La ripresa c’è, ma il commercio stenta. Nei primi otto mesi sono stati chiuse, tra negozi e pubblici esercizi, circa 30 imprese al giorno. I locali commerciali sfitti per mancanza di un’impresa operativa sono ormai oltre 627mila, quasi il 25% del totale disponibile, con valori percentuali che in alcune periferie sfiorano il 40%. A stimarlo è Confesercenti, sulla base delle rilevazioni delle imprese di intermediazione immobiliare. Dal 2012, secondo la confederazione, sono state oltre 300mila le imprese che hanno cessato l’attività. La desertificazione colpisce il territorio con una diffusione a macchia di leopardo, ma è generalmente più evidente nei piccoli centri e nelle zone periferiche delle grandi città, dove ormai si trovano serrande calate anche nei centri commerciali. Il più alto numero di negozi sfitti si trova nelle regioni a maggiore densità di locali a uso commerciale: Lombardia, (oltre 82mila) Campania (quasi 70mila) e Lazio (circa 62mila). Secondo le elaborazioni dell’Osservatorio Confesercenti sulla mortalità delle imprese, tra gennaio e agosto 2015 vi è stato un saldo negativo tra iscrizioni e cessazioni di 2.141pubblici esercizi e di 5.342 negozi. A Roma hanno cessato l’attività 1.607 imprese di commercio al dettaglio (contro 609 avvii), a Milano le cessazioni sono state 626 e a Torino 602. «La crisi economica, le liberalizzazioni e gli affitti che, soprattutto nelle aree di pregio commerciale, sono sempre più elevati, stanno svuotando le città di negozi», commenta il presidente di Confesercenti Massimo Vivoli. «I segnali della resa delle botteghe sono ben visibili nelle migliaia di saracinesche abbassate che si affacciano su strade che erano il regno dello shopping, ma che ora sono sempre più deserte e sempre meno sicure».