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Giemme Group (Gruppo Made) passa il testimone ai dipendenti

Giemme Group
Da sinistra, Giorgio Bonuzzi, Giulio Quarati e Marco Schiavo

Giemme Group, aderente a Gruppo Made, ha programmato il ricambio generazionale tra i tre soci fondatori e quattro dipendenti. Isolamento, bioedilizia e finiture sono tra i principali plus.

In Giemme Group è premiato l’impegno e il lavoro: il ricambio generazionale dell’azienda di Povegliano Veronese non coinvolgerà, come spesso succede, figli e parenti, ma i dipendenti, che dopo gavetta e formazione, sono pronti per essere investiti del ruolo di soci e prendere il timone della società.

Marco Schiavo, Giulio Quarati e Giorgio Bonuzzi, i fondatori della rivendita, sono quasi pronti per godersi il meritato riposo della pensione, dopo aver costruito la loro solida realtà, oggi marchio di qualità della distribuzione edile nel veronese.

L'esterno della rivendita di Povegliano Veronese
L’esterno della rivendita Giemme Group di Povegliano Veronese

Quando è nata Giemme Group?

È nata dall’unione di due aziende: una che si occupava dei lavori di posa e l’altra che si occupava della vendita di materiali edili specialistici, non laterizi e cemento, ma isolanti, prodotti per l’acustica, l’antincendio, cartongesso e impermeabilizzazione.

Essendoci sempre stata una stretta collaborazione abbiamo sentito la necessità di unirci e fondare nel 1993 Giemme Group.

Abbiamo proseguito con entrambe le attività: all’inizio è stato difficile, ma siamo cresciuti con costanza, improntando sin da allora scelte ben precise, stabilendo chi seguire e scegliendo la nostra clientela con cura. Non abbiamo voluto espanderci territorialmente, bensì consolidarci nel veronese.

Costruendo molto, sia materialmente sia personalmente, siamo passati dal cercare i clienti ad accoglierli. Dopo 40 anni, siamo conosciuti per impegno, qualità e professionalità. È una soddisfazione.

Gli uffici

Di che cosa vi occupate principalmente?

Siamo specializzati nell’isolamento: termico, acustico, antincendio e impermeabilizzazione, con tutti i materiali a disposizione.

Siete professionisti dell’isolamento a 360 gradi: dopo la droga del superbonus, come sta andando il settore e, di conseguenza, il vostro business?

C’è stata molta richiesta, ma abbiamo cercato di gestire il superbonus 110% con cautela per quanto riguarda gli acquisti, per timore di non trovare il materiale.

Per quanto riguarda i lavori, eravamo coscienti che le agevolazioni erano a scadenza e abbiamo deciso di concentrarci solo sui clienti affidabili, senza farci travolgere dall’eccessiva richiesta. È andata comunque molto bene.

Ora abbiamo registrato un calo nella richiesta dei sistemi a cappotto, ma si tratta di un ritorno alla normalità.

L'interno del magazzino di Giemme Group
L’interno del magazzino di Giemme Group

Che territorio servite?

Principalmente Verona e provincia. Ma ci spingiamo anche fuori: a Biella abbiamo realizzato la sala per sfilate della Fila quando c’era Alberto Tomba, la sala mostra dell’Aprilia con Valentino Rossi. Lavori di prestigio ottenuti grazie al duro lavoro e alla reputazione che abbiamo costruito.

Com’è strutturato il vostro punto vendita?

Abbiamo una piccola sala mostra con i prodotti tecnici e le finestre in esposizione, per far vedere anche al privato come viene fatto realmente il lavoro.

Per il resto non abbiamo grandi esigenze, perché i nostri sono materiali tecnici. Il nostro magazzino è grande, ben rifornito e ottimamente strutturato.

Come si compone la vostra clientela?

Per quanto riguarda la parte commerciale pesa di più l’impresa, che rappresenta l’80% della nostra clientela, mentre il privato conta per il 20%.

Operiamo maggiormente con piccole e medie imprese: la selezione si basa sulla commessa da svolgere, ci concentriamo sulla qualità, anche delle persone.

Quali servizi di consulenza offrite e come sono strutturati?

Nei lavori è fondamentale il sopralluogo. Non si fa mai un preventivo senza prima andare a vedere di cosa si tratta. I nostri interventi non si classificano solo con la tipologia, ma teniamo conto di tutto l’insieme.

Per alcuni lavori particolari, per esempio per l’antincendio, abbiamo anche il supporto di tecnici esterni per calcoli tecnici e specifiche progettuali.

Tante volte tecnico e progettista non sanno a chi rivolgersi, noi offriamo un pacchetto completo: seguiamo il lavoro dall’inizio, durante, alla fine e dopo. Siamo una presenza costante, in continuo contatto con il cliente.

Offrite anche altri servizi per impermeabilizzazione, antincendio, risanamento, bioedilizia e avete anche il tintometro: quale sta andando per la maggiore?

Il cartongesso tiene ed è in crescita. Dopo il mattone e il cemento, ora si inizia ad apprezzarlo: è diventato d’uso, si è evoluto, ha prestazioni acustiche e di isolamento migliori, una resistenza meccanica di pregio, ma soprattutto è cresciuta la sensibilità di privati, impresari e progettisti che valutano più frequentemente l’utilizzo di questo materiale.

Ora la richiesta è tanta: forse siamo stati bravi nel seminare, forse è cambiata la mentalità, ma è una fruttuosa eredità che lasciamo a chi arriva dopo di noi. In calo è invece il cappotto, sono le normali oscillazioni del mercato.

Dipendente al lavoro sul tintometro
Dipendente al lavoro sul tintometro

Dopo 35 anni la vostra azienda sta vedendo un importante cambio generazionale. Come state affrontando il momento?

Gli anni sono passati velocemente e ci siamo ritrovati a dover prendere una decisione. Sin dal principio abbiamo deciso di lasciare figli e mogli fuori dagli affari e in questi anni, data la crescita costante dell’azienda, ne abbiamo escluso la chiusura.

È difficile essere inglobati da altre aziende, così abbiamo osservato attentamente il nostro personale e abbiamo individuato, fra i 18 dipendenti, quattro successori: due del settore amministrativo-commerciale e due tecnici.

Hanno accettato la proposta, sono recentemente subentrati come soci e ora siamo in pieno lavoro per la sostituzione. Il tutto dovrebbe durare un paio d’anni, poi l’azienda sarà condotta da loro.

Li conosciamo da tempo, li abbiamo assunti e formati e sappiamo che sono perfettamente in grado di assolvere il compito, sono persone molto capaci.

Il personale per noi è sempre stato importantissimo, fondamentale: teniamo a tenere uniti tutti i dipendenti, la coesione fra le persone per noi è molto importante.

La vostra è un’azienda giovane?

L’età media dei dipendenti è di 40-50 anni. È difficile trovare un ricambio generazionale sufficientemente giovane.

Abbiamo anche un corpo esterno di posa, un gruppo di artigiani che lavora per noi da molti anni, che più facilmente vede un turnover di persone giovani.

L’evoluzione tecnologica corre, come state al passo?

Abbiamo un gestionale progettato su misura per noi, smart e veloce, assieme a una strumentazione al passo dei tempi. Anche per il cantiere la tecnologia è fondamentale: grazie agli strumenti tecnologici riusciamo a monitorare in real time costi e materiale da utilizzare.

La formazione è importante: quali azioni state svolgendo in tal senso?

Corsi per la sicurezza, di formazione per i prodotti e per il lavoro in cantiere. Nella nostra sede abbiamo anche una sala attrezzata, utilizzata da noi e messa a disposizione anche degli artigiani esterni. Un plus che ci premia, facendoci diventare un punto di riferimento sul territorio.

Fate parte del Gruppo Made: come vi siete avvicinati al network e quali sono i benefici?

Attorno a noi stanno crescendo grandi realtà, abbiamo sentito l’esigenza di trovare un appoggio per non sentirci soli nel mare magnum del mercato. Con Made abbiamo ricevuto entusiasmo e accettazione.

I benefici sono molteplici: più contatti, più fornitori e supporto nell’attività e sui prodotti. Made organizza continuamente corsi di aggiornamento, il che ci permette di rimanere al passo.

Come si è aperto il 2024 e quali le previsioni per il 2025?

Il 2024 è iniziato bene e si è chiuso altrettanto bene, seppur con qualche lieve calo. Speriamo nella stabilità per il 2025, anche se i problemi internazionali si ripercuoteranno sul mercato. Rimane accesa la speranza per il Pnrr.

di Alice Fugazza

Industrie Cotto Possagno per la prima volta al Bau 2025

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Tetto realizzato con le tegole Te.Si.

Industrie Cotto Possagno partecipa per la prima volta al Bau di Monaco (Stand A3 – 327) , dal 13 al 17 gennaio 2025, la fiera biennale dedicata ad architettura, materiali e sistemi.

Con uno stand in grado di richiamare l’attenzione dei visitatori, l’azienda presenterà la tegola marsigliese “kandinsky”, ispirata al pittore russo, precursore e fondatore della pittura astratta.

I colori con cui questa tegola sarà presentata mostrano la capacità manuale e creativa di Industrie Cotto Possagno, proiettata verso il futuro e verso richieste sempre più particolari e «su misura».

Il Gruppo in questi anni è cresciuto sia in Italia che all’estero, puntando anche su prodotti idonei per latitudini differenti, soprattutto resistenti ai climi freddi e al gelo. Come Coppino Tirolo, un coppo lungo e stretto, dal colore scuro, tendente al marrone, perfetto per affrontare anche le pendenze e gli agenti atmosferici più impegnativi.

La lavorazione e gli agganci di cui sono dotati gli elementi della gamma garantiscono una maggior compattezza e resistenza al singolo coppo, così come alla trama che costituisce il tetto

Tra i prodotti presenti in fiera ci sarà anche Unicoppo Extra Winter, sistema di copertura in grado di resistere anche agli inverni più rigidi. La doppia onda con ampio canale di scorrimento assicura un drenaggio ottimale dell’acqua piovana, mentre il quadruplo sormonto garantisce una perfetta tenuta e una finitura impeccabile.

Unicoppo è disponibile in diverse linee, ciascuna progettata per soddisfare le esigenze più specifiche: dalla Linea Naturale, per un’estetica più rustica, alla Linea Antica, per un tocco di charme, dalla Linea Plus a Tipo a mano. Ogni modello è realizzato con materiali di prima qualità e con un’attenzione ai dettagli, per la massima durata e affidabilità.

Spaziando nel mondo del laterizio, a Bau i visitatori troveranno anche interessanti proposte, quali Aerotile, la tegola ventilata studiata per rendere gli edifici più performanti. Le sue peculiarità strutturali la rendono più traspirante, favorendo una maggiore ventilazione e un conseguente abbassamento della temperatura del manto di copertura e diminuzione delle temperature sottotetto.

Un fiore all’occhiello è anche Te.Si. Winter, l’evoluzione della tegola portoghese che supera gelo, grandine (ha certificato di resistenza alla grandine di classe HIR 4), carichi pesanti, guadagnando una garanzia di 30 anni.

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TeSi Tegola Serenissima

Grazie al suo design innovativo, è facile e veloce da posare: bastano 12 tegole per metro quadrato. Te.Si si può disporre sia per file orizzontali che verticali, con un notevole risparmio di tempo e ridotti costi di posa in opera. Sicura, con i bordi ad incastro che assicurano una maggiore tenuta all’acqua e i canali più ampi che migliorano il ruscellamento.

Infrastrutture: i calcestruzzi leggeri Laterlite per i cantieri ferroviari

Con le sue soluzioni leggere e versatili, Laterlite si propone come partner tecnico di numerose imprese impegnate nel settore delle infrastrutture ferroviarie.

Con un indotto che coinvolge oltre 30mila lavoratori e genera quasi un punto percentuale del PIL, il settore delle costruzioni ferroviarie si conferma un pilastro dell’industria italiana.

Laterlite offre il proprio impegno a supporto delle imprese del settore, offrendo materiali all’avanguardia e un supporto tecnico qualificato, come ribadito al convegno annuale di ANCEFERR (Associazione Nazionale Costruttori Edili Ferroviari Riuniti).

Laterlite-ANCEFERR

L’evento ha rappresentato un’importante occasione di confronto sulle sfide e sulle opportunità legate ai progetti finanziati dal PNRR e al ruolo strategico che queste opere svolgono nella crescita economica e sociale del Paese.

Tra le soluzioni Laterlite per i cantieri ferroviari spiccano i calcestruzzi leggeri strutturali e non strutturali, nonché i microcalcestruzzi.

Ad esempio i calcestruzzi alleggeriti Leca – nelle versioni Leca CLS 100 e Leca CLS 1600 – premiscelati in sacco garantiscono elevata resistenza, facilità di utilizzo e praticità con un notevole risparmio di peso (fino al 40%).

