Con la nuova Legge Fallimentare il patrimonio sociale dovrà essere preservato a garanzia soprattutto dei terzi creditori. Le società commerciali non potranno più essere gestite come quelle artigiane. E dovranno dotare l’azienda di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati. Ecco che cosa cambia per le Pmi dal 2020, anno in cui entra in vigore la nuova Legge Fallimentare.
Nuovo Codice sulla crisi d’impresa e l’insolvenza
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del d.lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019 diventa parzialmente operativo (dal 16 febbraio 2019) per tutte le imprese il nuovo Codice sulla crisi d’impresa e l’insolvenza. In verità, ai sensi dell’articolo 389 del decreto, l’entrata in vigore del provvedimento è postergata di 18 mesi dalla sua pubblicazione (quindi, al 16 agosto 2020). Ma attenzione, con due importanti eccezioni.
Lo stesso articolo 389 prevede l’ordinaria entrata in vigore (quindi, al trentesimo giorno successivo dalla pubblicazione) per alcuni fondamentali articoli del Codice, in particolare meritano attenzione: gli articoli 375, 377, 378, 379 della Parte Seconda del Codice intitolata, un po’ riduttivamente vista la portata epocale del cambiamento paradigmatico che essa comporterà per le imprese, “Modifiche al codice civile”, e gli articoli 385, 386, 387, 388 della Terza Parte del Codice intitolata “Garanzie a favore di immobili da costruire”, dedicata espressamente alle imprese del comparto edile e che, presumibilmente, cambierà radicalmente il modo di fare impresa nel settore delle costruzioni.
Da ultimo, ma non per ultimo come importanza, il terzo comma dell’articolo 379 (che, come abbiamo detto, entra in vigore da subito stante il disposto dell’articolo 389) contiene una parziale deroga all’entrata in vigore.
Infatti, «le società a responsabilità limitata e le cooperative costituite all’entrata in vigore del presente articolo (quindi, attenzione, non quelle costituite dopo l’entrata in vigore per il quale si presume l’obbligo scatti da subito, ndr) (…) devono provvedere a nominare gli organi di controllo o il revisore (quindi, come si evince dalla congiunzione o anche in alternativa, ndr) e, se necessario (e potrebbe non esserlo quando lo statuto rinvia genericamente all’articolo 2477 del codice civile, ndr), a uniformare l’atto costitutivo
e lo statuto alle disposizioni di cui al predetto comma entro nove mesi (quindi, entro il 16 dicembre 2019, ndr) dalla predetta data».
Ma in concreto, alla luce delle nuove stringenti disposizioni contenute nel nuovo Codice sulla crisi d’impresa e l’insolvenza, cosa cambia in concreto per le imprese italiane ed in particolare per quelle del comparto edile? Verrebbe da dire: «tutto». Ma andiamo con ordine.
Nuova Legge Fallimentare: cosa cambia in concreto per le imprese italiane
Innanzitutto, il nuovo Codice, impropriamente definito Riforma delle legge fallimentare, introduce un nuovo paradigma culturale nel fare impresa finora valido (e con ampie eccezioni) solo per le aziende di maggiori dimensioni costituite in forma di spa.
La sopravvivenza dell’impresa è un obiettivo di interesse pubblico e va tutelato e salvaguardato indipendentemente dalle sorti dell’imprenditore che l’ha costituita e gestita. Tradotto: il patrimonio sociale dovrà essere preservato a garanzia soprattutto dei terzi creditori che sopportano direttamente il rischio d’insolvenza e non saranno più tollerate forme più o meno elusive di commistione tra patrimonio personale e patrimonio aziendale (non raramente, accompagnate a vere e proprie distrazioni di risorse finanziarie e non solo per finalità personali).
Piena responsabilità
È un passaggio epocale, che implica un profondo cambiamento culturale da parte di tutta la classe imprenditoriale italiana che, per lo più, ha mantenuto connotazioni artigianali e non manageriali nella gestione delle proprie imprese. Come noto, ai sensi dell’articolo 2 e 3 della L.443/1985 è artigiano colui che: «(…) esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare l’impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri e i rischi attinenti alla sua direzione e gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo».
Il problema sorge quando l’artigiano, grazie al suo lavoro e alle sue capacità professionali, espande la sua attività costituendo una società commerciale (e quello che in prevalenza stoicamente è accaduto in Italia a partire dagli anni Cinquanta fino ai giorni nostri). In questo caso, si costituiscono realtà imprenditoriali anche di significativa dimensione operativa e organizzativa, ma con la testa, cioè il centro decisionale e direzionale, da artigiano.
