Secondo le ultime statistiche, le case in Italia necessitano di un ampio programma di interventi di riqualificazione energetica. In totale sono circa 22,5 milioni le abitazioni che compongono il patrimonio edilizio italiano, e più della metà – il 53% precisamente – non è mai stato oggetto di manutenzione straordinaria, dato che ci colloca agli ultimi posti in Europa in ambito di prestazioni energetiche degli edifici.
Stiamo parlando di circa 11,5 milioni di abitazioni che in trent’anni di vita, non hanno mai avuto interventi manutentivi sulle facciate e si trovano in una classe energetica pessima, divenendo la causa principale del tasso d’inquinamento atmosferico, con 65 milioni di tonnellate di CO2 prodotte ogni anno.
La legge di stabilità ha prorogato fino al 31 dicembre 2016, nella misura del 65%, la detrazione fiscale per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, e pari detrazioni sono state assicurate per gli interventi sulle parti comuni degli edifici condominiali e per quelli che riguardano tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio.
Tra gli interventi di efficientamento energetico che godono della detrazione fiscale del 65% per la riqualificazione energetica degli edifici, il sistema a cappotto garantisce anche altri benefici per l’immobile: abbattimento dell’inquinamento atmosferico, aumento della salubrità degli ambienti abitativi e riduzione del rumore percepito all’interno dell’abitazione. Intervenendo inoltre sugli impianti di riscaldamento e sui serramenti, l’immobile si rivaluta immediatamente, passando per esempio, dalla classe energetica G alla C.
Il cappotto assume quindi un’importanza rilevante quale tipologia di intervento in grado di assicurare eccellenti risultati a fronte degli investimenti economici sostenuti. Cortexa, il consorzio italiano per la cultura del sistema a cappotto che unisce sotto lo stesso marchio le principali aziende del settore, trae spunto dalla fotografia dell’Italia\, e sostiene la riqualificazione come vero e unico traino per una solida e duratura ripresa di molti settori dell’edilizia.
Comarte opera come magazzino-rivendita di materiali e prodotti per l’edilizia, in forte espansione nelle province di Mantova, Parma, Reggio Emilia, Modena e Cremona. Il Consorzio Mantovano Artigiani Edili e Affini utilizza il WMS StockSystemEvolution per gestire la logistica in tutti i depositi con vendita diretta e nella piattaforma logistica. Cristian Bolognesi, responsabile logistica Comarte, spiega: “Abbiamo implementato StockSystemEvolution in tutti i depositi con un recupero di efficienza. Per esempio, abbiamo risolto la gestione dei Transfer Order che spesso creavano giacenze in magazzino invendute, se gli articoli ordinati non venivano ritirati immediatamente dai clienti. L’assistenza tecnica c’è sempre stata e quindi siamo pienamente soddisfatti”. Il consorzio ha elaborato piani di investimento che hanno previsto l’apertura della filiale di Suzzara (Mn), della piattaforma logistica e del franchising di Mantova. Dopo oltre quarant’anni di attività, il Consorzio è in fase di espansione con l’apertura di nuovi punti vendita.
Comarte
Comarte – Numeri e Strutture
– 4 rivendite operative:
Pegognaga (Mn) di 10.400 mq. – 6.500 referenze gestite
Bozzolo (Mn) di 7.000 mq. – 4.700 referenze gestite
Medolla (Mo) di 6,300 mq. – 4.500 referenze gestite
Suzzara (Mn) di 2.000 mq. – 3.700 referenze gestite
– 1 piattaforma logistica a Pegognaga (Mn) di 6.500 mq. ad altissima rotazione
– 1 Franchising a Mantova
– Circa 20.000 referenze movimentate (inclusi i T.O.= transfer order ovvero materiali non assortimento, acquistati solo su ordine di un cliente specifico)
– 215.000 movimentazioni annue per circa 5.000.000 di unità vendute
– Oltre 450 aziende associate
– Circa 450 altre imprese edili clienti a cui si aggiungono 120 aziende di altri settori merceologici
– Numerosi clienti privati
Esigenze Comarte
Nel 2010 l’azienda ha deciso di recuperare efficienza migliorando l’organizzazione del magazzino e della logistica. Dopo una software selection, ha scelto il WMS StockSystemEvolution di Replica Sistemi.
Problematiche Comarte
– Il magazzino era gestito manualmente e le giacenze non corrispondevano mai al numero indicato nel gestionale
– Il numero delle referenze da gestire era in aumento
– La gestione dei Transfer Order era diventata troppo onerosa e poco efficiente, perché spesso gli articoli ordinati per i clienti non venivano poi consegnati e rimanevano in giacenza invenduti
– Le merci hanno caratteristiche fisiche molto differenti gestite con unità di misura diverse (dal legname venduto a m3 alle viti, dal cemento venduto a sacchi ai tubi in Pvc)
– Nello «store» venivano venduti tanti articoli in piccole quantità
– Alcuni articoli sono stagionali
Obiettivi Comarte
– Inventario rotativo real time delle giacenze per conoscere esattamente il quantitativo di ogni referenza presente in magazzino
– Gestione puntuale dei Transfer Order
– Riduzione degli errori inventariali e di predisposizione degli ordini
– Riduzione delle rotture di stock
Soluzioni Comarte
Sono stati installati:
– StockSystemEvolution
– 14 terminali Honeywell Dolphin 9551/9951
– 7 MC9190 Motorola
Progetto Comarte
Il primo step è stata l’installazione del WMS nel magazzino di Pegognaga, poi si è passati all’implementazione del sistema nei depositi di Bozzolo, Medolla e infine Suzzara, Mantova e la piattaforma logistica. Per quanto riguarda il ricevimento merci, il sistema ha consentito a Comarte di selezionare i fornitori che garantivano l’etichettatura delle merci e il confezionamento in imballi più adatti alle loro esigenze.Tra le funzionalità più apprezzate del sistema c’è il calcolo automatico delle unità di misura con cui può essere venduto un articolo: ad esempio, il legname può essere caricato in giacenza in m3, ma poi venduto a pezzo (numero di tavole o a m2) e il sistema ricalcola poi in automatico la giacenza rimasta. Stesso dicasi per altri articoli come il cemento venduto a sacchi, a pallet o a peso. Grazie a StockSystemEvolution vengono elaborati dei report che consentono di valutare periodicamente l’indice di rotazione degli articoli e di collocare in modo ottimale le merci più vendute negli store.
Vantaggi Comarte
– Riduzionedelle rotture di stock perché il sistema indica quando il magazzino è sotto scorta, pertanto viene inviato un «alert» all’ufficio acquisti che decide i trasferimenti tra i vari magazzini oppure il riordino al fornitore
– È migliorata la gestione dei Transfer Order, perché in fase di ricevimento il sistema indica il cliente a cui è destinata la merce e quindi l’operatore lo può avvisare immediatamente. Inoltre, se per sbaglio un operatore dovesse prelevare la merce per destinarla alla vendita ad un altro cliente, StockSystemEvolution segnala l’errore.
– Diminuzione dei tempi di controllo in fase di ricevimento
– Inventario rotativo in tempo reale
– Maggiore velocità nello scarico-carico delle giacenze in occasione dei trasferimenti di merci tra i vari magazzini di Comarte, perché avviene in automatico, con segnalazione e correzione immediata degli errori.
