Non si ferma la crescita di Friulsider, azienda di San Giovanni in Natisone (Udine) del Gruppo Simpson Strong-Tie, specializzata nella progettazione e produzione di fissaggi sicuri ed innovativi, che quest’anno ha avviato la costruzione di nuovi uffici e un centro convegni di oltre 400 metri quadrati.
Le nuove strutture sorgono su un’area adiacente alla sede attuale dell’azienda e includono anche sale riunioni, aree training e uno showroom dedicato ai prodotti, con uno spazio per raccontare storia e valori aziendali.
Applicazione angolare ancoraggio Hold Down HTT22E
Piano di Investimenti
Lo slancio a questo piano di investimenti è arrivato nel 2022 grazie all’ingresso della società nel Gruppo Simpson Strong-Tie, colosso americano con numerose filiali in Europa conosciuto in tutto il mondo per le sue soluzioni strutturali e tecnologie innovative.
Già lo scorso anno l’acquisizione ha portato un impulso significativo per Friulsider, che ha ampliato lo stabilimento aziendale con una nuova area da 10 mila metri quadrati. Oltre al ricollocamento dei reparti di assemblaggio e confezionamento, l’ampliamento ha visto l’introduzione di due nuove linee di produzione ad alta automazione.
Tutto ciò ha permesso l’ottimizzazione del layout e una maggiore efficienza, che porterà a un incremento della produzione del 30%.
L’ingresso nel Gruppo americano ha inoltre permesso a Friulsider di ampliare notevolmente la sua offerta, espandendosi anche nel mondo dei fissaggi dedicati all’edilizia in legno, settore in cui Simpson Strong-Tie è uno dei principali player a livello mondiale. Per questo sviluppo l’ampliamento del magazzino diventa un elemento centrale.
La sede di Friulsider a San Giovanni In Natisone Udine
Punto di riferimento per Italia, Spagna e Portogallo
Il piano di investimenti portato avanti a seguito dell’ingresso nel Gruppo è funzionale alla posizione strategica dello stabilimento friulano, che diventerà il polo logistico e distributivo per gli ancoranti del continente europeo.
Inoltre, Friulsider è la sede della Region South del Gruppo e sede operativa del business Simpson per Italia, Spagna e Portogallo.
Mezzo secolo e non sentirlo. Archiviati i primi cinquant’anni di presenza in Italia, Makita si avvia ad affrontare un futuro fatto di innovazione continua, attenzione all’ambiente e tecnologia cordless.
Conosciuta sul mercato per i suoi elettroutensili professionali di alta qualità, l’azienda è tra i principali player nei settori dell’edilizia, della carpenteria metallica, della lavorazione del legno e nelle installazioni.
Sede Makita Italia ad Arluno Milano
Elettroutensili pro
Makita si presenta sul mercato elettroutensili con prodotti che si rivolgono quasi esclusivamente al professionista.
«Il mercato sta subendo una veloce traslazione dal filo-scoppio al batteria. Il web ha sicuramente inciso sulla tipologia di vendita anche di questa tipologia di prodotto, anche se per quanto ci riguarda il contatto diretto con il rivenditore e l’utilizzatore rimane il nostro sistema privilegiato di proposta.
Luca Gilardi, sales manager di Makita Italia
Per il futuro prevediamo un’ulteriore spinta del settore batteria con utensili con capacità maggiori e con impieghi in nuove lavorazioni», spiega Luca Gilardi, sales manager di Makita Italia.
«Abbiamo accordi di gruppo con i player di riferimento del settore delle rivendite di materiali per edilizia, oltre a operare con singoli opinion leader sul territorio. In collaborazione con loro stiamo proponendo ai vari end users tutte le soluzioni di cui necessitano in ambito operativo.
Sempre con i distributori organizziamo corsi formativi presso la nostra sede di Arluno (Milano) per fornire le macchine e gli accessori idonei per ogni tipo di lavorazione. I demo sul campo offrono un aiuto importante facendo testare il prodotto.
Inoltre, la nostra sede con magazzino garantisce una disponibilità elevata sia di macchine sia di accessori e di ricambi. Il servizio spedizione permette la consegna su tutto il territorio nazionale in pochi giorni dalla data dell’ordine.
Allo stesso modo la possibilità di fornire utensili di cortesia, denominati SOS, permette di gestire con le imprese eventuali fermi macchina in attesa di riparazione».
Sede Makita
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Ricerca e sviluppo
Gli ingegneri Makita si dedicano costantemente alla ricerca e allo sviluppo di tecnologie da applicare ai nuovi prodotti.
L’intera linea di utensili a batteria è in continua espansione e comprende circa 600 articoli suddivisi in tre differenti piattaforme: Cxt (Compact Extreme Technology), Lxt(Lithium Extreme Technology) e la più recente Xgt(neXt Generation Technology) progettata per applicazioni con requisiti di potenza particolarmente elevati.
«La linea Xgt 40Vmax in grado di garantire performance uniche nel settore batterie sta ottenendo ottimi risultati. Questa piattaforma sta crescendo ogni anno per numero di prodotti e fatturato», afferma Gilardi.
Minore impatto
Tra le priorità dell’azienda c’è anche l’attenzione verso l’ambiente, che ha portato allo sviluppo di utensili con minor impatto e rispettosi della salute degli operatori.
Il programma Zero Emission di Makita si basa sull’utilizzo di energia rinnovabile per usi professionali con la proposta di prodotti e kit energy idonei per ogni esigenza.
Le batterie agli ioni di litio consentono di lavorare in assoluta assenza di gas di scarico e pressoché senza produrre rumore.
Fa parte del programma Zero Emission il sistema di prodotti Connector, che comprende zaini Power Pack e utensili come decespugliatori, rasaerba, soffiatori e vibratori per calcestruzzo.
«Credo che da sempre Makita abbia deciso quale sia la sua linea. Gli otto stabilimenti produttivi e le oltre 50 filiali nel mondo stanno a testimoniarlo.
Qualità e innovazione sugli elettroutensili sono e saranno affiancati alla sicurezza e alla sostenibilità, le nostre linee guida anche per il futuro.
La clientela ha ormai individuato nel brand un partner di sicura affidabilità e con prodotti all’avanguardia.
La ricerca e la spinta per inserirsi in nuovi mercati con attrezzature progettate e dedicate stanno a testimoniare questa volontà», sottolinea il sales manager.
«Investiamo inoltre continuamente in ricerca. La collaborazione con le aziende produttrici più prestigiose e con le università tendono sempre a ricercare nuove soluzioni.
La nostra sede sta già valutando ampliamenti di magazzino e nuovi inserimenti in organico per sostenere la crescita».
Demo sul campo degli elettroutensili dell’azienda
Garden e cleaning
«Nonostante la flessione del canale costruzioni dopo la riduzione degli incentivi, l’azienda sta segnando buoni risultati grazie anche a inserimenti in nuovi settori, quali il garden e il cleaning in particolare, e supportata dal lancio di novità, una costante per la nostra azienda», aggiunge Gilardi.
Articoli come i box termici per la conservazione di materiali isolanti o per scaldare o raffreddare vivande, i ventilatori per essiccare più rapidamente pareti stuccate o rinfrescare l’aria in ambienti chiusi o poco arieggiati, sono solo alcuni esempi delle soluzioni con applicazione professionale e per il tempo libero.
Tra le novità il robotaspiratore 18V DRC300Z che ha ottenuto il riconoscimento Product of the Year 2023 Award.
Con filtro Hepa e motore brushless, è ideale per la pulizia di magazzini e showroom fino a 600 metri quadrati ed è progettato con nuova funzione di mappatura ambienti tramite telecamera e radar laser a 360 gradi.
A completamento della gamma ci sono gli oltre cento prodotti del catalogo Makita Utility, suddivisi in cinque categorie: abbigliamento tecnico, livelle e misuratori, sistemi di illuminazione, valigette Makpac System e portautensili Tool Holders.
La storia
Nata a Nagoya City (Giappone) nel 1915, con il nome di Makita Denski Seisakusho, l’azienda inizialmente si èspecializzata nella vendita e riparazione di apparecchi di illuminazione, motori e trasformatori.
La competenza nel campo dei motori elettrici è cresciuta tanto da portare nel 1935 la società a esportare i suoi dispositivi in tutto il mondo.
Oggi Makita è una multinazionale presente in oltre 170 Paesi con ottostabilimenti produttivi di proprietà situati in altrettanti Stati.
L’azienda assicura la disponibilità costante di prodotti e ricambi grazie al magazzino situato in Italia, e un servizio consegna veloce abbinato a una rete di assistenza efficiente.
Con una squadra di tecnici specializzati dotati di van allestiti, inoltre, incontra direttamente gli utilizzatori finali permettendo loro di testare sul campo i vantaggi e le peculiarità degli elettroutensili.
Uno show per il compleanno
Presente in Italia dal 1974, Makita ha voluto festeggiare i suoi cinquant’anni di attività con un evento che ha coinvolto la rete commerciale e i clienti, oltre al presidente Makita Italia Tatsuhiko Shichi, il presidente di Makita Messico Yawara Akazawa e il presidente di Makita Europa Kasuhisa Makino.
La giornata, animata dalla conduttrice Francesca Leto, si è aperta presso la sede di Makita Italia ad Arluno (Milano): oltre a mostrare l’innovativa struttura logistica, l’intero complesso è stato allestito per l’occasione con aree tematiche dimostrative dei prodotti e con stand dedicati ad alcuni partner speciali.
I partecipanti hanno potuto visitare la sede con tour guidati attraverso i principali reparti, come l’ampio showroom di 600 metri quadrati, la Demo-room, il vasto polo logistico di 16 mila metri quadrati e il Repair shop.
Festeggiamenti per il 50 esimo anniversario di Makita
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Al termine della visita guidata gli ospiti hanno potuto assistere allo showcooking dello chef Mario Ferrero che ha cucinato con gli utensili Makita.
Nel pomeriggio si sono svolte una serie di dimostrazioni della gamma dei prodotti cordless dell’azienda suddivisi in aree tematiche (edilizia, carpenteria, cura del verde, pulizia).
L’evento si è concluso con la visita al Museo Storico Alfa Romeo di Arese. La conduttrice Francesca Leto ha ravvivato la cena di gala con un talk show che ha visto la partecipazione della motociclista ambassador Yamaha Francesca D’Alonzo (in arte The Velvet Snake) e sei premiazioni a sorteggio tra i clienti che hanno effettuato le prove pratiche durante l’open day in sede.
L’azienda sudtirolese Riwega, specializzata in produzione e distribuzione di materiali, ha scelto un programma di learning che si affianca al servizio di consulenza e al supporto tecnico. La formazione Riwega offre un programma formativo completo per professionisti del settore.
«Il successo sul mercato dipende sempre di più dall’apprendimento. Molte persone, però, non sanno come imparare». È una delle massime di Chris Argyris, teorico della Learning Organization, che già negli anni Settanta sottolineava l’importanza della conoscenza all’interno delle organizzazioni.
È proprio da questo presupposto che Riwega, azienda da oltre 25 anni specializzata nella produzione e distribuzione di materiali all’avanguardia per l’edilizia, ha attivato un fitto programma formativo con relatori d’eccellenza al fine di accrescere la cultura del costruire a basso consumo energetico.
Corso di formazione Riwega
Formazione Riwega con due sale dedicate
«Ogni giorno dobbiamo confrontarci con nuove leggi e direttive sempre più severe rispetto all’efficienza energetica dell’involucro edilizio», commentano gli specialisti di Riwega.
«Pertanto, per poter garantire una perfetta competenza tecnica adeguata alle normative vigenti, è necessario che le conoscenze tecniche siano sempre aggiornate».
Per offrire il massimo supporto al programma di formazione, la sede Riwega di Egna (Bolzano) ha appositamente realizzato due sale, Rbe (Riwega Building Education) e Rtc (Riwega Training Center), oltre a un reparto tecnico dotato di software avanzati per le consulenze al cliente.
Il Riwega training center per l’addestramento delle maestranze alla corretta applicazione dei prodotti
Aggiornamento continuo
L’aggiornamento continuo si accompagna al supporto tecnico, da sempre altro pilastro fondamentale dell’azienda.
Per elevare gli standard abitativi, e fornire a progettisti e costruttori la possibilità di ideare edifici a basso consumo energetico e ad alto comfort abitativo, è necessario infatti un approccio accurato e consapevole già nelle scelte costruttive iniziali.
Ecco così che Riwega si impegna a informare costantemente architetti, progettisti e costruttori sulle molteplici possibilità e varianti, offrendo la possibilità di consulenze in loco.
Per consulenze tecniche specifiche, analisi di pacchetti e studi di sistemi costruttivi sono disponibili i tecnici esterni di area, mentre per tutte le informazioni tecniche e commerciali sui prodotti i consulenti tecnici di zona sono pronti a rispondere a eventuali richieste.
Ricerca e sviluppo
Qualità, salubrità e sicurezza sono i criteri base che guidano il reparto ricerca e sviluppo di Riwega, interessata ad anticipare le future esigenze del mercato edile e a investire nella formazione, «criterio imprescindibile se si desidera contribuire alla realizzazione di un domani migliore», confermano dall’azienda.
Fibrograf, la lastra metallica modulare di Fibrotubi, è stata scelta per la copertura di una nuova villetta di design nel cuore di un quartiere residenziale a Corzano (Brescia).
L’edificio combina funzionalità, estetica e qualità abitativa, per un progetto che, con le sue linee moderne e decise, si integra perfettamente con l’ambiente circostante.
Fibrograf offre una texture di copertura che richiama l’eleganza dei rivestimenti tradizionali di tipo aggraffato
Copertura nero velvet
L’edificio si caratterizza per l’attenzione particolare riservata alla copertura. Le forme geometriche regolari e dinamiche della villetta sfuggono infatti agli angoli retti, optando per un gioco di superfici oblique e orizzontali.