L’argilla espansa Leca è infatti un aggregato leggero idoneo per il confezionamento di calcestruzzi leggeri strutturali che consentono una notevole riduzione del peso proprio delle strutture, rispetto ai calcestruzzi tradizionali, dai 500 ai 1000 kg in meno a metro cubo.

L’uso di calcestruzzo leggero permette di realizzare strutture più snelle con sezioni minori e quindi minori quantità di calcestruzzo stesso e armature, ottenendo opere esteticamente più gradevoli e più economiche.

Nel portfolio Leca spiccano anche le soluzioni tecniche per rilevati stradali e riempimenti leggeri, opere di contenimento, fondazioni compensate, tunnel, gallerie e cavità.

Indagine Piaac: Italia agli ultimi posti per competenze, un guaio anche per le imprese

Mancanza di competenze nel settore edile

Le imprese italiane soffrono di una specie di malattia cronica: la mancanza di personale con le competenze adeguate.

Ora, in un ambito più generale, questa difficoltà è fotografata dall’indagine Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competencies), promossa dall’Ocse.

L’indagine ha misurato le competenze essenziali per partecipare attivamente alla vita adulta nella popolazione fra 16 e 65 anni in diversi ambiti, come literacy (comprensione di testi scritti) numeracy (utilizzo di informazioni matematiche e numeriche) e adaptive problem solving (capacità di raggiungere il proprio obiettivo in una situazione dinamica in cui la soluzione non è immediatamente disponibile).

Si tratta di competenze base che, però, devono essere disponibili per chi lavora in azienda, naturalmente a diversi livelli.

In Italia, l’indagine è stata realizzata dall’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche su incarico del ministero del Lavoro. Risultato: il nostro Paese resta agli ultimi posti nella classifica internazionale.

Per quanto riguarda la comprensione di quello che si legge, per esempio, il punteggio medio è di 245, mentre gli italiani sono 15 punti sotto la media Ocse. In numeracy siamo a 244, 19 punti sotto la media, e in adaptive problem solving l’Italia è a quota 231 punti, contro 251 della media.

Inoltre, l’indagine indica gli irrisolti divari territoriali: regioni settentrionali e centrali con punteggi più elevati, vicine media Ocse, mentre Sud e Isole hanno valori con uno scarto di circa 40 punti con le aree più avanzate del paese.

Un altro guaio è la differenza tra chi ha un titolo di scuola secondaria inferiore (o meno) e i diplomati. In Italia il gap è più forte rispetto alla media Ocse.

Chi si è fermato alla terza media, insomma, è in genere notevolmente più indietro. Tra l’altro, anche chi frequenta l’università non presenta quel salto di qualità che sarebbe lecito aspettarsi.

Altro aspetto negativo: aumenta il numero (rispetto alla precedente indagine di dieci anni fa) di adulti con livelli bassi di competenza: i cosiddetti low performer sono aumentati del 27,7-34,6% secondo le fasi prese in esame.

Unico dato positivo: i giovani risultano più adeguati degli adulti. Ma la conclusione che si può trarre dall’indagine è: occorre tanta, tanta, tanta formazione.

di Federico Mombarone

Sari Group (Gruppo Made): senza confini per un’edilizia tutta in famiglia

Sari Group

La rivendita Sari Group, che fa parte di Gruppo Made, spazia dai materiali al noleggio, dal real estate allo smaltimento e riciclo delle macerie, dalle finiture fino a ferramenta, logistica ed estrazione di inerti.

Sari Group è una maxi-rivendita, di proprietà della famiglia Sazzani, che si trova in provincia di Varese, con base a Germignaga, a due passi dal Lago Maggiore e a pochi chilometri dal confine svizzero.

L’azienda conta su due punti vendita e un’offerta a 360 gradi. Dalla produzione di materiale per la costruzione (con cave e impianti), alla rivendita di attrezzature per l’edilizia, alle finiture di interni, al real estate, fino allo smaltimento e al riciclo degli inerti, che danno vita a un nuovo materiale. Un circolo virtuoso, perfetto esempio per il settore edile.

L’attività multispecializzata di Sari Group è in continua evoluzione. Come la famiglia Sazzani, testimonia Pietro, che assieme al papà Egidio, alla mamma Valeria e ai fratelli Umberto e Paola è titolare dell’azienda.

Il punto vendita Germignaga (Varese)
Il punto vendita a Germignaga (Varese)

Dallo scavo, fino al tetto, dalle finiture all’arredamento: Sari Group offre un servizio a 360 gradi. Come è nata l’azienda?

Sari Group è nata all’inizio degli anni Settanta grazie alla dedizione e allo spirito di mio padre Egidio. Sari è l’unione delle iniziali dei cognomi di mio papà (Sazzani) e mia mamma (Rigamonti). La società inizialmente si occupava di scavi e movimento terra.

Poi, negli anni, seguendo le esigenze del mercato, si sono aggiunte diverse attività: nel 1993 la prima rivendita di materiali edili, nel 2002 il primo impianto di calcestruzzo, nel 2005 ci siamo trasferiti nella nuova sede di Germignaga.

Nel 2009 è nata l’impresa di costruzioni Sari General Contractor. Nel 2010 abbiamo inaugurato il secondo impianto di calcestruzzo, nel 2011 la seconda cava a Balocco, in provincia di Vercelli, e nel 2016 siamo entrati nel mondo della gestione dei rifiuti con l’acquisizione del centro recupero a Besnate.

Infine nel 2020 abbiamo aperto la Sari Real Estate per l’intermediazione immobiliare. Oggi il gruppo conta sette sedi: sei in provincia di Varese, una in provincia di Vercelli.

Abbiamo 50 dipendenti e il nostro claim «Edilizia a 360 gradi» riassume il nostro business: dagli scavi alla fornitura, agli aggregati e calcestruzzo, per passare all’edilizia pesante e alle finiture, fino alla casa.

Nonostante la crescita, la nostra rimane una realtà a conduzione familiare: ognuno di noi è specialista nei diversi rami di attività, ma la coesione di fondo rimane.

Quali sono i vostri servizi principali?

La fornitura di aggregati naturali dalle nostre cave, gli scavi e le demolizioni, la fornitura di calcestruzzo.

Tutto questo ci permette di essere in cantiere dall’inizio, aprendoci poi la strada alla fornitura di materiali edili fino alle finiture.

Il real estate ci permette di mettere in atto sinergie con tutti i nostri servizi. Insomma, siamo protagonisti nella maggior parte delle operazioni.

Che territorio coprite?

La nostra realtà si sviluppa unicamente in provincia di Varese, nello specifico nel Centronord. La morfologia del territorio è particolare e la capillarità delle nostre sedi ci permette di essere molto presenti e attivi. Poi, abbiamo la cava in provincia di Vercelli.

Avete più punti vendita, come sono strutturati?

Ogni sede ha un responsabile che fa capo alla proprietà: la nostra presenza è costante e si crea una gestione schematica.

La rivendita di Germignaga è la nostra base storica e quella più fornita, abbiamo materiali e mezzi per l’edilizia pesante, le finiture, un piccolo showroom, la fornitura di aggregati naturali e da riciclo, il deposito dei materiali per le nostre cave, produciamo calcestruzzo e abbiamo la piazzola di messa in riserva per il materiale.

All’interno di questa sede, di 18 mila metri quadrati, lavorano 12 persone tra impiegati, magazzinieri e autisti, tutti formati per guidare il cliente, che sia impresario o privato, nell’acquisto e nelle scelte dei prodotti. Il rapporto umano di qualità per noi è fondamentale.

Come si compone la vostra clientela?

Il 70% è composto da imprese medio-piccole, oltre a quelle medio-grandi che vengono da fuori per lavorare sul territorio, e il 25% da privati.

Quali servizi di consulenza offrite?

Offriamo al meglio i classici servizi: il nostro personale è preparato, ha esperienza e competenza. Inoltre, i nostri dipendenti vengono formati attraverso corsi appositi, con fornitori e partner, per consulenze in prevendita, assistenza durante la vendita e anche per il post.

Fra i tanti segmenti dei quali vi occupate, quale è in crescita e quale in calo?

Il 2024 è stato molto positivo, tutti i nostri settori chiuderanno in crescita, con un incremento dal 7 al 10%.

Il settore che va meglio e sul quale abbiamo maggiori aspettative è quello del riciclo dei rifiuti: nonostante sia nato da poco, si sta evolvendo in maniera interessante. Non abbiamo registrato nessun calo, ma l’edilizia pesante è un po’ ferma.

Come è gestito il servizio di logistica?

Cerchiamo di ottimizzarla per rendere gli spostamenti snelli ed economici, con un occhio di riguardo per l’ambiente. Siamo dotati di un parco macchine attrezzato con oltre 60 mezzi tra camion, bilici e furgoni. Soddisfiamo sia esigenze che tempistiche.

La rivendita dispone di un efficiente servizio di logistica
La rivendita dispone di un efficiente servizio di logistica

Una buona impresa, per funzionare, deve essere ambidestra: siete proprietari di una cava di inerti, di un centro di riciclaggio e arrivate anche al real estate. Come si sono evoluti questi business e come fate a mantenerli con target elevati?

Volontà ed esigenza sono sempre andate a braccetto. Negli anni è stato naturale ampliarci, espanderci, evolverci, specialmente dopo la grande crisi del settore nel 2008.

Ci siamo resi conto che dovevamo diversificarci e specializzarci, creando più sinergie per poter sopravvivere: è importante cercare di creare legami fra i vari settori, fra noi e l’utente finale.

Questo fa una grande differenza. Recepiamo le esigenze del mercato e riusciamo ad assolverle, l’input nel nostro caso arriva da più parti.

Il noleggio è un segmento che si sta facendo spazio nel mercato, quanto incide sul vostro business?

Abbiamo iniziato 12 anni fa, ma non incide tantissimo.

Pnrr: quali previsioni sui lavori?

Abbiamo già emesso dei preventivi e preso degli accordi: c’è richiesta per le infrastrutture, quali opere ferroviarie, edifici pubblici e genio civile come alvei, fiumi, torrenti, sistemazione idrogeologica del territorio.

Aspettiamo di vedere l’evolversi di questi progetti, ma sicuramente il Pnrr è ben diverso dal superbonus 110%, dove siamo stati molto cauti.

La sostenibilità è una tematica importante oggi: quali iniziative avete messo in campo?

In primis abbiamo preso in carico con più consapevolezza la gestione dei rifiuti, dove cerchiamo di lavorare quanto più possibile in ottica di economia circolare, utilizzando sempre più aggregati riciclati e meno naturali.

Stiamo lavorando per certificare gli aggregati da riciclo e quindi il nostro calcestruzzo.

Ad aprile abbiamo deciso di dismettere il combustibile fossile, realizzando in azienda un impianto solare da 200 Kw. Inoltre, i nostri macchinari ben presto non saranno più a gasolio ma elettrici.

In quest’ottica prestiamo particolare attenzione alle tendenze di mercato e ai prodotti che vendiamo. La sostenibilità è un argomento sicuramente molto sentito nelle nuove generazioni.

Lavoriamo per far passare il concetto che dobbiamo tutelare il nostro pianeta e di conseguenza la nostra salute, anche se nel nostro settore il fattore economico molte volte è troppo determinante.

Il riciclo dei rifiuti è un problema per molti imprenditori, come è nata l’idea del vostro centro di recupero?

L’idea del centro di recupero è nata 20 anni fa, attuata solamente nel 2016, quando abbiamo ritirato una società preposta per poter sviluppare i nostri progetti.

Tra scavi e demolizioni, per noi è stato fondamentale possedere delle aree dove conferire il materiale. Alla fine siamo clienti di noi stessi.

Estendere il progetto ai clienti è stato un plus: chi smaltisce, compra anche. Si tratta di un vero e proprio circolo virtuoso.

Tante attività da seguire oggi richiedono un’avanzata tecnologia: com’è organizzata in questo senso la vostra azienda?

Il nostro gestionale è efficiente e all’avanguardia, ma abbiamo sempre avuto attenzione alla presenza e al rapporto umano, vivendo quanto più possibile il territorio.

La formazione è altrettanto importante, quali le azioni volte in tal senso?

Lavoriamo sulla formazione interna ed esterna. La prima riguarda il personale, gestita internamente dal nostro ingegnere Luca Bollini, addetto alla qualità, sicurezza e ambiente.

Per la preparazione tecnica, in partnership con i nostri fornitori, portiamo avanti corsi di formazione presso di noi o presso le loro sedi, inclusi anche i webinar.

Per quanto riguarda la formazione alla clientela, si svolge quasi esclusivamente in partnership con i fornitori: cerchiamo di coinvolgere tutti a 360 gradi.