Non conviene, al momento, acquistare un box come investimento. Secondo Tecnocasa, nel secondo semestre del 2015 nelle grandi città i prezzi dei box sono diminuiti dell’1,9%, quelli dei posti auto hanno fatto ancora peggio: -2,7%. Anche i canoni di locazione sono in ribasso: -1,1% per i box e -0,7% per i posti auto. Continua quindi la discesa dei valori di queste tipologie che hanno visto ridimensionarsi la domanda in seguito alla crisi immobiliare. A questo si aggiunge anche la maggiore offerta presente sul territorio, legata soprattutto a interventi di nuova costruzione. I valori più alti si registrano sempre nelle zone centrali dove comunque l’offerta di box non è elevata, ci sono difficoltà di parcheggio e spesso ci sono immobili storici privi o con pochi box. L’analisi delle informazioni raccolte dalle agenzie Tecnocasa e Tecnorete indica che il 57,4% delle operazioni che hanno interessato i box hanno avuto per oggetto la vendita, il 42,6% sono operazioni di locazione. I rendimenti da locazione dei box si aggirano intorno al 5,9% annuo lordo e questo dato spiega perchè il 58,9% di chi ha acquistato il box lo ha fatto con finalità di investimento. La restante parte ha comprato per uso proprio. Dal 2007 i valori dei box sono diminuiti del 33,9%.
Se si decide di investire in box è necessario considerare la zona: conviene farlo laddove c’è poca disponibilità di parcheggio e dove c’è un bassa presenza di box rispetto alle abitazioni (ad esempio nelle zone centrali e semicentrali delle grandi città). Sono da escludere le zone che si sono sviluppate urbanisticamente negli ultimi anni perché sicuramente ci saranno box a sufficienza e le aree dove sono stati costruiti parcheggi o introdotti parcheggi per residenti. Da valutare anche le zone ad alta presenza di uffici, soprattutto se non sono ottimamente collegate con i mezzi di superficie e non ci sono parcheggi disponibili. Bisogna infine tenere conto delle spese di gestione (condominiali) del box, che sono generalmente contenute
Performance finanziaria positiva per Betafence Italia nel corso del 2015. L’azienda ha saputo consolidare la sia posizione di leadership in uno scenario di mercato complesso, mantenendo gli ottimi risultati economici raggiunti lo scorso anno e migliorando anche alcuni indicatori: oltre all’aumento della liquidità e del cash flow, si registra un incremento delle vendite (+13,46%) e del risultato netto (1,02%).
Betafence, azienda di riferimento per le recinzioni innovative e l’alta sicurezza, ha presentato presenta l’Annual Report 2015, un documento che conferma, anche quest’anno, la crescita dell’azienda ed evidenzia in particolare un incremento dei ricavi e del flusso di cassa (pari ad oltre 6 milioni di euro). I ricavi sono aumentati dai 39.8 milioni di euro nel 2014 ai 45,2 milioni di euro nel 2015, segnando una crescita percentuale pari al 13,45%. Il margine operativo lordo (Ebitda) ha raggiunto i 4,4 milioni di euro e il risultato netto è pari a 2,17 milioni di euro, in linea con le aspettative e il budget del gruppo. L’aumento di liquidità e del cash flow hanno ulteriormente rafforzato la solidità della società verso tutti gli stakeholder: una società che ha saputo gestire il rischio d’impresa con molta attenzione, superando con successo la fase di volatilità delle principali materie prime che continua a connotare il mercato italiano ed estero.
Betafence
Betafence è cresciuta anche perché ha saputo investire soprattutto in innovazione. La capacità di innovare è da sempre un fattore critico di successo del business di Betafence, il vantaggio competitivo che differenzia la gamma di soluzioni offerte. A tal proposito, l’azienda vanta un Centro Innovazione all’avanguardia anche in Italia – strettamente interconnesso al reparto produzione – che si affianca a quello centrale della casa madre in Belgio ed è in grado di servire tutti i paesi del Gruppo. Il Centro italiano ha brevettato, ad esempio, la soluzione utilizzata per il recente intervento di rafforzamento della sicurezza dell’area di accesso ai binari della Stazione Ferroviaria di Roma Termini.
Betafence Italia fa parte di un Gruppo che ha una forte solidità patrimoniale, confermata anche dai risultati dell’esercizio 2015, in cui si rileva un fatturato annuo che si attesta intorno ai 500 milioni. “Grazie ai risulti finanziari favorevoli – dichiara Michele Volpi, ceo Betafence Group – possiamo definire un piano strategico di nuovi investimenti, in particolare per rispondere alla crescente domanda di protezione da parte di aree settoriali ritenute a rischio terrorismo internazionale e per confermare la nostra posizione di leadership nel settore”. La situazione positiva consente inoltre di valutare nuove acquisizioni, nell’ambito delle aziende di grandi dimensioni con cui costruire partnership ma anche delle piccole realtà con un know how molto evoluto e specialistico. Una capacità incoraggiata certo dalle buone performance finanziarie degli ultimi anni, ma anche dal supporto attivo del fondo CvcCapital Partners, che a inizio 2015 ha acquisito la partecipazione di maggioranza di Betafence.
La storia del tetto a falda coincide con la storia stessa dell’uomo: il tetto nasce con l’esigenza di protezione naturale dalle intemperie, tetto e casa in origine coincidono, il tetto è la casa e viceversa. Il tetto a falda assume così forme e inclinazioni in base alle condizioni climatiche del luogo e alle tradizioni culturali locali. Nei paesi mediterranei del sud proprio per le condizioni climatiche favorevoli, vi è una leggera prevalenza dei tetti a bassa pendenza rispetto alle regioni del centro Nord, tetti appena sufficienti per lo smaltimento delle acque piovane. Con l’utilizzo abitativo anche del sottotetto la tendenza costruttiva si è spostata decisamente verso il tetto a falda con pendenze importanti, migliorando così anche l’efficienza energetica del tetto e dell’ultimo solaio, da sempre un punto molto critico per le dispersioni di calore di un edificio, soprattutto per la fase estiva. Il sottotetto abitato è diventato con gli anni lo spazio abitativo più importante della casa e nella maggior parte dei casi coincide proprio con un tetto a falda. Il tetto a falda rappresenta nel disegno di una casa la quinta facciata, e la sua forma naturale, con le sue varie articolazioni formali, si integra bene con il paesaggio urbano e naturale. La leggerezza del legno e il suo comportamento statico ottimale ne fanno un sistema adatto per le zone sismiche e in caso di sopraelevazioni di edifici diventa una scelta praticamente obbligata. I vantaggi di un tetto a falda, rispetto a una copertura piana, sono oggettivamente molteplici: la protezione è garantita dallo smaltimento naturale delle acque piovane, la copertura è meno sollecitata dagli agenti atmosferici, le facciate sono protette dagli sporti di gronda che permettono anche un ombreggiamento geometrico, le superfici a Sud sono facilmente utilizzabili come tetto solare, la fisica tecnica assume un comportamento naturale e ottimale e indubbiamente la durata è nettamente maggiore rispetto a una copertura piana.