Grazie alle sue caratteristiche estetiche e alla sua praticità d’uso, Fibrograf si è dimostrato il candidato giusto per questo progetto che va oltre i tradizionali concetti di rivestimento.
La facilità di posa immediata e il risultato estetico finale sono stati confermati anche dai professionisti della Millenium Costruzioni di Brescia coinvolti nella realizzazione: gli installatori hanno infatti espresso piena soddisfazione nell’utilizzo di Fibrograf, per la sua combinazione di tecnologia avanzata e design moderno.
Il risultato finale è stato valorizzato anche dalla scelta del colore nero velvet, che conferisce alla copertura un aspetto elegante e contemporaneo.
Sistema innovativo
Le caratteristiche tecniche della lastra metallica modulare di Fibrotubi rendono il processo di posa estremamente semplice.
La banda preforata sul lato sinistro della lastra permette un fissaggio rapido e sicuro, mentre le piegature sulla parte superiore e inferiore garantiscono un ancoraggio preciso e stabile.
Questo sistema innovativo offre una texture di copertura che richiama l’eleganza dei rivestimenti tradizionali di tipo aggraffato, combinando i vantaggi della modularità.
Il tetto costruito con Fibrograf permette inoltre di mantenere un’elevata tenuta all’acqua, la massima impermeabilità anche con precipitazioni abbondanti e di realizzare una copertura senza fissaggi a vista.
Le due lastre modulari del sistema LS
Il progetto
Tipologia: villetta residenziale di nuova costruzione
Anit, l’Associazione Nazionale per l’Isolamento Termico e acustico, ha celebrato il suo 40esimo anniversario nella cornice del VI Convegno Nazionale che si è tenuto venerdì 22 novembre 2024 a Villa Quaranta Tommasi (Ospedaletto di Pescantina, Verona).
L’evento è stato preceduto la sera del 21 novembre da una cena conviviale con tutti i partecipanti, 300 tecnici ed esperti del settore, insieme a relatori di spicco e 33 aziende sponsor.
Il programma del Congresso ANIT si è articolato in due mezze giornate di lavoro: il 21 novembre si sono tenute sessioni tecniche suddivise in tre sale parallele, durante le quali i partecipanti hanno approfondito temi specifici con esperti e professionisti del settore; il 22 novembre, l’evento ha previsto una sessione plenaria dedicata a talk ispirazionali e tavoli di confronto, che hanno favorito il dialogo tra il mondo professionale e quello industriale.
Efficienza energetica, acustica edilizia, sostenibilità ambientale, sicurezza al fuoco e sismica, oltre al ruolo del Pnrr e dei materiali isolanti nel futuro delle costruzioni, sono stati i temi attorno ai quali si è sviluppato il dibattito.
«Anche in questa edizione, il Congresso Anit si è confermato un’importante occasione di approfondimento e di scambio sui temi cari all’associazione per tutti gli addetti al settore. Siamo molto orgogliosi del lavoro svolto insieme ai nostri associati e un particolare grazie è rivolto anche a tutti coloro che hanno lavorato all’organizzazione “dietro le quinte” di questo evento, ovvero allo staff dell’associazione. Ci auguriamo di poter organizzare ben presto la settima edizione del Congresso», ha dichiarato la presidente Valeria Erba.
La nuova collezione Ragno Tiempo trae ispirazione dalla pietra francese Montpellier, nota per la sua ricchezza e stonalizzazione, reinterpretata con un tocco rustico e omogeneo in cinque colori e cinque dimensioni, dalla superficie morbida e piacevole al tatto.
La nuova collezione di Ragno
Il rivestimento in pasta bianca Tiempo Wall, esalta la profondità e la ricchezza dei dettagli con la struttura tridimensionale Saw e il decoro Forest con tecnologia Touch.
La nuova collezione
La collezione si compone di cinque colori in diversi formati, anche in versione strutturata per outdoor, ad eccezione del formato 45×45 cm.
La grafica è estremamente ricca in ogni suo particolare, la superficie è morbida e piacevole al tatto. La nuova collezione Tiempo trae ispirazione dalla pietra francese Montpellier, nota per la sua ricchezza e stonalizzazione, reinterpretata con un tocco rustico e omogeneo in cinque colori e cinque dimensioni, dalla superficie morbida e piacevole al tatto.
Il rivestimento in pasta bianca Tiempo Wall, esalta la profondità e la ricchezza dei dettagli con la struttura tridimensionale Saw e il decoro Forest con tecnologia Touch.
Martoni da 50 anni propone soluzioni per il mercatoidrosanitario. E, dopo l’espansione all’estero, vuole crescere ancora in Italia. Con prodotti avanzati e formazione per i distributori.
Martoni, un’azienda, un marchio, una garanzia di affidabilità e competenza. Da 50 anni il gruppo con base a San Vito del Tagliamento (Pordenone) e a Sorgues, in Francia, opera nel mercato idrosanitario italiano ed estero delle materie plastiche.
Produce soluzioni per il mercato idrosanitario, settore edile, industriale ed agricolo, mettendo a disposizione dei propri clienti una vasta gamma di articoli in grado di soddisfare anche le richieste più esigenti: tubi e raccordi in Pvc e in polipropilene per edilizia, fognatura e condotte in pressione, valvole e pozzetti di scarico.
Una realtà affermata nel settore, in continua evoluzione e attenta alla sostenibilità, che si impegna nella filiera per un costante miglioramento. Anche perché il mercato dei tubi e dei raccordi in Pvc e polipropilene, specie in Italia, dovrebbe essere più conforme alle normative europee.
Per questo l’azienda sottolinea l’importanza di investire in formazione per i rivenditori e di offrire prodotti innovativi e sostenibili, con un focus sulla sostenibilità e sull’uso di materiali rigenerati.
Martoni ha studiato diverse strategie per espandere la propria offerta e migliorare la distribuzione, con l’obiettivo di accrescere la presenza sul mercato idrosanitario, specialmente in quello italiano, nonostante le sfide che riservano un futuro incerto e una concorrenza serrata, spiega Corrado Martorel, amministratore delegato dell’azienda, che YouTrade ha incontrato insieme a Federico Migotto, marketing manager, e Paolo D’Agostino, direttore vendite per l’Italia.
Federico Migotto, Marketing Manager Martoni
Non tutti i prodotti immessi sul mercato italiano rispondono alle normative: che cosa ne pensate?
Purtroppo in Italia, nell’ambito dell’edilizia sono spesso utilizzati prodotti non a norma nel settore degli scarichi, quindi privi di certificazione.
Questo mette in evidenza la scarsa competenza e una mancanza di leadership dal punto di vista delle rivendite e delle imprese, sottolineando come i produttori di tubi non siano stati in grado di far evolvere il mercato stando al passo con l’Europa.
Molti clienti si approvvigionano di prodotti senza certificato di qualità, acquistandoli esclusivamente in funzione del prezzo. Ma non è tutto: capita spesso che i tubi certificati per l’edilizia siano impiegati fuori dal loro campo di destinazione.
Per esempio, succede spesso che in fognatura vengano utilizzati prodotti che invece dovrebbero essere impiegati all’interno dei fabbricati.
E questo perché?
Perché non c’è adeguata conoscenza da parte di una porzione di filiera.
Le problematiche stanno emergendo adesso attraverso i lavori del Pnrr, dove sono richieste diverse certificazioni e dove il materiale impiegato è soggetto a strette verifiche. Questo sta spingendo il mercato a cambiare rotta.
Nel panorama attuale come si pone Martoni?
Martoni è una realtà che esiste da oltre 50 anni, trasforma tubi e raccordi in Pvc e in polipropilene, e ha esperienza su tutti i mercati, italiani ed esteri. Specialmente a livello europeo abbiamo ottenuto le più importanti certificazioni di qualità.
Vogliamo crescere all’interno del mercato italiano, diventare leader e fare in modo che siano adottati prodotti adeguati nei contesti indicati.
Quali sono le caratteristiche di questi tubi di nuova generazione?
La nuova generazione di tubi è a tre strati, in Pvc e Pp. Sono prodotti co–estrusi, trasformati quindi attraverso l’utilizzo fino a tre estrusori che simultaneamente producono le pelli interna, esterna e lo strato intermedio.
Una next generation per il mercato italiano che si trova a inserire nuove tubazioni in grado di rivoluzionare i sistemi attuali e che si affiancano alle tradizionali soluzioni monostrato.
A livello di produzione siamo di fronte a un cambiamento importante: si tratta di nuove tecnologie più performanti, che incrementano la qualità con prodotti più sostenibili, leggeri ed economici.
La tematica della sostenibilità è un leitmotiv: l’Europa è povera di materie prime, ma ricca di plastiche trasformate che possono essere riutilizzate e rigenerate, il che contribuisce a ridurre le emissioni e a preservare l’ambiente. La filiera è chiamata a partecipare a questo processo.
Quando avete inserito nel mercato il prodotto a tre strati? Come è nata questa idea?
Martoni è stata la prima realtà italiana a introdurre la tecnologia della co-estrusione nel 1996, spinta dalle necessità del mercato tedesco.
Queste evoluzioni hanno fatto sì che l’azienda potesse penetrare nei vari mercati garantendosi cospicue quote in nazioni importanti, come Germania, Olanda, Paesi dell’Est e non ultimo il mercato francese, molto rilevante.
Nel corso del 2022 abbiamo acquisito il sito produttivo della concorrente Wavin, di Sorgues, a pochi km da Avignone. Un sito produttivo di 18mila metri quadrati di superficie coperta e 30mila metri quadrati scoperta che occupa circa 80 dipendenti.
Martoni France sta diventando una delle più importanti realtà produttrici di tubi co-estrusi in Francia. Con questa mossa abbiamo deciso di avvicinarci al cliente e alla distribuzione francese.
L’espansione continua ancora oggi in modo capillare, legata alle richieste e alla sensibilità della committenza. Molti sanno che i nostri prodotti hanno ottenuto il certificato Cam, sono sostenibili e di qualità: quindi, date le normative, sono anche più ricercati.
Per la formazione, invece, che cosa state facendo?
A gennaio abbiamo in programma l’avvio dell’Academy. Al momento abbiamo confezionato un pacchetto di incontri, che è possibile seguire da remoto, dove toccheremo tematiche differenti per istruire i nostri interlocutori, partner e clienti sulla filosofia Martoni.
I corsi riguarderanno anche il marketing, il magazzino e lo stoccaggio, l’utilizzo dei materiali e i vantaggi che si ottengono da quelli sostenibili. Riteniamo fondamentale conoscere il prodotto in ogni sua sfumatura per poterlo vendere e trasmettere i valori aziendali.
Rimane aperta anche una sezione per il confronto con i corsisti. Svolgiamo inoltre già da tempo attività in presenza presso enti e studi di progettazione, poiché le reti fognarie sono un’esigenza delle infrastrutture e delle grandi imprese. Per quanto riguarda la distribuzione stiamo lavorando per implementare il servizio.
I vostri sistemi toccano diversi segmenti: chi sono i distributori?
La distribuzione dei sistemi di scarico è affidata principalmente a tre soggetti professionali: Rivenditore Idrotermosanitario (scarico sanitario), Rivenditore Edile (fognatura dell’edificio) e Rivenditore Specialista Trattamento Acque (Fognatura stradale).
Negli ultimi trent’anni c’è stato uno stravolgimento tecnico dei sistemi di tubazioni che si sono diversificati nei materiali, nelle applicazioni e aggiornati, specialmente per quanto riguarda i lavori stradali e i fabbricati.
I rivenditori edili, in questa fase, devono migliorare ancora tanto perché in questo segmento il business è davvero florido.
Che cosa dovrebbe fare, quindi, il rivenditore per entrare nel business?
Deve lavorare per implementare le proprie competenze e conoscenze nel settore e rivolgersi ai partner giusti. Al momento si trova fra due fuochi: l’idrotermosanitario e lo specialista del trattamento delle acque, e rischia così di perdere una fetta di business.
Dovrebbe trovare degli alleati che hanno molta competenza nel settore, che conoscono approfonditamente le tecnologie, che hanno uno sguardo rivolto al futuro, all’ambiente e ai prodotti sostenibili.
Noi facciamo sia formazione che informazione, siamo determinati a far capire alla filiera cosa serve. Riteniamo che multipoint e consorzi debbano essere più trasversali, prestando attenzione a tutte le esigenze dei loro territori e non solo a quelle della centrale d’acquisto.
L’approccio di Martoni è diverso rispetto alle realtà già presenti sul mercato?
Dalle esperienze maturate all’estero abbiamo capito che i nostri clienti hanno diverse esigenze. Per quanto riguarda le lunghezze dei tubi, ad esempio, non bastano le metrature standard, da 2, 3, 5 metri, ma mettiamo a disposizione anche prodotti da 0,5 e 1 metro.
Un altro vantaggio è avere produzioni integrate: siamo l’unica realtà in Italia a trasformare i tubi e i raccordi in Pvc-U e Pp-Hm.
Siamo in grado di fornire sia tubi sia raccordi nello stesso momento, il che significa che offriamo un sistema completo in tempi rapidi, e per le consegne dei raccordi usiamo, oltre alle scatole, anche delle ceste metalliche specifiche per lo stoccaggio a magazzino e riutilizzabili, al fine di ridurre gli imballaggi a perdere in cartone e/o legno.
Il nostro sistema favorisce non solo il cliente, ma anche l’ambiente: non inquiniamo.
Paolo D’Agostino, direttore vendite Martoni
Quali servizi offrite ai rivenditori?
Prodotti esclusivi, lunghezze dei tubi diversificate, una gamma completa di raccordi, consegne rapide ed efficienti in pratici contenitori di trasporto, un dialogo continuo fra le parti.
Presentiamo un prodotto poco conosciuto in Italia, ma fortemente consolidato all’estero. Vogliamo impostare delle regole, introducendo una nuova gamma di soluzioni che possano agevolare il lavoro di posatori e utilizzatori.
