Le imprese devono guardare ai nuovi mercati, ai nuovi prodotti e alle nuove offerte, attraverso un nuovo rapporto dialettico e flessibile con la domanda, in una logica integrata di filiera e di processi costruttivi e gestionali del prodotto edilizio. Le reti di imprese possono essere un ottimo veicolo per innovare, per ottimizzare e per impostare politiche di crescita economica e imprenditoriale
Una delle strategie più interessanti e che può creare i maggiori benefici per le imprese, in questa fase critica, riguarda la creazione di reti di imprese. La piccola dimensione delle imprese del settore delle costruzioni è un limite rilevante al conseguimento di una maggiore efficienza gestionale e ad una maggiore efficacia operativa. La piccola dimensione infatti limita la capacità di cambiare le strategie, impedisce di internazionalizzarsi e in generale di contrastare la pressione competitiva. La rete, intesa come fattore di collaborazione e sinergia tra imprese, ma anche come vero e proprio network informativo (dove il web può giocare un ruolo fondamentale nella riorganizzazione del rapporto domanda-offerta e dell’organizzazione stessa del sistema dell’offerta), è quell’elemento in grado di favorire i processi di riorganizzazione aziendale e dei modelli di offerta. In passato il sistema produttivo italiano ha dato vita, in alcune aree del paese, ai distretti industriali, una prima forma di rete informale che ha consentito di ottimizzare alcuni processi e ridurre i vincoli connessi con la piccola dimensione. Oggi si parla spesso di APEA (aree produttive ecologicamente attrezzate) come sistema ottimizzato di organizzazione dei servizi a supporto delle imprese in una data area. Ma la storia dei distretti industriali e l’organizzazione del sistema delle costruzioni deve farci riflettere sulla effettiva modalità di organizzazione dei sistemi a rete per le imprese. Non basta infatti la vicinanza territoriale a produrre competitività. Serve una migliore costruzione di partnership strategiche fondate su obiettivi comuni, reciproci interessi e soprattutto ampia e articolata conoscenza. Uno dei gap fondamentali da superare, infatti, nella costruzione di reti di imprese riguarda la cosiddetta “asimmetria informativa”, ovvero la difficoltà ad acquisire informazioni sulle caratteristiche dei partecipanti alla rete, che rende di fatto difficile stringere accordi e sottoscrivere contratti adeguati. Ma un punto chiave è proprio questo: la costruzione di legami strategici e di modalità di offerta che, sfruttando la diffusione territoriale capillare e la qualità e competitività dei soggetti, consenta di promuovere un modo più integrato e ottimizzato, dunque competitivo e remunerativo, di stare sul mercato. Allo scopo di promuovere e favorire la costruzione di reti di impresa è stato introdotto il “contratto di rete” con la legge finanziaria del 2009, che prevede anche particolari incentivi fiscali, i quali possono essere un utile stimolo. Tuttavia lo stimolo principale deve giungere da un diverso approccio al mercato e alla costruzione di nuovi modelli di offerta. E in questo senso la tradizionale riluttanza delle imprese italiane a uscire dal capitalismo familiare e dalla piccola dimensione è un freno non da poco. Ma cosa sono le reti di imprese? Sono in sostanza forme di coordinamento stabili, intermedie fra il mercato e la gerarchia della filiera produttiva, finalizzate ad un obiettivo comune. Nel nostro paese, secondo una recente pubblicazione della Banca d’Italia, sono attive oltre 200 reti di imprese che coinvolgono oltre 1.000 imprese, il 44,6% delle quali include reti orizzontali (ovvero sinergie tra soggetti che svolgono le stesse attività) e solo il 29,8% di reti di filiera (o reti verticali, ovvero sinergie tra soggetti che svolgono attività diverse distribuite nella filiera produttiva). Il rimanente partecipa a reti di ricerca e sviluppo. La dinamica di crescita delle reti di imprese è interessante, ma le imprese che fino ad oggi hanno costruito e aderito a reti sono veramente molto poche rispetto all’universo imprenditoriale italiano. Inoltre, è molto significativo che i comparti che hanno finora guardato a questo sistema come ad una opportunità positiva riguardano solo