Fisica tecnica e caratteristiche del tetto a falda
I tetti a falda sono naturalmente concepiti per un comportamento fisico tecnico ottimale sia per la fase invernale sia per la fase estiva. La pendenza (ideale sopra i 10 gradi) e lo strato di ventilazione, garantiscono un’ottima diffusione del vapore acqueo con un rischio praticamente nullo di condense interstiziali (garantito anche dai pacchetti traspiranti). Anche il comportamento estivo ne trae grande beneficio: un tetto a falda ventilato presenta prestazioni superiori rispetto a una copertura piana con un basso rischio di surriscaldamento nella fase estiva. Inoltre pendenza e ventilazione migliorano la durabilità e il ciclo di vita del tetto a falde rispetto a una copertura piana. In sintesi un tetto a falda è ottimale sia per la protezione invernale sia per la protezione estiva ed evita ogni rischio di infiltrazione di umidità sia dall’interno che dall’esterno, permettendo una manutenzione molto ridotta rispetto ad una copertura piana. Va inoltre sempre consigliato per un tetto a falde l’impiego di tegole come manto di copertura, che riducono molto i rischi presenti nei manti di copertura in lamiera, come la condensa sotto manto, il comportamento acustico non ottimale e l’inquinamento nei grandi centri urbani da combinazione di SO2 con acqua piovana su lamiera, dovuto alla produzione di ioni di metallo che possono finire nelle acque di falda. La realizzazione e la posa di un tetto a falde, grazie ai sistemi prefabbricati, risulta essere molto semplificata, con tempistiche e costi ridotti rispetto alla costruzione di una copertura piana, che fondamentalmente risulta essere quasi sempre un solaio massiccio isolato e impermeabilizzato. I moderni sistemi prefabbricati permettono diverse tipologie di tetti: a travetti, lamellari o massicci in x – Lam. I tempi di posa ridotti e l’impiego del legno come materiale strutturale comporta anche un ridottissimo impatto ambientale rispetto alle coperture piane.
Tetto a falda e copertura piana
Le coperture piane – Introduzione
La storia delle coperture piane in Europa è abbastanza recente. Il “tetto piano” è stato fondamentalmente introdotto soprattutto per motivi “estetici” dagli architetti del Movimento Moderno, come momento di rottura dalla tradizione classica e come nuova opportunità funzionale di utilizzo innovativo (tetto giardino, ecc.), ma che ben presto ha mostrato tutti i suoi limiti soprattutto per il suo comportamento fisico tecnico e per la scarsa durabilità. Mentre nelle condizioni climatiche più favorevoli, come le aree mediterranee del Sud Europa, Orientali e dell’ Africa, i limiti oggettivi sono sempre stati coperti dalle condizioni climatiche molto favorevoli (poca piovosità, escursioni termiche quasi inesistenti), nelle zone più fredde e piovose le criticità delle coperture piane sono venute subito a galla. Soprattutto va detto che la copertura piana non è un tetto, storicamente ma anche linguisticamente parlando, ma appunto un solaio complesso isolato e impermeabilizzato definito appunto “copertura piana”. Senza dubbio già il peso importante della struttura diventa elemento critico per le zone sismiche con una statica più complessa e quindi anche più costosa. Le relazioni con il paesaggio sono più problematiche, proponendo spesso un edificio tipo “cubo” che può andare bene ovunque, senza un dialogo costruttivo con il luogo ed inoltre diventa molto problematica un’integrazione ottimale con il solare termico e fotovoltaico. La copertura piana impedisce infine una fruizione dello spazio abitabile “calda” e di prestigio che soltanto un sottotetto può dare.
Fisica tecnica e caratteristiche della copertura piana
Una copertura piana presenta un comportamento fisico tecnico molto problematico proprio per la sua natura di stratigrafia chiusa totalmente alla diffusione del vapore. L’elemento massiccio del solaio è chiuso verso l’interno da una barriera a vapore e verso l’esterno da una guaina impermeabile. La prima conseguenza è che il percorso del vapore dall’interno verso l’esterno non è mai totalmente interrotto e nel corso del tempo, una quantità di vapore rimane intrappolata all’interno del pacchetto strutturale e del materiale isolante, con il rischio di perdita delle prestazioni dello stesso isolante e con una durabilità più ridotta. Infatti, la Norma UNI 13788 dichiara per una copertura piana una condensa di 4g/ m2, che significa una presenza praticamente costante di condensa nel tempo. Un’altra criticità di questo tipo di coperture è che tutta la tenuta all’acqua e all’aria dall’esterno si basa esclusivamente su di un unico strato di materiale: la guaina. Basta quindi un piccolo errore di posa (abbastanza frequente in cantiere) o anche un’escursione termica molto elevata e costante nel tempo (rischio di rottura) per provocare infiltrazioni dall’esterno, che significano compromettere completamente non solo le prestazioni ma anche la durabilità del pacchetto costruttivo. Tali rischi vengono solo in parte evitati con una stratigrafia di copertura detta “a tetto rovescio”, che prevede la posa della guaina impermeabile direttamente all’interno sotto al solaio, in sostituzione della barriera a vapore. In tal caso la guaina è si più protetta, ma si sposta il rischio sul materiale isolante che rimane così poco protetto e quindi con un’alta probabilità di perdere anche completamente le sue caratteristiche isolanti. In ogni caso una copertura piana per garantire almeno minimamente il deflusso delle acque deve avere una pendenza minima del 1 – 2 %, il che comporta una complessità notevole di gestione delle pendenze in prossimità dei lati esterni e degli scarichi. Il comportamento invernale di una copertura piana può essere garantito dal pacchetto isolante posizionato verso l’esterno, che dovendo essere chiuso alla diffusione e resistente all’umidità deve per forza essere di origine sintetica (XPS, EPS, ecc.) e quindi meno sostenibile rispetto agli isolanti di origine vegetale e minerale. Inoltre l’utilizzo di isolanti con un basso calore specifico (caratteristica che migliora la prestazione energetica estiva), insieme alla mancanza di uno strato di ventilazione, peggiora di molto le prestazioni estive di una copertura piana rispetto ad un tetto a falde. In un tetto ventilato, grazie all’effetto camino che si crea come corrente ascensionale di aria calda che fuoriesce dal colmo, si riduce di molto il calore che passa verso l’interno. Secondo diverse analisi condotte da noti ricercatori universitari, in un sottotetto ventilato la temperatura può essere anche inferiore di 4° rispetto ad una copertura piana, il che significa spesso che non si rende più necessario un impianto di climatizzazione. Infine, per sua natura una copertura piana comporta la presenza di tutta una serie di materiali con un’elevata energia grigia (solaio in cemento, isolanti sintetici, guaine, ecc.) e con una Co2 equivalente di molto superiore a quella di un tetto a falda in legno, e quindi con un bilancio energetico complessivo spesso negativo. Soltanto optando per un “tetto piano verde” si può migliorare leggermente la sostenibilità ambientale di una copertura piana classica, ma con costi di costruzione e di manutenzione decisamente più elevati.
Per concludere
Confrontare una copertura piana con un tetto a falde risulta essere almeno in parte una forzatura, trattandosi di due sistemi di costruzione completamente diversi fra loro, nel senso che un tetto può essere soltanto un tetto a falda, mentre una copertura piana non è un tetto, ma appunto una ”copertura piana”, o meglio, tecnicamente: un solaio massiccio a stratificazione chiusa e complessa. Per storia dell’architettura, fisica edile, sostenibilità, durabilità dei sistemi e costi le due tipologie di chiusura di un edificio sono molto lontane fra loro. E chiarisce molto bene queste sostanziali differenze una citazione del maestro Giò Ponti del 1957, a proposito di “Tetti”: “L’architettura finisce alla gronda, al coronamento… l’architettura finisce al sommo tetto, il tetto è metà di un’architettura di una casa… Il tetto è, in ogni modo, una copertura logica, perfetta, leggera, areata, coibente”.