Martoni ha già investito nel corso degli ultimi anni più di 20 milioni di euro per essere pronta a un’ulteriore implementazione di tubi e raccordi in polipropilene, con classi di rigidità più elevate, con resistenze chimiche maggiori, e di conseguenza accompagnare le rivendite con conoscenze e tecniche approfondite.
Per quanto riguarda il trasporto?
Stiamo implementando il nostro sistema di consegna, di carico e scarico, e quindi del magazzino, impegnandoci a una maggiore celerità.
L’obiettivo è rendere autonomi i trasportatori che potranno programmare il lavoro e ottimizzare i tempi di consegna in 36-48 ore, così da migliorare l’esperienza in tutta Italia.
Quali sono i benefici dei vostri sistemi?
Sono performanti e di facile installazione, agevolano il lavoro di posatori e installatori, che possono lavorare efficacemente in cantiere e senza particolari intoppi.
Proponiamo una gamma di tubi leggeri, sostenibili e al tempo stesso di qualità e performanti, che non inquinano l’ambiente.
Un vantaggio per tutta la filiera e per l’utente finale, dunque. I nostri sistemi apportano diversi benefici a chi li applica, ad esempio, il sistema ad anello è più performante rispetto a quello di incollaggio nel sottosuolo, che pensiamo sparirà a breve nelle applicazioni esterne all’edificio, cioè nell’area definita “U” (Underground).
Quindi prodotti sostenibili…
Oggi la plastica deve avere una seconda vita: siamo stati tra i primi in Italia ad ottenere la Certificazione dall’Iip Psv, Plastica Seconda Vita, permettendoci così di essere conformi ai Cam.
L’Europa ha tanta plastica da riciclare: più si producono queste tipologie di tubazioni, più si aiuta l’ambiente. Cerchiamo di trasmettere valori forti che vengano recepiti dai nostri clienti, specialmente i più giovani.
I vostri clienti percepiscono i plus?
Sì, siamo molto considerati, specialmente per il nostro impegno e la qualità dei nostri prodotti. Siamo all’avanguardia e sempre pronti a fornire soluzioni ottimali e attuali rispetto a chi utilizza e promuove sistemi obsoleti.
Avete investito molto in impianti moderni di produzione?
È per questo che siamo considerati molto anche a livello europeo: investire è fondamentale, significa evolversi, mantenere l’azienda competitiva e prestante.
Oltre ad avere l’intenzione di ampliarci ancora di più, vogliamo focalizzarci sul rafforzamento della nostra presenza sul mercato italiano, continuando a innovare.
La vostra azienda è stata toccata dal cambio generazionale?
Siamo un team giovane, l’età media è di 34 anni e non possiamo che esserne soddisfatti. Si lavora con molta energia, voglia di fare, di dimostrare e di esprimersi con entusiasmo e intraprendenza. Sono anche questi i nostri punti di forza.
Parte del team Martoni
Registrate un impatto positivo dai lavori del Pnrr?
Assolutamente sì, ed è un business in crescita. La richiesta tassativa di prodotti certificati e sostenibili ci favorisce. Siamo fiduciosi.
Quali sono le vostre aspettative per la fine dell’anno? E quali per il 2025?
Le proiezioni dei volumi per la fine del 2024 è in aumento rispetto al 2023. Ci attendiamo una crescita strutturale per il 2025.
Il superbonus ha inciso sul lavoro?
No, ha distolto l’attenzione dai lavori infrastrutturali e fuori dagli edifici, concentrando l’azione all’interno delle abitazioni.
Adesso prevediamo un aumento dei lavori per quanto riguarda la gestione dell’acqua, e un aumento delle gamme all’interno delle rivendite. Il business è indubbiamente in crescita.
Il suo sogno del cassetto? Da qui a dieci anni avete un obiettivo?
Vedere l’azienda, che sino a pochi anni fa era principalmente presente all’estero, crescere anche in Italia.
Desidero vederla crescere in modo sano nel mercato, colmando i gap presenti, con un approccio più europeo e con una filosofia che si basa su sani principi, di qualità e correttezza, cercando di essere parte del cambiamento. Martoni sarà sicuramente un attore protagonista nel ricambio delle fognature.
Sinonimo di innovazione ed eccellenza tecnica nei sistemi per porta a scomparsa, Eclisse si propone con un’offerta completa di soluzioni per ogni tipo di chiusura, inclusi vani d’arredo, sportelli e cabine armadio, sperimentando nuove frontiere in cui funzionalità e design si incontrano.
Una storia di successi lunga 35 anni, che a inizio 2024 ha visto la fusione con l’altra azienda di famiglia, De Faveri, specializzata in controtelai monoblocco e sistemi per infissi.
Grazie a valori e obiettivi condivisi, il gruppo Eclisse punta così a consolidare la presenza nel segmento degli infissi e nel settore delle costruzioni, puntando su made in Italy, rispetto per la filiera e spirito d’innovazione.
Ne parliamo con le due dirigenti del gruppo Eclisse Daniela e Antonella De Faveri.
Perché scegliere Eclisse?
Daniela De Faveri.Perché abbiamo sempre cercato di vedere oltre. Questo significa lavorare per anticipare le richieste del privato. Significa essere sempre più vicini ai rivenditori e agli installatori, offrendo soluzioni che semplificano la vendita attraverso strumenti e servizi.
Significa una continua ricerca, sia tecnologica che organizzativa, per fare in modo che tutto il flusso, dal progetto alla posa in opera, sia semplice ed efficace, con benefici per tutti.
Luca Padoin, direttore generale e Daniela De Faveri, amministratrice delegata Eclisse
E perché scegliere DeFaveri?
Antonella De Faveri.Perché il nostro impegno è focalizzato a rendere semplice la vendita e la posa in opera dei monoblocchi. Da anni lavoriamo per fare cultura su questi prodotti, che hanno contenuti molto tecnici e devono interloquire con gli altri elementi dell’involucro.
Per questo dobbiamo rendere accessibili e semplici le informazioni a tutta la filiera, dal progettista all’impresa, passando per nostro rivenditore.
Monoblocco DeFaveri per filomuro Inquadra
Parliamo della fusione Eclisse-De Faveri che è avvenuta circa un anno fa: come sta andando?
Daniela. È stata un’occasione di scambio di informazioni. Prima le due aziende erano veramente separate con canali di distribuzione diversi. Da qualche mese, da quando le due aziende sono diventate una, è iniziato uno scambio di informazioni e sinergie commerciali.
La ex DeFaveri, ora Eclisse, ha una bella opportunità perché può sfruttare la nostra grande presenza all’interno del punto vendita edile.
C’è un gap di conoscenza tra i clienti tipici di DeFaveri e quelli di Eclisse?
Antonella.Trattando la vendita di un prodotto tecnico, ai clienti DeFaveri è richiesta conoscenza e un approccio più strategico e personalizzato rispetto alla vendita di un prodotto standard, di design o emozionale.
Nel caso di Eclisse la vendita è legata a un discorso emozionale. I nostri venditori tipici riescono a far passare un messaggio di bellezza e di benessere. Direi che sono due approcci diversi.
Quali sono i vantaggi che ha portato la fusione?
Daniela.Siamo in settori che all’apparenza possono sembrare vicinissimi, ma in realtà sono lontani. Tuttavia, se immaginiamo un appartamento in ristrutturazione o in costruzione, possiamo mettere sullo stesso piatto della bilancia i controtelai per fori esterni e quelli per interni.
Questo secondo me è il denominatore comune. Tutto ciò che consente a un infisso di scorrere, aprirsi, proteggere dalle intemperie, dietro ha un’azienda che si chiama Eclisse.
Parlando di sinergie: DeFaveri ha appena lanciato il nuovo configuratore online che si chiama Regolo: di che cosa si tratta?
Antonella.Regolo nasce per facilitare la preventivazione al rivenditore di un prodotto particolarmente complesso. Un monoblocco è un prodotto che collega e unisce due strutture importanti come il muro e il serramento. Le varianti sono tantissime, quindi il rischio di sbagliare è alto.
Ancora una volta dobbiamo lavorare per facilitare la vendita ai nostri venditori, ma anche per ridurre al minimo le possibilità di errore. Se si sbaglia con un prodotto fatto su misura, sono danni per tutti.
Un momento di formazione presso la sede dell’azienda
Dopo la fusione è cambiato qualcosa per la formazione?
Antonella.Al momento no, le due metodologie di formazione rimangono separate anche se il minimo comun denominatore rimane aiutare i nostri rivenditori ad accrescere le loro competenze, sia tecniche che di vendita.
Mariavittoria Schincariol, Responsabile formazione Eclisse
Parliamo della vostra attitudine a innovare. È spinta passando e pensando al rivenditore?
Daniela.Per noi innovare non significa per forza creare ogni mese prodotti nuovi, ma far scoprire prodotti che fino a quel momento il rivenditore, per qualche ragione, non ha mai considerato.
Attraverso un’attività di cross selling facciamo scoprire loro questi nuovi prodotti, che per noi si trasformano in fatturato. Il controtelaio è una opportunità di business.
Il nostro canale di vendita è esclusivamente quello della rivendita, che può essere di materiale per edilizia, ferramenta, rivendita di cartongesso o showroom di porte e serramenti. Questo è un punto che dopo 35 anni continuiamo a mantenere fermo.
Produzione Eclisse
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Produzione Eclisse
Il green è un trend, ma anche un costo: è sostenibile?
Antonella. Il green non è solo un trend, è un dovere che ci assumiamo per un futuro sostenibile, per noi, ma soprattutto per i nostri figli.
Sappiamo che non è semplice, perché comporta una serie di sfide e richiede un impegno concreto, sia economico che di risorse umane. Tutti ci dobbiamo impegnare, le aziende in primis.
Eclisse si impegna anche sul fronte della sostenibilità sociale?
Daniela. Tanto. I valori che sostengono l’azienda non possono allontanarsi dai valori personali di chi l’ha fondata e guidata.
In Eclisse la creazione di valore passa anche attraverso il sostegno delle comunità locali e il riconoscimento del rapporto di reciproco scambio tra l’azienda, il territorio e la sua gente.
Micro-lavabo Petit by Altamarea si distingue anche fuori dalla sala da bagno, per la zona notte o un camerino da maquillage.
Gli spessori sottili e le proporzioni raffinate sono la sua cifra stilistica che lo rendono un evergreen per un bagno piccolo e di design. È disponibile sia in Mineral Sand che Mineral Lux.
Corso di formazione con i rivenditori partner Hörmann
Sono oltre 500 le rivendite di soluzioni Hörmann distribuite su tutto il territorio italiano. Oltre a garantire alla propria rete chiusure tecniche innovative e d’eccellenza, l’azienda si impegna a offrire un ventaglio di servizi costantemente in evoluzione, dalla formazione alle iniziative promozionali, fino a specifici strumenti di comunicazione.
Chiara Covi | Responsabile marketing Hörmann
Più conoscenza
Per incrementare la conoscenza degli aspetti tecnico-commerciali da parte dei partner, Hörmann si impegna a fornire informazioni pratiche utili alla gestione dell’attività di vendita e assistenza.
«Abbiamo strutturato un programma di formazione specializzante», spiega la responsabile marketing Chiara Covi. «Centrali ai fini dello sviluppo aziendale, i nostri partner vengono coinvolti in attività utili ad affrontare un utente finale sempre più informato, a cui oggi è più che mai necessario rispondere in modo qualificato, rapido e digital».
I servizi
I servizi rivolti agli showroom non si limitano però alla formazione: sono infatti a disposizione una gamma estremamente ampia di strumenti e supporti sia per il punto vendita sia per la realizzazione di specifici piani di marketing.
Il portone sezionale Renomatic
«Per esempio, da tempo i nostri rivenditori possono attingere al Programma Partner Hörmann: un insieme di esclusivi articoli per allestire e promuovere lo showroom», illustra Covi.
«Oltre a ciò, proponiamo l’App Hörmann Plus, dedicata a rivendite e agenti, nonché ricca di tutta una serie di utili servizi, e il Partner Website, un’attività di visibilità e lead generation che prevede la realizzazione di un sito personalizzato e la gestione di campagne di web marketing a livello locale.
Infine, ormai da quasi 20 anni supportiamo i concessionari con una campagna promozionale che viene accolta con sempre maggiore interesse dal pubblico».
De Masi, che aderisce al gruppo Deus, ha focalizzato il suo business sul segmento professionale. E spiega perché il futuro del settore passa dalla concentrazione.
Punto di riferimento per la distribuzione a Roma con due punti vendita, De Masi è in grado di offrire materiali e competenze per l’intero ciclo edilizio: dall’edilizia pesante alle finiture, la proposta della rivendita romana si spinge fino a includere arredamento e fotovoltaico.
Facendo proprio il mantra «chi si ferma è perduto», dagli anni Settanta De Masi ha continuato a rinnovarsi per restare al passo con i tempi, puntando sempre più su servizio e professionalità.
Carmela De Masi, amministratrice dell’azienda, racconta a YouTradele strategie messe in campo per affrontare il mercato presente e futuro, senza nascondere qualche perplessità.
Domanda. De Masi nel tempo ha mutato sia forma giuridica sia visione del ruolo della rivendita di materiali per edilizia: in che modo?
De Masi nasce nel 1972 per iniziativa di mio padre Giovanni. Inizialmente l’azienda vendeva solo cemento e forati. Allora esisteva ancora l’arte muraria e gli operai erano in grado di creare i materiali necessari al cantiere a partire dagli elementi primari: non esistevano ancora l’abitudine a usare i premiscelati.
Nel 1986 la ragione sociale si trasforma in De Masi & Co. sas, mentre nel 1996 la gestione passa a me e alle mie sorelle Angela e Francesca, diventando De Masi srl.
