Il recupero e il riciclo dei materiali edili da demolizione, o di qualsivoglia materiale edile che abbia terminato la sua funzione, dovrebbe essere una priorità per tutti. Ne parliamo da una ventina d’anni almeno, con alterni risultati, ovvero con un inizio scoppiettante, dove tutti sembrano in trance ecologica, seguito, dopo poco, da una deriva di deboli intenzioni che sfumano lentamente, come il sole al crepuscolo della sera.
Un po’ che molti non sono organizzati e non hanno tempo e spazio da dedicare ai centri preliminari di raccolta, un po’ che la legge, tanto per cambiare, è stata sempre piuttosto farraginosa nei dettami, ma puntuale nel sanzionare eventuali infrazioni, un po’ che ognuno ha i suoi sacrosanti problemi, alla fine il recupero dei materiali è rimasto una bella ma utopica intenzione.
La nascita del Rec, Recupero Edilizia Circolare, è l’ennesimo, lodevole tentativo di mettere un po’ d’ordine in una materia, quella dell’economia circolare, che si presta a diverse interpretazioni, tanto è vero che anche Federcomated, la Federazione nazionale dei rivenditori edili, ha organizzato più di un incontro e anche un Convegno per spronare i suoi aderenti a darsi da fare in questo senso, offrendo dritte precise in nome di una «rivoluzione ecologica» che forse può suonare una definizione un po’ aulica, ma che nella sostanza individua uno dei grandi business del futuro, oltre ovviamente all’aspetto puramente ecologico, e direi anche di solidarietà sociale.
Negli ultimi anni, come tutti sappiamo, fra covid e problematiche varie relative alle forniture forse non c’è stato molto tempo per organizzare i centri di raccolta come si conviene. Ma c’è anche da dire che se aspettiamo di avere tempo, non ci muoveremo mai. Ecco perché attivarsi deve diventare una priorità da inserire con convinzione nella vastità delle altre priorità di ogni giorno.
Tra l’altro, anche in virtù del fatto che la sensibilità ecologica si muove in modo trasversale fra le italiche genti, non è più così raro che imprese edili e artigiani si trovino nella necessità di trovare un punto di riferimento per lo smaltimento dei rifiuti di cantiere. E quale luogo più di un magazzino edile, che con ogni probabilità già frequentano ogni giorno o quasi, per diventare per loro un naturale punto di approdo?
Poi, sapete com’è, la voce gira e magari sulle soglie dei vostri punti vendita si possono anche affacciare nuove imprese e nuovi artigiani che, già che sono lì per scaricare, magari ne approfittano anche per caricare. Lo scrivo perché so per certo che chi offre questo servizio ha avuto gradevoli incrementi di fatturato.
La natura strettamente democratica del recupero e del riciclo dei materiali da costruzione coinvolge tutti. Dai produttori agli applicatori, con apprezzamento anche da parte del cliente privato, sempre più incoraggiato a rendere la propria casa un luogo il più possibile salubre e possibilmente non in continuo ostaggio delle bollette energetiche.
Il discorso è chiaramente vasto e non lo possiamo esaurire in poche righe. La produzione è sempre più impegnata a migliorare il ciclo di vita dei prodotti, che tradotto significa che soluzioni innovative che durano nel tempo evitano continui rifacimenti e quindi la creazione di materiali di risulta.
La transizione ecologica ha dunque svariati aspetti, anche quelli che non ti aspetti. Sono decenni che sogniamo che il magazzino di materiali edili possa diventare il centro di qualcosa. Un centro preliminare di raccolta può quindi essere un primo concreto passo per dimostrare alla filiera che non rappresentiamo solo un posto di transito delle merci, ma strutture utili anche al processo di sostenibilità ambientale, luoghi di cultura del progetto ecologico che contribuiscono a ripulire con coscienza questo nostro mondo. Un mondo che, vale la pena sottolinearlo, ne ha un grande bisogno.
di Roberto Anghinoni, giornalista (dalla rubrica «I fatti nostri» su YouTrade n. 136)