C’è una novità che dovrebbe interessare tutte le imprese, anche quelle piccole o, forse, specialmente queste ultime. È l’elezione, il mese scorso, di Vincenzo Boccia alla presidenza di Confindustria. Negli anni passati, inutile nasconderlo, molte aziende hanno vissuto la grande associazione delle industrie come un Moloch capace soprattutto di chiedere contributi per mantenere se stesso, più che un soggetto utile per la vita e la sopravvivenza della maggior parte degli associati. È anche per questo che nel settore legato all’edilizia alcune imprese hanno sentito il bisogno di fare da sole. Legittimo. E, magari, anche utile. Ma ignorare quello che Confindustria ha rappresentato e potrebbe rappresentare per tutti sarebbe un errore. Intanto, perché, piaccia o no, l’associazione di viale Dell’Astronomia associa 150mila imprese, che danno lavoro a 5,5 milioni di addetti. E non c’è solo la Confindustria nazionale con sede a Roma, ma anche 24 associazioni di settore, che a loro volta radunano altre associazioni più specifiche, in 80 associazioni provinciali e 18 associazioni regionali. Insomma, un colosso che riunisce anche soggetti legati al mondo delle costruzioni, come Buzzi e Italcementi, oppure le aziende che fanno capo ad Ance. Ma ignorare il cambiamento al vertice sarebbe un errore soprattutto perché, forse, ora Confindustria potrebbe girare pagina e ricordarsi che la maggior parte del tessuto economico italiano è costituito da Pmi. Non a caso il nuovo presidente, che ha preso il testimone di Giorgio Squinzi, è stato il numero uno della Piccola Impresa. D’accordo, non è la prima volta che accade. Un ex presidente come Giorgio Fossa, per esempio, è stato a sua volta il numero uno dei piccoli imprenditori, prima di ascendere al soglio dell’associazione. Ma erano altri tempi, quando il presidente della Confindustria si eleggeva a Roma, ma si decideva a Torino. La Fiat, però, oggi non fa più parte di Confindustria e, per la verità, non è più neppure un gruppo italiano. Così come Pirelli (cinese) e Italcementi (tedesca). Insomma, ci sono un po’ meno «poteri forti» a condizionare la politica dell’associazione, anche se non bisogna dimenticare che nell’associazione resta pesante l’influenza delle grandi imprese di Stato come Eni che, tra l’altro, vede al suo vertice la ex presidente degli industriali Emma Marcegaglia. C’è, però, la vocazione verso la piccola impresa del neo presidente, che deve affrontare una sfida davvero difficile: evitare la de-industrializzazione di un’Italia stretta tra la crisi dei consumi, effetto che nel settore dell’edilizia si traduce in blocco delle nuove costruzioni, e la necessità di traghettare le industrie verso quella dimensione definita 4.0 che altro non è se non l’applicazione delle nuove tecnologie. Un compito non facile, che però interessa tutte le imprese, anche quelle che non fanno parte di Confindustria.
La Vanedile, rivenditore di materiali per l’edilizia, è un pezzo di storia di Milano: 60 anni di attività in Via Carlo Dolci, tra Porta Magenta e San Siro, all’insegna della conduzione familiare e della professionalità. Il titolare, Giuseppe Vantusso, racconta l’evoluzione della sua azienda dal 1956, quando appena 16enne affiancò il padre insieme ai fratelli, alle sfide di oggi, soprattutto contro la grande distribuzione organizzata. Nel passato l’edilizia tradizionale, nel presente il Gruppo Made (di cui Vantusso, peraltro, è presidente) e nel futuro…
Giuseppe Vantusso
Domanda. La Vanedile è un’azienda storica di Milano.
Risposta. Quest’anno abbiamo festeggiato i 60 anni di età e di attività ininterrotta, da quando nel marzo 1956 mio padre fondò l’azienda. Via Carlo Dolci, tra Porta Magenta e San Siro, è la nostra casa.
D. La casa di una famiglia-impresa.
R. Proprio così: mio padre, io, mio fratello e mia sorella. In seguito, noi tre figli abbiamo portato avanti l’azienda e ora sono rimasto solo al timone. Ammetto di aver pensato di chiudere, ma ho sempre voluto portare avanti la tradizione di famiglia insieme ai bravissimi collaboratori che sono con me da una vita: il futuro è loro e delle nuove generazioni. Ecco, ho 76 anni e ho iniziato a 16: sono stati 60 anni di lavoro entusiasmante.
D. Ma tiene duro.
R. Sa, oltre l’abitudine e la voglia di tenere alto e vivo il nome di famiglia, è un diversivo e anche un passatempo: senza la Vanedile mi sentirei un po’ perso.
D. Quali sono state le principali tappe di crescita dell’azienda?
R. Ci siamo sviluppati seguendo gli andamenti generali del settore: da impresa generica di materiali pesanti, pian piano ci siamo trasformati in magazzino edile con materiali speciali, ferramenta, attrezzature e tecnologie varie, per essere così presenti e pronti su tutti i nuovi fronti del mercato.
Vanedile – Gruppo Made
D. C’è stato un crocevia decisivo?
R. Un bel passo è stato fatto con l’aggregazione al Gruppo Made – di cui peraltro sono presidente – che ci permette di essere presenti sul mercato con servizi aggiuntivi per i nostri clienti, oltre che più forti e tutelati nella lotta sui prezzi, così da contrastare la grossa distribuzione organizzata.
D. La vera novità degli ultimi anni.
R. Già, arrivata da circa un decennio, la Gdo si è ben radicata sul territorio. Riunendoci in gruppo proviamo a concorrere, oltre che sui prezzi, soprattutto su servizi, professionalità e capacità di dare consigli alla clientela, cosa sulle quali forse la Gdo non è (ancora) molto performante.
D. Insomma, l’unione fa la forza. Soprattutto in periodo di crisi.
R. Inutile nascondersi: il periodo è quello che è. Si pensava che la congiuntura non fosse così grave e che durasse meno, ma purtroppo non ne siamo ancora usciti. In Vanedile continuiamo a rimboccarci le maniche e a lavorare, insieme a Made, a testa bassa.
D. Qual è la vostra marcia in più?
R. La posizione geografica, che a livello logistico ci premia: siamo in una zona di Milano non ancora aggredita dalla grande distribuzione. Poi, la professionalità che ci permette di servire al meglio i clienti con prodotti speciali, che oggi rappresentano la maggior parte del fatturato.
Vanedile, materiali per l’edilizia
D. Entriamo nel merito.
R. Piastrelle, finiture, arredo bagno e così via: insomma, l’essenza stessa del lavoro del rivenditore edile, rivolto però ora per il 90% alla ristrutturazione e manutenzione. Per esigenza economiche gli italiani preferiscono, più che rivolgere gli sforzi finanziari verso una casa nuova, ristrutturare quella esistente. E qui la nostra attività sa rispondere bene alle richieste della clientela.
D. Mentre l’edilizia tradizionale non tira più.
R. I materiali pesanti sono ormai una piccola parte del fatturato. Questo vale per noi e per tutte le aziende del settore.
D. Come sopperire al calo generalizzato del lavoro?
R. Con l’esposizione. Noi, a tal proposito, siamo stati dei pionieri aprendo 30 anni fa uno showroom sulla strada. Diciamolo chiaro e tondo: il futuro è la ristrutturazione e il privato, due bacini da catturare con l’informazione. La potenziale clientela cerca le risposte ai suoi bisogni su Internet e noi dobbiamo essere presenti e pronti a fornirgliele.
D. E all’orizzonte cosa vede?
R. Io credo fermamente che il futuro della distribuzione edile sia l’aggregazione, o meglio la fusione.
Vanedile, vetrine showroom in Carlo Dolci
D. Nel senso che?
R. Devono diminuire le partite Iva.
D. Una parentesi su Milano: il patrimonio immobiliare è strutturalmente obsoleto
R. Certo. L’edilizia che ci circonda, centro storico a parte, ha più di 50-60 anni e ci sarebbe il bisogno di metterci mano, perché è un’edilizia fatta negli anni del Boom quando si costruiva tanto e si vendeva molto, ma si costruiva male.