Fin da subito la mia filosofia è stata quella del one stop shop, affinché i clienti trovassero nel punto vendita tutto ciò di cui avevano bisogno per il cantiere.
Così abbiamo via via inserito colore, ferramenta, termoidraulica, finiture, fino ad arrivare all’arredamento. Sono stati passaggi importanti legati all’inserimento di figure specializzate all’interno dell’organico aziendale.
Allestimenti all'interno del punto vendita De Masi
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Arredo salotto De Masi
Qual è l’ultimo prodotto inserito nella vostra offerta?
Tre anni fa abbiamo inserito il fotovoltaico. Non è stato facile, soprattutto all’inizio: i materiali avevano costi molto elevati e abbiamo faticato nel trovare bravi installatori. Ci hanno aiutato molto lo sconto in fattura e il superbonus110%.
Tra tutti i prodotti, qual è quello che vi dà più soddisfazione a livello di fatturato?
I prodotti che fatturano di più sono i materiali pesanti, mentre l’arredamento è quello che ci dà maggiore valore aggiunto.
Quali sono le previsioni a fine 2024?
Per il 2024 prevediamo un calo del 20%.
Vicino al vostro punto vendita di via della Bufalotta ha aperto uno store Tecnomat: come ha inciso sull’attività?
Oltre a Tecnomat e Leroy Merlin, accanto a noi sono arrivati anche quattro punti vendita molto importanti di altre insegne.
Diciamo che ci è venuto naturale legarci di più alle imprese e ai professionisti, non dimenticando i privati.
Cinquant’anni di presenza sul mercato ci hanno permesso di creare una certa fidelizzazione, ma la diffusione della grande distribuzione organizzata ci ha obbligato a puntare ancora di più sul servizio e sulla professionalità.
Purtroppo, la Gdo ha cambiato il concetto del «fare casa» nella mente dei privati: la «signora Maria» ha iniziato a trasferire l’immagine della spesa al supermercato anche alla scelta dei materiali per la casa, senza pensare che dietro c’è un progetto importante e basta sbagliare un dettaglio per rovinare tutto.
Allestimenti nel punto vendita De Masi dedicati all'arredamento e arredo bagno
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Quante sedi ha attualmente la vostra rivendita?
Abbiamo due punti vendita. Il primo, in via della Bufalotta a Roma, specializzato in edilizia, termoidraulica, finiture e infissi; l’altro, in viaGargano, sempre a Roma, che propone finiture, mobili e cucine.
Quali sono le principali categorie di clienti che servite?
Imprese e studi di architetture e ingegneria.
Oggi è difficile fidelizzare i clienti?
Sì, la grande distribuzione ha un’offerta immediata, soprattutto per le ceramiche. Sulla qualità dei prodotti non saprei esprimermi. Per fidelizzare i clienti la nostra arma è il rapporto umano e la competenza.
Quanto è importante la formazione del personale interno e quella dei vostri clienti?
Prima del covid organizzavamo diverse iniziative con gli architetti, adesso è quasi tutto online. Per lo più organizziamo open house con le aziende dedicate alla posa e installazione dei prodotti.
Per i dipendenti proponiamo corsi di formazione, anche in collaborazione con il consorzio Deus di cui facciamo parte.
Per l’associazionismo Lei è stata un punto di riferimento nel panorama romano e non solo. Dopo Area 7, oggi è presidente di Area De, che fa parte del consorzio Deus. Come vede il futuro dei gruppi d’acquisto?
Mi chiedo spesso come sarà il futuro della distribuzione edile. Il nostro lavoro impegna capitali importanti, i soldi sono un mezzo per fare un lavoro che ci piace.
Insomma, ai rivenditori il denaro serve per lavorare, mentre per la grande distribuzione organizzata, e così per il mercato economico globalizzato in generale, i soldi sono lo scopo. Tutto ciò ultimamente sta subendo una accelerazione fortissima.
Obiettivi economici così diversi con una finanza imperante non giocano a favore di noi normali rivenditori. Un po’ com’è successo con la distribuzione alimentare: ormai si va solo nei supermercati, il negozio di vicinato non esiste più.
Alcune proposte di rivestimenti e pavimenti
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Perché un rivenditore dovrebbe entrare nel gruppo Area De?
Per due motivi principali. Il primo è che siamo radicatisul territorio e possiamo contare sul rapporto umano tra colleghi.
Il secondo motivo sono i servizi che offriamo ai nostri associati come i listini standardizzati di tutti i fornitori e la contrattualistica. Far parte del Gruppo Deus poi aggiunge un vantaggio in più.
Qual è il beneficio?
A differenza di altri gruppi che hanno una centrale esterna, in Deus le rivendite sono direttamente coinvolte nelle attività e nelle scelte decisionali.
Deus sta investendo molto nella digitalizzazione. Qual è la sua opinione in proposito?
Sono una fautrice della digitalizzazione. Deus sta investendo molto nella digitalizzazione per tutto ciò che riguarda la formazione.
Area De si è anche associata al consorzio Recper la raccolta dei rifiuti da costruzione e demolizione: quali sono i vantaggi?
Il consorzio Rec è straordinario. L’idea di base è importantissima ed è un servizio in più che possiamo offrire ai clienti.
Ci siamo andati un po’ cauti perché quando si ha a che fare con i rifiuti non sempre norme nazionali e locali coincidono. Accertato che non ci sono problemi, adesso partiremo anche con questo progetto.
Angela De Masi | Direttrice artistica
Parlando di sostenibilità, qual è il vostro approccio sia in azienda sia nella proposta commerciale?
La sostenibilità è un processo lungo. In azienda siamo molto attenti alla sostenibilità sociale, a partire dal rapporto con i dipendenti, per accogliere le loro esigenze.
Per quanto riguarda la proposta commerciale, i tempi non sono ancora maturi. Abbiamo tentato già tantissimi anni fa di inserire prodotti green, ma al momento c’è ancora poca sensibilità.
Forse iniziano ad avere maggiore attenzione le nuove generazioni, che purtroppo hanno però poca disponibilità economica.
Dopo l’ubriacatura dei bonus, qual è il business che si sta sviluppando e che cavalcherete?
L’impiantistica sta conoscendo uno sviluppo importante. Inoltre, il settore della manutenzione comincerà ad avere sempre più importanza, anche legato al tema dell’efficientamento energetico su cui, grazie ai bonus, c’è una maggiore sensibilità a livello di filiera.
Il Pnrr vi tocca in qualche modo?
Stiamo lavorando con il Pnrr, ma non ha lo stesso peso che ha avuto il superbonus 110%. Speriamo che non vadano a toccare il bonus al 50%, la soglia minima per evitare il nero.
Da qui a dieci anni, come vede il suo punto vendita?
Fino a poco tempo fa avevo una visione del futuro, adesso lo scenario sta cambiando così velocemente che diventa difficile fare delle previsioni.
Sicuramente le nuove leve, come mia figlia Lucrezia e mio nipote Giacomo, sapranno portare idee innovative e strumenti nuovi.
Area esterna del punto vendita
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Se dovesse lanciare un messaggio ai colleghi rivenditori?
Non ci si deve mai fermare e in questo momento è obbligatorio studiare. Non si può più andare avanti come una volta a sensazioni, ma bisogna essere fortemente preparati o circondarsi di collaboratori fortemente specializzati. Questo secondo me è il segreto del successo.
Dai social agli studi di architettura
Lucrezia Vivian
Lucrezia Vivian, responsabile comunicazione e immagine De Masi
Quando ha iniziato a collaborare in azienda?
Nel 2015.
Che cosa è cambiato con il suo arrivo?
Abbiamo inserito nuovi settori come gli infissi e l’arredo da esterno e realizzato nuovi allestimenti. Abbiamo aperto i canali social e sviluppato un nuovo sito web.
Inoltre, abbiamo introdotto tutta una serie di strumenti di comunicazione sia interna che esterna, come la newsletter, e rivisto la grafica a livello di insegna e materiale pubblicitario.
Che risultati sente di aver ottenuto?
Ora abbiamo una identità più forte e definita, non solo a livello grafico, ma anche a livello di tone of voice, colori e font.
C’è qualche nuovo progetto nel cassetto?
Per fortuna ce ne sono diversi. Per esempio, stiamo sviluppando collaborazioni con importanti studi di progettazione per legare l’immagine dell’azienda a tematiche di architettura e cultura sul territorio.
Qual è lo strumento che vi porta il maggior numero di contatti?
I canali social. Sull’arredamento ci arrivano anche richieste dall’estero.
Specialista del cemento armato in tutti i suoi aspetti, Frem Group offre un servizio completo nei cantieri producendo da 40 anni acciaio presagomato e traliccio elettrosaldato.
L’azienda inoltre commercializza una gamma di materiali e attrezzature per la realizzazione delle tamponature orizzontali e verticali, per la loro coibentazione termica e acustica, per la realizzazione di massetti e sottofondi tecnici e la sistemazione di pozzetti e tubature. Fra gli ultimi prodotti inseriti ci sono lastre, strutture, accessori e malte di finitura per cartongesso e sottofondi.
Con due sedi a Cagliari e a Melegnano (Milano), l’azienda dispone anche di un servizio di nolo a freddo di attrezzature per la demolizione, il taglio e la perforazione del cemento armato, la produzione del calcestruzzo, il giardinaggio, le pulizie e il tempo libero.
Alessandro Falqui Cao, responsabile commerciale di Frem Group, racconta a YouTradel’evoluzione dell’azienda e i progetti per il futuro.
Quando è nata la Frem?
L’azienda inizia l’attività nel 1983 come costola dell’impresa di famiglia, la Fadda, che esiste tuttora e commercializza prodotti siderurgici. Frem Meccanica è nata su impulso dell’attività ultracentenaria della famiglia Fadda.
Emilio Fadda con i fratelli, Marco Raymond Florence e il socio, l’ingegnere Angelo Pisano, hanno intravisto la possibilità di industrializzare la produzione di acciaio presagomato per cemento armato e travi in precompresso, fino a quel momento realizzata in maniera piuttosto artigianale.
All’interno di uno dei capannoni di proprietà dell’azienda, situati nel centro di Cagliari, dove già si produceva acciaio presagomato per cemento armato, è partita così questa avventura imprenditoriale. La produzione dell’acciaio presagomato è seguita dal responsabile, l’ingegnere Michele Pusceddu.
Dopo pochi anni alla produzione si è affiancata anche l’attività di posa in cantiere con squadre di montaggio, che è durata per circa 20 anni. Nel frattempo la sede della società si è spostata dal centro di Cagliari a Elmas.
Quando c’è stato il passaggio da produttori a rivenditori di materiali edili?
Andando in cantiere a montare l’acciaio per cemento armato, gli operai avevano bisogno di tutta una serie di prodotti, dal legname all’abbigliamento da lavoro.
Così si è pensato di vendere direttamente questi articoli: la gamma, inizialmente ridotta all’attrezzatura da cantiere, si è ampliata sempre di più.
Questo ampliamento lo ha seguito direttamente?
Sì. All’inizio mi occupavo del noleggio di macchine e attrezzature, attività nata nel 1999 e che portiamo avanti tuttora. In principio gli uffici erano dislocati nei capannoni nel centro di Cagliari, poi ci siamo stati trasferiti a Elmas nel 2006.
Per un anno ho continuato a seguire l’attività di noleggio, poi la proprietà mi ha incaricato di seguire direttamente la vendita del materiale edile. Ho iniziato ad ampliare la gamma agli elettroutensili, alle attrezzature e ai prodotti edili.
Dopo la crisi del 2008, abbiamo affrontato sette anni estremamente difficili, a seguito dei quali l’azienda ha cominciato nuovamente a crescere e assumere.
Nel 2016 l’ingegner Pisano è andato in pensione: ciò ha portato a una nuova organizzazione interna e fortunatamente è arrivato il Geometra Daniele Cabras che, grazie alla sua pregressa esperienza nel settore edile, ha dato un impulso significativo all’attività di commercio dei materiali.
In che modo?
Ha subito capito che l’azienda vendeva tanto materiale, ma a basso valore aggiunto. A piccoli passi abbiamo iniziato a vendere tutta una serie di prodotti tecnici che servono in cantiere e siamo anche diventati il più grosso rivenditore Sika in Sardegna.
Insomma, con l’ingresso del geometra Cabras, il commercio non è stato più accessorio alla vendita dell’acciaio, come all’inizio, ma un business fondamentale. Frem è infatti diventata una delle più grosse rivendite edili.
Nel frattempo stiamo ampliando la gamma dei prodotti e crescendo costantemente grazie all’attenzione continua verso il mondo delle costruzioni, che è in perenne evoluzione.
Come si sta trasformando il mondo dell’edilizia?
Il pay off aziendale è cambiato come si è trasformata l’azienda, ieri era «Il futuro della tradizione» e riassumeva la logica che c’èdietro l’edilizia, un mondo molto territoriale in cui le maestranze lavorano secondo abitudini consolidate, che però nel tempo si trovano a fare i conti con prodotti, materiali e tecniche nuove.
Oggi è diventato «Dall’armatura alla struttura» proprio a rappresentare la trasformazione che sta subendo, anche in Sardegna, il mondo dell’edilizia.
Mentre a Milano i sistemi a secco sono già arrivati 20 anni fa, qui in Sardegna l’evoluzione è più lenta e solo ora si stanno diffondendo sul mercato.
Lo stabilimento produttivo di Elmas
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Torniamo all’evoluzione della Frem: quali sono stati i passaggi successivi?
Quindici anni fa circa abbiamo acquisito una piccola società di acciaio presagomato per cemento armato, con sede a Melegnano, in provincia di Milano, che stava spostando la produzione in Svizzera.
L’ingegner Emilio Fadda, d’accordo con i fratelli Marco, Raymond e Florence, hanno deciso di cogliere questa opportunità ed è nata Frem Milano.
