In epoca di social network la notizia ha fatto il giro del mondo molto rapidamente: l’inquinamento nelle nostre case è peggio di quello delle nostre città. Anzi, peggio, l’aria che respiriamo in un appartamento può essere pericolosa come quella del fumo delle sigarette. Allarmismo eccessivo? In realtà la notizia deriva da uno studio scientifico statunitense, condotto da alcuni ricercatori della Boston University School of Medicine in collaborazione con lo Us National Cancer Institute, che ha svelato come l’esposizione a determinati inquinanti atmosferici può causare gli stessi cambiamenti molecolari in un individuo provocati dal fumo di sigarette.
Insomma, se nelle nostre case l’aria non solo è viziata, ma è anche impregnata di fumi e particelle derivanti dalla combustione di carbone o dall’uso di altri combustibili fossili, gli effetti sull’uomo sono gli stessi di quelli prodotti dal fumo del tabacco. Che l’aria interna delle nostre case potesse essere insalubre e causa dell’insorgere di patologie, disturbi e malattie di varia entità non è una novità e ne abbiamo scritto a più riprese su queste pagine. Ma l’evidenza scientifica, documentata da ricerche rigorose, assume ovviamente un carattere molto più stringente.
Inquinamento indoor: fumarsi tre stanze e servizi
Dunque vivere nelle nostre case è come respirare fumo di tabacco? Non è proprio così. Approfondendo e leggendo nel dettaglio gli esiti della ricerca si scopre che lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Carcinogenesis, ha analizzato un campione di donne non fumatrici che vivono in Cina, nelle contee rurali di Xuanwei e Fuyuan, e che utilizzano per cucinare e come fonte di calore per il riscaldamento il carbone fumoso. Uno studio che, peraltro, utilizza la stessa metodologia studiata in passato e analizzata in una ricerca pubblicata nel 2012 sul British Medical Journal.
Dunque la notizia non è tanto nuova, ma questo non leva importanza al problema emerso in entrambe le indagini, che hanno riscontrato nella maggior parte delle donne esposte al fumo del carbone bituminoso la stessa composizione molecolare delle cellule epiteliali del cavo orale, delle guance e delle vie respiratorie presenti nei fumatori. Il campione analizzato è molto ampio e considera dati raccolti nell’arco di vent’anni, dal 1976 al 1996, riferiti a 27.310 persone esposte a carbone bituminoso e 9.962 ad antracite, entrambi usati per la cucina e il riscaldamento domestico.
Dall’analisi dei risultati, è emerso che gli uomini esposti al carbone fumoso avevano un rischio di decesso per cancro al polmone, prima dei 70 anni, del 18% e le donne del 20%, mentre tra gli utilizzatori di carbone senza fumo di entrambi i sessi il rischio di morte per tumore al polmone era meno dello 0,5%. Il cancro del polmone rappresentava, da solo, circa il 40% di tutti i decessi prima dei 60 anni registrati tra le persone che utilizzavano il carbone fumoso.
Allarme combustibili
Ma è anche un problema che ha una diretta conseguenza sull’analisi dell’aria delle nostre città e delle nostre case. Perché l’uso di combustibili fossili e di prodotti di nuova generazione nelle stufe casalinghe (come il pellet) oggi producono molte più sostanza inquinanti a livello di ambienti interni.
Secondo studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il fumo passivo domestico è una delle cause più rilevanti nell’insorgenza di affezioni alle vie respiratorie e senza un adeguato ricambio d’aria può essere molto dannoso per la salute. L’utilizzo di combustibili solidi per la cucina o per il riscaldamento mediante fiamme libere o stufe e forni, non adeguatamente ventilati, e in abitazioni con scarsa aerazione produce alte concentrazioni di agenti inquinanti aerei come il particolato aerodisperso (PM10 e PM2,5) e il monossido di carbonio.
Le conseguenze sono legate a molte patologie broncopolmonari, sia in adulti che bambini. Inoltre, le basse temperature di alcune case malsane, poco isolate termicamente, con forti dispersioni e assenza o presenza di sistemi di riscaldamento non adeguati, riducono non solo il benessere ambientale, ma inducono l’insorgere di varie malattie dovute agli sbalzi termici.
Ricambio dell’aria contro l’inquinamento
Il punto non è utilizzare carburanti puliti, ma modificare il sistema di aerazione e ricambio dell’aria interna delle nostre case, integrando azioni di modifica dei combustibili utilizzati ad azioni di pulizia e filtro dell’aria interna, operando sia sul ricambio d’aria che su un adeguato equilibrio dell’umidità, altro fattore negativo quando il suo eccesso provoca l’insorgenza di muffe patogene.