D. Stacchiamo la spina dal lavoro: la sua squadra del cuore?
R. Io sono un vecchio milanista in una famiglia di soli interisti: le lascio immaginare le discussioni e gli sfottò…
D. Cantante preferito?
R. Faccio parte di una generazione che ha nel cuore Mina, simbolo della mia gioventù.
D. Il libro che ha sul comodino o che ha riletto più volte?
R. Sto rileggendo i libri di Oriana Fallaci, al momento La Rabbia e l’orgoglio per la terza volta.
D. Chiudiamo con gli hobby.
R. La cura del mio terrazzo-giardino: mi occupa tutte le ore del mio tempo libero, le poche che non passo alla Vanedile.
Per l’industria delle costruzioni del Veneto anche il 2016 sarà un anno di aspettative disattese. Il settore tarda a intercettare la ripresa e la maggior parte delle imprese risultano ormai profondamente destrutturate dopo 8 anni consecutivi di calo degli investimenti. Il XIV rapporto annuale di Ance Veneto, l’associazione dei costruttori edili, presentato a Padova nella sede di Banca Popolare Etica, fotografa una situazione che sembra restare immutata da qualche anno a questa parte. Una realtà che secondo l’Ance difficilmente cambierà in assenza di una politica industriale dedicata, un “Piano Marshall per l’edilizia”.
La crisi delle costruzioni: investimenti in calo in Veneto
Il 2015 segna un ulteriore calo degli investimenti, che si attestano in regione a 12,7 miliardi di euro (-1,4%), a conferma di un trend negativo in atto da oltre otto anni consecutivi (-38,2% dal 2007). Per assistere all’interruzione della caduta di un settore che rappresenta ancora una fetta importante dell’economia regionale (il 9,3% del Pil e il 19,6% degli addetti dell’industria), si dovrà attendere la fine del 2016. Si tratterà comunque di una crescita bassa (+0,5%), trainata dalle manutenzioni (+2%) e da un leggero aumento dei lavori pubblici (+1,2%). Soffriranno ancora l’edilizia abitativa (-1,9%) e il non residenziale privato (-0,3%). L’impatto della ripresa degli investimenti sarà ininfluente sull’occupazione e sul saldo delle imprese attive: fermi a 140 mila addetti (-86 mila dal 2008) e 53 mila imprese (-9.048).
«La lunga crisi delle costruzioni – spiega Giovanni Salmistrari, presidente di Ance Veneto – ha fiaccato la capacità industriale delle imprese. In Veneto ne sono scomparse 10 mila dal 2007. Quelle che resistono sono più piccole, meno patrimonializzate e di conseguenza hanno più difficoltà ad accedere a un credito divenuto nel frattempo molto più esigente. La sensazione è che non si assisterà nemmeno nei prossimi anni a una vera ripresa se non con un piano straordinario di investimenti, basato su linee guida di cui si parla da tempo e che sono sostanzialmente definite. Occorre solo premere sull’acceleratore: i fondi europei per il dissesto idrogeologico e la rigenerazione urbana, i piani per le periferie e per le scuole, gli investimenti nelle infrastrutture e opere pubbliche mancanti, nuove garanzie per l’accesso al credito».
Giovanni Salmistrari, Pres idente Ance Veneto
Un segnale di discontinuità: migliora la spesa in infrastrutture dei Comuni
La soppressione del Patto di stabilità interno e il passaggio ai criteri del “pareggio di bilancio” hanno liberato nei Comuni veneti, nei primi quattro mesi dell’anno, 31 milioni di euro. Queste risorse compensano quasi impercettibilmente il dimezzamento (-52%) degli investimenti in conto capitale registrati dal 2008, ma si tratta, tuttavia, di un dato che testimonia la capacità degli enti locali di sfruttare le opportunità offerte dalla revisione del Patto di stabilità interno. Quasi tutti i comuni hanno adottato in tempi brevi il bilancio di previsione senza far ricorso alle proroghe concesse dal governo. La Regione stessa ha anticipato sensibilmente l’approvazione del suo rendiconto annuale.
Credito
Dopo due anni di ripresa dei mutui alle famiglie, anche per i prestiti alle imprese, sia nel residenziale (+13,5%) che nel non residenziale (+101%), si registra, dopo 8 anni, una prima inversione di tendenza. Siamo comunque lontani dai valori del 2007, quando le banche concedevano all’edilizia prestiti per 5 miliardi di euro, contro i due di oggi.
Nuovo Codice degli appalti: a maggio crollano i bandi di gara.
In tema di lavori pubblici, c’è molta preoccupazione per gli effetti dell’entrata in vigore, il 19 aprile scorso, del nuovo codice degli appalti. L’assenza di un periodo transitorio nel passaggio tra vecchia e nuova disciplina rischia di disorientare le stazioni appaltanti. I tempi necessari per l’adeguamento alle nuove norme hanno causato nel solo mese di maggio una riduzione dei bandi del 26,7% in termini di numero e del 75,1% in termini di valore. Il rischio reale è quello di azzerare la tendenza lievemente positiva che era in atto in Veneto dal 2012. Nel corso del 2015, risultano pubblicati 882 bandi per lavori pubblici per 875 milioni di euro. Rispetto all’anno precedente si registra un ulteriore aumento nel numero del 30,3%. Più modesto l’aumento dell’importo posto in gara, che evidenzia una crescita dell’1,2% su base annua (- 16,2% nel 2014 rispetto al 2013). La tendenza positiva era confermata anche dai primi mesi dell’anno: a maggio 2016, nella regione si registrava una crescita del 77,9% nel numero e del 12,7% in valore rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (per l’Italia, rispettivamente, -11,1% e -28,1%). Questo prima del crollo di maggio.
Presentazione rapporto congiunturale – La crisi delle costruzioni
Ancora più vicini al mondo delle rivendite: Italcementi ha deciso di puntare sul mondo della distribuzione, rendendola protagonista di un approccio completamente nuovo per il mercato dell’edilizia.
Il direttore commerciale Stefano Roncan spiega i.nova POINT, l’iniziativa dedicata al mondo delle rivendite che mira ad alimentare il dialogo tra distribuzione edile e clientela privata professionale sui temi dell’innovazione di prodotto e della sostenibilità.
Sono già 130 le rivendite italiane in cui Italcementi è presente con un presidio fisso i.nova POINT, e altrettante sono le richieste di chi vuole entrare a far parte del progetto. «Cerchiamo di individuare le realtà distributive che hanno già una predisposizione all’innovazione e la voglia di mettersi in gioco», afferma Roncan.
I.nova POINT Italcementi tra innovazione e community
«Vogliamo mettere a disposizione delle rivendite il network di relazioni di Italcementi con il mondo dell’architettura, il nostro centro ricerca e innovazione, la gamma di prodotti orientati all’innovazione e alla sostenibilità, la possibilità di formazione del personale commerciale accorciando e integrando in questo modo la catena del valore tra la produzione e la distribuzione», spiega il manager Italcementi.
«Le rivendite sono molto brave a fare il loro mestiere in piazzale, ma questo non basta più. Innovazione e sostenibilità sono elementi sempre più importanti per chi vuole confrontarsi con il futuro dell’edilizia. Il nostro progetto avvicina al punto vendita un target già votato a queste tematiche, fidelizzandolo, e trasformando la rivendita in un interlocutore privilegiato grazie a iniziative di co-marketing e un’offerta commerciale che fa dell’innovazione Italcementi il suo punto di forza», spiega il manager.