le attività manifatturiere, mentre l’edilizia è scarsissimamente rappresentata, solo in pochi e rati casi legati alla produzione e vendita di materiali per le costruzioni. Eppure l’edilizia, con la sua struttura articolata della filiera e la necessità di integrazione a tutti i livelli che i nuovi metodi costruttivi legati alla sostenibilità prevedono, dalla progettazione all’esecuzione, potrebbe e dovrebbe essere uno dei settori nei quali lo sviluppo delle reti di imprese andrebbe favorito e promozionato. Ma forse proprio la dimensione di impresa, vero punto debole dell’edilizia oggi, è uno dei principali freni alla creazione di sistemi di reti di impresa ben articolati e strutturati. E soprattutto competitivi. Eppure le reti già esistenti in Italia evidenziano che si può fare e che conviene. Mediamente (secondo i dati di Banca d’Italia) sono reti formate da cinque imprese, ma il 21% di esse sono composte da 6 a 15 imprese. E soprattutto un elemento di grande novità rispetto all’esperienza dei distretti industriali è che in molti casi includono imprese localizzate in aree molto distanti tra loro. Per fare un paragone la media della distanza fra i comuni in cui sono insediate imprese appartenenti a una stessa rete è in media di circa 68 km, a fronte di 11 km per i comuni appartenenti a uno stesso distretto industriale. Molte reti sono nate da precedenti rapporti consolidati tra le imprese e per la maggior parte sono localizzate nel Nord Est e nel Centro. Poca la presenza invece nella aree del Nord Ovest. Dunque il tessuto fertile delle piccole e medie imprese diffuse sul territorio, tipico del Nord Est e del Centro (teorizzato nel passato nel cosiddetto modello NEC da Giorgio Fuà), è un ambito nel quale si sta sviluppando il sistema delle reti di imprese. Nel mondo dell’edilizia e delle costruzioni questo sistema potrebbe avere più di una ragione d’essere e sfruttare proprio la strutturazione in piccole e medie imprese per costruire sistemi di offerta ottimizzati e orientati al mercato e al cliente. In particolare, dato che la crisi economica e dell’edilizia non è una crisi di breve periodo e soprattutto è una crisi strutturale, le imprese dovrebbero muoversi verso aree e ambiti di mercato innovativi nei quali una parte dell’innovazione deriva dall’ottimizzazione dei processi e dall’organizzazione di filiera. Se l’imprenditoria delle costruzioni, a tutti i livelli della filiera, diventerà maggiormente consapevole che lo sviluppo non può avvenire con le stesse modalità del passato e se il sistema delle imprese inizia a prendere in considerazione l’opportunità di agire su mercati più allargati e globalizzati, allora lo sviluppo di sistemi di reti di imprese anche nelle costruzioni potrà avere un successo non solo a livello di singoli ed eclatanti casi, ma in senso più ampio. Il nostro sistema imprenditoriale è sicuramente competitivo dal punto di vista della capacità d’ideazione, di realizzazione di prodotti e di gestione dei processi. Però è anche vero che il nostro sistema è ancorato a una visione artigianale e produttiva di piccola dimensione, di micro-dimensionalità che altri paesi, come la Germania, non hanno. In quei paesi la struttura produttiva è capace di fare sistema e di competere nel mondo. Ma in questi paesi sono presenti anche politiche industriali chiare e precise. In Italia, purtroppo, e nel settore delle costruzioni in particolare, non si sono mai fatte politiche industriali di sistema. Affrontare il tema delle reti invece significa pensare in un logica di sistema. La crisi può essere utile per dare una scossa in questo senso, un segnale soprattutto alle nuove generazioni di imprenditori, mostrando modi diversi di fare impresa assieme alle altre imprese, trovando gli spazi della cooperazione nella costituzione delle reti di imprese, che sono i veri luoghi dove costruire conoscenza. E sulla conoscenza si basano competitività e sviluppo. In un sistema produttivo composto in larga parte da piccole imprese, gli strumenti destinati a favorire le aggregazioni dimensionali meritano di essere analizzati e utilizzati con attenzione, perché potrebbero rivelarsi una vera e propria chiave di volta per accrescere la nostra produttività e la nostra competitività.