È fondamentale far investire il giusto tempo al cliente, per instillare una corretta conoscenza dei prodotti e dei processi, sapendolo coinvolgere.

Avete un sogno nel cassetto per il futuro?

Mantenere l’armonia e la coesione nella nostra azienda-famiglia.

Fate parte del Gruppo Made, quando e come vi siete avvicinati e quali sono i benefici?

Siamo entrati in Made come aderenti nel 2007. Una necessità per essere ancor di più al centro della scena, per essere al corrente di quello che accade nel mercato.

È un’esperienza positiva e arricchente, ci ha permesso di conoscere persone, di creare sinergie. Tutte cose che da soli non saremmo riusciti a fare.

Come si chiuderà il 2024 e quali sono le previsioni per il 2025?

Il 2024 si chiude in crescita, con +710%. Per il 2025 non mi aspetto scossoni, ma stabilità.

di Alice Fugazza

Vida: la distribuzione è un business sempre più verde

Michele Labellottini
Michele Labellottini, titolare Vida

Vida ha puntato per tempo su materiali e soluzioni green (anche per il Pnrr). E ha avviato un centro di recupero per rifiuti da cantiere.

Dal 2006 Vida è il punto di riferimento nella provincia di Brescia per chi cerca competenza tecnica nelle costruzioni, senza trascurare l’attenzione alla salvaguardia dell’ambiente.

È noto, infatti, che il settore edile può, e deve, giocare un ruolo da protagonista nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità, indispensabili per garantire risorse naturali e sicurezza ambientale alle future generazioni.

Con i suoi sei punti vendita nel territorio bresciano, grazie alla recente acquisizione del magazzino di San Felice del Benaco, Vida copre capillarmente tutta la provincia, in particolar modo la zona del lago di Garda.

 «Una zona molto attiva», spiega il titolare, Michele Labellottini. «Nonostante ci sia molta concorrenza, c’è sempre un buon bagaglio di lavoro, anche grazie all’hotellerie e le seconde case legate al turismo estero».

Vida

Il claim di Vida è «Ecosoluzioni per edilizia»: quali caratteristiche vi rendono un’azienda sostenibile?

Noi di Vida abbiamo scelto la sostenibilità già in tempi non sospetti. Da sempre ci siamo distinti, in tutta la provincia di Brescia, come una rivendita molto tecnica: siamo partiti con il commercio di prodotti chimici speciali per applicazioni edili, ma ci siamo subito spostati su prodotti naturali e per la bioedilizia.

Un’altra caratteristica che ci rende più sostenibili è l’autoproduzione di energia con impianti fotovoltaici sui nostri capannoni principali, come quello di Vobarno (Brescia), il nostro magazzino più grande, che fa anche da logistica per gli altri punti vendita, dove abbiamo installato un impianto di 70 Kw. Un altro impianto si trova nel magazzino di Iseo.

Vista dall'esterno del magazzino di Vobarno (Brescia)
Vista dall’esterno del magazzino di Vobarno (Brescia)

Poi, ed è una novità importante per la sostenibilità e che richiama il termine ecosoluzioni, abbiamo finalmente avviato un centro di recupero per rifiuti da cantiere, dopo due anni di preparazioni burocratiche.

Come funziona?

Non è solo per i rifiuti da demolizione, ma proprio per tutti i rifiuti da cantiere come plastiche, legno, bituminose, cartongesso, lane, e ci permette di dare ai nostri clienti un servizio a 360 gradi, dalla vendita di un prodotto al suo ultimo smaltimento.

Per rendere possibile questo progetto, non solo abbiamo predisposto un servizio di container e camion con scavabili che consegniamo direttamente in cantiere, ma anche un tecnico competente per eseguire le analisi dei rifiuti e compilare gli appositi formulari. Siamo proprio noi, infine, a portarli successivamente da uno smaltitore.

Perché avete pensato di introdurre prodotti particolarmente attenti alle esigenze ambientali?

Siamo sempre stati una rivendita molto tecnica, specializzata e, devo dire, siamo sempre stati lungimiranti: abbiamo da subito inserito prodotti bio, prodotti tecnici per l’isolamento termico e acustico, ancora molto prima dell’arrivo dei bonus. Sicuramente negli ultimi anni c’è stato un incremento importante nella richiesta di queste soluzioni, legato ai bonus edilizi.

Un’altra nostra intuizione è stata sull’importanza della logistica, quindi di avere tutto il materiale a terra perché, a mio giudizio, più si va avanti e meno le imprese edili saranno organizzate per fare magazzino. Quindi, è veramente importante che un magazzino edile sia un magazzino a tutti gli effetti.

A conferma di ciò, durante il superbonus 110%, avendo fatto molte scorte, siamo riusciti a rifornire di materiali isolanti persino altre rivendite della zona.

Che cosa vi ha spinto a scegliere un’impronta green per la vostra attività?

A mio giudizio, non bisogna mai sedersi e tornare sui propri passi ma bisogna guardare avanti. Perciò, noi siamo sempre alla ricerca di nuovi prodotti e nuove tecnologie, per differenziarci dal mercato e, soprattutto, per dare ai nostri clienti soluzioni che possano far risparmiare tempo e che li differenzino a loro volta.

Sono convinto che un cliente acculturato e formato prenda di conseguenza scelte acculturate e lungimiranti. È la nostra filosofia per crescere come azienda, ma anche per far crescere il nostro cliente con noi.

Quali sono, invece, i prodotti sostenibili attualmente più richiesti? E quali soddisfazioni vi danno a livello di business?

I prodotti isolanti la fanno ancora da padrone, anche se una grandissima fetta di mercato è data da tutti i prodotti per il ripristino, il rinforzo strutturale e il restauro, sia conservativo che di efficientamento energetico e acustico.

In questo senso il Pnrr sicuramente ci darà una mano. E tengo moltissimo a sottolineare che il Pnrr non è un’opportunità adatta a tutti i magazzini, perché occorre una tracciabilità di filiera, una puntuale documentazione da dare al cliente ogni qual volta ritira un prodotto, che deve essere conforme ai Cam o con Epd, o diversamente certificato.

Noi siamo assolutamente pronti e formati su queste procedure, tant’è che abbiamo strutturato un ufficio apposta per tutti i nostri clienti che fanno Pnrr, per poter dar loro tutta l’assistenza necessaria.

Questa è una tipologia di prodotti che dà buone soddisfazioni e un buon ritorno economico.

Dopo quattro anni molto particolari per il mercato e per le rivendite, adesso all’orizzonte si vede un po’ di calo, per cui bisogna cercare nuove fette di mercato ed essere presenti in tutti i segmenti del nostro settore, per continuare a sviluppare il business.

Anche per questo motivo noi facciamo tanta formazione, sia per i nostri clienti che per tutte le persone che lavorano per la nostra azienda.

Vida
Area espositiva all’esterno del punto vendita di Vobarno (Brescia)

Quante ore dedicate alla formazione?

I nostri tecnici fanno almeno una ventina di ore di formazione al mese. In più, facciamo continuamente corsi e incontri con i nostri clienti, un servizio sempre più gradito e che ha permesso anche alle nuove generazioni che si affacciano nel nostro settore di comprendere l’importanza di una corretta formazione, perché possono specializzarsi nelle diverse fette di mercato: dal secco, a essere installatori professionisti, a fare corsi di formazione presso i nostri formatori che li certificano.

Il nostro cliente, insomma, ci vede come un punto di riferimento anche per la formazione.

Come è composta la vostra clientela?

Da imprese edili di tutte le dimensioni, da quelle grandi e strutturate fino al singolo artigiano. Vengono da noi anche parecchi privati, perché abbiamo uno showroom importante, con tintometro, colore e ferramenta.

Altra cosa molto importante, quasi tutti i nostri meeting di formazione sono rivolti esclusivamente ai progettisti.

Abbiamo un database con una sessantina di studi di progettazione della provincia di Brescia che ci chiamano continuamente per fare consulenza e formazione.

Può fare un ritratto del cliente sostenibile?

Certamente. Faccio una premessa: la vendita del prodotto sostenibile parte dalla progettazione.

Quindi, il cliente sostenibile spesso è un progettista attento alla sostenibilità dei materiali, che farà capitolati e progetti inserendo questa tipologia di prodotti. Proprio da qui parte il volano che fa vendere e distribuire i prodotti sostenibili per tutta la filiera.

Poi, c’è il cliente privato. Tanti privati, infatti, ci chiedono quale sia il materiale migliore, ci domandano come noi costruiremmo la nostra casa, quindi si fidano della nostra esperienza.

Aggiungo che il cliente sostenibile è tendenzialmente abbastanza giovane, però il punto di partenza è sempre lo studio di progettazione.

Capita che qualcuno si rivolga a voi proprio perché in cerca di una consulenza più green rispetto a quella offerta dai vostri concorrenti?

Assolutamente sì. Come già accennato, la nostra azienda è molto conosciuta in provincia per essere molto tecnica e specializzata.

Il nostro cliente sa che quando si rivolge a noi per un problema o semplicemente con una domanda esce con una risposta puntuale, che accontenta sia il cliente privato, sia l’impresa che il progettista.

Siamo conosciuti proprio per questa nostra caratteristica e lo dimostra anche il nostro continuo dialogo con i progettisti che ci chiamano per avere il nostro punto di vista. 

Invece, quando la sostenibilità non è richiesta esplicitamente, come riuscite a sensibilizzare il cliente?

Cerchiamo sempre di stimolare i nostri interlocutori con la formazione. I nostri consulenti non sono dei semplici venditori, ma tecnici, geometri che seguono il cliente in tutto e per tutto.

Spieghiamo l’importanza della sostenibilità e del prodotto green, che sicuramente anche grazie ai Cam stanno diventando pane comune.

Ma, ripeto, la formazione è fondamentale, perché persone formate e acculturate fanno scelte intelligenti e ragionate.

I costi di questi prodotti sono ancora percepiti come un ostacolo?

Ormai i concetti di risparmio energetico, dei plus offerti da un prodotto di qualità superiore, sono recepiti dagli attori della filiera.

Poi, purtroppo, non sempre si riesce a tenere un prezzo adeguato perché la concorrenza sul mercato c’è, e nei momenti di calo riaffiora il problema dell’abbassamento dei prezzi. Però, se si viaggia con una struttura di un certo tipo e si dà un servizio impeccabile, si riesce a fare la differenza.

Anche i fornitori oggi hanno fatto passi da gigante sulla sostenibilità perché hanno dovuto trasformarsi e adeguarsi alla richiesta di maggiore rispetto dell’ambiente. È una crescita che stiamo facendo insieme.

Quindi, secondo Lei quanto, a oggi, il mercato è maturo rispetto all’uso di soluzioni sostenibili?

Siamo agli inizi. Però il mercato corre, e corre veloce. Secondo me, la velocità del nostro settore negli ultimi cinque anni ha preso una crescita esponenziale che non si fermerà, perché anche la tecnologia incalza.

Ci sono ancora grandi margini di crescita ma a mio avviso la strada è tracciata. Il futuro è questo.

I produttori vi supportano sufficientemente?

Premetto che anche sul fronte della produzione, negli ultimi anni c’è stata una selezione, come per le rivendite: ci sono quelle tecniche, che fanno formazione e sono sul pezzo e la stessa identica cosa vale anche per i fornitori.

Quelli che hanno capito questo cambiamento ci aiutano, ci danno gli strumenti, fanno formazione insieme a noi.

Personalmente, io non scelgo il prodotto, ma il fornitore: deve andare alla nostra stessa velocità e avere il nostro stesso obiettivo, per creare sinergie vincenti e continuare a creare la strada della sostenibilità.

Quali sono gli strumenti e le azioni vincenti?

Un esempio concreto di supporto che riceviamo dai nostri fornitori sono i quaderni tecnici sul restauro, il rinforzo strutturale, sui prodotti naturali; per quanto riguarda i Cam, ricevere già tutto un sistema di schede tecniche e certificazioni che rispecchino le richieste.

Altro esempio, sugli isolanti, offrire un’ampia proposta di materiali di varie tipologie, sempre accompagnate dai Cam, schede tecniche e certificazioni sempre chiare e disponibili, in modo da poter aiutare il nostro cliente.

Ma non solo: per esempio, con Heidelberg Materials, grazie alle loro iniziative per i rivenditori partner abbiamo visitato il loro stabilimento di Rezzato e conosciuto da vicino tutte le azioni per rendere la loro produzione più sostenibile.

Quale sarà, secondo lei, il trend dei prodotti sostenibili per l’edilizia nel prossimo futuro?

La strada è già tracciata. Sicuramente cresceranno e saranno sempre più presenti nella rivendita edile.