Parco giochi a Sabaudia (Roma) con pavimentazione drenante realizzata con i.idro DRAIN di Italcementi
I.nova POINT Italcementi: i prodotti
«Negli i.nova POINT all’interno delle rivendite edili, i professionisti potranno trovare prodotti come i.idro DRAIN, innovativa formulazione di calcestruzzo per pavimentazioni con altissima capacità drenante, su cui lanceremo una campagna commerciale e comunicativa articolata, pensata proprio per i distributori aderenti, che si svilupperà anche sui nostri canali social, come Facebook, che diventano così un ulteriore strumento di dialogo costante».
«Uno dei primi prodotti presentati è stato i.pro U-COAT GREEN, malta per intonaci di fondo composta dal 100% di materiale riciclato nella porzione di inerti. Abbiamo coinvolto gli i.nova POINT del Nord Italia tenendo corsi a più di 300 venditori interni ed esterni delle rivendite, e incontrando nei punti vendita più di mille tra progettisti, prescrittori e pubblica amministrazione. Ora miriamo a triplicare i numeri grazie alla forza di un prodotto come i.idro DRAIN e alla partecipazione degli i.nova POINT di tutta Italia» aggiunge il direttore commerciale.
Pista ciclabile a Calusco D’Adda (Bergamo), su cui è stato utilizzato i.idro DRAIN di Italcementi
I.nova Point Italcementi: le fasi
«La campagna i.nova POINT di Italcementi si articolerà su diversi step che avranno come punto cardine i temi del nuovo prodotto i.idro DRAIN», spiega Roncan. La prima fase verterà sulla formazione degli addetti alle vendite all’interno delle rivendite. «È la fase più importante dell’azione promozionale, per la quale vengono fissati da subito degli incontri di formazione, della durata di circa un’ora e mezza, in cui il prodotto viene presentato ai referenti tecnici e commerciali del punto vendita. In particolare vengono coinvolti il responsabile territoriale e il TAP – Tecnico Applicazione Prodotto».
A seguito di questo incontro vengono strutturate attività sinergiche tra l’azienda e la rivendita che aderisce a i.nova POINT, concordando anche visite congiunte in cantiere o iniziative ad hoc. «Nella seconda fase il prodotto viene presentato ai clienti della rivendita nel corso di incontri tecnico-applicativi con i progettisti e le imprese».Durante gli incontri è prevista anche la messa in opera di una pavimentazione con l’utilizzo di i.idro DRAIN. «Durante questa fase provvediamo inoltre alla raccolta di ulteriori indicazioni e all’organizzazione di eventuali incontri di approfondimento in studio o in cantiere».
Promozione i.idro Drain presso Centredil
Infine, l’ultima fase riguarda più direttamente la vendita. «Affiancati da un nostro tecnico, gli addetti alla vendita del rivenditore verificano l’interesse da parte di imprese, progettisti ed artigiani per l’applicazione». Tutte le fasi dell’iniziativa vengono postate sulla pagina Facebook di Italcementi, con interviste e foto.
Attiva da circa un anno e mezzo, la proposta messa a punto da Italcementi è partita dal Nord Italia per svilupparsi poi lungo tutto lo Stivale. Le rivendite i.nova POINT sono disponibili sul portale www.i-nova.net, che ospita anche tutti i prodotti di Italcementi.
Nel secondo semestre del 2015 il 55,5% delle transazioni immobiliari sono state realizzate grazie all’ausilio di un mutuo bancario. È una sorpresa? No. Ma sente la necessità di puntualizzarlo l’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa, che ha analizzato le compravendite effettuate attraverso le proprie agenzie. La ricerca ha evidenziato anche che il 44,5% delle compravendite sono state concluse con il pagamento in contanti. Rispetto al semestre 2014 c’è stato un leggero aumento della percentuale di coloro che acquistano con il mutuo (+1,1%).
Tra le grandi città, quella dove si è registrato un maggior ricorso al finanziamento è stata Bologna (61,3% delle compravendite), seguita da Verona (60,9%) e Roma (59,3%). Al contrario è Napoli la città dove risulta esserci la percentuale maggiore di acquisti in contanti (52,2%), mentre al secondo posto c’è Firenze (46,7%).
Attraverso i dati raccolti dalle agenzie Kìron ed Epicas, l’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa ha confrontato l’importo medio erogato nelle principali province italiane. Nel secondo semestre 2015 il mutuo medio è risultato 112.000 euro. Le province dove il ticket medio risulta più elevato sono Roma e Milano, rispettivamente con 128.400 euro e 124.800; seguono Firenze e Napoli con 118.500 e 117.400. Dalla parte opposta, emergono i dati delle province di Genova, dove in media si erogano 93.800, Bari con 105.000 e Bologna con 105.900.
Il nuovo presidente di Assil, l’associazione Nazionale Produttori Illuminazione, federata Confindustria Anie, è Massimiliano Guzzini, vice presidente di iGuzzini. Assil è portavoce a livello nazionale ed internazionale dell’industria dell’illuminazione sul mercato italiano, che raggruppa circa 80 aziende produttrici. Le imprese aderenti hanno un fatturato globale di circa 2,5 miliardi di euro, rappresentano circa il 60% del fatturato complessivo italiano del settore e occupano oltre 8mila addetti. L’associazione partecipa attivamente a tutti e nove i gruppi di Lavoro di Lighting Europe, l’associazione che dalla sede di Bruxelles sostiene e difende il settore dell’illuminazione in Europa, in stretta relazione con il Parlamento Europeo, impegnandosi a promuovere pratiche di illuminazione efficiente a beneficio dell’ambiente globale, del benessere e della sicurezza delle persone, dettando le linee guida dell’industria dell’illuminazione in Europa. «Ho assunto questo impegno con l’obiettivo di portare Assil a svolgere un ruolo sempre più attivo in Italia e in Europa a beneficio del nostro sistema imprese, promuovendo i temi dell’innovazione che con Lighting Europe stiamo sviluppando nella Road Map strategica 2025, attorno ai concetti di Ledification, Internet of Things e Human Centric Lighting. L’innovazione è il motore della crescita e dell’internazionalizzazione, ed è prima di tutto un fatto culturale. Promuovere il sapere e la conoscenza della luce come elemento tecnico, normativo, sociale e culturale consente di formare professionisti sempre più preparati e orientati a ricercare prodotti e aziende di qualità. Innovazione e cultura sono valori che l’industria italiana ha nelle proprie corde più di chiunque altro. Valori che vanno tutelati da normative nazionali ed europee in grado di garantire a tutti le stesse opportunità».
Il calcestruzzo cellulare come materiale da costruzione si sta affermando sempre più sul mercato italiano grazie alle sue eccellenti proprietà fisiche, meccaniche, isolanti, e di resistenza al fuoco. Riqualificare il presente per costruire il futuro: Ytong offre una gamma completa di soluzioni per l’edilizia caratterizzati da elevata leggerezza, incombustibilità, traspirabilità e realizzati con particolare attenzione alla sostenibilità. L’impegno di Xella sotto il profilo della sostenibilità è dimostrato dalla Dichiarazione Ambientale di Prodotto che descrive e attesta le prestazioni e l’impatto dei propri manufatti sull’ambiente, analizzandone l’intero ciclo di vita in base a criteri oggettivi e confrontabili.
