Mapei rafforza la sua presenza industriale in Nord Africa, con l’apertura di un nuovo stabilimento produttivo in Egitto, nella Città del decimo Ramadan, a nord ovest del Cairo. Con una superficie totale di 30 mila metri quadrati, la nuova fabbrica produrrà i principali prodotti Mapei per il mercato locale, dagli adesivi per la posa della ceramica alle malte, agli additivi per calcestruzzo ai coadiuvanti di macinazione per la produzione di cemento. Sarà il secondo impianto produttivo del Gruppo in Egitto dopo quello per la produzione di polimeri di Vinavil, attivo a Suez dal 2002, con 150 dipendenti.
«L’apertura dello stabilimento di Mapei in Egitto costituisce un ulteriore tassello della solidità delle relazioni economico-commerciali bilaterali Italia e Egitto e del forte interesse delle aziende italiane ad investire in questo Paese in settori strategici per il Made in Italy», è il commento dell’ambasciatore d’Italia al Cairo, Michele Quaroni. «L’Egitto è infatti un nostro partner cruciale per la sua posizione geografica, il suo peso economico, politico e demografico nella regione euro-mediterranea e per l’apertura che esso favorisce verso l’intero mercato africano. In linea con lo spirito del Piano Mattei per l’Africa, gli investimenti produttivi, il trasferimento tecnologico e di know-how, e le attività di formazione che verranno portati avanti in Egitto da Mapei, sono salutati con estremo favore dal Governo italiano e dalle Autorità egiziane, in quanto forniranno un contributo molto importante alla crescita economica di questo Paese e al nostro rapporto bilaterale».
«L’Egitto rappresenta oggi un mercato molto attraente per l’industria delle costruzioni a livello mondiale», aggiunge Veronica Squinzi, amministratore delegato Mapei. «Con oltre 100 milioni di abitanti e un incremento demografico costante, il Paese sta registrando una crescente domanda di edilizia residenziale, sostenuta da robusti piani di investimento governativi in infrastrutture, ospitalità e trasporti. La presenza nell’area di due siti industriali, Mapei e Vinavil, rafforzerà la competitività del Gruppo promuovendo, al tempo stesso, le capacità produttive locali, creando opportunità di lavoro e facilitando il trasferimento tecnologico».
«Il nuovo stabilimento, progettato per produrre un’ampia gamma di prodotti utilizzando tecnologie all’avanguardia, è situato in una posizione strategica dove si trovano i principali hub logistici», aggiunge Marco Squinzi, amministratore delegato Mapei. «La vicinanza al corridoio Cairo-Suez e Cairo-Ain Sokhna consentirà a Mapei di distribuire i propri prodotti in modo efficiente sia all’interno dell’Egitto che nei mercati vicini del Nord Africa e del Medio Oriente. Sarà anche una porta di accesso all’Africa sub-sahariana, grazie agli accordi commerciali in essere e alla crescente integrazione economica tra le nazioni africane. Pensato per soddisfare le esigenze dell’industria edile locale, garantendo vicinanza, tempi di consegna più rapidi e un supporto tecnico su misura, l’impianto è dotato anche di un laboratorio controllo qualità e di uno spazio per i programmi di formazione della Mapei Academy, l’offerta di formazione di Mapei che si sviluppa attraverso eventi gratuiti rivolti ai professionisti e alle imprese, contribuendo allo sviluppo delle competenze locali. Come hub regionale, progettato per essere scalabile, consentirà a Mapei di aumentare la produzione e la capacità di stoccaggio in base alla richiesta e di ampliare l’offerta con linee di produzioni aggiuntive».
Servizio migliore se il dipendente è contento
Proprio quando le imprese sono sballottate nel maremoto dei dazi, attendono che la guerra in Ucraina si risolva in un giorno e che Gaza si trasformi in una riviera del lusso, è il caso di guardare avanti. Per quanto siano difficili gli ostacoli legati alla geopolitica, il mondo non terminerà domani (si spera). L’impresa saggia riflette su che come riorganizzarsi per quando questi sommovimenti destabilizzanti saranno esauriti. Perché dopo le tempeste torna sempre il sereno.
Per esempio, c’è un aspetto spesso sottovalutato dagli imprenditori: la soddisfazione dei propri clienti e dei propri dipendenti. Nel primo caso il focus deve essere il prodotto e il servizio offerto. Ma se, per caso, questo risultasse non all’altezza a causa della scarsa formazione dei propri dipendenti? È un aspetto fondamentale per la distribuzione di materiali per edilizia. Se un rivenditore si deve distinguere dalla Gdo è proprio per il servizio che offre. E questo è erogato tramite le persone che lavorano nella rivendita. Accanto alla competenza, però, spesso viene sottovalutato un altro aspetto: la soddisfazione del collaboratore in azienda. Quale immagine dell’azienda potrà trasmettere il banconista che non vede l’ora di tornare a casa? Oppure che non va d’accordo con il suo collega? Non è un problema secondario.
Tempo fa, l’Osservatorio human resource practice del Politecnico di Milano ha condotto un’indagine su 195 aziende e mille lavoratori. Risultato: il 39% delle imprese tradizionali non riesce ad attrarre le persone giuste e, quello che è peggio, il 91% di lavoratori si trova male nella propria azienda. Questo scontento cronico è anche alla base della valanga di dimissioni di centinaia di migliaia di dipendenti (secondo alcune stime sarebbero circa 2 milioni in Italia). Sempre i ricercatori del Polimi indicano che per una persona che si convince a cambiare lavoro, ce ne sono altre nove che vorrebbero imitarli, ma per ragioni diverse non lo fanno. Insomma, nelle aziende italiane c’è un forte desiderio di cambiamento. Le turbolenze dell’economia sono uno dei freni a un esodo di massa, ma con un mercato del lavoro più dinamico le dimissioni volontarie sarebbero probabilmente molte di più. Recentemente, indica l’analisi, nel 69% delle aziende è aumentato il tasso di turnover. E su questa variazione hanno pesato le dimissioni volontarie (87%), seguite dai pre-pensionamenti e da pensionamenti (36%) incentivati anche per favorire il ricambio generazionale.
Se i lavoratori non si sentono coinvolti, vorrebbero andarsene, ma sono costretti loro malgrado a continuare a stare in azienda, il servizio fornito sarà scadente. I dipendenti, insomma, per l’azienda sono un investimento che non rende quanto dovrebbe e potrebbe. Perché accade questo? In buona parte, sostengono gli esperti, avviene a causa del disallineamento tra domanda e offerta nel mercato del lavoro. E questo è dovuto al fatto che le aziende appaiono vecchie, superate, poco attrattive, ingessate. Non è solo questione di soldi. Come quando un famoso chef si lamenta di non trovare giovani che vogliono passare il week end e le serate a tagliare zucchine. Ma perché un ventenne dovrebbe essere attratto dal pulire la verdura per uno stipendio basso? Le aziende devono imparare a investire sui propri dipendenti. Bonus, premi, incentivi, formazione, coinvolgimento, struttura organizzativa flessibile, tecnologia, team building: sono temi che anche un’azienda di piccole dimensioni non può più tralasciare. Essere forti all’interno significa affrontare meglio l’esterno. E di questi tempi ce n’è un gran bisogno.