Nel 2016 l’export italiano di beni di consumo che passa attraverso i canali digitali segna una crescita significativa, +24% rispetto all’anno precedente, e raggiunge un valore di mercato di 7,5 miliardi di euro. Ma rappresenta ancora una quota marginale, di poco inferiore al 6%, delle esportazioni totali di beni di consumo destinati al cliente finale. Il Fashion si conferma il settore principale delle esportazioni via e-commerce, con un peso di poco superiore al 60%, seguito a distanza dal Food (17%) – il settore con il maggiore tasso di crescita (+32%) – e poi da Arredamento e Design (entrambi al 12%). I grandi retailer sono il canale di distribuzione online privilegiato per le vendite oltreconfine e raccolgono il 52% del fatturato dell’Export digitale. Al secondo posto i marketplace (34%), il canale che è cresciuto maggiormente nel 2016, +46%, poi i siti delle vendite private (8%) e i siti di eCommerce di aziende produttrici (6%). I principali mercati di sbocco sono ancora Europa e Stati Uniti, con una predominanza dei Paesi occidentali europei (in primo luogo la Germania), e si rafforza anche la presenza in alcuni Paesi dell’Est Europa, tra cui Russia e Polonia, mentre resta marginale l’Export verso altri mercati come il Sud America, il Sud-Est Asiatico e la Cina. Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Export della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net) presentata al convegno “Export digitale: una sfida, tante opportunità”.
Dalla ricerca emerge una forbice ancora molto ampia fra il valore dell’Export online “diretto” – in cui l’interazione con il cliente è gestita da un operatore italiano attraverso i siti di produttori, portali dei retailer online o multicanale (come LuisaViaRoma e Yoox net-a-porter-Group) o marketplace “italiani” (come Amazon.it e eBay.it) – l’Export online “indiretto”, che passa attraverso i siti di eCommerce dei grandi retailer online stranieri (come Zalando, JD.com, Suning), i grandi marketplace (Amazon ed eBay con domini stranieri, Tmall) e i siti di vendite private internazionali (come vente-privee.com o VIP). L’Export diretto, infatti, pur registrando una crescita significativa nel 2016 (+23%), vale solo 2 miliardi di euro. Al suo interno, il Fashion fa la parte del leone, raccogliendo circa due terzi del fatturato (65%), seguito da Food e Arredamento/Home Design con il 10% ciascuno, poi Elettronica di consumo (4%). Il canale principale per l’Export diretto sono i retailer nazionali, che generano il 58% del valore delle vendite e buona fetta del mercato, il 26%, è costituita da siti propri di aziende produttrici, i marketplace con dominio .it si fermano al 16%. L’Export online indiretto invece genera 5,5 miliardi di euro di fatturato: il 60% riconducibile al Fashion, il Food e Arredamento/Home Design coprono rispettivamente una quota del 21% e del 13%, gli altri settori confermano la loro marginalità fermandosi al 6%. Il canale di vendita privilegiato è costituito dai retailer online stranieri, che abilitano circa metà delle transazioni. I marketplace stranieri pesano molto di più dei corrispettivi italiani, con una quota del 40%. Seguono i siti delle vendite private internazionali, che rappresentano il 10%.
“In uno scenario internazionale altamente competitivo, con consumatori sempre più inclini all’uso delle tecnologie digitali, l’adozione dell’eCommerce come canale di vendita all’estero può risultare una scelta vincente, utile a sostenere la crescita dell’Export italiano – afferma Riccardo Mangiaracina, Direttore dell’Osservatorio Export -. In Italia l’utilizzo dei canali eCommerce per esportare è un fenomeno recente: sono in crescita i volumi ed aumenta la consapevolezza delle opportunità. Ma sfruttare le opportunità fornite dall’Export digitale non è semplice: occorrono preparazione, competenze, propensione al cambiamento e adeguati investimenti. È necessario studiare le caratteristiche dei vari Paesi e dei settori per mettere a punto modelli di Export in grado di sbloccare il potenziale dei canali digitali”. La survey dell’Osservatorio Export su un campione di 100 aziende italiane esportatrici nei settori consumer rivela che circa metà delle imprese di questi comparti usa già canali eCommerce per esportare. Di queste, solo il 5% esporta secondo una strategia solo online, il 30% la varia (esclusivamente offline o online) a seconda del Paese di destinazione, il 15% adotta una strategia multicanale in tutti i Paesi. Circa il 50% delle imprese esportatrici digitali usa l’eCommerce da non più di due anni, circa un quarto ha iniziato da appena un anno. Circa il 64% delle aziende che ancora non fa Export online ha intenzione di farlo in futuro. In particolare, la metà di queste ha intenzione di attivare canali eCommerce all’estero entro i prossimi tre anni.