Per le ditte più grandi tra un paio di anni sarà obbligatorio redigere il bilancio di sostenibilità. Noi ci stiamo già muovendo, anche se non è ancora obbligatorio nel nostro settore però riteniamo sia molto importante perché oltre ai prodotti, anche le aziende devono diventare sostenibili.

Sono convinto che la mia azienda sia un punto di riferimento della provincia di Brescia ma anche al di fuori, perché noi seguiamo i nostri clienti ovunque, per quanto riguarda prodotti tecnici, sostenibili e sostenibilità in generale.

Vida, identikit di un multipoint ecosostenibile

Vida è un multipoint con sei punti vendita, tutti nella provincia di Brescia.

Il magazzino di Vobarno è quello più grande, serve da centro logistico anche per gli altri cinque punti vendita, e ospita anche il centro di sagomatura ferro per cementi armati.

La sede legale, con magazzino edile e sala mostra, è a Provaglio d’Iseo.

Questi due magazzini sono stati muniti di impianto fotovoltaico per l’autoproduzione di energia elettrica. Gli altri punti sono a Idro, Gavardo, Toscolano Maderno.

I punti vendita di Vobarno, Toscolano, Provaglio e San Felice ospitano anche il centro colore. L’ultima acquisizione è stata il magazzino di San Felice del Benaco.

di Valentina Anghinoni

Taglio incentivi riscaldamento 2025: Assotermica è vigile

Taglio incentivi riscaldamento

Assotermica, associazione che riunisce l’industria del riscaldamento, guarda con preoccupazione al taglio incentivi riscaldamento, blindato dal governo nella legge di Bilancio. In un Paese che ancora dipende dal gas.

Il settore dell’industria del riscaldamento soffre, ma le imprese sono resilienti. E pronte a rimboccarsi le maniche per far sentire la voce del comparto della climatizzazione. Dopo il boom del superbonus, che ha visto una crescita del settore, per l’industria del riscaldamento il 2024 è stato l’anno di una brusca frenata e per il 2025 le nubi si addensano.

Il presidente Giuseppe Lorubio ha parlato chiaramente aprendo la conferenza stampa di Assotermica: «Se è vero che le caldaie rappresentano il cuore del nostro comparto, la maggior parte dei gruppi merceologici che rappresentiamo è focalizzato sulle tecnologie rinnovabili. Noi crediamo fermamente nell’efficienza energetica e nello sviluppo delle rinnovabili e abbiamo un ventaglio di soluzioni tecnologiche allineato a questo scenario evolutivo».

I relatori della conferenza
I relatori della conferenza.

Chi va controcorrente

Secondo Marcello Chiaricò, responsabile dell’Ufficio Statistica di Anima Confindustria, emerge un quadro variegato, con le tecnologie basate sull’uso di energia rinnovabile particolarmente in affanno: rispetto allo stesso periodo del 2023, gli apparecchi ibridi factory made segnano una flessione del 64,7%, i pannelli solari termici del 36,3% e le pompe di calore per la sola produzione di acqua calda sanitaria del 22,7%, ha spiegato ai presenti. 

Mercato nazionale (gennaio-novembre 2024)

Taglio incentivi riscaldamento

Taglio incentivi riscaldamento

«Tengono, invece, le vendite di caldaie murali, mentre si registra solo una flessione per le caldaie a basamento e le caldaie ad aria soffiata. Numeri positivi, infine, per bruciatori (+2,1%), e per gli scaldaacqua a gas (+13% in volume e +14% a valore). In alcuni casi le performance negative di alcune tecnologie risentono dell’andamento altalenante degli incentivi», ha puntualizzato Chiaricò.

Taglio incentivi riscaldamento

Poca visione

La delusione per il taglio degli incentivi è stata papabile. «Abbiamo preso male il taglio degli incentivi alle caldaie a condensazione», ha lamentato Valentina D’Acunti, capo comparto e capogruppo Caldaie a gas residenziali di Assotermica, commentando le recenti notizie sulla legge di Bilancio 2025. 

«Si tratta di una decisione che va contro l’industria italiana, e che dimostra poca visione e ancora meno strategia. L’Italia è ancora basata sul gas, non si può prescindere dalle specificità e dalle esigenze del Paese.

L’eliminazione degli incentivi alle caldaie a condensazione avrà un effetto boomerang sugli obiettivi di efficientamento energetico, sull’industria e sul sistema-Paese. Negli ultimi due mesi abbiamo avuto un boom, che è quello che precederà l’ormai sicuro calo del 2025.

L’Italia è il mercato più grande d’Europa, continueremo a sostituire e installare, ma senza l’incentivo anche una caldaia vecchia potrebbe non essere sostituita, ma riparata a oltranza: sarà difficile raggiungere gli obiettivi green tanto sperati.

I dati Enea suggeriscono che la sostituzione con caldaie a condensazione è la scelta migliore: dovremmo tornare a fare politica industriale in Italia, con un approccio vincente e non questo, penalizzante.

Chiederemo alla politica una visione più strategica, soffermandoci sulla questione del gas rinnovabile», ha concluso la manager.

 

I comparti

In ogni caso Assotermica non è soltanto sinonimo di caldaie, come ha sottolineato il presidente Giuseppe Lorubio. L’approccio è multi tecnologico quindi, e le tecnologie a disposizione non mancano.

Per Mauro Farronato, vicepresidente dell’associazione, «gli apparecchi ibridi factory made non sono una soluzione di transizione, ma di lungo termine. Questa tecnologia, fiore all’occhiello dell’industria italiana, è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, e lo dimostra il fatto che è stata fra le prime a essere incentivata con il conto termico».

E per Paola Rossoni, del Gruppo Climgas, anche se spesso si parla di pompe di calore, non sempre ci si ricorda dell’esistenza di quelle ad attivazione termica. 

«La pompa di calore a gas è una tecnologia ideale in un paese come l’Italia dove la rete del gas è capillare e la filiera è forte e competente: è molto probabile che il gas sarà ancora strategico per anni. Inoltre, da quest’anno sono disponibili sistemi che abbinano gas ed elettricità totalmente in pompa di calore».

A proposito di scaldaacqua a pompa di calore, sebbene il mercato italiano sia in affanno, quello europeo è in crescita mostrando una forte resilienza della tecnologia e del comparto produttivo.

Secondo Mauro Romaldini, capocomparto e capogruppo Scaldacqua a pompa di calore all’interno di Assotermica, «questo prodotto finalmente non è più una nicchia di mercato, e i produttori italiani ed europei hanno sempre di più un ruolo decisivo nel guidare la transizione nel settore dell’acqua calda sanitaria, anche considerando il ruolo crescente che questa avrà sui consumi di edifici sempre più efficiente».

Solare termico

Un’altra tecnologia prettamente europea è il solare termico«Purtroppo il solare termico è spesso messo in competizione con il fotovoltaico, con il risultato che nel tempo si sono perse tante aziende specializzate in questo settore», è l’opinione di Giovanni Fontana, capocomparto e capogruppo Solare termico. 

«Una tecnologia green e riciclabile, ma spesso viene penalizzata dalla mancanza di spazio a disposizione sui tetti, cannibalizzata dal fotovoltaico. Nell’Epbd si parla genericamente di tecnologia solare e ci auguriamo che l’Italia riconosca finalmente il contributo che il solare termico può dare alla decarbonizzazione e alla transizione energetica in atto».

Assotermica si impegna a contribuire concretamente alla transizione energetica tramite un approccio basato su una molteplicità di tecnologie, nella convinzione che non esista un’unica strada possibile e che la varietà e complessità del settore sia una forza da sfruttare, non una debolezza da combattere.

di Alice Fugazza

Una forte identità aziendale coinvolge di più i dipendenti

Identità aziendale

Una precisa identità aziendale serve non solo a definire meglio gli obiettivi di business, ma anche a migliorare la produttività di chi lavora. Gli strumenti? Trasparenza, coinvolgimento e buon esempio dai piani alti.

Che sia il Milan, la Juventus oppure l’Atalanta: la passione per la squadra di calcio preferita è qualcosa che accompagna un tifoso per tutta la vita. E con cui si identifica. Eppure, da un punto di vista strettamente economico, è un costo: biglietti per lo stadio, magliette, abbonamenti televisivi, per non parlare delle trasferte per i più sfegatati.

Ma non importa: l’appartenenza a un’entità precisa è un bisogno fondamentale dell’essere umano. E a volte, quando portata all’eccesso, ha anche un lato negativo, se comporta atteggiamenti di esclusione e discriminazione verso chi non fa parte dello stesso gruppo etnico, religioso o semplicemente sportivo. Ma questo è un altro discorso.

Va notato, invece, che l’orgoglio per l’appartenenza a una fazione, partito, schieramento, tifoseria, associazione, fanclub e via raggruppando, molto spesso non riguarda l’attività che impegna gli individui per buona parte del loro tempo: il luogo di lavoro.

Un dipendente, insomma, raramente si identifica con l’azienda che a fine mese gli fornisce, in cambio dell’attività svolta, i mezzi necessari per vivere. Sembra un paradosso, ma è così: c’è passione per aderire a un gruppo che è anche un costo mentre, invece, suscita disinteresse, se non proprio avversione, chi fornisce quattrini.

È un problema che si riflette sulla produttività dell’azienda: dipendenti poco motivati o peggio comportano meno efficienza.

Per questo uno degli obiettivi di un’azienda dovrebbe essere non solo vendere più prodotti ai clienti, ma «vendere», questa volta scritto tra virgolette, sé stessa ai propri dipendenti. Si può fare.

I risultati sono misurabili: l’annuale ricerca di Great Place To Work, la classifica delle aziende in cui si lavora meglio, indica chiaramente che i luoghi di lavoro con punteggi di appartenenza elevati forniscono risultati aziendali migliori.

Il 64% dei dipendenti delle aziende con identità precisa e più friendly ha maggiori probabilità di sentirsi coinvolto in elevati livelli di innovazione e lavora di più e meglio.

Investire, ma bene

Che definire un’identità aziendale e coinvolgere i dipendenti sia importante lo conferma anche una ricerca della Harvard Business Review condotta da un team di esperti, medici e studiosi del comportamento composto da Evan W. Carr, Andrew Reece, Gabriella Rosen Kellerman e Alexi Robichaux.

Secondo la loro analisi, il senso di appartenenza a un’identità aziendale nella maggior parte delle realtà è compromesso spesso da una cattiva gestione manageriale o da condizioni che non consentono il coinvolgimento dei dipendenti.

Per esempio, il 40% delle persone si sente isolato sul luogo di lavoro, con il risultato di un impegno inferiore al dovuto. E dire che molte aziende investono ingenti risorse per corsi di formazione con l’obiettivo di fare gruppo.

I team building per la diversità e l’inclusione, però, non sempre centrano il bersaglio, perché trascurano il bisogno di far sentire inclusi quei soggetti che non fanno parte delle categorie svantaggiate.

Insomma, il dipendente che non si identifica con la mission aziendale non cambia opinione se, poniamo, l’impresa decide una politica di agevolazione verso le dipendenti in maternità. Sono due faccende diverse.

Il senso di esclusione, quindi, sempre secondo gli esperti della Harvard Business Review, è il primo problema che frena la formazione di un senso di identità aziendale. Sentirsi estranei a un progetto è un sentimento con un peso notevole e deriva da cause che sono difficili da sradicare anche dai luoghi di lavoro più sani.

Socialità condivisa

Per natura gli esseri umani, così come gli altri componenti della famiglia dei primati (per esempio, scimpanzè e bonobo) con cui la nostra specie è strettamente imparentata, sono animali fondamentalmente sociali. Una mancanza di compartecipazione crea disagio.

Il quotidiano britannico The Guardian ha invitato i lettori a condividere le proprie esperienze sul senso di esclusione al lavoro: hanno risposto subito in più di 800. E le lamentele non riguardavano il livello retributivo, ma la mancanza di stimolo e di coinvolgimento nella propria attività.

Un’altra indagine per misurare il peso del senso di appartenenza all’azienda è stata condotta da BetterUp, società che propone strategie di coaching. Il sondaggio ha coinvolto 1.789 dipendenti statunitensi a tempo pieno in molti settori.

Inoltre, sono stati condotti una serie di esperimenti con oltre 2 mila partecipanti per osservare e misurare i costi dell’esclusione. Risultato: se i lavoratori si sentono a casa le aziende ne traggono notevoli benefici in termini di profitti.

Un elevato senso di appartenenza è stato collegato a un aumento del 56% delle prestazioni lavorative, a un calo del 50% del rischio di turnover e a una riduzione del 75% dei giorni di malattia. Per una grande azienda da 10 mila addetti, la società di analisi ha calcolato che ciò si tradurrebbe in un risparmio annuale di oltre 52 milioni di dollari.