Inizialmente abbiamo avuto qualche difficoltà perché si pensava di gestire l’azienda con le stesse logiche di Cagliari, ma il mercato di Milano è completamente diverso.
Cioè?
Alle imprese si vende lo stesso materiale ma, mentre a Cagliari c’è un rapporto personale con i costruttori, a Milano non esiste: qui buona parte degli impresari fa il general contractor e chiede il «chiavi in mano» a dei subappaltatori, che a loro volta affidano il lavoro ad altre imprese.
In questo modo per il cliente non esiste più un problema di prezzo, ma di tempistiche. Quindi la grande differenza sta nell’avere il materiale. Con il materiale a terra in magazzino e una logistica efficiente il prezzo passa in secondo piano.
Quindi adesso com’è organizzata Frem Milano?
Alla produzione di acciaio presagomato dopo diversi anni si è aggiunta la vendita del materiale edile. Il passaggio più importante è stato il trasferimento in un nuovo stabilimento tre volte più grande del precedente. In questo momento abbiamo un venditore interno e una rete di segnalatori.
Qual è attualmente il fatturato delle due sedi?
A Milano fatturiamo 12 milioni di euro, mentre a Cagliari 20 milioni.
Circa tre anni fa avete inserito il magazzino verticale: come mai avete deciso di implementarlo?
Quando la gamma di prodotti cresce notevolmente in tempi stretti, a un certo punto diventa complicato sapere che cosa c’è in magazzino e recuperarlo velocemente per i clienti, che non hanno tempo di aspettare.
La gestione del magazzino tradizionale stava iniziando a diventare un costo, sia in termini di tempo sia di risorse. Ogni anno ci trovavamo a chiudere per una settimana per inventariare le 27 mila referenze stoccate in magazzino, impiegando ogni volta sei-sette operai.
Tre anni fa abbiamo così deciso di inserire il magazzino verticale per tutte le referenze, a esclusione del materiale pesante.
Il magazzino verticale
Quanti prodotti ci sono attualmente nel magazzino verticale?
Saranno 25 famiglie di prodotti, per circa 10 mila pezzi. Attualmente abbiamo sei macchine e ne sta arrivando una settima.
Quali risultati vi sta dando questa innovazione?
Sicuramente è un sistema che aiuta molto gli operai nella gestione del magazzino. Tuttavia, dato che l’anima del commercio è il visual merchandising, stoccando tutto in magazzino, rischiamo di autosabotarci.
Il nostro obiettivo oggi è quello dimostrare quanta più merce possibile ai clienti, senza esporla. Per questo siamo al lavoro per inserire dei ledwall che a rotazione fanno vedere immagini e categorie dei prodotti che vendiamo.
È stato difficile formare le persone che utilizzano il magazzino verticale?
No. Certo, bisogna essere precisi, ma il software semplifica molto le operazioni. La parte più difficile è costruire i cassetti e comunicare alla macchina i pezzi.
Per fare questo ci vuole un magazziniere esperto. In azienda abbiamo due magazzinieri che hanno un’ottima preparazione e sono molto precisi.
Avete altri progetti nel cassetto?
Tra i vari progetti, oltre al magazzino verticale, stiamo discutendo l’acquisto di magazzini automatici per il pesante, in particolare per le pedane di cemento.
Stiamo valutando diverse proposte con sistemi tipo traslo-rotatori che consentono un risparmio di tempo, un maggiore ordine e maggiore velocità di consegna.
Grazie al suo parco mezzi, Frem offre un celere servizio di consegna di acciaio e materiale edile presso il cantiere o in deposito
Chi sono oggi i vostri clienti?
Non siamo una rivendita tradizionale. Siamo specializzati in prodotti tecnici, soprattutto sistemi a secco, acciaio, scarichi e raccolta acque, mattoni, solai, prodotti per la ristrutturazione.
Serviamo imprese impegnate in grandi opere e lavori pubblici, ma i clienti a Milano e in Sardegna sono diversi.
La differenza principale è che l’impresario milanese è interessato ai materiali e ai tempi di consegna. Per questo è necessario avere ottime capacità commerciali, una grande preparazione tecnica e grande attenzione alla logistica.
Quali sono i prodotti che generano maggiore business?
Acciaio e rivendita vanno insieme, abbiamo costruito un sistema sinergico. Senza l’acciaio che è un pilastro dell’azienda, anche la rivendita faticherebbe.
Parliamo di sostenibilità: che cosa state facendo all’interno dell’azienda e come state approcciando la tematica a livello commerciale?
I vari bonus e il Pnrr, con i Cam, hanno diffuso il tema della sostenibilità in tutto il mondo delle costruzioni. Già da tempo Frem ha costruito la propria proposta commerciale sulla sostenibilità, oltre che sull’aspetto tecnico.
Cinque anni fa eravamo gli unici che parlavano di Cam, oggi sono richiesti in ogni appalto. Nelle nostre fatture di vendita è indicato se un prodotto rispetta i criteri ambientali minimi.
Inoltre stiamo implementando il nostro software affinché per ogni fattura venga emesso un documento che indichi all’impresa dove smaltire i prodotti acquistati.
Frem commercializza un'ampia gamma di materiali edili e macchinari per il cantiere
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Frem commercializza un'ampia gamma di materiali edili
Frem commercializza un'ampia gamma di materiali edili
Frem commercializza anche un'ampia gamma di macchinari per il cantiere
Frem commercializza anche un'ampia gamma di macchinari per il cantiere
Dopo il superbonus, come sarà il mercato nel prossimo futuro?
Negli ultimi tre anni abbiamo vissuto situazioni incredibili. L’ubriacatura del superbonus ha trascinato tutto il comparto, con un conseguente rimbalzo negativo e dinamiche dei prezzi assurde.
Adesso con il Pnrr c’è un nuovo sconvolgimento: il Piano di ripresa e resilienza sta portando molto lavoro, ma il 30% dei progetti sono sbagliati e i termini stanno per scadere.
Bisogna stare molto attenti: se il problema diventerà finanziario, potrebbe trasformarsi in un boomerang.
Com’è andato il 2023 e come si chiuderà il 2024?
Il 2023 è stato stazionario. Quest’anno replicheremo i risultati del 2023. Potrebbe andare meglio se il clima si manterrà stabile così da agevolare il proseguimento dei lavori.
Quel tondino è un’opera d’arte
Francesca Cavalli | Responsabile progettazioe e immagine coordinata della società
Può il tondino d’acciaio diventare un’opera d’arte e di design? Sì, se la risposta è Frem. L’azienda di Elmas (Cagliari) ha dato vita a un progetto che mira a coniugare industria, architettura e installazione artistica.
Come racconta a YouTrade Francesca Cavalli, responsabile progettazione e immagine coordinata della società.
In che cosa consiste il progetto Frem Arte?
Con Frem Arte abbiamo fatto diventare l’acciaio presagomato per armatura arte e design.
A questo proposito, stiamo implementando diverse installazioni non solo in Sardegna, e in futuro abbiamo in programma nuove inaugurazioni.
Qual è l’installazione che ha riscosso più successo?
Difficile dirlo. La scala realizzata nella sede aziendale da Andrea Forges Davanzati è già iconica.
Esempio di come il tondino d’acciaio può diventare opera di design, scala installata presso Frem, Group
Anche l’installazione Wire Flamingos realizzata da Alessandro Serri per la manifestazione Ami_Ca al Porto di Cagliari ha destato parecchia attenzione.
Abbiamo ricevuto molti complimenti anche per l’installazione dell’architetto Paulina HerreraLetelier che abbiamo realizzato in occasione del centenario degli architetti di Cagliari presso il Giardino sotto le Mura.
È difficile far capire il passaggio da materiale strutturale a materiale di design?
Dipende dagli interlocutori. Molti architetti stanno apprezzando questo concetto. Per esempio, per l’installazione della Herrera abbiamo ricevuto richieste da parte di un architetto che vorrebbe collaborare con noi per un nuovo progetto, in occasione dell’inaugurazione di una mostra che si terrà a Cagliari.
Lo studio ha in mente una installazione e vorrebbero capire la fattibilità del progetto. Anche a Milano sono state realizzate diverse installazioni con il tondino d’acciaio e la rete elettrosaldata.
È solo una passione o è anche business?
Sicuramente il progetto deriva dalla passione dell’ingegnere Emilio Fadda, presidente del Gruppo, per l’arte e l’architettura.
È stato lui a promuovere questo passaggio dall’industrializzazione di un materiale povero come il tondino d’acciaio alla creazione di un’opera d’arte o di un prodotto di design. Frem Arte è un progetto in continua evoluzione.
Tra gli altri progetti su cui state lavorando c’è Casa Frem: ci può raccontare di che cosa si tratta?
Casa Frem vede la collaborazione di tante aziende che lavorano all’interno del mondo dell’architettura. Oltre alla struttura e armatura si può arrivare a una finitura edile scegliendo materiali sardi.
In Sardegna abbiamo diverse aziende che lavorano nel mondo delle finiture edilizie e noi vogliamo sponsorizzarle, raggruppandole in questo progetto.
Quando è iniziato il suo rapporto di lavoro con la Frem?
A maggio 2022.
Quali risultati pensa di aver conseguito in questi due anni?
Penso di aver valorizzato l’azienda e di aver realizzato alcuni sogni nel cassetto dell’ingegner Fadda, dando una impronta ai progetti Casa Frem e Frem Arte.
Qual è invece il suo sogno nel cassetto?
Valorizzare al massimo Frem Group e Frem Milano con questi due progetti che possono dare molta visibilità all’azienda.
Appuntamento dal 12 al 14 febbraio 2025 presso la Fiera di Bergamo per Caseitaly Expo, l’evento fieristico dedicato alle eccellenze nel settore dell’involucro edilizio.
La manifestazione riunirà le migliori realtà e i potenziali clienti interessati a conoscere gli ultimi sviluppi e le innovazioni nell’ambito di chiusure, serramenti, maniglieria, schermature solari, lattoneria e coperture.
Caseitaly Expo si propone inoltre di condividere con fornitori ed esperti una panoramica sulle innovazioni italiane in tecniche, materiali e attrezzature per l’edilizia, evidenziando le soluzioni più avanzate per affrontare le sfide moderne del settore e ottimizzare i processi di costruzione e ristrutturazione.
Organizzata dall’associazione Caseitaly e da Promoberg, con il supporto di Finco e delle associazioni partner Acmi, Anfit, Assites e Pile, CaseItaly Expo 2025 si distingue come un evento verticale unico, pensato per mettere in luce le innovazioni e i progressi tecnologici nel campo dell’involucro edilizio.
Sostenibilità, innovazione, Made in Italy, export e competitività sono al centro dell’evento.
Caseitaly Expo 2025 offre una visione approfondita su innovazioni in tecniche, materiali e attrezzature e sul loro contributo nel risolvere concretamente le sfide dell’ambito edilizio, sia per le nuove costruzioni che per le ristrutturazioni.
Caseitaly Expo 2025 mette in luce soluzioni sostenibili e innovative, celebrando l’ingegno e la produzione italiane e non solo. Oltre ad offrire una piattaforma per esplorare opportunità di espansione internazionale, analizza strategie mirate per rafforzare la competitività nel mercato edilizio globale.
La riduzione dei consumi energetici e la necessità sempre più impellente di affrontare la questione delle emissioni in atmosfera costituiscono una sfida a livello mondiale non più procrastinabile, anche rispetto al tema del cambiamento climatico.
È una questione che da anni sembra unire i leader dei Paesi tecnologicamente più avanzati, con la lunga serie delle conferenze che, nei fatti, continua a ritardare e a disattendere gli obiettivi nel difficile tentativo di condividere la responsabilità per un futuro più sostenibile.
Efficientamento e riqualificazione
La gestione dell’efficientamento energetico riguarda gli edifici esistenti, con lo scopo di migliorarne la classe energetica, ma anche le nuove realizzazioni, con modelli architettonici e soluzioni tecnologiche in grado di assicurare il fabbisogno termico con il minore consumo energetico.
In pratica, si tratta di ottimizzare il rapporto tra emissioni in atmosfera e rendimento dei consumi con una particolare attenzione al comfort abitativo.
In termini edilizi, la questione della riduzione dei consumi e della dispersione del calore riguarda i principi di isolamento termico. In termini impiantistici, il miglioramento dell’efficienza energetica dipende da un minore consumo di energia a fronte di un maggiore rendimento.
Maggiore è la capacità di un edificio di limitare la dispersione termica e minore sarà il consumo energetico per mantenere le condizioni di benessere abitativo.
Quindi, un isolamento termico funzionale con impianti di riscaldamento-raffrescamento efficienti. L’insieme di più edifici riqualificati determina un sistema urbano con minori consumi di energia e minori emissioni in atmosfera.
Qualità dell’aria
In realtà, senza avere la presunzione di voler affrontare in termini troppo semplicistici una questione particolarmente complessa, può essere utile richiamare i rischi riconducibili alle emissioni di Co2, in particolare quelle contenenti le microparticelle Pm2,5 (che conosciamo come polveri sottili più piccole delle Pm 10), ovvero attribuibili all’esposizione di particolato sottile (Pm 2,5), ozono (O3) e biossido di azoto (NO2).
Quanto il particolato sottile sia attribuibile all’inquinamento degli impianti di riscaldamento piuttosto che a quello degli scarichi dei veicoli lo rileva uno studio condotto dal Politecnico di Milano sulle principali fonti di inquinamento urbano impattanti per la qualità dell’aria.
L’analisi ha rilevato che gli impianti termici degli edifici hanno un’incidenza sul totale delle emissioni di Co2 in ambito urbano fino a sei volte superiore rispetto ai valori del traffico veicolare.
Questo significa che gli impianti di riscaldamento degli edifici, nelle principali città italiane, contribuiscono per il 64% alle emissioni di Co2 contro il 10% derivante dal traffico veicolare e il 26% derivante dalle attività industriali (dati Osservatorio Promotec).