La Dichiarazione Ambientale di Prodotto diviene, inoltre, patrimonio dell’intero comparto a cui appartiene l’azienda, perché consente confronti tra prodotti o servizi funzionalmente equivalenti e viene verificata e convalidata da un Organismo accreditato indipendente che garantisce la credibilità e la veridicità delle informazioni riportate, rilasciando la Certificazione Epd. L’Environmental Product Declaration è uno strumento innovativo che rientra a pieno titolo tra le politiche ambientali comunitarie, capace di valutare tutte le caratteristiche, le prestazioni e gli impatti ambientali dei prodotti e viene sviluppato utilizzando la Valutazione del Ciclo di Vita (Lca) come metodologia che consente l’identificazione, la mappatura e l’analisi di tutti gli impatti ambientali del prodotto o servizio.
Fondamentale contributo al raggiungimento di questi importanti risultati sono l’origine naturale delle materie prime impiegate, unita all’elevato standard qualitativo degli impianti di produzione, che hanno permesso ai prodotti Xella di ottenere le più importanti certificazioni relative a standard di ecologia e sostenibilità, consentendone l’utilizzo nella bioedilizia. Il calcestruzzo cellulare Ytong è composto da materie prime completamente naturali come sabbia, calce, cemento e acqua, mescolate con un agente aerante e maturate tramite vapore. Questa particolare composizione rende il prodotto Ytong ecocompatibile, salubre ed ecologico, per un’edilizia davvero sostenibile.
L’aggiornamento della Certificazione Epd per i prodotti Ytong appena eseguita e rilasciata nel mese di maggio 2016, ha messo in luce parametri estremamente positivi e notevoli miglioramenti rispetto al passato dal punto di vista del profilo ambientale. Infatti i costanti e importanti investimenti effettuati sullo stabilimento produttivo italiano dislocato a Pontenure (Piacenza) hanno permesso di migliorare e ottimizzare i sistemi e le tecnologie di produzione, portando l’impianto italiano a configurarsi come sito all’avanguardia nel panorama europeo. I risultati evidenziati dall’analisi che sottende alla Dichiarazione Ambientale della produzione italiana di Ytong, premiano le scelte adottate dall’azienda nella progettazione, costruzione e gestione del nuovo impianto, facendo registrare una riduzione significativa dei consumi di energia e di acqua. L’ottimizzazione dei processi e le nuove misure adottate nello stabilimento Xella di Pontenure hanno consentito di attuare una drastica riduzione del consumo di acqua grazie ad un efficace sistema di recupero delle acque di raffreddamento e un risparmio dei consumi energetici e delle emissioni di gas serra per la produzione di Ytong pari almeno al 30%, mirando a implementare la quota di energia proveniente da fonti rinnovabili.
Questi importanti risultati certificano l’eccellenza del profilo ambientale dei sistemi Ytong, e a maggior ragione per la produzione italiana, attestando la loro sostenibilità, la eco-compatibilità e l’impatto ambientale minimo in relazione all’intero ciclo di vita del prodotto. Inoltre la certificazione Epd, fornendo dati oggettivi e confrontabili, consente di operare analisi comparative fra le diverse soluzioni costruttive quella eseguita da alcuni ricercatori del Politecnico di Milano, dalla quale è possibile evincere non solo i risultati prestazionali degli edifici in esercizio ma anche l’impatto ambientale lungo tutto il ciclo di vita dei prodotti in opera, dalla loro produzione allo smaltimento o riciclo, a fine vita dell’edificio.
Borghi d'Italia, casa in pietra in vendita a Castellabate (SA)
Case al bacio nei borghi d’Italia più belli. Laigueglia, in provincia di Savona, è il borgo più caro d’Italia dove acquistare casa, con una media di 5.499 euro al metro quadro. È quanto emerge dall’analisi di mercato condotta dall’ufficio studi di Idealista sui Borghi eccellenti d’Italia in vista della Notte Romantica del 25 giugno, in 178 comuni tra i più affascinanti della Penisola. Sul podio, secondi i dati del portale immobiliare, oltre alla località ligure, salgono anche Atrani (5.148 euro/m2), angolo di paradiso della Costiera Amalfitana in provincia di Salerno, e Cervo Ligure (4.596 euro/m2), in provincia d’Imperia.
Borghi d’Italia, casa in pietra in vendita a Castellabate (SA)
Il buon retiro è a peso d’oro in Liguria. Sono 15 i borghi che vantano prezzi superiori ai 2mila euro al metro quadro. Di questi ben 6 sono località liguri, destinazioni molto ambite dalle famiglie milanesi e piemontesi, ciò giustifica i prezzi elevati di Finale Ligure (4.515 euro/m2), Lerici (4.201 euro/m2) , Moneglia (3.244 euro/m2) e Freamura (3.107 euro/m2). Tra i borghi marinari della top 15 figurano anche Monte Argentario (4.200 euro/m2), in provincia di Grosseto, Cefalù (2.634 euro/m2) in provincia di Palermo e Castellabate (2.152 euro/m2), località in ascesa del Cilento a sud della provincia di Salerno. Tra le altre località sotto i 3mila euro si collocano Pescoconstanzo (2.891 euro/m2), località montana in provincia dell’Aquila, Egna (2.817 euro/m2) in provincia di Bolzano, Castel Gandolfo (2.495 euro/m2) e Morimondo (2.238 euro/m2), rispettivamente in provincia di Roma e di Milano.
Borghi d’Italia, trullo in vendita a Locorotondo (BA)
Prezzi stracciati nell’entroterra, che offre opportunità interessanti a chi vuole acquistare un’abitazione dove trascorrere le proprie vacanze nel corso dell’anno. Con circa 500 euro al metro quadro è possibile acquisire proprietà in Molise, Alta Irpinia o in Calabria. Con 1.000 euro al metro quadro si può sognare un trullo a Locorotondo o una tipica abitazione salentina nel centro di Presicce, oltre che in numerose località dell’Abruzzo, dove si possono trovare dove i paesaggi sono incantevoli, i ritmi slow, la cucina magnifica.
Cannobio, San Giovanni Lupatoto e Sassari sono i comuni più virtuosi d’Italia nella raccolta rifiuti relativa al 2015. Il Centro di Coordinamento RAEE ha premiato a Roma, nell’ambito dell’iniziativa “Comuni Ricicloni” organizzata da Legambiente e giunta quest’anno alla XXIII edizione – le tre realtà territoriali che si sono distinte per la migliore performance di raccolta dei Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche nel corso del 2015. Il criterio di selezione dei comuni più virtuosi ha tenuto conto innanzitutto della fascia di popolazione residente servita: una prima da 5.000 fino a 15.000 abitanti, una seconda da 15.000 a 45.000 e l’ultima per comuni con popolazione residente maggiore di 45.000 abitanti. All’interno di queste aree, sono state prese in considerazione la raccolta pro capite di RAEE e la quantità di rifiuti raccolta rispetto alla popolazione residente.
Raccolta rifiuti
Sulla base di questa classificazione, i vincitori per ciascuna delle tre categorie individuate – aree piccole, medie e grandi – sono stati rispettivamente il comune di Cannobio in provincia di Verbano Cusio Ossola (5.203 abitanti), che ha raccolto 69.444 kg per una raccolta pro capite di 13 kg per abitante; il comune di San Giovanni Lupatoto in Provincia di Verona (24.991 abitanti), che ha totalizzato 219.236 kg di RAEE e una raccolta pro capite di 9 kg per abitante; il comune di Sassari (127.625 abitanti) che ha registrato 1.003.870 kg complessivi e 8 kg per abitante. Altri criteri di valutazione qualitativa hanno preso in considerazione la disponibilità dei Centri di Raccolta comunali a ricevere i RAEE provenienti dalla Distribuzione attraverso l’uno contro uno, l’area regionale, la corretta gestione di raccolta delle varie tipologie di rifiuto e il miglioramento dei servizi rivolti ai cittadini.
