera in territorio Svizzero, dove peraltro ha una branch (Lugano).
Wood Beton Suisse si occuperà di realizzare edifici, residenziali e commerciali “chiavi in mano”, ovvero completi di ogni tipo di finitura e costruiti con i parametri di innovazione, velocità di realizzazione, risparmio energetico e attenzione all’ambiente che da sempre contraddistinguono l’ideologia Wood Beton.
Come per Wood Beton, anche Wood Beton Suisse avrà al centro del proprio sistema costruttivo il mix dato dall’utilizzo di legno, calcestruzzo e acciaio. Nello specifico, la Wood Beton Suisse acquisterà i prefabbricati direttamente da Wood Beton e si occuperà del montaggio e dell’installazione degli stessi, nei luoghi stabiliti dai diversi committenti.
La realtà virtuale è la marcia in più del Gruppo Bea. L’azienda ha lanciato, grazie a Grandform e presso lo store milanese di via Toffetti, l’innovativo concept Progetto Puro attraverso, appunto, la virtual reality. In che cosa consiste l’iniziativa? Il concept offre la possibilità di scegliere e arredare immediatamente l’intero ambiente bagno con soluzioni eleganti e tramite gli occhiali-visori della “virtual reality” grazie alla quale è possibile valutare immediatamente se il risultato ottenuto è realmente quello desiderato.
Il Gruppo Bea lancia la realtà virtuale
Attraverso un visore programmato ad entrare nel bagno virtuale “Grandform Progetto Puro” il cliente può vedere e scegliere al meglio la sua oasi di benessere e di relax. Ma l’innovazione non finisce qua: ognuno avrà, entro settembre, la possibilità di progettarsi da solo via web il proprio bagno di casa e vedere con i visori esattamente la realizzazione ideata e capire immediatamente se il risultato ottenuto è quello desiderato (modificando nel caso i prodotti/finiture). Basterà poi consegnare il numero del progetto realizzato e recandosi presso il rivenditore autorizzato più vicino e vivere le sua personale “virtual experience” definendone anche il preventivo.
Realtà Virtuale – Gruppo Bea
La varietà di proposte d’arredo di Progetto Puro sarà quindi immediatamente chiara con la virtual reality che dà la possibilità di lasciare libera la propria creatività grazie alla creazione in tempo reale della combinazione perfetta: vasche, lavabi, sanitari, rubinetterie, arredi, specchiere e complementi potranno essere accostati, cambiati e modificati in maniera completamente live. Con Progetto Puro, Grandform compie un ulteriore passo avanti: unisce la novità di un prodotto unico, di design e di qualità supportato inoltre da una tecnologia all’avanguardia. Un nuovo modo quindi per essere sempre più vicino alle richieste del consumatore creando una user-experience utile ed immediata.
Norbert Knaupp è il nuovo Direttore Marketing di Röfix Italia, azienda leader nel settore di sistemi e soluzioni per l’edilizia a livello europeo. Knaupp è subentrato a Benno Pamer, chiamato ad assumere la carica di Direttore Vendite Italia.
Laureato in Economia aziendale e con una significativa esperienza maturata nel management di importanti realtà aziendali orientate sia al business-to-business e business-to-consumer, Knaupp vanta approfondite competenze nel marketing multicanale e multimarca, oltre ad un rilevante background professionale nella gestione marketing delle aree Southern Europe, che lo ha portato a sviluppare una approfondita conoscenza dei mercati dell’Europa meridionale fra cui appunto l’Italia. Con una professionalità orientata al risultato e al perseguimento della massima soddisfazione dei clienti, Norbert Knaupp mette a disposizione di Röfix Italia le sue comprovate capacità di team player e network builder, quale creatore di funzionali sinergie sia all’interno dell’azienda che nel mercato di riferimento.
Queste le parole di Knaupp a commento della nomina: “È con grande entusiasmo e soddisfazione che assumo questo importante incarico in Röfix. Sarà per me una sfida professionale ricca di stimoli all’interno di una realtà di grandissimo prestigio a livello nazionale ed europeo e fra i miei primari obiettivi come Direttore Marketing vi è certamente il consolidamento del marchio, mediante un impegno costante e fattivo mirato all’ottimizzazione della presenza dell’azienda sul mercato e allo sviluppo della quota di mercato detenuta dall’azienda attraverso una strategia integrata di sales&marketing”.