I dipendenti con un maggiore senso di appartenenza al posto di lavoro hanno anche mostrato un aumento del 167% nella disponibilità a raccomandare la loro azienda ad altri. Inoltre, hanno anche ricevuto il doppio degli aumenti e 18 volte più qualche promozione.

I pericoli

Oltre a quantificare i vantaggi che un’azienda trae dal coinvolgimento attivo dei dipendenti, vanno valutati anche gli aspetti negativi del mancato coinvolgimento nella identità aziendale.

Lo scenario peggiore del senso di esclusione, per esempio, può comprendere azioni di sabotaggio. Che non significa per forza atti violenti nei confronti di strutture o attrezzature, ma anche semplicemente un atteggiamento di resistenza passiva, non partecipare attivamente quanto sarebbe invece possibile ai compiti che il dipendente è chiamato a svolgere.

L’esclusione non motiva, ma scoraggia e frena. E per questo la mancata adesione all’identità aziendale genera ingenti perdite finanziarie all’azienda.

Motivi che devono indurre le aziende a fare di tutto per rendere i dipendenti coinvolti nella realtà aziendale e nella sua identità. Beninteso: occorre che prima l’impresa se ne costruisca una precisa e solida.

Marchio, obiettivi, principi etici, storia, leadership e regole di comportamento: sono la base su cui il dipendente deve potersi confrontare.

Le strategie sono diverse e vanno adattate al contesto aziendale, alla dimensione dell’impresa e alle attitudini del management.

Per questo, spesso per ottenere dei risultati le aziende si rivolgono a esperti esterni, che hanno il compito di proporre e a volte anche gestire una strategia per formare e condividere una corretta identità aziendale.

In linea di massima, gli aspetti su cui focalizzarsi comprendono l’analisi dei meccanismi di psicologia sociale, che permettono di innescare un forte senso di appartenenza a un’identità di gruppo, ma anche l’impostazione di una strategia di comunicazione aziendale studiata per innescare un forte senso di appartenenza all’azienda, e l’introduzione alle buone pratiche di comunicazione manageriale.

Ancora: sono necessarie l’analisi preliminare del senso di appartenenza all’azienda, così come è fondamentale tenere conto dei bisogni di socialità e delle dinamiche di gruppo, quelle di accettazione o conflitto nei confronti dei leader, vanno compresi gli errori da evitare e conoscere in anticipo i meccanismi psicologici per la generazione dell’impegno e la dedizione al lavoro. Ricordandosi, in ogni caso, che è difficile ricevere più di quanto si dà.

Le cinque regole da rispettare

Quali sono le regole per definire e gestire una chiara identità aziendale?

1 Stabilire vision, mission e valori

È fondamentale definire un’identità aziendale chiara e riconoscibile.

Vision: è la destinazione ideale verso cui l’azienda vuole tendere, per esempio, essere leader in un determinato segmento di mercato, in un’area, in una particolare classe di prodotti. Il traguardo deve essere facilmente riconoscibile, ambizioso, ma non impossibile da raggiungere. Manager e dipendenti devono aver chiaro e visibile lo striscione del traguardo.

Mission: comprende non solo l’obiettivo, ma anche le modalità strategica per raggiungerlo, il metodo di lavoro.

Valori: vanno precisati i principi etici e morali che guidano il comportamento di tutti i membri dell’azienda. Attenzione, questo aspetto è molto importante e deve coinvolgere con coerenza manager e proprietà. Anzi, sono loro che devono dare il buon esempio attenendosi strettamente ai principi guida.

Solo con una piena adesione a tutti i livelli della filosofia aziendale, senza favoritismi né discriminazioni, si ottiene una identità aziendale forte e coinvolgente.

2 Comunicare meglio

Spesso manager o imprenditori hanno altro a cui pensare invece di perdere tempo a parlare con i dipendenti. Sbagliato. Dialogare con i propri collaboratori non è uno spreco di preziosi minuti, ma fa parte del business. E, probabilmente, il tempo dedicato ai dipendenti si riduce se l’azienda attua una politica di comunicazione proficua e trasparente.

Non c’è nulla di peggio che apprendere casualmente da un/una collega una novità aziendale durante la classica pausa caffè: è il modo migliore per far sentire inutile, escluso o discriminato un dipendente o un collaboratore.

Comunicare cambiamenti, novità e iniziative a tutti significa far sentire tutti i dipendenti partecipi di quanto fa l’azienda. E questo vale anche per le notizie negative, che sussurrate e magari ingigantite nel corridoio possono provocare un effetto nefasto. Meglio affrontare la dura realtà e gestirla, piuttosto che cercare di nasconderla.

3 Feedback

Non solo è importante comunicare, ma anche ascoltare. Richieste, suggerimenti, commenti dei dipendenti non sempre sono costruttivi, ma sono comunque necessari. L’azienda può organizzare un feedback anche attraverso strumenti elettronici come bacheche virtuali, chat, gruppi mail. L’importante è che non ci siano limiti, ovviamente con un po’ di buonsenso, nella possibilità di espressione.

4 Formazione

L’identità di un’azienda è determinata anche dalle possibilità di crescita offerte a chi lavora. Non è solo una questione retributiva, ma di percorsi di crescita professionale. Chi può essere soddisfatto del proprio lavoro se sa che non cambierà mai in meglio?

La possibilità di crescere fa aumentare anche la partecipazione emotiva alla mission aziendale. L’azienda deve accompagnare il cammino organizzando corsi di specializzazione, workshop, e-learning, oppure mentorship e coaching.

5 Ambiente

C’è la salute del pianeta, certo. Ma il primo ambiente da salvaguardare è quello in cui si passano otto (o più) ore al giorno.

Un’azienda con uffici o magazzino ordinati, puliti ed efficienti stimola chi ci lavora. Una piccola zona relax è ideale per una pausa, a patto che non incentivi chi la frequenta a spiaggiarsi lì per troppo tempo.

Macchine moderne su cui lavorare, strumenti adatti, software aggiornati: l’efficienza contribuisce a formare l’immagine aziendale e a spingere chi lavora a essere a sua volta efficiente.

di Giuseppe Rossi

XXV Convegno Angaisa: per gli impianti soffia il vento del cambiamento

Direttiva EPBD

Il convegno nazionale 2024 di Angaisa ha messo in luce le difficoltà del settore idrotermosanitario nel dopo superbonus, ma anche le sfide da affrontare per le imprese. Accanto a promettenti novità.

Oltre 250 aziende, un migliaio di punti vendita, il sostegno di 150 industrie e un fatturato di oltre 7 miliardi di euro. Sono i dati che Angaisa ha presentato in apertura del 25esimo convegno nazionale: un bilancio di numeri e di fatti raccontati dal presidente Maurizio Lo Re, giunto all’ultimo anno del suo mandato.

L’occasione è servita anche a delineare il futuro dell’associazione, ma soprattutto quello della filiera.

È stato dipinto un quadro incerto, in cui non c’è più la locomotiva del 110%: eppure, c’è ancora un parco immobiliare da trasformare. Per questo, come è emerso durante l’evento, è necessario considerare la direttiva Epbd europea, più nota come Case Green, ma anche chiedere una mano alla tecnologia, tra intelligenza artificiale e digitalizzazione, oltre che puntare su formazione e investimento sul personale.

Convegno ANGAISA 2024 Platea
Convegno ANGAISA 2024 Platea

Maurizio Lo Re

Maurizio Lo Re ha aperto i lavori ed è stato chiaro con i professionisti del settore idrotermosanitario presenti all’interno della sala congressi di Rho Fiera, a Milano. 

«Il 2024 è stato l’anno della pazienza, delle promesse, alcune troppo ambiziose, per l’efficientamento energetico.

La distribuzione è pronta a soddisfare le esigenze, certo, ma alcune aziende devono aspettare anche perché stiamo per entrare in un periodo di instabilità che potrebbe protrarsi per tutto il 2025. Siamo noi che abbiamo il dovere di costruire un settore più solido.

Angaisa rappresenta la distribuzione specializzata dell’idrotermosanitario, sorretta da dieci gruppi soci, con un peso finanziario di 18 miliardi e l’obiettivo di diffondere la cultura impresa», ha esordito Lo Re. 

«Durante gli anni del mio mandato, 2022-2025, abbiamo identificato quattro importanti cardini di priorità: la digitalizzazione, la formazione, il ricambio generazionale e la sinergia fra gli attori della filiera, sviluppando diversi progetti a sostegno di ognuno di questi settori e creando opportunità. Il percorso è tracciato non resta che perseverare».

Secondo il presidente di Angaisa, il mercato sta attraversando un momento di calma piatta ed è necessario capire la direzione da prendere. 

«Nel 2023 abbiamo visto crescere i nostri bilanci complessivamente dello 0,20% rispetto all’anno precedente. Adesso è il momento di riflettere su che cosa possiamo fare per crescere.

Secondo le analisi, nel nostro settore, le regioni che trainano l’Italia sono quelle del Sud, come Calabria e Campania, anche se si sta registrando un calo generale anche nella produzione.

In crescita il mercato della Vmc, mentre caldaie, pannelli solari, pompe di calore e refrigerazione sono in leggero calo. E si è registrata una pesante diminuzione (- 63%) dei sistemi ibridi.

Insomma, l’andamento del mercato è chiaro, ed è altrettanto cristallino che dobbiamo metterci del nostro. Noi distributori siamo pronti a supportare e sopportare con preparazione e specializzazione.

Ovviamente abbiamo bisogno anche della produzione. Vogliamo consolidare con i fornitori un rapporto sempre più costruttivo, caratterizzato dal rispetto reciproco dei nostri ruoli all’interno della filiera».

Maurizio Lo Re
Maurizio Lo Re

Mariano Bella

Le analisi economiche del nostro Paese, del commercio, dei consumi, del disagio sociale, della direttiva Case Green: sono state tante e autorevoli le voci che hanno parlato al convegno. A partire da quella di Mariano Bella, direttore dell’Ufficio Studi Confcommercio, che ha fotografato il momento.

«Il Governo amministra il presente, il Parlamento progetta il futuro e deve avere una visione. Imprese, lavoratori e istituzioni, secondo i numeri, si sono comportate bene, con +34% nella crescita, ma da settembre 2022 al 2024 ci siamo fermati.

La crescita del debito, inoltre, continua. Dobbiamo rimanere moderatamente positivi, ma non sicuri. Questo ci conduce a pensare che dobbiamo iniziare a progettare nuove strategie per il futuro e sperare che venga tolto il freno a mano sul tasso d’interesse».

Mariano Bella
Mariano Bella

Carlo Cottarelli

Un altro intervento di rilievo è stato quello di Carlo Cottarelli, economista e saggista. Cottarelli è stato direttore del dipartimento Affari Fiscali del Fondo Monetario Internazionale fra il 2008 e il 2013 ed è attualmente professore di Macroeconomia e Politica Fiscale all’Università Cattolica di Milano.

Secondo Cottarelli, keynote speaker del Convegno nazionale Angaisa, abbiamo visto periodi peggiori. «La crescita di quest’anno si aggira attorno allo 0,8%, un tasso non altissimo, ma nemmeno basso. Con questo Governo si cresce? Nel 2022 è successo rapidamente, come la Francia, meglio della Germania.

Nel terzo trimestre di quest’anno, però, abbiamo subito una battuta d’arresto, zero crescita. È da vedere se è un caso isolato, se si è esaurito l’effetto di spinta della Banca centrale europea che ha abbassato i tassi, se stanno arrivando i soldi del Pnrr.

Per i lavori del Piano nazionale di ripresa e resilienza, per esempio, siamo indietro ed è difficile recuperare.

Per quanto riguarda le riforme, invece, abbiamo rispettato tutte le scadenze con dei miglioramenti in alcuni settori, fra questi la giustizia civile».

Per le aziende, invece, c’è molto lavoro da fare. «Gestire il personale, che deve essere qualificato, misurare i risultati, premiare chi se lo merita. La formazione di base non basta più, è necessario passare alla specializzazione».

Sulla legge di Bilancio Cottarelli ha una visione tra luci e ombre: «Il rapporto tra spesa pubblica e Pil rimane uguale, al 50,4%.

Sul lato delle entrate, invece, c’è un miglioramento. Positiva la stabilizzazione sul cuneo fiscale. Nel quadro europeo siamo stati promossi, la nostra posizione è migliorativa».

Carlo Cottarelli
Carlo Cottarelli

Vittorio Chiesa

Vittorio Chiesa, professore di Gestione Strategica di imprese e direttore Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, ha parlato dell’efficienza energetica in Italia.

Quali le prospettive? E quali le barriere? «Lo scenario è complesso, il piano Energia e Clima del nostro Governo riporta obiettivi che si concentrano sulla decarbonizzazione, riduzione delle emissioni, risparmio, esigendo risultati importanti.