Ovviamente, il dato non può essere considerato omogeneo in ambito nazionale, ma permette una valutazione media sulla dimensione del problema.
L’isolamento termico
L’isolamento termico dell’involucro edilizio rappresenta un elemento essenziale dell’efficientamento energetico, parallelamente alla trasformazione degli impianti di riscaldamento con la sostituzione delle caldaie a elevata emissione di Co2.
L’efficientamento energetico prescinde dalla questione puramente edilizia, per quanto nella maggior parte dei casi costituisca anche un processo di riqualificazione dei manufatti in termini di rinnovamento estetico dei prospetti e di miglioramento funzionale, contribuendo alla salubrità e al comfort abitativo.
Parlare di isolamento termico, tuttavia, non significa solo riferirsi a una soluzione chiara e univoca, ma a una serie di tecnologie e materiali con specifiche metodologie applicative.
Una questione che, in particolare dagli anni delle prime crisi energetiche, ha innescato un’ampia ricerca di materiali attraverso una lunga sperimentazione proiettata alla identificazione di soluzioni che potessero assicurare il rispetto di norme sempre più stringenti.
Differenti temperature
Per comprendere che cosa si intende realmente per isolamento termico è necessario considerare l’edificio come un involucro edilizio, composto da strutture verticali e orizzontali, ciascuna costituita da strati di materiali sovrapposti dotati di un’inerzia termica caratteristica, la cui sommatoria determina una resistenza termica globale.
L’isolamento termico è la risposta alla dispersione del calore che si verifica per differenza di temperatura tra ambiente interno ed esterno. Per chiarire meglio come avviene questo passaggio può essere utile richiamare i tre principi fondamentali della termodinamica:
trasmissione per conduzione quando il passaggio di calore avviene, prevalentemente nei corpi solidi, dalla zona a temperatura maggiore verso quella a temperatura minore
trasmissione per convezione quando il calore può propagarsi nella materia come fenomeno tipico dei fluidi, ossia liquidi e gas
trasmissione per irraggiamento quando il calore avviene indipendentemente dalla presenza di corpi solidi per mezzo di radiazioni elettromagnetiche.
L’involucro edilizio, che è un corpo solido complesso, costituito da una serie di materiali sovrapposti, quando è sottoposto a differenza di temperatura tra la parte interna e quella esterna subisce il passaggio di un flusso di calore (energia) dalla sezione a temperatura più calda a quella più fredda, ovvero per conduzione.
I materiali solidi costituenti l’isolamento termico riducono la trasmissione di calore per conduzione.
Maggiore è la capacità di un materiale di impedire il passaggio di calore e maggiore è il suo isolamento termico, così che i migliori materiali isolanti sono i cattivi conduttori, la cui maggiore capacità isolante dipende dalla minore densità volumica.
La trasmissione del calore
Conoscere la capacità di trasmissione del calore di ogni singolo materiale, ovvero la caratteristica isolante, permette di calcolare nella stratigrafia della struttura il valore di isolamento termico complessivo, quindi la prestazione termica dell’involucro edilizio.
Il valore di isolamento termico di un materiale è determinato dalla misurazione a laboratorio del gradiente termico, attraverso uno spessore stabilito a livello normativo, che permette di definire il coefficiente di conducibilità termicaλ (lambda W/m•K).
Il coefficiente isolante di un materiale dipende dalla capacità o meno di trattenere calore o di cederlo, quindi minore è la perdita di calore e maggiore è la capacità isolante del materiale.
Con il coefficiente lambda λ è possibile calcolare la Resistenza termica R (m2k/W), ovvero la quantità di calore trattenuto dal materiale in relazione al suo spessore.
Il rapporto tra lo spessore del materiale e il suo coefficiente di conducibilità termica λ determina il valore singolo di resistenza termica R, che sommato per tutti gli strati componenti la struttura determina la resistenza termica globale.
Con la resistenza termica globale è possibile calcolare la trasmittanza termica, ovvero la capacità isolante di un elemento, con un flusso di calore che attraversa la superficie unitaria sottoposta a differenza di temperatura di 1 grado, in relazione alle caratteristiche del materiale e alle condizioni di scambio termico liminare.
Il valore è inversamente proporzionale alla sommatoria delle resistenze termiche, pertanto minore è il valore U e minore sarà la perdita di calore con un maggiore effetto isolante.
Isolamento e involucro
L’isolamento termico dell’involucro edilizio può essere realizzato con soluzioni diverse, sia per posizionamento degli strati isolanti, sia per scelta dei materiali.
La valutazione del migliore posizionamento deve essere eseguita con un’analisi della stratigrafia della sezione muraria e in base alla tipologia dei materiali isolanti.
La determinazione della prestazione termica, per il relativo calcolo di beneficio energetico nel rispetto delle prescrizioni normative, deve rispondere anche ai requisiti minimi sulla sostenibilità ambientale dei materiali utilizzati.
Il posizionamento dell’isolamento termico è il primo gradino del processo, dipendente dal tipo di intervento se riferito a nuova realizzazione o a ristrutturazione di fabbricato esistente.
Nel primo caso la scelta è di tipo progettuale ed è più ampia, mentre nel secondo deve essere adeguata alla tipologia delle strutture esistenti, normalmente con rivestimento termico esterno o interno, oppure con riempimento di intercapedini se presenti.
In linea di principio possiamo affermare che l’isolamento ha come fattore comune, indipendentemente dalla sua posizione, quello di favorire il riscaldamento più rapido possibile dei locali interni e di ridurre il tempo di raffreddamento.
Attenzione ai ponti termici
Il rivestimento esterno dell’involucro edilizio costituisce la soluzione progettuale che garantisce meglio di altre l’isolamento globale con la riduzione dei ponti termici di pilastri e solai.
Il rivestimento interno invece tende a sacrificare parte dello spazio dei locali per lo spessore dei materiali, ma non ottimizza la componente termica della parete in quanto non elimina i ponti termici che tendono a disperdere il calore verso l’esterno.
Si tratta di una procedura utilizzabile negli interventi di ristrutturazione dell’esistente, quando non è possibile realizzare altri tipi di isolamento termico.
L’isolamento intermedio consiste nell’accoppiamento di doppie pareti nelle nuove costruzioni o nel riempimento delle intercapedini vuote delle strutture murarie esistenti.
Si tratta di una soluzione che ottimizza il comfort dell’ambiente interno sommando l’inerzia termica della sola parete interna, ma anche in questo caso restano attivi i ponti termici.
Il cappotto
In sostanza, l’isolamento esterno, più noto come sistema a cappotto, riveste completamente la struttura muraria trasformando la parete in un elemento di accumulo del calore, utilizzando l’inerzia termica dell’intera parete con una buona riduzione dei ponti termici nel controllo esecutivo del dettaglio.
La cessione lenta del calore in inverno e la limitazione del surriscaldamento in estate rendono la soluzione particolarmente efficace. È importante non sottovalutare la riduzione dei ponti termici, perché costituisce un fattore di penalizzazione rilevante.
I punti di contatto, tra ambiente interno ed esterno, se non adeguatamente isolati tendono a disperdere calore rapidamente per differenza di temperatura, favorendo la formazione di condensa e quindi di umidità, come spazi ideali per la proliferazione di microorganismi (muffe) che si trasmettono agli ambienti più caldi, quindi quelli interni.
Il rivestimento
L’isolamento termico a cappotto è anche una soluzione che permette il recupero estetico-funzionale della superficie esterna dell’involucro edilizio, correggendo possibili difetti alle pareti come crepe o microfessurazioni.
E, ancora, il rivestimento completo della superficie esterna permette di uniformare i diversi materiali costituenti le strutture, come pilastri in cemento armato, blocchi in laterizio o elementi in legno, che richiedono maggiore attenzione.
Le differenti caratteristiche meccaniche dei materiali possono determinare reazioni differenti con le variazioni termiche, che possono generare movimenti e deformazioni, fessurazioni e crepe, fino a distacchi e infiltrazioni d’acqua nei casi estremi.
Questioni da non sottovalutare: le cause possono essere dovute a errori di lavorazione o a condizioni ambientali difficili oppure, ancora, a un’errata compensazione degli spessori o a mancata o errata applicazione di adeguati complementi come paraspigoli e reti di armatura.
È molto importante, in tutti gli interventi di isolamento termico, l’impiego di materiali che possano assicurare qualità e stabilità nel tempo, con una costante prestazione termica e una capacità di assorbimento e rilascio controllato di umidità, per evitare la formazione di condense interstiziali.
Per queste ragioni il sistema a cappotto, pur essendo la soluzione più utilizzata per coibentare edifici di diversa tipologia costruttiva, soprattutto negli interventi di ristrutturazione, è anche quello che impone una maggiore attenzione progettuale e realizzativa.
Corrette procedure
Oggi possiamo affermare che le conoscenze e le esperienze maturate in oltre 40 anni di interventi di isolamento termico esterno, permettono di prevenire la maggior parte degli inconvenienti dovuti alle condizioni del supporto e al comportamento dei materiali con le corrette procedure di impiego.
Su quest’ultimo punto è da segnalare la dotazione delle imprese specializzate nell’installazione del cosiddetto “patentino“, ovvero il certificato di conformità attestante la qualifica di installatore certificato, ottenibile solo dopo frequentazione di corsi abilitanti con superamento di un esame finale a conferma del rispetto dei livelli richiesti dalla norma.
La qualifica di posatore certificato di sistemi a capotto è regolamentata dalla norma Uni 11716 (Etics), che sancisce i requisiti di conoscenza, abilità e competenza che i posatori devono dimostrare di possedere per accedere alla certificazione di qualifica professionale.
I materiali
La grande conoscenza dei materiali e la lunga esperienza maturata permette oggi di considerare un’ampia scelta di prodotti isolanti. Sui materiali isolanti si apre un ampio confronto per tipologia e caratteristiche, composizione materica e sostenibilità, derivazione naturale o sintesi.
Facendo una disamina dei numeri di mercato si potrebbe affermare che il sistema di isolamento termico più utilizzato e diffuso, soprattutto in Italia, possa essere il sistema Etics, ovvero l’isolamento a cappotto con pannelli in Eps (polistirene espanso sinterizzato).
La maggiore diffusione riconduce a pochi prodotti più performanti, tra i quali soprattutto i pannelli in Eps normalmente più convenienti dal punto di vista economico.
È opportuno sottolineare che non esiste la soluzione migliore in assoluto, in grado di assicurare un elevato isolamento termico e acustico, che sia ininfiammabile e traspirante, sostenibile per impatto ambientale, più economica e di facile installazione. Ogni materiale è il compromesso tra vantaggi e svantaggi.
Proviamo a tracciare una mappa dei materiali più noti, più utilizzati, più innovativi e più sostenibili.
In linea di principio è possibile suddividere i materiali per composizione chimico-fisica, struttura, processo di lavorazione e provenienza, livello di sostenibilità, prestazioni (conducibilità termica λ) e spessore necessario (maggiore spessore significa più isolamento termico), sfasamento termico e potere traspirante (importante per ridurre il rischio di condensa), senza trascurare ovviamente valore economico del sistema e facilità di impiego.
Una prima distinzione tipologica, in base alla composizione specifica, può annoverare i materiali organici di origine naturale minerale (lana di roccia, fibra di vetro, silicato di calcio, silicio espanso) o vegetale (sughero, fibra di legno, cellulosa, canapa), rispetto ai materiali inorganici, ovvero provenienti da trasformazioni chimiche di sintesi (poliuretano o polistirolo di derivazione idrocarburica).
Il confronto
Sostenibili. Un confronto tra i materiali più sostenibili riconosce in primo piano gli isolanti organici di origine minerale e vegetale, che rappresentano quelli a minor impatto ambientale per la composizione caratteristica e rilascio di sostanze, buone prestazioni termiche e traspirabilità, particolarmente adatti per interventi di bioedilizia, ma generalmente anche con un costo più elevato e, in alcuni casi, con maggiori difficoltà di installazione.
Resistenti. Gli isolanti minerali hanno ottime proprietà di resistenza all’acqua e al fuoco, tra questi ci sono prodotti molto diffusi come la lana di roccia nel riempimento delle intercapedini, ma anche su pareti esterne se adeguatamente protetti.
Anche gli intonaci termoisolanti, a base di minerali espansi o perle di polistirolo, risultano interessanti, perché permettono di coibentare uniformando il supporto murario, in particolare negli interventi dove non sono ammessi pannelli incollati per ragioni tecniche o vincoli storici.
Una soluzione di impiego più tradizionale, in grado di ridurre i ponti termici e limitare i rischi di condensa, ma che negli anni si è ridotta particolarmente per il limite di prestazione termoisolante rispetto ad altri prodotti dotati di una minore densità volumica.
Innovativi. I materiali di nuova generazione, definiti a basso spessore, basati sull’impiego di nanotecnologie per garantire alti livelli di prestazione hanno generalmente elevate prestazioni isolanti, maggiori difficoltà di impiego e costi elevati.
Tra i materiali considerati innovativi può essere utile citare l’isolante nanotecnologico a base di Aerogel, una sostanza solida molto leggera composta per il 98% di aria e per il 2% di silice amorfa, che è la principale componente del vetro.
Oppure, i materiali a cambiamento di fase (Pcm, Phase change materials) capaci di accumulare energia termica, come calore latente nella transizione da stato liquido a solido e viceversa.
Convenienti. I numeri di mercato hanno chiaramente dimostrato che la convenienza sul costo del prodotto per metro quadrato ha imposto una diffusione a maggioranza per materiali di compromesso, più performanti termicamente e più economici seppur con qualche limite.
Uno dei materiali più richiesti e utilizzati è sicuramente il polistirene espanso (Eps), proveniente dalla polimerizzazione dello stirene, che trasformato in granuli può essere espanso tramite sinterizzazione o estrusione, secondo che avvenga per trasformazione in perle espanse con aggregazione a temperature di vapore acqueo oltre 90 gradi (sinterizzazione) o con agenti espandenti (estrusione).