L’artigiano, di norma, ricava dal frutto della sua attività quanto necessario per le sue necessità personali (il sostentamento suo e della sua famiglia) con un’evidente e fisiologica commistione tra patrimonio d’impresa e patrimonio personale.
Ma quando questo accade nell’impresa commerciale costituita in forma societaria di capitale (spa, srl, società cooperative), e in Italia la storia insegna che questo è successo troppo spesso ed anche di recente, i risultati possono essere disastrosi portando inevitabilmente alla crisi d’impresa e spesso all’insolvenza.
Fatta questa purtroppo incresciosa premessa, che cosa impongono le nuove regole del gioco? Proviamo a evidenziare le principali due novità introdotte dal Legislatore.
Garanzia cauzionale
In primis, deve cambiare il paradigma culturale aziendale. L’attività d’impresa è soggetta sempre a fattori di rischio, sia specifici o, come si suole dire, idiosincratici (di settore, strategici, economico-finanziari ed operativi) che sistemici (congiuntura economica generale).
In particolare, le imprese di costruzioni operano in un settore merceologico soggetto ad elevati rischi, per lo più trasferiti a terzi (banche, fornitori, clienti ed Erario). Di norma, un cantiere ha una durata media di tre anni e gli impegni finanziari (cash outflow certi) relativi al capitale investito sono strutturalmente anticipati rispetto all’incasso dei ricavi dei Sal (cash inflow incerti). Tale sfasamento temporale produce un ingente fabbisogno finanziario che di norma è coperto ricorrendo al credito (di fornitura, bancario o anticipi da clienti).
Quando un cantiere si ferma per insolvenza dell’impresa di costruzione, chi ci rimette sono i soliti noti: banche, Erario, fornitori e clienti. Con l’entrata in vigore del nuovo Codice questo non sarà più possibile (o lo sarà molto meno) poiché l’impresa di costruzione sarà costretta a operare con maggiori mezzi propri (non a caso definiti capitali di rischio, per connotare la caratteristica di essere destinati esclusivamente a garanzia degli impegni dei terzi creditori).
Inoltre, per effetto del combinato disposto degli articoli 385, 386, 387, 388 della Terza Parte del Codice intitolata Garanzie a favore di immobili da costruire, dovrà necessariamente precostituire forme di garanzia cauzionale (fideiussioni bancarie o polizze assicurative) che possano intervenire, a integrazione del capitale proprio, a coperture delle perdite inattese derivanti dal rischio d’impresa (è il così detto capitale economico) a salvaguardia degli interessi dei terzi creditori. E questo sembra già un bel cambiamento.
Competenze professionali
In secundis, le società commerciali non potranno più essere gestite come imprese artigiane, con l’imprenditore e i suoi familiari che dirigono e controllano al tempo stesso l’azienda. Anche nelle srl gli amministratori dovranno possedere, come già oggi accade nelle spa, adeguate competenze professionali e sufficiente capacità decisionale e dovranno essere affiancati da adeguate risorse umane (interne o esterne) dotate di sufficiente autonomia operativa e indipendenza di giudizio.
Si pensi, per esempio, al ruolo svolto dal sindaco quando presente, figura che dovrà cambiare radicalmente il suo rapporto con gli amministratori-imprenditori (oggi per lo più
scarsamente incisivo e indipendente), svolgendo un vero e proprio ruolo di garanzia nei confronti di tutte le terze parti potatrici di interessi nei confronti dell’impresa e di tempestivo segnalatore degli indicatori di crisi aziendale.
Gestione dei rischi d’impresa
Inoltre, dovranno dotare l’impresa di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati (secondo comma dell’articolo 2086 del codice civile, così come riformulato
dall’articolo 375 dello stesso) alla natura e dimensione aziendale e adottare un sistema di gestione dei rischi d’impresa (Risk Governance) che consenta tra l’altro di intercettare tempestivamente e in via preventiva i primi sintomi delle crisi d’impresa (adeguata verifica), diagnosticarne le cause (diagnosi del rischio a breve e medio termine), pianificare in tempo le azioni correttive e negoziali con le controparti (recovery plan) e conseguentemente adottare prontamente azioni correttive di riequilibrio economico-finanziario (recovery action).
In caso di inosservanza delle nuove regole essi, stante il disposto dell’articolo 378, incorreranno in rilevanti responsabilità personali (patrimoniali ma anche penali) nei confronti (e qui forse sta la novità più rilevante) di tutti i terzi (banche, fornitori, clienti ed Erario) che potranno agire nei loro confronti anche prima della dichiarazione
d’insolvenza.
di Massimo Talone (Odcec di Milano, Associato Aidc – Associazione Italiana Dottori Commercialisti e socio Aifirm, Associazione Italiana Financial Industry Risk Managers)