Forse anche per questo ci aspettiamo un contributo maggiore. Lo sforzo più oneroso è nel residenziale, seguito dal mondo industriale. Il comparto dell’Its ha un grande potenziale di sviluppo, ma ci sono degli ostacoli.

Il primo è la filiera, che si compone diversamente in base al mercato di destinazione finale. Spesso il soggetto che installa, quindi colui che va nelle case, a stretto contatto con il cliente finale, non è sufficientemente specializzato e tende a riproporre lo stesso tipo di progetto base.

Anche i progettisti possono essere una barriera, poiché sposano soluzioni tradizionali, poco coniugate con la novità. Un altro ostacolo è il sistema di incentivazione: pochi incentivi e troppo complessi burocraticamente parlando».

Quali le prospettive, quindi? «Il grande sforzo è ascrivibile al settore residenziale, dove abbiamo un parco di immobili vetusto, collocato in basse classi energetiche, che sposerà sicuramente un processo di elettrificazione per abbracciare il miglioramento energetico e un’evoluzione tecnologica di livello», ha aggiunto Chiesa. 

«Con gli obiettivi stringenti di Energia e Clima, l’impatto per migliorare in tempi brevi intervenendo almeno sugli edifici in classe F e G è di 170/190 milioni di euro, un intervento che ha un peso non indifferente.

Insomma, alla filiera è richiesto un importante sforzo di formazione e specializzazione, è necessario che si evolva il più possibile e il prima possibile».

Vittorio Chiesa
Vittorio Chiesa

Marco Nocivelli

Che cosa pensa Confindustria del taglio bonus edilizia e delle potenzialità di Case Green? Ha risposto Marco Nocivelli, vicepresidente Confidustria con delega alle Politiche Industriali e al Made In Italy, per la difesa della neutralità tecnologica.

«Dobbiamo pensare a dove investire meglio e dove collocare in maniera adeguata le risorse. Siamo ovviamente tutti a favore della decarbonizzazione, ma è necessario tenere conto di differenze e specificità, senza rimanere inerti.

Confindustria spinge per i progetti di riqualificazione, per il rinnovo del parco edilizio, per la difesa della neutralità, per la formazione, per leggi chiare e pragmatiche in merito alla direttiva delle Case Green, per la semplificazione delle direttive per permettere agli imprenditori di lavorare con serenità.

La produttività italiana deve muoversi mettendo mano alla digitalizzazione, noi abbiamo messo a disposizione il Digital Innovation Hub, dove le piccole e le medie imprese possono chiedere assistenza, ma anche diversi corsi di formazione e specializzazione, per non fermare la crescita».

Marco Nocivelli
Marco Nocivelli

Cristina Scocchia

Il coraggio di provarci è il motto di Cristina Scocchia, una delle poche donne ad aver ricoperto la carica di amministratore delegato per tre volte, in tre aziende diverse in Italia: L’Oréal, Kiko e, ora, IllyCaffè.

La manager ha spiegato come la leadership non è potere, bensì responsabilità. Ha raccontato la sua strada in salita, partendo da un piccolo paese della Liguria fino a fare il giro del mondo, e soprattutto, quanto di fondamentale ha appreso per essere un vero capo: «Chi ha un ruolo di guida, a qualsiasi livello, non può ignorare queste dinamiche ed è tempo di sostituire le ottiche di potere con un mindset basato sui valori e sulle persone.

Occorre dare a tutti, senza distinzione, senza esclusioni e divari, l’opportunità di dimostrare il proprio talento, perché il punto di partenza non deve più determinare chi puoi diventare. E questo sarà possibile solo quando capiremo che la leadership non è potere, è responsabilità».

Cristina Scocchia
Cristina Scocchia

Alberto Bubbio

Alberto Bubbio, senior professor di Economia aziendale Liuc Università Cattaneo, ha spiegato il teorema di come resistere, come impresa, in un mondo di cambiamenti così repentini. 

«Bisogna crescere in termini di sviluppo e professionalità. Abbiamo la generazione Alpha, che punterà sul virtuale, quindi è necessario evolversi. Anche perché il cliente è cambiato, non è più quello degli anni Ottanta, vuole l’emozione, gli allestimenti virtuali.

Il personale è fondamentale, è inutile sottolinearlo, anche perché la crescita infinita è finita. Fare riunioni con il team, essere attenti al benessere, istruire, formare, ed essere ambidestri (ovvero efficienti e innovativi), sono le qualità che possono fare la differenza. Vale la pena provarci».

Alberto Bubbio
Alberto Bubbio

Massimiliano Pierini

Massimiliano Pierini, managing director di Rx Italy, ha anticipato i temi di Mce 2026 e l’evoluzione del settore Hvac+R e spiegato la nuova iniziativa dedicata alle pompe di calore, Heat Pump Technologies, nuovo evento fieristico indipendente.

«L’edizione 2026 di Mce si presenta come un punto di riferimento per il settore, con un focus rinnovato sull’innovazione, la sostenibilità e l’efficienza energetica e sulle soluzioni industriali, sempre più richieste in questa cornice.

Ma abbiamo pensato anche di ampliarci con un altro evento, indipendente, in programma il prossimo aprile: Heat Pump Technologies, iniziativa dedicata alle pompe di calore (indubbiamente nuovi driver del mercato), che si propone come un evento di riferimento per gli operatori del settore.

In un mondo che corre veloce, questi devono essere momenti che facilitano il networking e la creazione di nuove opportunità di business, che promuovono l’innovazione tecnologica e le soluzioni più avanzate del settore, che sostengono la crescita del mercato e che favoriscono formazione e aggiornamento professionale.

Una due giorni che si svolgerà all’inizio di aprile, a Milano, in un ambiente contenuto, ma dalle soluzioni importanti».

Direttiva EPBD
Massimiliano Pierini

Giuliano Noci

Un altro tema affrontato è quello dell’innovazione tecnologica: l’incognita è l’intelligenza artificiale: come impatterà sulle imprese? Lo ha spiegato Giuliano Noci, professore di Economia e Marketing al Politecnico di Milano.

Secondo il docente, il ruolo del distributore tradizionale dovrebbe cambiare: da semplice venditore di prodotti, è chiamato a diventare un vero e proprio orchestratore dell’ecosistema, mettendo al centro le esigenze del cliente, utilizzando tutti gli strumenti tecnologici a disposizione, in primis l’intelligenza artificiale.

L’Ai, secondo gli studi di Noci, consente di «personalizzare l’offerta, anticipando i bisogni del cliente, creando un’esperienza per lui soddisfacente. Incamera, intreccia e fornisce dati, quindi ottimizza i processi, dall’inizio, la previsione della domanda, fino alla fine, alla logistica, e quindi, redditività comprese».

Ma non solo: è così che si possono aprire nuovi modelli di business«Nuove opportunità basate su servizi nuovi, diversi, forse anche migliorati, e più personalizzati. Si deve essere sì più competitivi, ma anche più competenti, per gestire e sfruttare al meglio i nuovi strumenti.

In sintesi, il mondo sta cambiando, anche quello dell’Its: le imprese che sapranno cogliere questo tipo di opportunità, adattarsi a questi modelli di business, riusciranno a uscire vincenti. Ma questo significa investire, collaborare e formarsi».

Direttiva EPBD
Giuliano Noci

Massimo Minguzzi

Massimo Minguzzi (Idrolab) ha parlato di dati e digitalizzazione. E ha sollevato nuovamente una serie di questioni cruciali per il settore della distribuzione, in particolare riguardo all’importanza della digitalizzazione e all’utilizzo dei dati, argomenti che potrebbero essere ancora un po’ acerbi nel mondo delle rivendite.

Per questo ha dato qualche consiglio ai presenti: «I dati sono vitali, senza non c’è conoscenza, né del cliente, né dei prodotti.

La digitalizzazione avanzata come la stiamo affrontando permette infatti di farlo, di conoscere tutti i dati: un processo che è una solida realtà, non più uno slogan. È una necessità concreta per rimanere competitivi in un mercato sempre più dinamico e globalizzato.

È fondamentale testare nuove soluzioni e tecnologie, come l’acquisto senza attriti, per adattarsi ai cambiamenti e alle esigenze dei consumatori, per questo bisogna sperimentare e anche iniziare a usare l’intelligenza artificiale».

Secondo Minguzzi, in uno scenario così mutevole, è necessario trovare il proprio posto. «Le acquisizioni e le fusioni stanno creando attori sempre più grandi e potenti sul mercato.

I distributori più piccoli devono trovare strategie efficaci per competere, e dunque è necessario un continuo aggiornamento e un’apertura al cambiamento per rimanere al passo».

Quindi, secondo Minguzzi, i distributori devono darsi da fare. «Dovete sviluppare infrastrutture tecnologiche adeguate, implementare software e formare il personale.

Utilizzare dati in modo strategico, analizzandoli per identificare opportunità e personalizzare l’offerta.

Adottare standard internazionali, come Etim, per garantire l’interoperabilità dei dati e facilitare lo scambio di informazioni con altri attori della filiera, non avere paura di nuove soluzioni e di collaborare.

Tutto questo richiede un impegno costante e un’ampia visione strategica. Dovete correre».

Direttiva EPBD
Massimo Minguzzi

Lorenzo Bellicini

Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme, ha analizzato gli scenari degli ultimi anni, l’andamento dei singoli settori e tutte le oscillazioni del mercato, chiudendo il convegno con un discreto ottimismo. 

«Abbiamo passato la crisi del 2007-2008, ci siamo ripresi. Nel 2020 l’abitare è stato messo sotto ai riflettori, l’edilizia ha avuto anni di boom, tra superbonus e risorse. Il vero cambiamento è iniziato lo scorso anno, lo raccontano i bilanci delle aziende, e ci troviamo di nuovo con un mercato che sta cambiando sul serio.

Un mercato che sarà trainato dalle opere pubbliche sino al 2028, dove ci sarà tanta impiantistica e tanta edilizia. I soldi ci sono, sono tanti, dobbiamo valutare le capacità.

Il 74% delle opere pubbliche e dei bandi di gara ha a che fare con gli impianti, torneranno loro a essere i protagonisti. Questa è un’altra onda del cambiamento industriale.

Il mondo dell’elettricità reclama il mercato, ma si gioca una partita più complessa, dove ci sono molti altri attori».

Direttiva EPBD
Lorenzo Bellicini

di Alice Fugazza

Gruppo Centroedile acquisisce Milano Attrezzature e Norimac

Centroedile

Gruppo Centroedile ha acquisito l’azienda Milano Attrezzature (Cusano Milanino) e Norimac attraverso la società del gruppo, Nol System Italia.

Realtà fondata nel 1991 Milano Attrezzature è specializzata nella commercializzazione di attrezzature e macchinari per edilizia, in grado di fornire un servizio di consulenza ed assistenza e una ampia gamma di prodotti professionali.

«Milano Attrezzature è una bellissima e storica realtà che ci permette di ampliare la gamma dei servizi ai nostri clienti; Milano Attrezzature è in grado di offrire un ampio e provvisto magazzino di attrezzature e macchinari che, supportato da un servizio professionale ed efficiente, è in grado di venire incontro ad ogni richiesta dei clienti, con la possibilità di consegna direttamente in cantiere», precisa Andrea Santini, amministratore delegato di Centroedile Milano.

«Norimac è una storica e importate realtà operante nel settore del noleggio, che permetterà alla nostra società Nol System Italia Srl, società del gruppo che opera nel settore del noleggio, di ampliare l’offerta di macchinari ed attrezzature a noleggio e di disporre di un’officina professionale, completa ed in grado di offrire un servizio di assistenza per le riparazioni e manutenzioni di macchinari ed attrezzature», continua Santini.

Operante dal 1995 nel settore del noleggio e riparazione delle macchine e attrezzature di cantiere, Norimac dispone di una efficiente e professionale officina.

Le operazioni si sono concluse il giorno 11 dicembre 2024, supportate dallo Studio De March che ha seguito il Gruppo Centroedile nell’intero processo di acquisizione.

Con questa operazione Gruppo Centroedile, player in Lombardia nella grande distribuzione del settore edile, finiture casa e fai da te, si rafforza ulteriormente e aggiunge un nuovo punto vendita ai 17 già presenti in Regione, aggiungendo l’attività di commercio di macchinari ed attrezzature per l’edilizia.

Come pulire la fuliggine da camini? Con Fuego la soluzione è semplice e veloce

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Per eliminare la fuliggine da vetri, fughe, mattoni refrattari e superfici assorbenti di camini e stufe, FILA Solutions propone Fuego, una schiuma spray detergente efficace in soli 1-2 minuti.

Spruzzata direttamente sulla superficie, Fuego si risciacqua con un panno o una spugna umida, rimuovendo così lo sporco. Si asciuga successivamente con un panno pulito o una carta assorbente.

