Sembra un paradosso: a frenare l’edilizia sono i superbonus. Sembra la conclusione a cui è arrivato il Cresme, secondo quanto riporta il Sole 24Ore: il centro studi diretto da Lorenzo Bellicini, infatti, ha presentato alla Camera un rapporto sulla situazione del settore edile. E sembra essere arrivato a una conclusione sorprendente: la prospettiva del superbonus 110% ha frenato l’edilizia. E questo perché, in sostanza, le attività di manutenzione straordinaria sono state rimandate in attesa di una più generale riqualificazione degli edifici. Gli investimenti in questione sono quelli dedicati alla manutenzione edilizia straordinaria, negli anni scorsi facilitati dai bonus per ristrutturazioni e risparmio energetico. I bonus, che sono stati introdotti nel 1998 dal governo Prodi, hanno vissuto solo due stop. E il 2020 rappresenta, secondo i dati riportati dal Cresme, una battuta d’arresto sensibile dopo quella del 2015: nelle previsioni del centro studi le domande presentate risultano in calo del 13,8% (a circa 1 milione e mezzo). Una frenata che si riflette, ovviamente, anche negli investimenti, scesi del 12,7% secondo le rilevazioni condotte a settembre. E la discesa si riflette sull’edilizia nel suo complesso: la manutenzione straordinaria incentivata dai bonus, infatti, vale circa il 54% dell’intero mercato della ristrutturazione. Prendendo come base questo dato, ne deriva che la contrazione del comparto edile è stata calcolata dal Cresme del 10,4%. A questo si aggiunge il calo delle nuove costruzioni (-7,4%).
Dati contrastanti
Ma, dato che il superbonus è stato presentato solo a metà maggio e approvato a metà luglio, è lecito chiedersi se imputare lo stop agli incentivi fiscali non sia una deduzione azzardata. Il calo delle attività, infatti, è notoriamente stato pesantemente condizionato anche dal lockdown. I dati del Cresme, in effetti, indicano per il primo trimestre 2020 un trend positivo. A marzo, infatti, le domande di ristrutturazione e riqualificazione erano in aumento di quasi il 16%. Ad aprile, invece, il calo è stato del 13,3%. Ma ad aprile non c’era ancora il superbonus. E, dunque? Il Cresme punta il dito su maggio, quando il calo delle richieste è stato ancora più drastico: -57,9%, seguito da quello di giugno con -42,6%. Insomma, il superbonus diventa il colpevole. Anche se, sempre a detta del centro studi, a luglio e agosto il calo è tornato in linea con l’andamento recessivo dell’intera economia, con cali rispettivamente del 7,4% e 4,6%. Infine, sorpresa: a settembre le richieste sono tornate ad aumentare: +6,5%, proprio in coincidenza con l’arrivo dei decreti attuativi che permettono il decollo del superbonus 110%. È, quindi, davvero lui, il superbonus, il colpevole della frenata? Oppure è stata la minore propensione a spendere e investire causata dai timori e dalle impossibilità a operare indotte dal covid? Tra l’altro, lo stesso Cresme ha caldeggiato la proroga al 2022 del superbonus (che metterebbe in moto 5,6 miliardi di lavori aggiuntivi). Conclusione: il superbonus passa da colpevole a presunto innocente.