Nell’impossibilità di fare previsioni, con l’unica certezza di una realtà congiunturale che ogni giorno conferma il rallentamento dei lavori, la diminuzione dei fatturati, e un’inflazione che sta raggiungendo percentuali da capogiro, e in attesa che le bollette arrivino a completare questo bello scenario autunnale, la distribuzione edile inizia a interrogarsi sul suo futuro.
I danni dell’inqualificabile e indefinibile guerra hanno cominciato da qualche tempo a manifestarsi, andando a colpire il tessuto produttivo nazionale, e tante altre cose ancora, ed è da questa situazione di cui non si vede la fine che nascono tanti dubbi e altrettante preoccupazioni.
A questo punto, problemi come la cessione del credito diventano gli ultimi della lista, anche perché fra un po’ non ci saranno più crediti da cedere, i bonus verranno come minimo ridimensionati e non possiamo che aggrapparci all’Europa con una mano tesa, sperando che non facciano troppo caso al nostro debito pubblico.
Che non potesse durare in eterno lo scriviamo da mesi, ma ancora una volta il nostro settore è colpito da cause esterne che nulla hanno a che fare, per esempio, con la necessità di ristrutturare un patrimonio immobiliare in larga parte vetusto, oppure la nuova edilizia che negli ultimi tempi ha trovato modo di risorgere.
Non sono comparti di per sé in crisi, come testimonia anche l’andamento del mercato immobiliare, ma evidentemente dobbiamo fare i conti con l’andamento economico in generale, un problema che non è solo nostro, visto che, per esempio, fra poco anche la Germania pare finirà in recessione. La Germania.
Ma forse non è neanche giusto farci venire il mal di testa con macro pensieri che non possiamo nemmeno solo pensare di controllare. Provare a stare nel nostro può quindi apparire un futile esercizio di stile, ma credo che sia invece il caso di concentrarci proprio sulla nostra attività e individuare strategie anche a breve termine (non ne possiamo ipotizzare altre) per consolidare ciò che di buono gli ultimi due anni hanno portato nelle nostre aziende. Che, a occhio e croce, non è davvero poco.
Molti sono riusciti a rimettere a posto i conti, altri sono stati capaci di creare valore per le loro aziende, altri ancora sono finalmente riusciti a investire nella loro attività, affiancando specializzazione e nuovi servizi all’offerta tradizionale.
Ciò che ora non deve avvenire è rischiare di tornare indietro, questo davvero non ce lo possiamo permettere, perché le ipotesi sul mercato che verrà non lasciano molto spazio a miracolosi recuperi. Pensare a obiettivi realmente raggiungibili è il primo passo da compiere, tenendo sempre ben sotto controllo i conti.
Altra questione, i rapporti con i fornitori: mai come ora siamo davvero tutti nella stessa barca. C’è bisogno di collaborazione, seria, perché i servizi che insieme sapremo generare faranno la differenza. E tutto questo in un momento in cui la competizione si fa sempre più serrata perché, evidentemente, la posta in gioco è tanto alta quanto interessante.
L’andamento del settore edile ci obbliga, ancora una volta, a fare quel benedetto salto di qualità che è sempre nei nostri pensieri ma non sempre nelle nostre azioni. I dati dicono che le rivendite più grandi e strutturate sono quelle che riescono a ottenere i migliori risultati, soprattutto se riescono ad aprire altri punti vendita, mentre i “piccoli” cominciano a faticare per davvero.
Trovare la forza di unirsi può essere, ancora una volta, una strada da percorrere, senza pensare ai prezzi, che poi arrivano da soli, ma per sentirsi parte di un progetto comune di crescita e di ipotetica (perché al momento solo di ipotesi si tratta) stabilità.
di Roberto Anghinoni, giornalista (dalla rubrica «I fatti nostri» su YouTrade n. 133)