Se lo sporco è tenace è consigliato intervenire con una spugna abrasiva, ripetendo l’operazione.

griglia

Fuego contiene ingredienti biodegradabili ed è efficiente anche sui rivestimenti, non sgocciola e non lascia aloni ed ha una profumazione gradevole di pino.

Specifico per la pulizia di vetri e rivestimenti di stufe e caminetti, il prodotto rimuove anche lo sporco intenso di grassi di combustione su forni, griglie, fornelli, rivestimenti di barbecue in mattoni, cotto, pietre naturali e agglomerati, cemento, ceramica, gres e acciaio inox.

Mapei: nuovo servizio per certificare la sostenibilità del calcestruzzo

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La produzione mondiale di calcestruzzo ha raggiunto i 4,1 miliardi di tonnellate nel 20231, generando circa 1,6 miliardi di tonnellate metriche di CO₂, ovvero l’8% delle emissioni totali di anidride carbonica nel mondo. L’industria del calcestruzzo deve quindi affrontare la sfida di produrre miscele più performanti, riducendo al contempo impatto ambientale e costi. 

Per i produttori di calcestruzzo Mapei presenta un nuovo servizio per certificare la sostenibilità delle miscele utilizzate in specifici progetti attraverso la pubblicazione delle EPD – Dichiarazioni Ambientali di Prodotto.

Le EPD documentano gli effetti ambientali di un prodotto nel suo ciclo di vita. Grazie all’esperienza del proprio Corporate Environmental Sustainability Team e a un software proprietario per la valutazione degli impatti ambientali di un prodotto durante tutte le sue fasi (LCA – Life Cycle Assessment), Mapei offre ai suoi clienti la pubblicazione dei risultati ottenuti.

Questo servizio consente ai produttori di calcestruzzo di ottenere rapidamente le EPD senza dover ricorrere a consulenti esterni.

I clienti Mapei possono accedere al servizio rivolgendosi agli specialisti della Linea Additivi per Calcestruzzo, che li supporteranno in tutte le fasi della messa a punto del mix design della miscela, con l’obiettivo di ridurne l’impatto ambientale.

Mapei è la prima azienda al mondo a offrire questo servizio, permettendo ai produttori di calcestruzzo di dimostrare il loro impegno ambientale e di partecipare a progetti che rispettano protocolli internazionali quali LEED e BREEAM.

L’88% dei professionisti sceglie il sistema a cappotto per la riqualificazione energetica

Sistema a cappotto

Un sondaggio promosso dall’associazione Cortexa tra 700 specialisti della riqualificazione energetica, conferma il ruolo di primo piano del sistema a cappotto e della coibentazione dell’involucro. Ma anche problemi da superare.

Il green è un traguardo necessario per l’edilizia. E se il superbonus è andato in pensione, gli incentivi fiscali no, seppure ridimensionati. La legge di Bilancio 2025 prevede ancora la possibilità di detrarre il 50% della spesa: per chi vuole ridurre il consumo energetico della propria abitazione la notizia è positiva.

Quindi, dato che il sistema a cappotto termico è il sistema più utilizzato per ottenere questo risultato, è interessante scoprire i risultati dell’indagine tra i progettisti promossa dal Centro Studi Cortexa che ha interrogato 700 professionisti. Obiettivo: comprendere prospettive, aspettative e bisogni della categoria per rendere la sostenibilità in edilizia realtà.

L’indagine si innesta in un più ampio progetto di Cortexa, Etics for -55%, finalizzato a rendere sempre più tangibile il contributo del sistema a cappotto per la sostenibilità in edilizia.

«Dall’indagine emerge un cambiamento profondo e positivo nella percezione del ruolo della qualità dei sistemi da costruzione, della loro corretta progettazione e posa in opera», commenta Stefano Deri, Presidente di Cortexa.

Il panel

Il 90% dei partecipanti interrogati dal centro studi dell’associazione sono provenienti per lo più dal Nord Italia (66%).

Sono ingegneri, architetti e geometri che hanno maturato una significativa esperienza in interventi di riqualificazione energetica degli edifici, con il coinvolgimento del sistema a cappotto.

Più del 40% dei partecipanti ha realizzato oltre dieci interventi di questo tipo. I principali interventi di riqualificazione energetica riguardano gli edifici residenziali esistenti: il 55% degli intervistati si è occupato della riqualificazione di abitazioni indipendenti e il 27% di condomini.

Sistema a cappotto

L’indagine ha esplorato anche il mondo dei committenti, mediante il punto di vista dei progettisti. Risultato: per il 72% la disponibilità di incentivi fiscali è determinante affinché i committenti procedano con gli interventi di riqualificazione.

La mancanza di incentivi influisce moltissimo sulla decisione di riqualificare nel Centro Italia (73%), Isole (70%) e Sud Italia (59%). Ma meno al Nord.

Ancora: oltre il 60% dei committenti è scarsamente informato sulla direttiva europea Case Green, mentre oltre il 30% non ne sa proprio nulla. Il 70% dei progettisti ritiene, invece, che i committenti siano ben informati sugli incentivi fiscali in vigore.

La misura di risparmio energetico dell’edificio più proposta dai progettisti ai committenti è l’efficientamento dell’involucro edilizio mediante sistema a cappotto (88,15%): il concetto è che senza prima rendere efficiente l’involucro non è sensato investire, per esempio, in fonti alternative di energia. L’unica energia realmente sostenibile è quella risparmiata.

Il sistema a cappotto è scelto dai committenti prevalentemente per migliorare il comfort della propria abitazione (30% delle risposte) con una differenza rispetto a quanto era emerso in un precedente sondaggio Cortexa del 2022, in base al quale il cappotto era scelto prevalentemente per raggiungere i requisiti di accesso agli incentivi fiscali o per ridurre i costi in bolletta.

L’aumento delle temperature negli ultimi anni ha evidenziato l’esigenza di proteggere le abitazioni anche dal caldo, per ottenere comfort abitativo senza un incremento drastico dei costi per il raffrescamento.

Nel sondaggio 2024 questo dato è particolarmente rilevante al Sud, nelle Isole e al Centro (rispettivamente 38%, 36% e 30%) rispetto al Nord (28%), dove la motivazione di scelta principale è il risparmio in bolletta.

Le pareti di un edificio isolate con il sistema a cappotto acquisiscono un’elevata capacità termica, che consente di mantenere stabile la temperatura interna, riducendo il fabbisogno di raffreddamento degli edifici in estate e nei climi caldi.

Handicap costi

La principale obiezione del committente nella scelta di questo tipo di coibentazione, secondo il progettista, è il costo elevato (44%): secondo Cortexa si tratta di una percezione errata.

Secondo i dati ufficiali di Enea relativi agli interventi incentivati con ecobonus, la coibentazione dell’involucro dell’edificio è la misura più efficace: garantisce un elevatissimo risparmio energetico al più basso costo per kW/h di energia risparmiata.

Dati relativi agli interventi finanziari con Ecobonus. Fonte: Rapporto ENEA 2022 sulle detrazioni fiscali per l’efficienza energetica (dati 2021)
Dati relativi agli interventi finanziari con Ecobonus. Fonte: Rapporto ENEA 2022 sulle detrazioni fiscali per l’efficienza energetica (dati 2021)

Tuttavia, per via della complessità dell’intervento in facciata, la coibentazione dell’involucro è meno praticata ed è meritevole, per essere praticata su larga scala, di un supporto fiscale adeguato.

Altri dati: oltre il 70% dei progettisti si dichiara poco informato sui contenuti della direttiva europea Ebpd, comunemente detta Case Green, che viene ritenuta importante dal 71% e fondamentale dal 20% dei professionisti per migliorare la sostenibilità del patrimonio immobiliare.

I progettisti ravvisano nella mancanza di incentivi a lungo termine (80%) e di imprese formate, esperte e certificate (45%) i maggiori ostacoli all’implementazione della direttiva europea sull’efficienza e prestazione energetica degli edifici.

Per il 76% dei progettisti il sistema a cappotto è determinante per raggiungere gli obiettivi previsti dalla direttiva europea Case Green, in quanto è la misura chiave per ridurre gli sprechi di energia dell’edificio.

Tuttavia, il 73% dichiara che non è sufficiente scegliere un cappotto qualunque, bensì un sistema dotato di tutte le certificazioni necessarie, come raccomandato da Cortexa sin dal 2007: kit fornito da un unico produttore, dotato di Eta e marcatura Ce, progettato e posato a regola d’arte.

Certificazione CasaClima

Sempre secondo il sondaggio, il 70% dei progettisti ritiene la certificazione CasaClima il principale protocollo che determina la sostenibilità di un edificio. Cortexa considera anche in questa informazione una significativa evoluzione del mercato.

Il protocollo CasaClima è quello che più di tutti si occupa di garantire non solo la corretta scelta e progettazione del sistema a cappotto, bensì ne verifica anche la corretta esecuzione.

Vale a dire che gli attori della filiera edile stanno chiedendo certezze e qualità per tutto il processo di progettazione, costruzione e riqualificazione.

Ancora: il 41% dei progettisti richiede un supporto formativo e consulenziale sulla progettazione del sistema a cappotto da parte dei produttori, a sottolineare ulteriormente l’esigenza di essere messi nelle condizioni di progettare ed eseguire lavori a regola d’arte.

Per il 54% è fondamentale avere più chiarezza sulle soluzioni incentivabili che consentono un reale risparmio energetico.

Questo dato è molto importante e fa riferimento a tutti i materiali edili che si propongono come isolanti, ma non lo sono: questi materiali «miracolosi», sempre secondo Cortexa, non sono una reale alternativa all’isolamento termico con cappotto e, in virtù delle loro scarse prestazioni, non dovrebbero rientrare negli interventi che beneficiano degli incentivi fiscali.

Pochi tecnici

Altri risultati del sondaggio: il 57% dei progettisti vorrebbe potere accedere a liste di imprese esperte e formate. Attualmente, i posatori di sistemi a cappotto con competenze volontariamente certificate secondo la norma Uni 11716 sono circa 6 mila (-33% rispetto a giugno 2022).

Questo calo è legato alla riduzione degli incentivi fiscali e non lascia ben sperare sulla qualità di una eventuale massiccia ripartenza degli interventi di riqualificazione legati alla direttiva Case Green.

Per l’85% dei progettisti i committenti interpretano la sostenibilità in edilizia come la riduzione dei consumi energetici degli edifici.

Ancora una volta, il dato conferma che è passato il concetto chiave di efficientamento: inutile investire su qualsiasi altra misura, se prima non vengono eliminati gli sprechi di energia degli edifici.

«I progettisti chiedono certificazioni ufficiali dei sistemi, imprese dalle competenze certificate, l’identificazione da parte del Governo delle priorità anche nella scelta di incentivare esclusivamente soluzioni in grado di fornire un contributo certo alla riduzione di consumi ed emissioni, quale il sistema a cappotto», conclude Deri.

«Noi lavoriamo dal 2007 alla diffusione di una cultura del costruire sostenibile e delle riqualificazioni integrate, dove il sistema a cappotto gioca un ruolo chiave, in quanto in grado di eliminare e prevenire i principali sprechi di energia dell’edificio.

Come Cortexa abbiamo fortemente voluto e collaborato allo sviluppo delle norme Uni/Tr 11715 per la progettazione e posa, interamente basata sul Manuale Cortexa, e Uni 11716 per la certificazione delle competenze dei posatori di cappotto.

Dal 2007 promuoviamo il sistema a cappotto di qualità, fornito come kit da un unico produttore, dotato di Eta e marcatura Ce.

Perché la direttiva Case Green diventi realtà e porti dei benefici reali ai cittadini e allo Stato, chiediamo, assieme ai progettisti, qualità e rigore: che le norme per la progettazione e la posa, la certificazione delle competenze e il sistema a cappotto certificato come kit diventino requisiti indispensabili per accedere agli incentivi fiscali».

di Alessandro Bonvicino

Taglio, piegatura e lavorazione delle lamiere: le soluzioni su misura di Evomach

La lattoneria sta cambiando: processi, macchinari e mentalità devono evolversi.

Ma come affrontare questa sfida?

La risposta è Evomach, sinonimo di competenza tecnica, consulenza mirata e soluzioni su misura. Dal 2014, grazie ai suoi fondatori Renato Gastaldo e Piero Merlino, Evomach ha introdotto un approccio innovativo, rompendo gli schemi consolidati e portando nel mercato della lattoneria l’esperienza maturata in oltre 30 anni nel mondo industriale.

Ma chi è Evomach? E cosa offre di nuovo al mercato della lattoneria?

