Quale sarà il futuro delle imprese italiane? E, ancora di più, come si evolverà il sistema di mercato, cioè quello basato sul capitale. Sono argomenti di riflessione profonda, affrontati nel convegno intitolato «Capitalismi e Imprese», spunto dell’annuale appuntamento della Fondazione Italcementi. Che ha pensato di volare alto in occasione dei 150 anni del gruppo. A partecipare alla discussione è stato un panel di esperti di primo piano. A partire da Giovanni Giavazzi, presidente della Fondazione Italcementi, che ha concesso un po’ di fiducia per il futuro: «Nel 2014 la Fondazione festeggia i dieci anni di attività e Italcementi i 150 anni di vita. È un traguardo breve e significativo», ha sottolineato. E il decano dell’azienda, Giampiero Pesenti, presidente del gruppo bergamasco, ha sottolineato come il compleanno sia anche una testimonianza della capacità di fare cultura di impresa, «legata alla competenza manageriale delle persone che hanno lavorato in Italcementi, cultura tecnologica per la straordinaria passione ingegneristica dei nostri tecnici, cultura del costruire che ci ha permesso di operare al fianco dei grandi dell’architettura mondiale, da Pier Luigi Nervi a Richard Meier, cultura scientifica testimoniata, anche in tempi recentissimi, dalla realizzazione dell’i.lab al Kilometro Rosso e da scoperte innovative nel settore dei materiali da costruzione. Ma non è mancata nella storia di Italcementi la passione civile per fare cultura in senso lato e l’annuale convegno della Fondazione ne è una concreta testimonianza». Carlo Pesenti, consigliere delegato di Italcementi e quinta generazione della famiglia, ha evidenziato il forte valore del ponte tra radici storiche e capacità di innovare. «Il 150esimo anniversario deve e può essere l’occasione per rafforzare ulteriormente la visione e la strategia che ci siamo impegnati a declinare in termini di responsabilità, integrità, efficienza, diversità e innovazione. L’innovazione è ormai la cifra del nostro gruppo: innovazione industriale di processo e di prodotto, innovazione manageriale e organizzativa, ma soprattutto innovazione culturale dell’impresa, come innovazione dei modelli di riferimento – saldi nell’ereditare il patrimonio di una lunga storia – ma capaci di evolvere e anticipare il cambiamento».