Torna l’ottimismo: secondo l’Istat i consumatori hanno aumentato a giugno la loro fiducia, passando a quota 109,5 da 106,0 del mese precedente. Anche le imprese vedono rosa: l’indice composito del clima di fiducia delle imprese italiane sale a 104,3 da 101,8 di maggio, che risulta ai massimi dal 2008. In particolare, sono in crescita tutte le componenti del clima di fiducia dei consumatori anche se il clima personale e quello corrente presentano incrementi più lievi (rispettivamente, a 100,0 da 98,5 e a 103,3 da 101,0). Aumenta la fiducia anche per le costruzioni: l’indice relativo a edilizia e dintorni sale a 119,7 dai 111,8 del emse precedente. Fiducia anche per il settore dei servizi di mercato (a 109,0 da 105,1), per quello del commercio al dettaglio (a 105,9 da 103,9) e, in maniera più lieve, del settore manifatturiero (a 103,9 da 103,4). Secondo Bankitalia, però, nel rapporto sulle economie regionali, i segnali di miglioramento dell’economia italiana emersi nel corso del 2014 e nei primi mesi del 2015 «sono presenti in tutte le aree del Paese, ma risultano più frequenti al Nord, in particolare in alcune regioni del Nord Est». E per gli industriali «la risalita è iniziata, ma sarà lunga e difficile». Nell’analisi del Centro Studi di Confindustria, la parola d’ordine è cautela: parlare di ripresa, sostengono, è inappropriato. Vero che il 2015 è partito bene, ma «la performance non è quella che ci sarebbe stata in altri tempi, di fronte a così forti stimoli esterni». È quindi possibile parlare di ripartenza, ma con la consapevolezza che non ci si può «fermare neanche un attimo per compiacersi dei segnali di recupero, per quanto chiari». In pratica, sostengono gli esperti di viale dell’Astronomia, «se non faremo nulla torneremmo ai livelli del 2007 nel 2023». Per recuperare il terreno perso, sottolinea il Csc, è necessario rimuovere gli ostacoli e attuare le riforme, in modo da tornare a crescere al 2,5%.