Non solo un fornitore, ma un partner di crescita.
Evomach è un’azienda tecnica e consulenziale che si pone come partner per tutte le imprese della lattoneria, dal piccolo artigiano al grande centro servizi. La sua missione è chiara:

“Non vendiamo macchine generiche, ma forniamo soluzioni studiate su misura, frutto di un’analisi tecnica delle esigenze di ogni cliente.”

Questa filosofia nasce da una necessità concreta: per troppo tempo, i fornitori hanno proposto macchine a pronta consegna, generiche e già configurate. Un approccio che ha costretto le aziende ad adattare la produzione alle limitazioni della macchina acquistata, con risultati spesso insoddisfacenti.
Evomach cambia le regole del gioco, proponendo un servizio basato su un metodo chiaro e strutturato.

  1. Analisi della produzione
    Il nostro punto di partenza è uno studio accurato delle esigenze dell’officina o dell’azienda: quali sono le reali necessità produttive? Quali processi devono essere ottimizzati?
  2. Scelta del macchinario
    Non tutte le macchine sono uguali e nessuna soluzione è universale. Proponiamo la soluzione più idonea tra marchi selezionati di eccellenza.
  3. Configurazione personalizzata
    Ogni macchina viene configurata ad hoc, in stretto contatto con il produttore, per rispondere in modo preciso alle necessità del cliente. Questo significa niente macchine standard a magazzino, ma soluzioni progettate e realizzate su misura.
  4. Integrazione con Industria 4.0
    Oggi se ne parla molto, ma questa rivoluzione non può limitarsi a un’occasione per sfruttare incentivi fiscali. La vera innovazione inizia con una domanda cruciale: “Questa macchina serve davvero alla mia produzione?”
    Evomach non propone semplicemente una macchina tecnologicamente avanzata, ma una soluzione intelligente e integrata, calibrata sulle reali esigenze del cliente e connessa con i sistemi aziendali (gestionali, software di progettazione e controllo della produzione).
  5. Assistenza tecnica e retrofit
    Il nostro team segue il cliente in tutte le fasi post-vendita con assistenza dedicata e ricambi originali, aggiornamenti tecnologici e retrofit per mantenere le macchine performanti, moderne e sicure.

Questa è la vera differenza di Evomach: non adattare il cliente alla macchina, ma adattare la macchina alle esigenze del cliente. Ogni soluzione proposta è frutto di un’analisi tecnica approfondita, pensata per valorizzare l’investimento del cliente con un ritorno tangibile in produttività, efficienza e sicurezza.

Quindi, la scelta del fornitore non può basarsi solo sul prezzo, ma deve considerare la competenza e l’affidabilità di chi propone la soluzione. Evomach non si limita a vendere un macchinario, ma offre consulenza, assistenza e un approccio su misura, aiutando le aziende a crescere e ottimizzare la produzione.

Quattro marchi, un solo obiettivo: l’efficienza produttiva

Per rispondere a un mercato così diversificato, Evomach ha selezionato quattro marchi europei di riferimento, ognuno con una specializzazione unica:

  • JORNS – Leader nella produzione di piegatrici a bandiera singola e doppia, con soluzioni automatizzate per lavorazioni complesse e pesanti. Un esempio? L’installazione di una cella robotizzata da 8 metri per la gestione automatica di pezzi fino a 2 mm di spessore.
  • SCHRÖDER GROUP – Tecnologie manuali e automatizzate: dalle piegatrici a settori con brevettati sistemi di cambio utensile fino alle pannellatrici semiautomatiche. Una delle nostre installazioni di punta è la più grande pannellatrice d’Europa, con capacità di lavorare pannelli fino a 5 metri.
  • KRASSER – Linee di taglio automatiche con setup intelligente e magazzini lineari automatizzati per coils. Una soluzione che migliora sicurezza e velocità, riducendo il lavoro manuale.
  • JOUANEL – Ampio range di soluzioni per officine e cantieri: utensili manuali, calandre, profilatrici e sistemi avanzati come la PROBAC HTCE NEW, in grado di calcolare pannelli e rifili in modo automatico.

Questi marchi, ognuno con caratteristiche uniche, consentono a Evomach di coprire le esigenze di artigiani, che necessitano di soluzioni smart e versatili, e di grandi aziende alla ricerca di tecnologie automatizzate e integrate con l’Industria 4.0.

Evomach: l’alleato che fa la differenza

In un mercato statico e dominato da logiche superate, Evomach porta innovazione, consulenza e risultati concreti:

  • 30 anni di esperienza tecnica a servizio del cliente.
  • Un team specializzato che segue ogni fase, dalla scelta del macchinario alla manutenzione.
  • Soluzioni tecnologiche avanzate con marchi europei leader di settore.
  • +20% di produttività grazie a macchine configurate su misura.
  • Riduzione degli sprechi del 15% con soluzioni integrate e Industria 4.0.
  • Aumento della sicurezza grazie a tecnologie avanzate e processi automatizzati.

Evomach non è solo un fornitore, ma un partner strategico che aiuta le aziende a crescere, ottimizzando i processi produttivi e riducendo inefficienze.
Vuoi davvero fare la differenza nella tua produzione? Affidati a Evomach.
“Evomach: Soluzioni su misura per un vero cambiamento nella tua produzione”

Macchine per ceramica, nel 2024 la produzione in calo del 24%

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Foto: @Acimac

Il settore italiano delle macchine e delle attrezzature per la ceramica, rappresentato da Acimac, chiude il 2024 con un fatturato totale di 1,80 miliardi di euro, in calo del 24% rispetto al 2023.

Secondo i preconsuntivi elaborati dal Mecs – Centro Studi Acimac, dopo tre anni di crescita costante, la produzione torna ai livelli del 2019 e la frenata riguarda sia l’export che il mercato domestico.

Il mercato interno si assesta a 480 milioni di euro, con un -26% rispetto all’anno scorso, mentre le esportazioni si fermano a 1,32 miliardi di euro, segnando un -23,4%.

Il calo è diffuso in tutte le aree geografiche, con pesanti risultati nel continente americano e in Europa, e qualche segnale positivo su singoli mercati, come ad esempio Algeria e Vietnam.

Un impulso per i prossimi anni potrebbe arrivare dalla ripresa dell’edilizia, con 1000 miliardi di investimenti attesi nei prossimi quattro anni nel mondo, di cui 700 miliardi nella sola Asia. Di conseguenza anche la produzione mondiale di piastrelle è prevista in crescita da qui al 2028.

«Stiamo attraversando un momento molto critico, è inutile negarlo, e ce lo aspettavamo. C’è sicuramente un elemento di ciclicità come ragione di questa crisi, ma non solo», commenta il Presidente di Acimac Paolo Lamberti.

Paolo-Lamberti-Presidente-Acimac
Paolo Lamberti | Presidente Acimac

«Subentrano altri fattori come la competizione internazionale sempre più aggressiva, in particolare quella cinese, una naturale flessione dovuta ai forti investimenti degli ultimi anni da parte dei clienti sulle loro linee produttive e l’aumento dei nostri costi produttivi.

Sul fronte mercato interno siamo al momento insoddisfatti dai nuovi incentivi per l’industria 5.0: la misura, infatti, non ha trovato fino ad oggi applicazione a causa delle forti limitazioni introdotte per i settori soggetti a normative Ets, come quello ceramico.

E anche le recenti modifiche in fase di approvazione, nonostante allarghino la platea, rischiano di non vedere piena adesione da parte delle aziende a causa del poco tempo rimasto per accedervi. E certamente non aiuta nemmeno la restrizione prevista dal governo per il 2025 circa il 4.0.

Mentre sul fronte export guardiamo al crescente fabbisogno di piastrelle che verrà soprattutto dall’Asia e dal Medio Oriente, per via dei forti investimenti previsti nei prossimi 4 anni. Ma per quanto riguarda il nostro settore, ci prepariamo a un 2025 ancora in sofferenza, sperando di tornare a crescere nel 2026.

Intanto, mi preme sottolineare il valore del nostro Made in Italy che prosegue sempre, tra soluzioni digitali e tecnologie sempre più efficienti, come emerso in modo limpido dal successo dell’ultima edizione della nostra fiera Tecna e dal convegno “Ceramica di Valore” che abbiamo organizzato di recente».

Rivenditori edili: da soli o in gruppo?

Insieme o da soli? Una domanda che rimbalza nella mente dei rivenditori edili e degli imprenditori della distribuzione edile da almeno un ventennio.

Ognuno sino a oggi ha risposto a modo suo, anche perché la congiuntura degli ultimi anni ha posto il problema in secondo piano. Ma domani?

Ovviamente, in un convegno dedicato ai temi più attuali del settore della distribuzione edile nazionale, come è stato quello organizzato da YouTrade lo scorso ottobre, non poteva mancare uno dei temi più cari e dibattuti: il progressivo processo di concentrazione delle rivendite di materiali edili.

Il fatto che se ne parli diffusamente da una ventina d’anni non toglie quel velo di attualità che avvolge sempre queste discussioni.

Quanti rivenditori edili si sono chiesti almeno una volta se sia il caso o meno di entrare a far parte di una organizzazione commerciale? Presumo tutti, per poi rispondersi in modo affermativo o negativo, ma comunque la grande maggioranza.

Un altro fatto è che, magari, vent’anni fa i dubbi erano più o meno trascurabili, oppure la necessità di una decisione non così pressante.

In vent’anni, però, il mercato è fortemente mutato, anche gli imprenditori della distribuzione hanno cambiato anche più volte il loro punto di vista, valutato le opportunità e i rischi.

L’idea di perdere il pieno controllo della propria azienda un tempo era considerato un forte deterrente, oggi la cosa fa un po’ meno paura, anche perché tutti hanno capito che far parte di un gruppo, un consorzio, un’insegna, eccetera, non significa affatto rinunciare alla propria visione imprenditoriale, e che questa identità imprenditoriale può addirittura diventare più completa ed efficace nel momento in cui si creano nuovi punti di riferimento per la propria attività.

C’è poi un altro fattore non trascurabile: che piaccia o meno, il percorso di concentrazione, già avvenuto in altri settori merceologici, va avanti imperterrito, e non accenna a fermarsi.

E, molto spesso, la rivendita che aderisce ha immediati vantaggi competitivi come l’accesso a marchi per lei fino ad allora irraggiungibili, la possibilità di sfruttare determinate economie di scala, contratti commerciali più convenienti, e poi quel qualcosa di immateriale ma comunque percettibile che riguarda il fatto di far parte di una comunità, commerciale fin che si vuole, ma comunque fonte di collaborazioni, confronti e soprattutto servizi che ben difficilmente uno potrebbe avere lavorando da indipendente.

Sia ben chiaro: queste righe non sono e non vogliono essere uno spot per le aggregazioni di qualsiasi natura, anche perché, e non è la prima volta che lo scrivo, è necessario considerare il valore e la valenza dei multipoint, dove un’unica proprietà è probabilmente in grado di gestire in modo ancora più efficace le sfide del mercato, soprattutto dal punto di vista decisionale.

Ma la forza economica per creare efficaci multipoint non è da tutti, soprattutto nel nostro mercato che rimane pur sempre molto polverizzato, spesso sottodimensionato e destinato ad accedere solo a determinate commesse economicamente sostenibili. Insomma, il famoso nanismo di cui tanto si è parlato.

Quindi, quando il settore della ristrutturazione va a gonfie vele, come è stato negli scorsi anni, anche i piccoli riescono a ritagliarsi una discreta fetta di mercato.

Oggi, però, quando ci attendiamo un brusco calo della manutenzione straordinaria, principale mercato dei rivenditori edili e dei suoi clienti, e mentre il settore dei lavori pubblici sta decollando, ecco che il problema emerge. È avvenuto in passato, avviene ora, e probabilmente avverrà anche in futuro.

È vero che il settore dei lavori pubblici, grazie al fenomeno tanto criticato quanto mai sopito dei subappalti, qualche briciola dal tavolo dei grandi contratti la fa cadere, ma la rivendita edile deve iniziare a ragionare in modo diverso perché, tanto per fare un esempio, secondo una recente ricerca dell’Osservatorio Multicanalità Ferramenta, il dato medio del fatturato della ferramenta attraverso le vendite online ha raggiunto il 20% del totale, quadruplicando la sua percentuale in sei anni.

Il trend è questo, e immagino che anche altre categorie di prodotti stiano mostrando la stessa tendenza. Un concorrente in più? Certo, e non lo scopriamo adesso.

Ecco dunque che il processo di concentrazione cui accennavo all’inizio può rivelarsi utile, se non provvidenziale, per intraprendere percorsi di differenziazione o di accrescimento dell’offerta, di crescita culturale e di scambio di informazioni e di esperienze, tutti valori che saranno con molta probabilità indispensabili per competere nei prossimi anni.

di Roberto Anghinoni