Si fallisce meno, ma c’è chi fallisce più degli altri. A scattare la fotografia dello stato di salute finanziario delle imprese è Crif, società specializzata nell’assegnare il merito di credito. A dicembre 2017, indica Crif, il tasso di default (ritardi di più di 90 giorni nei pagamenti) calcolato si è attestato al 3,9%, in lieve riduzione rispetto al 4,0% di giugno 2017. E il default porta di sovente al fallimento. Il calo è più evidente se raffrontato al 4,7% di dicembre 2016, dato a sua volta già in netto progresso rispetto al 5,8% Di fine 2015.
Crif ha suddiviso le imprese in 13 settori (Agricoltura – Alimentare, Bevande e Tabacco – Chimica e Farmaceutica – Commercio – Costruzioni e Infrastrutture – Impiantistica – Immobiliare – ICT, Media e TLC – Manifattura – Mining – Oil & Gas – Servizi – Trasporti e Logistica – Utilities ed Energia). Risultato: la riduzione dei tassi default ha trasversalmente coinvolto l’intera struttura produttiva nazionale, in maniera più o meno intensa. Falliscono meno le imprese di ’Agricoltura, Mining – Oil&Gas, Costruzioni e Infrastrutture, dell’Impiantistica e dell’Immobiliare, ovvero i settori che hanno maggiormente risentito degli effetti della crisi economica. Ma, allo stesso tempo, il settore delle Costruzioni conferma il tasso di default più elevato (6,2%).
«Il calo dei tassi di default registrato nel 2017 segue il percorso di graduale e costante miglioramento del profilo di rischio delle imprese non finanziarie italiane iniziato a partire dal 2014, dopo un biennio caratterizzato da tassi particolarmente elevati a causa della recessione economica e del contestuale incremento dei crediti bancari deteriorati», spiega Davide Tommaso, Associate del dipartimento Corporate di Crif Ratings. «L’assestamento dei tassi di default al di sotto dei livelli pre-crisi va letto alla luce di un sistema produttivo più solido, supportato da un’accelerazione dell’economia mondiale e dal miglioramento di quella italiana. Inoltre, un contribuito importante alla riduzione del profilo di rischio viene da quotazioni del petrolio che restano tutto sommato contenute e dal regime di tassi di interesse bassi che garantiranno, anche per il prossimo biennio, un costante flusso di liquidità a supporto delle esigenze finanziarie delle imprese».