Del neoministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, si sono dette e scritte molte cose. Tutti i commentatori sono concordi nel sostenere che si tratti di un economista preparato, con una visione internazionale. La sua attività al Fondo monetario internazionale e all’Ocse, come vice direttore generale, lo pongono di sicuro anche in grado di reggere il confronto in ambito europeo, dove il governo Renzi dovrà bussare per chiedere flessibilità sui parametri di Maastricht (tradotto: aumentare il deficit di bilancio) in cambio di riforme. Premesso questo, è bene riflettere sulle intenzioni di Padoan riguardo alla politica fiscale. Per quanto riguarda gli immobili, l’idea è che una tassa fondiaria debba esistere per tutti, anche per la prima casa. Lo si legge nel rapporto Ocse scritto dallo stesso Padoan circa un anno fa, nel maggio 2013. Scriveva l’Ocse: «Le future misure fiscali dovrebbero seguire le indicazioni formulate dal FMI (2012) nella sua valutazione favorevole del disegno di legge per la riforma fiscale, in particolare accrescendo il carattere prevedibile e la trasparenza delle disposizioni, chiarendo e limitando il ruolo del diritto penale nella definizione della base imponibile, e rafforzando la nuova imposta sugli immobili tramite stime aggiornate e più eque, fondate sul mercato. Tali misure non sono state adottate definitivamente prima dello scioglimento delle camere in vista delle elezioni. Potrebbero costituire la base dei futuri piani di riforma fiscale». Anche se è bene contestualizzare la frase: era il momento in cui, con le elezioni appena concluse, montatava la battaglia dell’Imu, cioè per la sua abolizione. Con il conseguente pasticcio-beffa che ha fatto imbufalire gli italiani ed è stata una delle cause della caduta del governo Letta. Quello che dice Padoan è, invece, che l’imposta sulla casa la devono pagare tutti, prima e seconda abitazione, ma deve essere proporzionale al reale valore degli immobili, con un’aggiornamento del catasto. In cambio, si può «promuovere un mercato del lavoro più inclusivo, migliorare l’occupabilità tramite un maggiore sostegno alla ricerca di lavoro e alla formazione, estendendo allo stesso tempo la rete di protezione sociale, invece di cercare di mantenere i posti di lavoro esistenti. Promuovere l’allargamento dell’accordo attuale tra le parti sociali in modo da garantire un migliore allineamento dei salari all’andamento della produttività, al fine di ripristinare la competitività». Insomma, torna l’Ici o Imu o come si chiamerà la tassa fondiaria, per tutti. Speriamo almeno che sia l’ultimo cambiamento per i prossimi dieci anni. Un altro aspetto della politica fiscale che dobbiamo aspettarci riguarda l’Iva. Non sarà abbassata di sicuro. L’Ocse pubblica questo grafico che è abbastanza esplicativo, in cui l’Italia è agli ultimi posti per gettito di imposta sul valore aggiunto. Conclusione: non bisogna farsi illusioni, nessuno ha la bacchetta magica per abbassare le tasse e se qualcuno lo prometterà di nuovo, non credeteci.