Raramente, da che ho memoria, il settore dell’edilizia ha vissuto momenti così complessi e, per certi versi, surreali.
Ovviamente, non è la prima volta che un cliente non paga, o che un materiale non è disponibile, o che un cantiere, per un motivo qualsiasi, si ferma. Ma credo che sia la prima volta che le tre calamità qui sopra indicate si manifestino, tutte insieme, all’ennesima potenza. Soprattutto in un momento in cui la congiuntura di settore ipotizza per quest’anno segnali di crescita ancora molto interessanti, rispetto agli anni passati.
La memoria, ahimè, rimanda a quella che, nel 2009, veniva definita “la bolla immobiliare” più devastante della storia dell’edilizia italiana.
Della situazione di oggi si parla forse meno di quel che si dovrebbe, perché siamo probabilmente obnubilati dai fatturati (che si riferiscono alla consegna di materiali ordinati anche più di un anno fa) oppure perché le notizie sono frammentate e ci arrivano con il contagocce, alimentando a questo punto una tensione di cui faremmo volentieri anche a meno.
Tuttavia, ascoltando la vostra voce non si può evitare di raccogliere tanta preoccupazione.
Qualche settimana fa, il Corriere della Sera titolava con disarmante semplicità che «I fondi per l’edilizia sono finiti». Scusate, non ho capito, potete ripetere? Non so in che mondo vivano i tipi del governo, sicuramente non nel nostro.
Alla gogna, tanto per cambiare, c’è la cessione del credito che ormai nessuno vuole più accollarsi perché il governo, evidentemente, non offre più le dovute garanzie, e i messaggi più o meno velati che si rincorrono sono il preludio a un autunno che, nella migliore delle ipotesi, sarà alquanto difficile.
Già ora il panico inizia a farsi strada: forniture sospese, cantieri bloccati, progetti nemmeno iniziati. Le imprese non vedono più un centesimo e sono già indebitate, i fornitori (rivenditori e produttori) non sono pagati e il cliente privato non sa più da che parte girarsi perché i prezzi continuano a essere alle stelle, i materiali latitano e non esiste alcuna garanzia che i lavori andranno avanti o, addirittura, che inizieranno (nonostante gli anticipi versati, altra materia su cui riflettere, perché i privati che sciaguratamente si sono affidati a imprese fantasma sono purtroppo una infinità).
Se poi aggiungiamo impietosamente il discorso inflazione, come quadretto non è male, e questa “bolla da Superbonus” ha tutte le caratteristiche per lasciare dietro di sé diverse ammaccature.
Pur considerando, come ripetiamo da diverse mesi, che la situazione congiunturale che stiamo vivendo (o che abbiamo fino a oggi vissuto) è assolutamente anomala e che, come tale, avrebbe avuto vita breve, rimane il fatto che nel nostro mondo regna il caos.
Gli unici distributori che non sono particolarmente preoccupati sono coloro i quali si sono mossi con prudenza in ambito superbonus, non incoraggiando forniture monstre e soprattutto adottando metodi di riscossione draconiani e certamente poco popolari, come per esempio il pagamento in anticipo, sennò niente merce. Certamente, così si perdono occasioni di fatturato, ma si salvano gli incassi di ciò che si vende, e possiamo considerarla una prova superata di maturità imprenditoriale.
Però, forse qualcuno si è posto il quesito, non siamo qui per non vendere. È piuttosto evidente che l’anomala situazione congiunturale ha reso anomalo anche tutto il resto. Se un commerciante rinuncia a vendere perché non ha alcuna tutela sui pagamenti (e anche questa non è una novità) è anche difficile fare discorsi sulla creazione del valore, sull’importanza di fare investimenti, sull’opportunità di acquisire nuove quote di mercato.
Qualcuno di voi, giuro più di uno, mi ha candidamente confessato che a un atteggiamento più aggressivo nelle vendite preferisce mille volte di più dormire la notte. Non riesco nemmeno a pensare che sia un atteggiamento puramente rinunciatario, anzi, annuncio con soddisfazione che il celebre motto chi si accontenta gode è tornato prepotentemente di moda.
Magari non è un discorso squisitamente imprenditoriale, ma è anche giustificato da un mercato che, a parte il superbonus e gli altri benefici a tempo che ancora sussistono, ha ormai una sua fisionomia piuttosto precisa: la casa è e rimane uno dei pochi progetti su cui investire. La distribuzione edile ha tutti gli strumenti e la competenza per metterla al centro del suo business. Continuando a dormire la notte.
di Roberto Anghinoni, giornalista (dalla rubrica «I fatti nostri» su YouTrade n. 130)