A prima vista sembra una casa normale, con il cortile e l’arredamento necessario: tavolo e sedie di legno, un divano, la televisione a schermo piatto da 65 pollici, la cucina con i suoi elettrodomestici. Insomma nulla di strano, se non fosse che si tratta della Honda Smart Home, un concentrato di tecnologia che anticipa il futuro del design domestico ed è abitata una famiglia di quattro persone che hanno accettato di vivere per un anno nell’edificio costruito appositamente all’interno campus dell’Università della California a Davis.
Un vero e proprio test in termini di efficienza sul campo di come funziona il sistema di gestione sviluppato dalla casa automobilistica per controllare la produzione di energia, il livello di accumulo della batteria, la temperatura in casa, l’illuminazione a Led, la ricarica della macchina elettrica in garage, l’apertura e la chiusura delle tende, l’impianto stereo e la tv. Tutto tramite un’applicazione scaricata sull’iPad che diventa un telecomando.
Obiettivi del progetto
L’interesse di Honda nel progetto è ovviamente più ampio rispetto alla raccolta dei dati sulla carica e sulla guida di un’auto elettrica che ogni giorno percorre 50 chilometri come pendolare. Infatti, riguarda lo sviluppo di tecnologie per affrontare i cambiamenti climatici e quanto sia effettivamente confortevole vivere circondati da queste tecnologie nel quotidiano. In pratica, i ricercatori della casa automobilistica e dell’università di Davis possono testare gadget e software di propria produzione o di altre società, e soprattutto controllare come funzionano insieme. Alcune delle tecnologie sono già disponibili sul mercato, come i pannelli solari installati da SolarCity e la lavastoviglie Bosch ad alta efficienza energetica e frigorifero Kitchen Aid. Altre invece, sono programmate in modo nuovo per vedere quanto incidono sul benessere delle persone: per esempio le luci a Led simulano il cambiamento di colore della luce naturale e virano dal bianco luminoso del mattino al giallo caldo vicino al tramonto. C’è poi l’aspetto puramente costruttivo con finestre esposte a sud sono inclinate per bloccare il sole durante le ore più calde della giornata e per permettere in inverno alla luce di entrare per riscaldare la casa, con pareti più spesse della norma per acquisire un maggiore isolamento, ottenuto anche con il pavimento in cemento, con materiale di copertura della facciata selezionato per riflettere piuttosto che assorbire la luce.
Minori consumi, minori costi
La sperimentazione non riguarda solo la domotica: sebbene manchi il riscaldamento tradizionale e l’aria condizionata, con dei pannelli solari dalla capacità di 9,5 chilowattora e un sistema di accumulo per immagazzinare l’energia pari a 10 chilowattora, utilizzato durante la notte, la dimora produce più energia di quella che usa durante tutto l’anno (il 75 % di energia in meno di una casa delle stesse dimensioni). Quindi la si potrebbe classificare una casa zero net energy, come dovranno essere tutti i nuovi edifici della California a partire dal 2020. Però per evitare qualsiasi sorpresa è collegata alla rete elettrica. Gli ingegneri dell’ateneo hanno progettato un sistema a pompa di calore nel cortile con un accorgimento per ridurre i costi del 90%: i fori da cui passa l’aria che fluisce nella casa e che riscalda o raffredda l’acqua che passa dai tubi nel pavimento sono molto meno profondi e più ampi rispetto ai pozzi tipici di scambio termico. C’è infine il tema dell’efficienza idrica, molto sentito nello Stato soggetto a una disastrosa siccità da quattro anni. E così, i servizi igienici, la lavatrice e la lavastoviglie consumano tre volte meno acqua della norma grazie anche ai rubinetti a basso flusso che si chiudono automaticamente. Inoltre, l’acqua si scalda più rapidamente senza sprecare quella fredda che generalmente fuoriesce prima e tutto ciò che scorre viene raccolto e filtrato per irrigare le piante in cortile. Che sono tutte rigorosamente scelte per vivere in climi desertici.