Oggi i pannelli in polistirolo di ultima generazione, dopo anni di larga sperimentazione, sono anche trattati con grafite per conferire una più bassa densità con una riduzione di materiale plastico (fino al 50% in meno), rendendo il prodotto finale più leggero ed ecologico rispetto all’Eps tradizionale.
Stiamo sempre parlando di un materiale di sintesi e poco sostenibile. Una soluzione tra le più convenienti, anche se negli ultimi anni la crescente domanda derivante dagli ecoincentivi (110% in primis) ha determinato una forte lievitazione del prezzo di mercato e il limite di reperibilità della materia di derivazione idrocarburica dipendente da importazione.
Tracciabilità e sostenibilità
Anche i materiali devono rispondere ai principi di sostenibilità e puntare al più basso impatto ambientale per promuovere il modello di casa passiva. Sono da considerarsi materiali sostenibili quelli rispondenti a una serie di requisiti sulla tracciabilità, l’assenza e il rilascio nel tempo di sostanze nocive e la possibile riconversione nell’ambiente a fine vita.
Questa tipologia di materiali deve essere conforme alle vigenti direttive europee per tracciabilità nell’intero ciclo di vita Lct (Life Cycle Thinking) con una visione sistemica dell’intera filiera produttiva, dall’origine fino alla riconversione del rifiuto riciclabile.
Ma come si valuta effettivamente la sostenibilità di un materiale? Con un processo di assessment (o valutazione) proprio del ciclo di vita Lca che costituisce l’etichettatura di tracciabilità. Una valutazione che deve esprimere in modo chiaro e inequivocabile, come una carta d’identità, la dichiarazione di performance ambientale Epd (Enviromental Product Declaration).
In italia l’efficacia dei requisiti ambientali minimi è riferita al decreto legislativo 31 marzo 2023 ma ha origini precedenti, già con la L. 221/2015, e successive integrazioni e modificazioni, che ne aveva resa obbligatoria l’applicazione nei lavori pubblici.
Un’adempimento che negli ultimi anni è stato esteso anche ai lavori privati in relazione ai benefici fiscali introdotti dagli ecobonus.
Cam e benessere
Sono i Criteri ambientali minimi (Cam) i requisiti che richiedono la tracciabilità di un prodotto lungo il ciclo di vita Lct e il contenuto di materie riciclate dal punto di vista ambientale.
Per avere un’idea più precisa del ciclo di vita di un prodotto basti pensare a una evoluzione suddivisa in cinque fasi, dallo sviluppo al declino, passando per l’introduzione, la crescita e la maturità.
In edilizia possiamo affermare che il ciclo di vita di un prodotto da costruzione può essere considerato il periodo di tempo che intercorre dalla realizzazione fino al riciclo come rifiuto, se i componenti risultano ecologicamente compatibili.
Per quanto attiene il benessere abitativo, invece, è la qualità dell’aria respirabile negli ambienti interni Iaq (Indoor Air Quality) che caratterizza un prodotto in materia di igiene, salute e comfort attraverso il basso contenuto o l’assenza di Voc (Volatile Organic Compounds), secondo i requisiti previsti dalle norme vigenti sulla emissione e la dispersione dei vapori nell’aria.
Si calcola che vi siano più di 300 diverse sostanze (dalla formaldeide al benzene con i suoi derivati, toluene, stirene, idrocarburi) solitamente addizionate ai composti per migliorare alcune caratteristiche come la plasticità, la durabilità, la resistenza al fuoco e alle muffe.
Non è oggetto di questa trattazione entrare nel merito delle categorie di materiali di finitura per gli ambienti interni, in relazione alla concentrazione dei composti organici volatili, ma solo per opportunità si rammenta l’importanza di non sottovalutare questo aspetto nei diversi prodotti da rivestimento interno.
Da oltre vent’anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblica rapporti sui potenziali rischi per la salute derivanti dalla qualità dell’aria interna, diramando linee guida per sensibilizzare i paesi a intraprendere azioni volte a migliorare le condizioni abitative, con particolare attenzione ai materiali utilizzati e con riferimento agli standard di ventilazione, ai livelli di umidità interna e alle muffe.
La transizione ecologica
Il passaggio al concetto di casa passiva, attraverso un processo diffuso di efficientamento energetico degli edifici energivori, costituisce il nodo di un dibattito estenuante che sta sollevando numerose perplessità in particolare per i Paesi che dispongono di un patrimonio edilizio pubblico (e soprattutto) privato vecchio e in molti casi fatiscente come quello italiano.
In ambito europeo la direttiva Case green prevede che gli Stati membri riducano il consumo di energia degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035.
Il 55% di questa riduzione dovrà essere ottenuta attraverso la ristrutturazione del 43% degli immobili con le prestazioni peggiori.
Il via libera del Parlamento sul provvedimento avanzato dalla Commissione europea per migliorare le performance energetiche degli edifici è inserito nel pacchetto di riforme Fit for 55.
La direttiva Energy performance of building directive (Epbd), pensata con l’obiettivo di riqualificare il parco immobiliare europeo e migliorarne l’efficienza energetica, sarà probabilmente ancora oggetto di modifiche prima di diventare definitivo.
Allo stato attuale il provvedimento prevede degli standard minimi per migliorare l’efficienza energetica per gli edifici con le peggiori prestazioni (quelli più energivori appartenenti alla classe energetica G meno efficiente) nella misura del 15% per ogni stato membro.
L’Unione Europea intenderebbe ridurre del 55% le emissioni nocive entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 per raggiungere le emissioni zero entro il 2050.
La previsione sarebbe di arrivare a realizzare nuovi edifici a emissione zero dal 2028 e di raggiungere, per gli edifici esistenti, la classe energetica E entro gennaio 2030 e la D entro il 2033.
Nel panorama delle energie fossili la previsione interessa il divieto di utilizzo di combustibili fossili entro il 2035 e l’abolizione di sussidi per l’installazione di boiler a combustibili fossili entro il 2024.
Gli edifici energivori in Italia
Il problema della riqualificazione edilizia e dell’efficientamento degli impianti termici in Italia appartiene oggi alla maggioranza di edifici condominiali considerati energivori.
Considerando la situazione attuale la direttiva Case green appare un obiettivo molto ambizioso, considerando che in Italia gli edifici residenziali energivori sono circa 1,8 milioni sul totale di 12 milioni di cui il 15% costruito prima del 1918 e circa il 65% precedente al 1976, senza contare le oltre 31 milioni di unità residenziali (dati Istat) che nel 74% dei casi, cioè 11 milioni di abitazioni, apparterrebbe a classi energetiche inferiori alla D, nello specifico il 34% in G, 23,8% in F e 15,9% E (dati Enea).
In sostanza, stiamo parlando di un patrimonio immobiliare, che per oltre 9 milioni di unità, non risulterebbe idoneo a rispettare le performance energetiche richieste (dati Ance).
In ogni caso, rispetto alle norme vigenti oggi circa il 75% del patrimonio edilizio presente nei comuni italiani sarebbe stato realizzato prima della legge 10/1991 (la norma che regola i consumi dell’energia negli edifici pubblici e privati).
Si tratta di un patrimonio costruito vecchio, in molti casi fatiscente e inadeguato, con un comfort abitativo scarso e isolamenti termici insufficienti o inesistenti, per non parlare degli impianti di riscaldamento energivori in molti casi con emissioni in atmosfera oltre i limiti di tolleranza.
È evidente che la situazione immobiliare in Italia, in particolare quella dei condomini energivori, iniziata con lo sviluppo demografico e la grande ricostruzione del secondo Dopoguerra, ha raggiunto ormai livelli di attenzione tali da non poter essere più procrastinata, ma difficile da risolvere solo in termini normativi.
In molti casi l’impossibilità dei proprietari a intervenire rappresenta un ostacolo insormontabile, sia in termini di efficientamento energetico sia di riqualificazione edilizia, in assenza di incentivi.
Uno scenario che allo stato attuale, nonostante l’introduzione delle agevolazioni fiscali dei superbonus, registra un incremento delle riqualificazioni edilizie ed energetiche solo del 6%.
A piccoli passi verso il green
Senza voler entrare nel merito di un dibattito complesso e difficilmente semplificabile, può essere significativo riprendere i passi salienti sulla responsabilità per il futuro.
Un percorso iniziato nel 1972 con la conferenza di Stoccolma, in anticipo rispetto alla prima grande crisi energetica che avrebbe poi stravolto la società del miracolo economico del dopoguerra.
Un periodo rimasto nella memoria collettiva con il termine di Austerity, con le politiche di restrizione volte a ridurre i consumi energetici e a ricercare soluzioni per promuovere l’efficienza.
Un’emergenza che ha indotto i legislatori di diversi paesi ad attivare nuove norme, in particolare nel settore delle costruzioni, per allineare il metodo costruttivo alla logica dell’isolamento termico, con una particolare attenzione all’uso dei materiali.
Il tema dell’isolamento termico ha segnato solo l’inizio di un percorso, che nei decenni successivi avrebbe portato alla continua ricerca di soluzioni tecnologiche sempre più evolute e sofisticate, nel tentativo di trasformare le metodologie costruttive dei nuovi edifici e il recupero di quelli esistenti.
Con gli anni Novanta il problema dell’effetto serra, dovuto all’aumento di CO2 in atmosfera con i primi allarmi sul cambiamento climatico, ha ulteriormente alimentato il dibattito tra l’utilizzo delle fonti fossili e la crescente domanda di energia a livello globale, oltre all’incertezza derivante dall’estrazione di petrolio proveniente da aree coinvolte in frequenti conflitti.
Ma parlare di isolamento termico solo in termini tecnologici sarebbe riduttivo, senza considerare quali siano state le motivazioni che avevano progressivamente introdotto il linguaggio sulla riqualificazione edilizia e l’efficientamento energetico.
Una ripresa cronologica dei passaggi salienti di questo percorso può essere utile per fissare principi e impegni con una visione più generale.
La conferenza di Stoccolma del 1972 segna l’inizio di un processo comune, con una dichiarazione congiunta per definire le prospettive nella conservazione dell’ambiente e delle risorse, passando nel 1987 per il Rapporto di Brundtland sulla salvaguardia delle generazioni future.
Nel 1992 la Conferenza di Rio fissa il passaggio sullo sviluppo integrato e il progresso sostenibile con i 27 principi definiti da Agenda 21 e nel 1994 la Carta di Aalborg riprendeva la Campagna delle città europee sostenibili e il processo di attuazione Agenda 21.
Nel 1997 il Protocollo di Kyoto apre un nuovo confronto tra i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo per la riduzione dei gas serra e nel 2000 il Vertice dell’Aja vedeva la formazione del cosiddetto Umbrella Group (composto da Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia e Nuova Zelanda) responsabile del 50,2% delle emissioni globali che non accettava il Protocollo di Kyoto perché considerato troppo oneroso per lo sviluppo delle economie nazionali.
Nel 2002 il Vertice di Johannesburg insiste sui problemi sociali ed economici per uno sviluppo sostenibile rispetto alla questione ambientale, con l’approvazione della dichiarazione sullo sviluppo sostenibile e del Piano di Azione del Wssd (World Summit on Sustainable Development).
Il vertice di Johannesburg costituisce un passaggio fondamentale per l’impegno a costruire un futuro più sostenibile e più responsabile nei confronti degli ecosistemi dai quali dipendono le forme di vita.
Il percorso sostenibile più recente vede nel 2007 i leader dell’Unione Europea sugli obiettivi legislativi per il 2020 in materia di ambiente, energia e clima, con una visione ambiziosa quanto simbolica, espressa nella formula 20,20,20 (20% riduzione emissione gas serra rispetto al 1990, 20% quota di energia da fonti rinnovabili, 20% miglioramento efficienza energetica).
Nel 2020 il quadro dell’Unione Europea per il 2030 prevede obiettivi ancora più ambiziosi e rigidi elevando i valori delle emissioni con il 40% di riduzione emissione gas serra rispetto al 1990 – 32% quota di energia da fonti rinnovabili e 32,5 miglioramento efficienza energetica.
Con una visione ancora più ampia ed ottimistica si alza lo sguardo con l’ambiziosa previsione di taglio 80 – 95% dei gas serra entro il 2050.
È del tutto evidente quanto il raggiungimento degli obiettivi sia strettamente connesso con un impegno sinergico e condiviso, sia per unire i temi del progresso civile e industriale, quanto per la tutela dell’ambiente ed una minore emissione di CO2 in atmosfera e quindi un’economia più sostenibile e circolare.
Il problema del cambiamento climatico, con gli impegni di salvaguardia in materia di riduzione dei gas serra, rappresenta un terreno di confronto sulla convergenza di una legittima preoccupazione, mentre nella realtà evidenzia la grande difficoltà ad assumere una strategia comune.
Un percorso difficile che alimenta quotidianamente il dibattito politico e sociale ma che, al di là della propaganda sulla transizione ecologica, evidenzia la grande difficoltà a un impegno comune e responsabile a livello globale, con paesi politicamente, economicamente e culturalmente troppo diversi.
Impegni già difficili da condividere nell’ambito dell’Unione Europea. La questione nei fatti è ancora lontana dal raggiungimento degli obiettivi prefissati a livello globale, considerando che ancora troppi paesi industrializzati dell’Est Europa e dell’Asia, in particolare, risultano particolarmente refrattari ad una transizione ecologica, perseverando nel mantenimento di livelli altamente inquinanti sia per controllo dei materiali che per emissioni di CO2 in atmosfera.
A norma di legge
Si deve alla prima crisi energetica moderna, che deriva dal costo del petrolio e dei trasporti, nonché il timore del possibile esaurimento della prima fonte energetica fossile, l’emanazione nel 1973 in Italia della prima legge sul risparmio energetico con l’introduzione delle Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici, quando per la prima volta nella storia dell’uomo si parlò di Austerity.