Un mattone tridimensionale e di vetro: è Doric, la nuova e innovativa collezione di Seves. Il disegno originale del prodotto definisce a rilievo il motivo delle colonne de templi ellenici. Il mattone dorico è stato realizzato su misura su richiesta dell’architetto spagnolo Rafael Moneo, tra i più noti sulla scena internazionale.
Mattone in vetro tridimensionale – Doric
Questa soluzione ne rende possibile l’utilizzo all’interno di applicazioni residenziali e piccoli spazi offrendo la possibilità di creare disegni visivi ed effetti speciali per qualsiasi tipo di progetto. Seves Glassblock ha così creato il più innovativo dei mattoni: un tailor made alla portata di tutti, un prodotto che mantiene intatta la qualità tecnologica ed estetica del modello originale, ma con le dimensioni standard della gamma tradizionale.
Mattone in vetro tridimensionale – Doric
Caratteristiche tecniche:
Dimensioni: 19x19x8 cm
Peso: 3,2 Kg
N. pezzi/m²: 25/27
Confezione
N. pezzi/scatola: 4
N. pezzi/pallet: 288
Come migliorare i margini di profitto? Due guru della gestione aziendale (AlbertoBubbio, professore associato di economia alla Liuc, eMarco Siracusa, fondatore di dinamica Result Based Counsulting), spiegano come devono muoversi le aziende per uscire dalla logica dei ribassi.
Da non perdere, inoltre, su questo numero i dati dell’ultima ricerca Nomisma che indaga su edilizia ed e-commerce; l’articolo sulle start-up, in aumento anche nel settore delle costruzioni.
I lettori troveranno anche uno speciale dedicato ai nuovi sistemi costruttivi per pareti esterne, con un focus dedicato alle facciate ventilate, e una rassegna delle soluzioni propose dalle aziende. In più lo speciale antisismica: gli italiani che vivono in zone sismiche sono oltre 50 milioni. Nello speciale di YouTrade dedicato all’antisismica presentiamo i numeri del rischio terremoti in Italia, da cui sono escluse solo tre regioni: Valle d’Aosta, Liguria e Sardegna. Le statistiche sono tristi, e ancora di più le cifre stanziate per la prevenzione, per la quale vengono stanziati solo 750 milioni di euro negli ultimi 10 anni, a fronte dei 121 miliardi spesi per l’emergenza e la ricostruzione. A seguire il caso del Friuli, scosso da un terribile terremoto nel 1976, e diventato una best practice di come sia possibile adottare buone pratiche con il concorso della pubblica amministrazione: una strada, purtroppo, dimenticata…
Torna infine il caldo e la voglia di stare all’aria aperta: nella rubrica YouTrade Casa di questo numero, l’architetto Laura verdi ci accompagna in un viaggio attraverso le nuove soluzioni per terrazzi e giardini, vissuti sempre di più come una naturale estensione della casa.
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La Cianciosi soluzioni edili è nata nel 1982 a Campomarino, paese di 8mila anime in provincia di Campobasso. A fondarla ci ha pensato Dante Cianciosi, da oltre trent’anni alla guida dell’azienda capace di diventare punto di riferimento per tutta la regione come fornitore di materiali ed attrezzature per l’edilizia. Il segreto del successo? “Essere artigiani del commercio e contare su venditori dall’alta preparazione tecnica. Informazione e coinvolgimento le medicine contro la crisi”. Il titolare racconta la nuove sfide della sua impresa che può contare su armi speciali: la poetica di Adriano Celentano e le voci ruvide di Louis Armstrong e Tina Turner…
Dante Cianciosi, titolare Cianciosi Srl
Domanda. Cianciosi, quando è nata la sua azienda?
Risposta. È nata a mio nome nel 1982, a Campomarino, come una piccola realtà imprenditoriale. Allora la produzione affiancava anche la vendita dei manufatti che non producevo.
D. Poi…?
R. È successo che mi sono buttato completamente sul commercio, era il 1987/88. La produzione è stata abbandonata attorno al 1990 e allora, come un bravo artigiano del commercio, ho imparato a destreggiarmi nel settore dell’edilizia pura. Siamo cresciuti giorno dopo giorno, con la conquista di un sempre maggior numero di clienti. Nel 2005 abbiamo cambiato sede (ci siamo spostati nella zona industriale di Termoli) realizzando così un salto concreto nel mercato dell’edilizia.
D. Qual è il punto forza della sua azienda?
R. La marcia in più che ci riconosce la clientela è la preparazione tecnica dei nostri venditori, oltre ad una buona disponibilità di prodotti in pronta consegna.
