Costruzioni: la grande sfida della distribuzione per ritrovare la marginalità

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La grande sfida della distribuzione edile è quella di inventarsi un nuovo posizionamento all’interno di una filiera delle costruzioni, che non è più la stessa. Nuovi attori sono arrivati a scompigliare le carte, la domanda ha bisogno di nuove referenze, ma anche solo iniziare a fare i primi passi verso l’ormai noto ignoto è difficile.

Ho partecipato recentemente a due convegni dedicati alla distribuzione edile, due occasioni di crescita e, guarda caso, due momenti che invitavano alla diversificazione dell’offerta merceologica e a una sorta di identità da condividere. Fare gruppo, fare rete, creare comunione d’intenti sembrano, a tutte le latitudini commerciali, le più urgenti priorità. Chi si adopera per individuare soluzioni, per suggerire strategie al popolo della distribuzione non ha vita facile.

Ma anche i distributori non hanno vita facile, da qualche annetto. Il momento più interessante di ogni convegno è quello delle domande: in quel frangente che comprendiamo quali realmente siano le urgenze, in che cosa davvero consistano le preoccupazioni. Forse, quando si pensa di organizzare un convegno, bisognerebbe partire dalla fine e costruirlo minuto dopo minuto, cercando risposte alle domande della gente. Ma poiché le difficoltà sono sempre le stesse e i motivi di scoramento anche, è necessario essere propositivi. Eliminare il problema dei pagamenti, ne parliamo da decenni, sembra addirittura velleitario; risolvere la zavorra del nanismo d’impresa è parso per qualche tempo compito delle aggregazioni commerciali, ma serve a poco aderire a un gruppo se poi ognuno si comporta come se lavorasse per i fatti suoi. La trasformazione che dovrebbe condurre al riposizionamento richiede risorse, ma anche uno spirito imprenditoriale più positivo, quasi incosciente.

Ma la realtà non è una sola. Certo, esistono problematiche che paiono senza soluzione, ma parallelamente il mondo sta cambiando, rischiamo di vedercelo fuggire via. Poiché anche la produzione non sta oggettivamente vivendo momenti felici, anch’essa deve iniziare a ottimizzare i suoi rapporti con i clienti. Nascono così piccole oasi commerciali di condivisione dei servizi e degli obiettivi, e l’esperimento sta funzionando, soprattutto se vengono salvaguardate il più possibile le zone. Questa promessa aiuta il rivenditore a scegliere e a impegnarsi, perché vede che i risultati arrivano e rispunta un po’ di entusiasmo.

Ma la vera urgenza, a mio parere, è decidere su quali basi indirizzare il futuro delle attività. Non si vende più di tutto a tutti. Siamo nell’epoca dei clienti specifici, delle nicchie tecnologiche, dei problemi da risolvere. Tutti gli altri vanno nei supermercati che sono sempre di più. La stessa produzione deve scegliere se orientarsi ai grandi magazzini o se concentrare i suoi sforzi nella crescita tecnica dei suoi clienti distributori. Può fare entrambe le cose e non è un delitto, ed è nella natura tecnica dei diversi prodotti la chiave per entrare, o meno, nei differenti mercati. È questo un tema che getta benzina sul fuoco della polemica sempre latente nei rapporti commerciali.

Personalmente, mi preoccuperei maggiormente di vendere meglio io, utilizzando il mio fornitore come supporto tecnico alla mia attività (i produttori non fanno assistenza tecnica nei grandi magazzini, anche perché sono massacrati dalle condizioni di vendita) e mi orienterei quindi verso una clientela in grado di apprezzare la mia consulenza. E questa è certamente una strada, forse “La Strada”. Perché è evidente che il concetto di “magazzino” è ormai superato. Non possiamo reggere il confronto con le grandi multinazionali, così come loro non possono offrire ai loro clienti decenni di esperienza e di competenza acquisita.

Il mercato delle costruzioni ci è in questo momento favorevole, perché più del 70% del suo valore è ristrutturazione. Il nostro nuovo posizionamento non può quindi che essere qualitativo, e questo non significa che sarà meno remunerativo, anzi: dopo anni passati a girare i soldi, riproveremo il brivido della marginalità.

(Roberto Anghinoni)

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