Ci sono numeri che significano più di quanto esprimano. Per esempio, negli ultimi cinque anni, infatti, le denunce di infortunio nelle costruzioni sono diminuite del 46,1%, passando dalle oltre 83mila del 2009 alle 45mila del 2013. A fermarsi qui, se ne potrebbe dedurre che ci avviamo verso un mondo migliore, in cui la sicurezza non è subordinata al profitto o, perlomeno, alla negligenza. Ma lo stesso numero, appunto, esprime di più di quanto non sembri, se si aggiunge che il dato è condizionato dal dimezzamento dell’edilizia italiana. Insomma, la statistica va inquadrata nel suo contesto, che significa crisi profonda del settore. Che ora viene confermata anche dall’Istat: da 18 trimestri consecutivi, quasi cinque anni, il numero degli occupati (e, quindi, anche degli infortuni) è in calo. È una discesa che sembra inarrestabile. Ma, attenzione, anche qui i numeri rivelano una verità parziale. Perché, se tante aziende di costruzioni chiudono, si assiste allo stesso tempo a una trasformazione degli addetti a lavoratori autonomi. Secondo l’Istat, per esempio, da fine 2009 al fine 2014 gli occupati persi sono 500mila, un quarto del totale. Ma va aggiunto anche alcuni di loro non sono più dipendenti, ma invece che nei cantieri si occupano di piccoli lavori, di ristrutturazioni. Un altro numero è interessante: nei primi 9 mesi del 2014 l’occupazione nel settore edile è scesa del 3,9% mentre i lavoratori autonomi sono saliti del 16%.
Insomma, le statistiche vanno interpolate, interpretate, completate: da 1,96 milioni di occupati nel quarto trimestre 2009 si è passati, indica l’Istat, ai 1,45 milioni di fine 2014. E non è finita: nell’ultimo trimestre dell’anno scorso la contrazione è stata del 7% rispetto allo stesso periodo del 2013. Ma quanto di questo fatturato si è disperso nei mille rivoli dei lavori favoriti dai bonus casa?