Cianciosi Srl, panoramica
D. Quali sono il vostro andamento di mercato e le previsioni a breve-medio termine?
R. Il 2015 lo abbiamo chiuso in trend crescente, circa un +15%. Il primo quadrimestre 2016 ancora più positivamente: +25%
D. Dati molto confortanti.
R. Non ci possiamo lamentare, ma è anche vero che dal 2009 al 2014 abbiamo conosciuto solo segni meno nel modo più totale e assoluto.
D. Capito. Però negli ultimi 12 mesi qualcosa si sta muovendo…
R. Sì, anche perché abbiamo intrapreso un percorso di vendita di prodotti che prima non prevedevamo.
Panoramica, Cianciosi Srl
D. Per esempio?
R. Ferro per carpenteria metallica e legname oltre l’edilizia “pura”. Poi, ha chiuso un nostro collega-concorrente, di conseguenza abbiamo assorbito una quota di mercato. Una cosa vorrei precisarla per bene…
D. Prego.
R. Nulla dà il segnale che l’edilizia stia tornando a crescere.
D. Quali sono i settori merceologici che vanno meglio e quali peggio?
R. Partiamo dalle note dolenti: tutti i materiali edili che riguardano nuove lottizzazioni, quali solai (di ferro lavorato), Pvc, pozzetti, forato, mattoni, laterizio. I prodotti più tecnici, leganti e ricostruzione e riqualificazione, sentono meno la crisi del mercato: le pitture vanno molto.
Cianciosi Srl – panoramica
D. Avete adottato nuove strategie per rafforzare la presenza sul territorio?
R. Come molti miei colleghi ho vissuto anni di decrescita e mi sono dovuto impegnare per trovare la chiave di volta per drenare la perdita di fatturato.
D. E l’ha trovata…
R. Si chiama informazione e coinvolgimento: sono vitali. Per questo motivo facciamo costantemente dei seminari di aggiornamento.
D. Ha già rinnovato il punto vendita o è un lavoro programmato in agenda?
R. Abbiamo ampliato e rinnovato una parte e siamo in fase di lancio: ci siamo già mossi e per agosto-settembre sarà tutto pronto. Abbiamo deciso di fare una campagna propedeutica (di circa tre mesi) che mette a disposizione sul mercato a prezzo di fabbrica tutti i prodotti di magazzino, per poi iniziare la ristrutturazione volta alla creazione dello showroom nella nostra azienda di Termoli: una sede unica è capace di ottimizzare le energie, dare offerte migliori e complete alla clientela, conservare e creare posti di lavoro
Cianciosi Srl – Showroom
D. Nuove assunzioni all’orizzonte?
R. Sì, siamo tornati ad assumere.
D. E avete in cantiere qualcosa sul fai-da-te?
R. Certamente, rientra nella volontà di lavorare ad un ampliamento orizzontale e flessibile del punto vendita (che lavora no stop 12 ore). L’area del fai-da-te nascerà da un rinnovamento dei reparti di ferramenta, attrezzistica e materiali da brico.
D. Rilassiamoci un po’ con domande leggere. Squadra del cuore?
R. Premetto che sono sono un tifoso. Comunque, interista dalla nascita.
Cianciosi Srl, muletto in magazzino
D. La canzone che più le piace?
R. Impossibile sceglierne solo una! Non sono un cultore della musica estera, ma spazio molto tra i generi, italiani e non, dall’Opera alla musica leggera. Ecco, mi definisco un uomo di Celentano, cresciuto con le sue canzoni. Con il tempo ho imparato ad apprezzare di tutto: per esempio, la musica francese mi rapisce per la dolcezza della lingua. Il sottofondo del centralino aziendale è What a Wonderful World di Louis Armstrong. E gliene dico un’ultima: You’re simply the best, di Tina Turner. Due canzoni che mi esaltano!
D. Il libro che ha sul comodino?
R. Fin da giovane ho letto soltanto libri di politica o di storia e di guerra: insomma, nulla di troppo felice. Ora sto leggendo C’è anche domani, la storia di Ennio Doris, con la curiosità di conoscere la sua vita e le intuizione che ha avuto.
D. Chiudiamo con i suoi hobby.
R. Mi rimprovero di essere cresciuto senza coltivare particolari interessi. Le dico che il mio hobby preferito, quello che più mi distrae, è stare con gli amici, chiacchierare e ridere. Ecco, forse meglio se seduti a tavola per una bella mangiata.