Anche nella filiera delle costruzioni si registrano casi di cartelli di fissazione dei prezzi considerati illegittimi dall’Authority, un cattivo modo di fare business che penalizza i clienti.
Imprese che possono operare liberamente in un mercato vivace, per competere lealmente e poter offrire prodotti e servizi di qualità a prezzi stabiliti dalle dinamiche di mercato. È questo l’obiettivo dell’antitrust: assicurare che ogni attore abbia la possibilità di operare evitando distorsioni che possano danneggiare l’ecosistema commerciale.
E negli ultimi anni la Commissione Europea ha intensificato gli sforzi per accertare gli illeciti, circa 1.700 quelli individuati dal 2010 al 2020: un numero piuttosto alto, tenuto conto di quanto sia lungo e complicato acquisire le prove.
Anche in Italia, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) è molto attiva e ha preso misure significative per individuare distorsioni. È avvenuto in tanti settori, per esempio nel settore della telefonia, ma anche per la filiera delle costruzioni.
L’Authority ha portato significativi vantaggi per i consumatori e scoraggiato (a suon di multe) pratiche commerciali considerate lesive della concorrenza o informazioni poco chiare al consumatore.
Anche a livello europeo è stata introdotta una normativa per il risarcimento dei danni derivanti da pratiche anticoncorrenziali, rendendo più chiaro il percorso per le aziende danneggiate.
Ma le competenze delle due autorità, europea e italiana, sono diverse e complementari: se entrambe hanno poteri ispettivi, la prima ha un ruolo più ampio nella regolamentazione della concorrenza e nelle violazioni a livello dell’intera Unione, ma non può entrare nel merito degli accordi illeciti all’interno dei singoli Paesi dove, invece, operano le autorità nazionali con cui collabora.
Anomalie e accertamenti
Le azioni illecite avvengono, per esempio, quando ci si accorda per limitare la concorrenza.
«I cartelli non si limitano a fissare dei prezzi, ma stringono patti interni tra fornitori per scoraggiare i clienti dal cercare alternative. Per esempio, se il cliente A è assegnato al fornitore X, potrebbero esserci intese che stabiliscono che, qualora il cliente si rivolga al fornitore Y, quest’ultimo deve applicargli un prezzo non competitivo, mantenendo così il cliente legato al fornitore X», spiega l’avvocato Giovanni Scoccini, dello studio legale Scoccini & Associati, specializzato in diritto civile, amministrativo, commerciale e comunitario, attivamente coinvolto in azioni legali contro cartelli e in cause risarcitorie in diverse giurisdizioni italiane.
Oppure, tra le pratiche vietate vi è la ripartizione geografica del mercato, che prevede che alcune imprese operino esclusivamente in determinate aree.
«Listini simili tra produttori e collegamenti societari diretti o indiretti sono un elemento indiziario per scoprire l’azione, oppure negli appalti pubblici, prezzi nettamente inferiori rispetto alla base d’asta possono sollevare sospetti sulla sostenibilità economica del contratto», aggiunge Francesco Dal Piaz, avvocato cassazionista e titolare dell’omonimo studio specializzato in diritto amministrativo, civile e penale nel settore della Pubblica Amministrazione e privato.
Gli esposti
Il processo di accertamento inizia spesso quando qualcuno presenta un esposto all’autorità competente, dando avvio a indagini che possono essere invasive, con la Guardia di Finanza che effettua ispezioni a sorpresa e interroga i dipendenti per raccogliere prove, raccoglie documenti, e-mail e contratti, controlla l’andamento dei prezzi. Sono gli elementi indiziari.
Certo, non è facile trovare le prove, eppure a sorpresa, c’è una pratica piuttosto comune di rilevamento delle irregolarità ed è l’autodenuncia: «Se un’impresa percepisce che ci sono indagini in corso, può affrettarsi ad auto denunciarsi per ottenere clemenza: il primo soggetto di un cartello che dichiara l’illecito ottiene l’immunità totale, mentre il secondo e il terzo possono ricevere sanzioni rispettivamente ridotte fino al 50% e al 30%», continua Dal Piaz.
Si potrebbe pensare che, essendo difficile rilevare dei comportamenti fraudolenti, l’autodenuncia sia l’ultima ratio. E, invece, c’è una normativa comunitaria le cui implicazioni la rendono plausibile nonché piuttosto praticata, per evitare rischi che sono elevati.
Sanzioni e risarcimenti
«Nel 2014, la Commissione Europea ha introdotto una normativa per facilitare le azioni di risarcimento come deterrente per preservare la libera concorrenza in quanto espongono le aziende a responsabilità civili potenzialmente molto onerose», sottolinea Scoccini.
Infatti, se l’Agcm e l’Autorità europea hanno ciascuna il potere di aprire attività istruttorie per accertare gli illeciti ed erogare sanzioni economiche fino al 10% del fatturato dell’impresa coinvolta, in una successiva causa civile di risarcimento la multa, stabilita dal giudice del tribunale di competenza, non ha limiti d’importo.