• La legge n. 373 del 1976 segnava l’avvio di un processo sul controllo degli sprechi negli impianti di riscaldamento e delle dispersioni di calore nel manufatto edilizio con l’avvio di una serie di iniziative che, negli anni a venire, avrebbe portato ad una riforma normativa fino alla definizione di un Piano Energetico Nazionale e alla sua attuazione con la Legge N. 10/91. L’entrata in vigore della Legge n. 10/91 definisce sotto il profilo normativo l’uso razionale dell’energia, del risparmio energetico e dell’utilizzo delle fonti rinnovabili, regolamentando di fatto la gestione dell’edificio sotto il profilo edilizio e impiantistico.
• L’attuazione della Legge N. 10/91 è stata successivamente regolamentata con il DPR 412/93 e il Dpr 551/99 per disciplinare i diversi calcoli, in particolare in materia di Fabbisogno Energetico Normalizzato (FEN), con riferimento a specifiche norme tecniche (Uni 5364, Uni 8065, Uni 9182, Uni Cig 7129 etc). L’etichettatura di rendimento energetico degli elettrodomestici verrà estesa anche al settore edilizio per identificare la classe
di appartenenza degli immobili in base al livello di isolamento termico e di efficienza degli impianti, con l’obiettivo di ridurre le dispersioni di calore, aumentare il rendimento energetico e diminuire le emissioni di Co2 in atmosfera.
• Con l’emanazione della Direttiva 2002/91/Ce, l’Europa punta a una ridefinizione degli obiettivi per un uso più consapevole dell’energia e della salvaguardia dell’ambiente, guardando al benessere degli individui, anche attraverso l’incentivazione delle fonti rinnovabili e dei sistemi impiantistici alternativi. La direttiva recepita in Italia 3 anni dopo con il decreto legislativo 192/2005, modificato e integrato ulteriormente con il decreto legislativo 311/2006, definisce i criteri per il miglioramento energetico degli edifici, sia di nuova costruzione che per quelli esistenti, le condizioni e le modalità per migliorare le prestazioni energetiche e incentivare lo sviluppo e l’integrazione delle fonti rinnovabili, anche con l’introduzione delle verifiche delle prestazioni energetiche e dei valori di trasmittanza con esperti ed organismi accreditati alla certificazione energetica e all’ispezione degli impianti di climatizzazione.
• Il decreto 26 giugno 2009 introduce le Linee Guida Nazionaliper la certificazione energetica degli edifici, con un limite di validità di dieci anni e rinnovo tacito a condizione che gli edifici rispettino le norme nazionali, prescritte dalla scala di classificazione energetica dell’edificio o del singolo appartamento (dalla A+ alla G).
• la Direttiva 2002/91/CE o Epbd viene superata dalla direttiva 2010/31/Ue sul rendimento energetico nell’edilizia (definita Epbd II Recast) che promuove il miglioramento della prestazione energetica degli edifici, con particolare riferimento delle caratteristiche climatiche locali e degli ambienti interni. Il calcolo della prestazione energetica considera le caratteristiche termiche dell’involucro edilizio, degli impianti di riscaldamento e di produzione di acqua calda sanitaria, di raffrescamento, di illuminazione, ma anche di progetto, posizione e orientamento dell’edificio con i sistemi di protezione solare per le condizioni climatiche interne.
• La Legge 90/2013 di conversione in legge con modificazioni del decreto legislativo 63/2013, emana disposizioni urgenti con il recepimento della Direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica in edilizia, modificando il decreto legislativo 192/2005 e introducendo il concetto di edificio a energia quasi zero (nZeb) con i nuovi criteri di aggiornamento e programmazione degli standard prestazionali degli edifici sotto il profilo edilizio, impiantistico ed energetico rinnovabile.
• Il D.Lgs 63/13 introduce l’Attestato di Prestazione Energetica (Ape) in sostituzione dell’Attestato di Certificazione Energetica (Ace) con modifiche e integrazioni nel calcolo del fabbisogno energetico, introducendo oltre a riscaldamento, raffrescamento e produzione acqua calda sanitaria anche ventilazione e illuminazione nonché incremento energetico per eventuali sistemi di elevazione (ascensori o scale mobili).
• La Legge 90/2013 dal giugno 2015 viene implementata con tre provvedimenti che precisano il quadro normativo nazionale in materia di efficienza energetica, con i requisiti prestazionali minimi degli edifici esistenti e di nuova costruzione (decreto 26/06/2015), le linee guida per la redazione Ape (26/06/2015) e le indicazioni di progetto per la Relazione Tecnica Legge 10.
• La direttiva (Ue) 2018/2002, dal dicembre 2018 modifica le direttive 2010/31/ Ue (sulla prestazione energetica in edilizia) e la 2012/27/ Ue (strumento legislativo su efficienza energetica) e introduce la Epbd III (già revisione delle Epbd II, della direttiva Ue 2018/844) come adozione di misure legislative a livello europeo (Clean Energy Package) per il raggiungimento degli obiettivi europei di energia e clima al 2030 .
• Il decreto legislativo n. 48/2020, attuazione della direttiva Ue 2018/844 sulla prestazione energetica modifica il decreto legislativo 192/2005 e definisce i criteri per la trasformazione del patrimonio immobiliare con alcune novità e integrazioni per l’Attestazione Prestazione
Energetica (Ape).
• Il decreto legislativo n. 73/2020, attuazione della Direttiva UE 2018/2002, modifica il decreto legislativo n. 102/2014 con una serie di misure in materia di efficienza energetica con l’obiettivo del risparmio in allineamento alle priorità dei principi europei. Di fatto, le nuove disposizioni normative introducono i principi metodologici attraverso i quali non sono più da valutare solo la strutture murarie con la tipologia di isolamento e dei serramenti, ma anche le componenti impiantistiche di riscaldamento, con l’utilizzo eventuale di fonti rinnovabili per la produzione di energia. Oggi i valori limite applicabili per gli edifici di nuova costruzione, e per quelli esistenti in caso di ristrutturazione, sono individuati per ciascuna delle sei zone climatiche in cui è suddiviso il territorio italiano, per l’indice annuo di prestazione energetica e per il riscaldamento invernale (Epi) dell’involucro edilizio, per valore limite della trasmittanza termica di singole parti dell’edificio (per le strutture opache verticali, orizzontali e delle coperture) e per valore limite dei “ponti termici”. Non meno importante è il rapporto tecnico Uni/Tr 11936, del 15 febbraio 2024, che fissa i termini di valutazione dei materiali per isolamento termico dell’involucro edilizio in base alle effettive prestazioni contenute nella documentazione tecnica dei test prestazionali certificati da metodologie di prova standardizzate nei laboratori accreditati. La norma tecnica prescrive nello specifico i test di conduttività e resistenza termica, obbligatori per certificare l’idoneità di utilizzo del materiale, oltre le dichiarazioni del costruttore per marcatura Ce con Scheda Tecnica (St) e Documento di Prestazione (DoP) unica dichiarazione firmata dal rappresentante legale del costruttore con valore di responsabilità di legge sulle prestazioni del materiale, fino alla Certificazione Tecnica Europea (Eta). La European co-operation for Accreditation (Ea), ai sensi della norma Uni En Iso/Iec 17025, riconosce l’accreditamento dei laboratori certificatori di accreditamento (visibili nel sito www.european-accreditation. org), indicando il termine accreditamento anziché certificazione, per precisare la qualità dei laboratori di prova e taratura, classificati per specializzazione nella valutazione della conformità atta a garantire l’idoneità delle misurazioni eseguite mediante strumentazione tarata. Il Regolamento europeo 765/2008 prevede che ogni stato nomini un solo Ente nazionale di accreditamento con il conferimento dello status giuridico di pubblica autorità. In Italia l’Ente Unico di accreditamento designato dal governo è Accredia, quale organismo che dispone l’elenco dei laboratori ed i relativi metodi di prova accreditati (www.accredia.it).
ll lungo addio ai bonus edilizi è vissuto dal mondo dell’edilizia con un dolore pari al tradimento della fidanzata. I distributori edili tornano a faticare per trovare il cliente. E devono smettere di vivere nel rimpianto del grosso, grasso fatturato cieco (che arrivava a prescindere).
Tutti aspetti affiorati nel sentiment della platea del XVII Convegno YouTrade. Eppure, non tutti, come indica anche l’esito dell’instant poll durante l’evento, sono rassegnati a un declino.
In fondo, c’era chi guadagnava anche senza i bonus. Ma, poi, gli incentivi fiscali e i bonus edilizi sono davvero morti? Oppure sono solo dimagriti?
Certo, la dieta è di quelle toste, assomiglia più a un’astinenza da oppiacei piuttosto che un regime detox per perdere qualche etto. Detto, questo, non tutto è perduto.
Invece di rassegnarsi a una discesa all’inferno, gli operatori dell’edilizia possono fare i conti con quello che sarà il mercato 2025.
E la legge di Bilancio in discussione in Parlamento prevede comunque, salvo modifiche strada facendo, che rimangano in vigore alcuni incentivi.
Il punto di partenza è il bonus unico per le ristrutturazioni in uno standard di agevolazione fiscale al 50%.
Anche se questo incentivo riguarda esclusivamente la legge di spesa per il 2025, sembra avere buone chance per diventare un punto di riferimento stabile, anche se al momento il governo ha previsto un decremento per gli anni successivi.
La partita, però, è ancora tutta da giocare. In fondo, è quello che chiedono da anni gli operatori: regole certe e durature.
Oddio, da un governo che ha cambiato tot volte le norme sul superbonus (che negli anni precedenti tutti, ma proprio tutti i partiti hanno sostenuto) si possono attendere anche altre modifiche, ma su questo punto almeno sembra improbabile.
Più in discussione sembra, invece, la relazione tra le detrazioni e il reddito dichiarato. Se lo sconto fiscale dovesse essere legato a un imponibile familiare sotto i 75 mila euro, come ipotizzato, questo potrebbe diventare un freno.
Meno pesante, forse, la riduzione del bonus al 36% per le seconde case. È vero che parte della popolazione è proprietaria di immobili in cui non risiede, ma è certo che chi possiede villette, casali o appartamenti in luoghi ameni può probabilmente permettersi di eseguire lavori di ristrutturazione, mentre è comunque meno interessato a puntare su una riqualificazione per il risparmio energetico, se si escludono le location montane.
Assai criticabile, invece, è la decisione di ridurre al 50% lo sconto anche per le opere legate al consolidamento antisisma. In un Paese come l’Italia, dove il suolo balla in continuazione, significa farsi del male.
Quello che lo Stato può risparmiare risicando sugli incentivi, potrebbe essere costretto a spendere per la ricostruzione al primo sisma di un certo rilievo. Gli scongiuri sono ammessi.
Oggi l’ambiente bagno è molto più di uno spazio funzionale: è un luogo dedicato al relax e alla cura di sé, dove ogni dettaglio contribuisce a migliorare l’esperienza quotidiana. In un bagno contemporaneo, comfort e benessere sono essenziali per soddisfare le esigenze di praticità e sicurezza, senza rinunciare allo stile.
In questo contesto, spiccano i sedili ribaltabili o agganciabili ai maniglioni, integrati nel box doccia.
Provex, realtà di riferimento nella produzione di cabine e pareti per doccia e di accessori tecnici per l’ambiente bagno, monitora costantemente le richieste del mercato per sviluppare prodotti che uniscono qualità, durata e comfort, in linea con le nuove tendenze di interior design.
Le collezioni di Provex
La combinazione delle collezioni Shower (cabine e pareti doccia) e Comfort (sedute e maniglioni), rappresenta una strategia ben delineata dell’azienda, che mira a proporre soluzioni per un arredo bagno completo, adatto a tutte le generazioni e altamente funzionale.
In particolare, le sedute proposte da Provex non solo agevolano l’uso della doccia, ma si distinguono per un design contemporaneo che ben dialoga con le stanze più moderne ed attuali. La realizzazione di un bagno senza barriere è, infatti, un aspetto importante da considerare in fase di progettazione o di ristrutturazione.
Le sedute della Serie 500
Un esempio perfetto è rappresentato dalle sedute della Serie 500, il programma sviluppato in collaborazione con gli studi Talocci + Pallocca design che, oltre ad assicurare i massimi standard di sicurezza, soddisfa le più elevate esigenze estetiche.
Provex | Serie 500 sedile agganciabile
Il sedile ribaltabile e il sedile agganciabile delle Serie si distinguono per le linee essenziali e i profili squadrati. Realizzati in alluminio e ABS di alta qualità, sono disponibili nelle varianti bianco/cromo e grigio/cromo, garantendo una portata eccellente fino a 160 kg.
Grazie alla tecnologia avanzata e al design ricercato, il sedile ribaltabile della Serie 500 ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti internazionali come il German Design Award 2020 e l’Iconic Awards 2019: Innovative Architecture – Winner nella categoria prodotto.
Le sedute della Serie 300
Anche il sedile ribaltabile della Serie 300, progettato in collaborazione con lo studio Talocci Design, offre un design moderno con materiali di pregio e la massima funzionalità.
Provex | Serie 300 sedile agganciabile
Realizzato in alluminio e ABS di alta qualità, si distingue per l’innovativa tecnica a cerniera che consente una portata eccellente fino a 160 kg. È disponibile nelle varianti bianco, bianco/cromo e grigio/cromo e, una volta chiuso, ottimizza lo spazio nel box doccia.
Tutti i sedili Provex sono sviluppati e testati secondo le più severe norme TÜV e in linea con le normative CE.
Provex, sinonimo di qualità Made in Italy, realizza prodotti di eccellenza in cui ricerca tecnologica e materialidi pregio si uniscono a design d’avanguardia e pratica funzionalità per garantire il benessere nell’ambiente bagno.