Raccolta rifiuti
“Anche quest’anno il Centro di Coordinamento RAEE partecipa con piacere all’iniziativa “Comuni Ricicloni” di Legambiente, dedicata alle realtà virtuose presenti sul territorio nazionale – ha commentato il Presidente del Centro di Coordinamento RAEE Giancarlo Dezio. – Gli Enti Locali, insieme ai Sistemi Collettivi iscritti al Centro di Coordinamento RAEE, svolgono un ruolo cruciale nella raccolta dei Rifiuti Elettrici ed Elettronici in Italia e il raggiungimento di risultati così notevoli sono la testimonianza che la raccolta nei comuni può arrivare a livelli di eccellenza”. Ai campioni della raccolta è stata consegnata una targa che attesta l’eccellente lavoro svolto nel corso dell’anno 2015.
Un’opera in bronzo celebra il centenario della nascira di Mr JCB. Il fondatore dell’omonima JCB è stato celebrato con l’inaugurazione di un busto in bronzo appositamente commissionato. Joseph Cyril Bamford CBE è nato il 21 giugno 1916 presso la casa di famiglia, The Parks a Uttoxeter, Staffordshire, da Cyril e Dolores Bamford. Durante la sua giovinezza gioca spesso alla costruzione di auto e barche, i primi segnali della capacità inventiva che lo avrebbe visto diventare uno dei tecnici progettisti più famosi della Gran Bretagna.
Quando Mr Bamford si ritirò nel 1975 passando il testimone a suo figlio Anthony, la società da lui fondata nell’ottobre del 1945 in un piccolo garage a Uttoxeter è diventata un a realtà da 43 milioni di sterline l’anno e impiega centinaia di persone. Era anche diventato universalmente conosciuto come “Mr JCB” così come “Jamais Content” Bamford, grazie alla sua incrollabile volontà di fare le cose sempre meglio.Oggi i suoi figli, Lord Bamford e Mark Bamford, e suo nipote, Jo Bamford, hanno voluto celebrare il centenario della sua nascita e sottolineare i suoi numerosi successi inaugurando un busto in bronzo a lui dedicato installato presso il quartier generale mondiale JCB a Rocester. L’opera porta la firma di un altro figlio celebre dello Staffordshire, lo scultore Andrew Edwards nato a Stoke-on-Trent 52 anni fa, che ha trascorso ben cinque mesi al lavoro per ricreare l’immagine di Mr Bamford negli anni Sessanta, nel momento di massimo vigore e della definitiva affermazione di JCB a livello mondiale.
Lord Bamford ha dichiarato: “Mio padre è stato senza dubbio un genio dell’ingegneria e abbiamo voluto celebrare il centenario della sua nascita e il contributo enorme che ha portato allo Staffordshire e alla Gran Bretagna. Siamo molto soddisfatti dell’opera, ed è suggestivo che sia stata creata nella contea della sua nascita e da uno scultore il cui talento è stato sviluppato proprio qui nello Staffordshire”. Il busto sarà ora in mostra permanente al JCB World Headquarter, dove sarà visto dalle migliaia di visitatori che ogni anno ne varcano le porte. Andrew Edwards ha dichiarato: “Sono sempre estremamente nervoso quando devo lavorare a opere di questa natura, perché sono così molto personali per i familiari coinvolti. Lavorando a stretto contatto con la famiglia Bamford, sento di avere realizzato un’immagine di notevole somiglianza di una persona che è senza dubbio tra i figli più famosi dello Staffordshire. Avere realizzato quest’opera è stato un onore”.
Il busto pesa circa 50 kg ed è altro circa 70 centimetri. Non è il prima busto di Mr JCB ad essere commissionato; uno più piccolo è stato realizzato nel 1964 su commissione dei dipendenti che glielo hanno voluto regalare in segno di gratitudine per il bonus da 250.000 condiviso tra la forza lavoro dopo un anno particolarmente favorevole. Questo busto si trova sulla scrivania originale di Mr JCB visitabile nel museo JCB Story presso il quartier generale mondiale JCB.
Abitare in campagna a breve distanza dalla città è il sogno di molti italiani. Un sogno che, per Filippo Giaroli e la sua famiglia, è diventato realtà con la costruzione della loro nuova villa unifamiliare, recentemente completata a Monticelli Terme, alle porte di Parma. Si tratta della nuova case history Hörmann, che ha partecipato alla realizzazione della villa a basso consumo energetico, fornendo un portone sezionale.
Villa unifamiliare a Parma, portone Hormann
Entriamo nel merito dell’iniziativa dando vita al protagonista, Filippo Giaroli: “Abbiamo voluto che la nostra nuova casa fosse concepita attorno agli spazi aperti, circondata da un ampio giardino e con le zone giorno e notte disposte su un unico livello. Oltre ai classici locali sono inoltre presenti uno studio, una piccola palestra e una camera per gli ospiti. L’edificio è comunque sviluppato su due piani, perciò lo spazio centrale del salone risulta a doppia altezza: in questo modo siamo riusciti a ottenere un ambiente comune estremamente luminoso e piacevole, sul quale si affacciano i locali del piano superiore. Per rompere l’uniformità volumetrica, il salone è rivestito con pietra naturale a vista sul fronte come sul retro, in modo da farlo risaltare rispetto alla cucina e alla zona notte che, dall’esterno, si distinguono per la diversa colorazione dell’intonaco”.
L’edificio è anche estremamente parco nei consumi: “Siamo ancora in attesa dell’attestazione ufficiale, ma le previsioni progettuali indicano prestazioni in classe energeticaA. Il termotecnico ha curato con molta attenzione tutti gli aspetti relativi al corretto isolamento termico dell’involucro edilizio, compresi i serramenti che, date le dimensioni, svolgono un ruolo determinante. Si tratta di infissi con telaio in legno e alluminio, dotati di tripli vetri con caratteristiche antisfondamento, che abbiamo selezionato confrontando diversi prodotti. Al contrario, per la scelta del portone del garage, ci siamo orientati esclusivamente verso i prodotti Hörmann“.
Le ragioni di questa preferenza? “Sicuramente hanno inciso le prestazioni termoisolanti, ma la verità è che li abbiamo visti nella show room dell’impresa installatrice ed è stato amore a prima vista: ci sono piaciuti fin da subito sia per il loro design, sia per la cura prestata ai particolari tecnici. Grazie al vasto assortimento della gamma abbiamo confrontato diverse soluzioni e possibilità di personalizzazione, optando infine per un portone sezionale, secondo me più pratico nell’uso e piacevole alla vista rispetto a un normale basculante”. Oltre alla possibilità di far filtrare nel garage quel minimo di luce naturale che può fare sempre comodo, abbiamo pensato che gli inserti trasparenti (oblò quadrati) conferissero quel tocco in più, capace di caratterizzare il portone nel contesto dell’immagine architettonica complessiva”. Soddisfatti della scelta? “Assolutamente sì, e non solo per la qualità del prodotto, conclude Giaroli. Qualche giorno dopo l’installazione, infatti, abbiamo dovuto chiamare l’assistenza per effettuare una regolazione. Nell’arco di 24 ore era tutto risolto, grazie a personale estremamente competente e disponibile. Se qualcuno me lo chiedesse, non potrei che consigliargli un portone Hörmann”.