Una volta si costruiva meglio adesso? L’interrogativo se lo pone l’economista Paul Krugman sul Sole 24Ore. «Henry Petroski, un ingegnere che sa anche scrivere bene, in un recente editoriale pubblicato sul “New York Times” (potete leggerlo qui: nyti.ms/TDP387) deplora il peggioramento negli Stati Uniti delle buone costruzioni. Si tratta di una lettura molto interessante. Al momento sto cercando di capire se credo nella sua premessa. Una cosa è certa: in America c’è stato un declino catastrofico e imperdonabile degli investimenti pubblici proprio quando avremmo dovuto fare molto di più. I lavoratori del settore edilizio stanno soffrendo un’altissima disoccupazione; i costi dell’indebitamento pubblico sono ai minimi storici; l’economia, in sostanza, è inondata da manodopera e capitale in eccesso che supplicano di essere utilizzati. Ma guardate in questo grafico che cosa sta accadendo di fatto al settore dell’edilizia pubblica…», scrive Krugman. Ma la conclusione non è la stessa: «È vero, i vecchi edifici che conosciamo sembrano effettivamente costruiti meglio dei nuovi. Non siamo forse in presenza di un errore di prospettiva legato a ciò che sopravvive? Gli edifici che in passato si costruivano spendendo poco hanno avuto molte più probabilità di crollare o, per quel che conta, maggiori possibilità di essere abbattuti rispetto agli edifici di qualità. Di conseguenza, noi oggi vediamo il meglio di ciò che è stato costruito in passato». E conclude «Senza contare poi che non tutto ciò che merita di essere costruito è costruito bene. L’edilizia da quattro soldi ha senso solo se uno presume che cambiando la destinazione d’uso di un terreno si renderà obsoleto in tempi assai brevi un edificio costruito a caro prezzo.
Premesso tutto ciò, non so se Petroski abbia torto. Probabilmente gli americani stanno veramente edificando in modo scadente, ma per esserne convinto mi servirebbero alcune prove in più». Insomma, i sospetti ci sono, ma mancano le prove.