Per capirsi mentre le sanzioni possono essere previste in anticipo dalle imprese, i risarcimenti possono superare ampiamente queste cifre e colpire duramente la stabilità finanziaria di un’azienda: se un gruppo di operatori calcola che un aumento del listino possa fargli guadagnare in 30% in più una possibile sanzione di 10 punti sul fatturato non li ferma, perché rimane un 20% di guadagno nell’eventualità che l’illecito venga scoperto.
Insomma, comunque c’è un ritorno economico. Per scoraggiare comportamenti così spregiudicati è stato deciso a livello comunitario che il termine di prescrizione decorre un anno dopo che la decisione di accertamento dell’illecito diventa definitiva.
«Questo meccanismo aiuta a coordinare le azioni tra le autorità e le imprese danneggiate, mantenendo il termine di prescrizione sospeso durante l’accertamento», continua Dal Piaz.
Non a caso, sempre più aziende stanno implementando sistemi di compliance antitrust per analizzare e prevedere possibili violazioni, magari attuate senza la complicità del management, per garantire il rispetto delle leggi. O, male che vada, decidere se autodenunciarsi per ottenere l’immunità.
Quantificare i danni
Qualora un’azienda sia stata danneggiata e l’Autorità nazionale o europea abbia emesso la sentenza definitiva, prerequisito essenziale almeno in Italia, può decidere di intentare una causa civile di risarcimento.
Ai tempi lunghi si aggiunge però la complessità nel quantificare il torto subito: per esempio, si possono utilizzare dati di mercato di prima, durante e dopo l’implementazione del cartello per osservare eventuali incrementi dei prezzi, oppure confrontare l’andamento dei prezzi del prodotto coinvolto con quello di prodotti simili non soggetti a intese illecite. E se i dati non fossero sufficienti?
«La Cassazione e la direttiva europea prevedono che l’impossibilità di provare il danno non preclude il diritto al risarcimento: il giudice, accertata l’esistenza del danno, può deliberare il quantum in via equitativa, ossia attraverso una valutazione ragionevole piuttosto che su dati precisi e documentabili», rileva Scoccini.
In pratica, chi commette degli illeciti è potenzialmente esposto a sanzioni a responsabilità civili non prevedibili.
Il caso Zecca
Anche il settore delle costruzioni è influenzato da dinamiche di mercato e comportamenti che possono compromettere la concorrenza e aumentare i costi per le imprese.
Un esempio è rappresentato dal caso affrontato anni fa da Zecca Prefabbricati e Zecca Sud Immobiliare, in merito all’aumento giudicato ingiustificato dei prezzi dei trefoli, i cavi d’acciaio, che nel loro caso avrebbe inciso negativamente sui costi di costruzione di una serie di capannoni.
La tesi è stata la conferma nel 2010 da parte della Commissione Europea, che ha stabilito l’esistenza di un cartello nel settore dei trefoli, che ha coinvolto circa il 90% dei produttori, comprese molte aziende italiane e gruppi internazionali, con un impatto significativo sui listini commerciali.
In pratica, la decisione definitiva dell’organo comunitario ha stabilito che l’incremento dei costi fosse attribuibile a un accordo tra diverse aziende, in violazione dell’articolo 101 del Tfue.
Dichiarazione che ha convinto le società Zecca, assistite dallo Studio Legale Scoccini ad avviare una causa civile di risarcimento, come previsto dalla direttiva europea, al Tribunale di Milano.
La XIV sezione del foro milanese nel valutare i danni, tra i vari elementi ha considerato anche la differenza del prezzo che le imprese avrebbero pagato in assenza del cartello rispetto all’acquisto effettuato del prodotto sottoposto a tale intesa.E il risarcimento complessivo è stato stabilito in oltre 3 milioni di euro, oltre alle spese legali.
Ma il caso dei cavi d’acciaio non è l’unico: altre contestazioni hanno coinvolto e coinvolgono ancora l’intero arco della filiera, dalla produzione alla distribuzione. E, probabilmente, in futuro ce ne saranno ancora.
Fissazione dei prezzi: che cosa prevede la Ue
Il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (Tfue) è uno dei principali strumenti che regolano l’Unione Europea e ne stabilisce le competenze e le politiche disciplinando il mercato interno, la concorrenza e le relazioni esterne.
In questo contesto gli articoli 101 e 102 trattano le pratiche anticoncorrenziali delle imprese, ma in due ambiti diversi.
L’articolo 101 vieta gli accordi tra imprese che possano danneggiare la concorrenza nel mercato, come la fissazione dei prezzi o la ripartizione dei mercati, l’applicazione di condizioni dissimili nei rapporti commerciali e prevede che tali accordi siano considerati nulli di diritto.
Esistono però eccezioni e si applicano se queste intese contribuiscono a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o, ancora, promuovono il progresso tecnico ed economico favorendo i consumatori.
L’articolo 102, invece, si occupa dell’abuso di posizione dominante da parte di un’impresa. In pratica, non si concentra sui patti tra più imprese, ma piuttosto sulle azioni di un singolo operatore economico che ha un potere significativo nel mercato.
L’obiettivo è lo stesso: impedire comportamenti lesivi come l’imposizione di prezzi iniqui o condizioni commerciali svantaggiose.
di Monica Battistoni