Nel 2011 l’Oms ha pubblicato un report intitolato Environmental burden of disease associated with inadequate housing nel quale si rilevava come un elevato numero di insorgenze di patologie e di decessi si deve a misure di sicurezza inadeguate, come l’assenza di rilevatori di fumo, all’uso di combustibili solidi come fonte di energia e alla scarsa ventilazione
degli ambienti domestici.
I numeri presentati dall’Oms sono eclatanti, dato che per queste cause si contano ogni anno in Europa oltre 100 mila decessi. La connessione tra qualità dell’ambiente domestico e decessi è misurata da un indicatore chiamato Dalys (Disability-adjusted life-years). Questo indicatore misura, per esempio, la presenza di muffa nelle abitazioni, che è responsabile della perdita di 40 Dalys ogni 100 mila bambini, mentre l’assenza di rilevatori di fumo è responsabile della perdita di 22 Dalys e di 0,9 decessi ogni 100 mila abitanti.
Manutenzione essenziale
Sono molti i fattori che incidono sulla salubrità delle nostre abitazioni, dei luoghi di lavoro, di quelli di studio e di quelli dedicati allo svago. Non solo i combustibili utilizzati o la scarsa aerazione. La temperatura dell’aria, il suo grado di umidità, lo stato di purezza e la sua diffusione nell’ambiente indoor sono tra i primi fattori, elementi modificabili e migliorabili con adeguati soluzioni tecnologiche. Un altro fattore scatenante patologie può essere la scadente qualità dell’aria interna prodotta da impianti di ventilazione mal progettati o mal mantenuti. Gli impianti di ventilazione meccanica controllata, se mal progettati, mal installati o mal gestiti non sono soluzioni, ma possono aumentare i problemi. Per esempio, problemi possono insorgere quando, per risparmiare energia, gli impianti non sono messi nelle condizioni di immettere all’interno quantità adeguate di aria esterna.
In questo senso, un parametro molto importante è il tasso di ricambio dell’aria, secondo cui avviene la sostituzione del suo volume totale. Un adeguato ricambio d’aria minimizza il potenziale di crescita dei contaminanti biologici (muffe) e assicura il benessere degli abitanti di un edificio. Ovviamente, non sono solo questi gli inquinanti interni. L’elenco potenziale è lungo e una delle fonti oggi più analizzate, per esempio, è la presenza di formaldeide nei prodotti utilizzati in vari ambiti (isolanti, colle, vernici, carte, tessuti).
Il ministero dell’Ambiente nel 1991 ha definito l’inquinamento indoor come la presenza nell’aria di ambienti chiusi di inquinanti chimici, fisici o biologici non presenti, dal punto di vista naturale, nell’aria esterna. È un inquinamento diverso, che si somma a quello esterno. I soggetti più a rischio sono gli anziani, i bambini, gli asmatici e le persone con malattie cardiache e polmonari.
Qualità dell’aria: l’edilizia risponde
Dato che passiamo l’80% della nostra vita in luoghi chiusi, siano essi abitazioni o uffici, la qualità dell’aria, il benessere e il comfort diventano elementi imprescindibili per la nostra vita. Per la salubrità e la risoluzione di questi problemi è necessario che l’edilizia, ma soprattutto il mondo della progettazione, faccia un salto di qualità, inserendo la qualità dell’aria indoor come uno dei fattori irrinunciabili per lo sviluppo di una edilizia di qualità. La tecnologia ha prodotto molte soluzioni in grado di rispondere in modo adeguato a queste esigenze, sia nella nuova costruzione che nel recupero.
Ed è forse in questo ambito che ci si deve concentrare di più, perché c’è molto da fare, dato che oltre il 15% del patrimonio edificato è in cattivo stato di manutenzione e che solo il 2% degli edifici in Italia è classificato in classe A. Le potenzialità per il mercato sono molto elevate, soprattutto pensando alle stime sulle patologie dovute all’insalubrità e sui relativi costi sociali dell’Oms che devono far riflettere sul fatto che investire nel benessere significa ridurre i costi sociali e le spese mediche che le regioni sopportano per le malattie legate all’inquinamento indoor.
Dunque, anche se non è proprio esatta l’equazione proposta dai ricercatori sull’equivalenza dell’inquinamento indoor con il fumo del tabacco, certamente una maggiore attenzione e cura in questo ambito permetterebbe di ridurre molte malattie e molti casi di cronicità di situazione che, alla fine, riversano sul sistema sanitario i costi sociali di queste inefficienze. Inefficienze che potrebbero essere risolte con adeguati interventi supportati da buone progettazioni. Progettisti e imprese sono avvertiti.