Ogni giorno si parla di immigrazione. A casa, a lavoro, con gli amici. E sempre quotidianamente ne si sente parlare – spesso e volentieri a vanvera – dai nostri politici. Da chi predica l’accoglienza a tutti i costi, a chi il respingimenti a tutti i costi: aiutiamoli a casa nostra, aiutiamoli a casa loro. Il fenomeno dell’immigrazione è oggigiorno una sfida storica, per l’Italia e per l’Europa: non lo si può affrontare (e pensare forse addirittura di risolvere) con slogan o avanzando soluzioni di molto poco realismo e buon senso Il fenomeno è a dir poco multiforme e un buon punto di partenza per affrontarlo è, anzitutto, delinearlo nella sua complessità, così da conoscere le implicazioni e le prospettive di un trend irreversibile. Capita di rado di sentir parlare di flussi migratori con serietà come invece si è fatto in occasione del convegno “Immigrazione ed emigrazione: economia di un fenomeno multiforme” tenutosi presso la Triennale di Milano (organizzato da Ubi Banca, Fondazione Nicola Trussardi e, appunto, La Triennale) con ospiti esperti della tematica quali il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, promotore con Emma Bonino ed Enzo Bianco (sindaco di Catania) di un progetto di riforma della Legge Bossi-Fini; Tommaso Frattini, Professore di Economia Politica presso l’Università Statale di Milano; Paolo Magri, Direttore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale; Mario Molteni, Professore di Economia Aziendale presso l’Università Cattolica di Milano e A.D. di E4Impact Foundation. A moderare il dibattito è stato Federico Fubini, Vicedirettore del Corriere della Sera.
Senza gli immigrati l’economia delle società moderne non sarebbe più in grado di funzionare: un fenomeno che riguarda sempre più il nostro Paese in quanto meta e origine di flussi migratori. «Molto spesso, quando si parla di immigrazione, le opinioni individuali sono basate più su percezioni ed evidenze aneddotiche che su dati reali. Ad esempio, in tutti i Paesi gli autoctoni tendono a sovrastimare la presenza di immigrati nella popolazione”, ha affermato Tommaso Frattini. «Per uscire da una gestione del fenomeno migratorio basata su emergenzialità ed emotività è invece opportuno pensare a politiche migratorie che riconoscano gli indubbi benefici economici dell’immigrazione e si attrezzino per massimizzarli e condividerli». Insomma, esiste uno scollamento importante tra la dimensione reale dell’immigrazione e la sua percezione. Ed esistono benefici innegabili, con buona pace dei costruttori di muri. Il timore più diffuso è che gli immigrati, oltre a rappresentare una minaccia per la nostra sicurezza, rappresentino un costo troppo elevato. La verità, però, sarebbe un’altra. Nel 2016 le entrate pubbliche contributive della popolazione immigrata è stata di 16,9 miliardi di euro, mentre la spesa è stata di 14,7 miliardi. Udite, udite: il saldo è in positivo di ben 2,3 miliardi di euro.
Il fenomeno migratorio riguarda milioni di persone in movimento alla ricerca di lavoro, maggiori opportunità e migliori condizioni di vita. Paolo Magri, Direttore dell’Istituto per gli Studi di Politca Internazionale, ha commentato: “Chi si illude, negando il fabbisogno prospettico di migranti dell’Italia, che la cosiddetta emergenza debba e possa essere bloccata, sottovaluta i fattori di fondo strutturali del fenomeno. Senza adeguate politiche nazionali di accoglienza ed integrazione e politiche europee di controllo e ridistribuzione rischiamo di rendere la situazione ingovernabile”. E poi è sempre bene ricordare come l’immigrazione legale continua a essere superiore a quella illegale: nel 2008 gli immigratori regolari erano circa 560mila, mentre nel 2016 sono stati poco più di 300mila. Nel 2006 l’immigrazione legale rappresentava il 92,7 del totale (appena il 7,3 era illegale), mentre oggi le proporzioni sono cambiare: 61,8 legale contro il 38,2% di quella clandestina. E ancora: chi lo direbbe mai che appena il 2% degli immigrati è rappresentato dai rifugiati? Invece è proprio così. Ciò significa che il 98% è costituto da migranti economici. Come spiega Paolo Magri, in futuro non sarà certamente diverso questo trend, anzi. Perché oltre ai migranti dalla Siria e dall’Afghanistan, la stragrande maggioranza è rappresentata da quelli provenienti dall’Africa: e su questo mastodontico flusso non abbiamo al momento alcun controllo. Si muove appunto in questo segno il tentativo di stringere accordi con la Libia per mettere in piede un’operazione di filtraggio costante, evitando di essere vittime di guardie costiere corrotte, e programmi internazionali che sappiamo promuovere lo sviluppo dei Paesi africani. Magri conclude: «Non possiamo accogliere senza filtro i migranti economici, con buona pace dei fautori dell’accoglienza sempre e comunque. Bisogna mettere un freno e accettare compromessi come quello con la Turchia; possono non piacerci, ma sono inevitabili. Allo stesso modo, è fuori dal mondo parlare di allontanamento a tutti costi, perché non è un fenomeno che si può gestire chiudendo gli occhi e le porte. Perché un fenomeno migratorio filtrato è più che utile».
E allora, come detto, non si tratta però solo di gestire i flussi migratori o di garantire l’accoglienza, occorre contribuire a progetti di intervento fattivo nei territori di maggiore provenienza degli immigrati. Mario Molteni, Professore presso l’Università Cattolca di Milano e Amministratore Delegato di E4Impact Foundation, ha spiegato: «Centinaia di migliaia sono gli arrivi in Europa, ma ogni anno sono ben 29 milioni i giovani africani che entrano nel mercato del lavoro. Di qui la necessità di un impegno per lo sviluppo dell’imprenditorialità in Africa, che peraltro può rappresentare una grande opportunità per le imprese italiane. Questa duplice dimensione sta al cuore della missione di E4Impact Foundation».