Lo scenario macroeconomico dell’Export
Sono 210 mila le imprese esportatrici italiane, un numero rilevante se si considera la piccola dimensione che caratterizza il tessuto manifatturiero italiano. Ma l’intensità di Export è debole: il 45,5% delle imprese esporta meno del 10% del fatturato, solo il 10,3% esporta almeno il 75%. Lo rivela l’analisi dell’Osservatorio Export sullo scenario macroeconomico italiano, da cui emerge chiaramente come l’Export continui a rappresentare un traino per l’economia nazionale, poiché la domanda estera è molto più dinamica di quella interna. Cresce la cosiddetta “propensione all’Export” – il rapporto tra valore complessivo delle esportazioni e PIL – che nel 2016 si attesta al 43% per i beni manufatti, in linea con diversi Paesi di pari dimensioni e livello di sviluppo, come Francia e Spagna, ma inferiore a quello della Germania, il maggiore esportatore europeo. E nel 2016 il fatturato delle imprese italiane sui mercati esteri aumenta del 45% rispetto ai livelli del primo trimestre del 2009, mentre il fatturato domestico risulta sostanzialmente invariato. “Questa dicotomia – spiega Lucia Tajoli, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Export – è dovuta sia a fattori congiunturali come la diversa velocità di ripresa della domanda dopo la crisi finanziaria internazionale, sia a fattori strutturali legati alla crescita di peso dei mercati emergenti extra-europei. Questo spinge naturalmente l’Export italiano, che è ancora molto concentrato nei mercati maturi, verso una maggiore diversificazione geografica. Se Germania e Stati Uniti restano i Paesi più attrattivi, Emirati Arabi, Cina, Corea del Sud e Paesi ASEAN possono rappresentare partner commerciali particolarmente importanti e dinamici, seppure con la dovuta attenzione ai fattori di rischio presenti in questi mercati. La ricerca dei mercati esteri, dei settori ottimali in cui collocarsi e dei modelli di esportazione più appropriati ha un ruolo fondamentale per tutta l’economia italiana”.
La Cina
La Cina è oggi il Paese con il più alto numero di utenti web al mondo, con circa 688 milioni persone che si connettono regolarmente alla rete: un cinese su due naviga, si informa sul web e utilizza chat; uno su tre effettua acquisti attraverso PC o dispositivi mobili. L’eCommerce rappresenta una straordinaria opportunità per raggiungere questo Paese, dove potere di acquisto e mercato sono in espansione e si registra un interesse crescente del consumatore verso il settore del lusso e i marchi del made in Italy. Il mercato dell’eCommerce cinese nel 2016 prosegue la crescita turbinosa con un +23,6% e un totale di transazioni (B2b + B2c) stimati in 2.700 miliardi di euro. La Cina ormai pesa per oltre il 45% del mercato mondiale dell’eCommerce B2C e ambisce a superare la quota del 50% nel 2017. Nel 2016, inoltre, si è assistito a un ulteriore rafforzamento delle vendite online cross-border (verso la Cina), che hanno raggiunto i 30 miliardi di euro, +86% rispetto al 2015. “La Cina è un Paese con un alto potenziale di crescita per l’Export digitale italiano, ma la scarsità di indicazioni pratiche su come accedere efficacemente a questo mercato e l’incertezza sui ritorni dall’investimento possono costituire un limite alla vendita tramite eCommerce – rileva Lucio Lamberti, Senior Advisor dell’Osservatorio Export -. Esistono almeno sei alternative per esportare online in Cina: identificare il modello più idoneo alle proprie caratteristiche è determinante per il successo dell’iniziativa. Indipendentemente dal settore di appartenenza e dalla piattaforma utilizzata, però, l’investimento in Export digitale verso la Cina risulta profittevole nel medio periodo, ma un ruolo chiave è giocato dallo sforzo di marketing profuso e dall’impatto sulle vendite”.
Gli Usa
Nonostante un livello di maturità superiore alla Cina, l’eCommerce statunitense continua a crescere, aumentando l’attrattività per l’Export italiano: il mercato americano delle vendite online B2c, il secondo al mondo, si attesta nel 2016 a 489 miliardi di euro, con una crescita del 12%. La penetrazione sul totale delle vendite retail ha raggiunto il 15%, quasi un punto in più rispetto all’anno precedente. “Lo sviluppo dell’Export digitale delle imprese italiane però verso gli USA resta un “percorso” difficile da portare a termine – spiega Lucia Piscitello, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Export -. Le aziende hanno tendenzialmente un controllo limitato sui processi logistici, non sono quasi mai presenti in loco con magazzini o strutture distributive, servono studi esterni per dirimere questioni legali, e soprattuto resta il problema delle competenze degli Export manager “tradizionali” che raramente hanno un’esperienza adeguata in ambito digitale ed eCommerce”.
Altre aree
In Europa, il quadro economico presenta segnali decisi di ripresa dopo la crisi, ma si caratterizza per un ritmo di sviluppo sempre più eterogeneo al proprio interno. Le previsioni di ulteriore crescita si caratterizzano per incertezza elevata, ma si possono cogliere buone opportunità: nella definizione di una strategia di export online bisogna considerare che ogni Paese è diverso, di testare il mercato attraverso un canale indiretto prima di investire in un sito di eCommerce proprio, di utilizzare un approccio multicanale per aumentare l’efficacia del sito e in ogni caso di proporre contenuti informativi familiari per il mercato di riferimento, comunicando nella lingua madre del Paese. Nei Paesi del Medio Oriente, che hanno avviato una serie di riforme strutturali con l’obiettivo di essere meno dipendenti dal petrolio, si aprono nuove opportunità di Export digitale, considerando anche il boom dell’eCommerce previsto per i prossimi anni. Per la strategia è utile puntare ai giovani, raccontando in modo efficace il Made in Italy con una riconoscibilità del marchio, magari utilizzando brand ambassador e influencer, stipulando accordi con aziende e distributori locali. Nel Sud-Est Asiatico il potenziale di crescita è ancora da sfruttare, per i tassi di crescita sostenuti e un commercio facilitato dagli accordi di libero scambio stipulati con l’Unione Europea. Inoltre è il mercato digitale con il più elevato tasso di crescita al mondo. E’ utile impostare la strategia costruendo una forte identità del brand con una presenza diretta, usando un magazzino in loco per abbattere i costi e prestando attenzione alla “logistica dell’ultimo miglio”.