Il convegno del gruppo Deus si è focalizzato sulle tecniche adatte per ottenere migliori risultati sul punto vendita. Con aspetti che vanno dalla gestione del budget alla psicologia del cliente privato.
«Dobbiamo rendere il nostro lavoro più interessante e attraente» ha esordito Thomas Kerschbaumer presidente di Deus (Distributori Edili Uniti per lo Sviluppo) in apertura del recente convegno Formare, per-formare, informare.
Un tema centrale, viste le difficoltà di trovare giovani disposti a lavorare nel settore della distribuzione dei materiali edili: «Il problema non è lo stipendio, ma le prospettive future e la crescita personale», spiega Kerschbaumer, sottolineando l’importanza della formazione poiché le persone sono il vero patrimonio delle aziende in un’epoca di continuo cambiamento.
Quindi, è fondamentale che si trovino gli strumenti giusti per attrarre e mantenere talenti giovani e ambiziosi. L’evento, il consueto convegno tecnico annuo, è stato l’occasione per condividere idee ed esperienze, grazie anche ai qualificati interventi di manager e professori.
Insomma, cooperare per essere più competitivi perché il confronto fa parte del dna di Deus. E gli argomenti trattati sono stati anche il risultato di un sondaggio condotto dai relatori.
Nessuno escluso
Perché un’azienda sia performante è necessario che il titolare, il banconista, l’avventore magazzino, la logistica, insomma tutte le figure che fanno parte di un’impresa, siano formate. Soprattutto in un momento di transizione come questo, che potrebbe essere il preludio di un periodo di crisi o di nuove opportunità.
Edoardo Sabbadin, professore del dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali all’Università di Parma, nel suo intervento è stato molto chiaro: i dati presentati da Ance evidenziano uno scenario poco ottimistico. Come affrontarlo?
«La gestione del superbonus, discutibile dal punto di vista delle misure intraprese, sta creando difficoltà finanziarie ai clienti della distribuzione edile, che si ripercuotono sul mercato. Bisogna prestare molta attenzione ai collaboratori, che devono essere coinvolti e ascoltati. La motivazione e la capacità di dialogo dell’imprenditore sono fondamentali», ha ammonito il docente. Un altro aspetto è l’importanza di analizzare i costi di gestione, organizzando verifiche periodiche e dividendo l’azienda in centro di costo e centro di ricavi.
Ciò permetterà di individuare aree di miglioramento e di controllo delle spese in modo efficace: «La riduzione dei costi deve essere fatta su dati certi. Non a caso esistono dei commercialisti che offrono anche servizi di contabilità analitica» ha continuato Sabbadin.
Potere contrattuale
Un altro problema che le aziende del settore stanno affrontando è il potere contrattuale dei fornitori, che non solo impongono aumenti dei volumi, ma aprono anche punti espositivi diretti nei centri urbani: «Secondo l’ultima ricerca del Politecnico di Milano, uno dei settori più in crescita nella vendita diretta, intorno al 20%, è quello del design, degli elementi di arredo. Ciò significa che i fornitori stanno cambiando strategia, il consiglio è cercare di negoziare con i fornitori per arrivare ad un accordo su questo punto», è l’opinione dell’economista. Inoltre, è importante ascoltare i clienti e seguire un sistema di offerta su misura. Sabbadin sottolinea che «purtroppo, più un’azienda ha successo, più diventa grande, maggiore è il rischio di perdere quell’attenzione al contatto diretto, alla personalizzazione».
Infine, il professore suggerisce di ripensare il modello di business, e cita la strategia Oceano blu, elaborata anni fa da due professori della business school francese Insead, che spiega come eliminare servizi o fattori di successo che non sono più utili. «Si tratta di una metodologia per individuare quali fattori di successo sono diventati obsoleti e quali, invece, creare prendendo spunto da settori vicini, da aumentare o ridurre» ha suggerito l’economista. Per concludere, quali sono gli indici da presidiare estremamente importanti? Secondo l’ultima relazione della Banca d’Italia, è il mancato aumento della produttività che sta bloccando la crescita del Paese e l’incremento delle retribuzioni. «Le tecnologie oggi sono strumento per aumentare la produttività, ma bisogna essere pronti al cambiamento costante. Alla Jannik Sinner per intendersi: puntare al miglioramento costante senza snaturarsi», ha concluso il professore.
Modelli di business
Ma come si passa dalla conoscenza all’operatività? Gabriella Simone, architetto e business designer, si è focalizzata su come si mette a punto un nuovo modello di business.
Secondo la sua analisi, le aziende della distribuzione edile sono spesso a conduzione familiare, con fondatori che svolgono più attività trasversali, la gestione è molto organizzata sull’operatività quotidiana e servono un bacino territoriale perché vincolati dalla logistica. Operano in un mercato ciclico dettato da sgravi fiscali e monitorano la concorrenza soprattutto territoriale e la grande distribuzione specializzata.
Queste caratteristiche ricorrenti sono la base di partenza per comprendere come si può innovare il settore edile: «Spesso non c’è una distinzione netta tra obiettivi e strategia, ha affermato Simone.
«Invece, gli obiettivi indicano i risultati da raggiungere, mentre la strategia rappresenta la costruzione delle azioni per conseguirli. Scopi chiari e definiti aiutano a compiere scelte coordinate e coerenti e il business model canvas è lo strumento principale per costruire una visione sistemica dell’azienda, una proposta di valore riferita a un target specifico di clienti».
Si tratta di un metodo che utilizza delle mappe visuali per identificare le aree strategiche di un’impresa in una sola pagina suddivisa in nove blocchi, tutti facilmente modificabili per cambiare nel tempo anche velocemente le azioni in un mercato in trasformazione.
La professionista cita alcuni esempi: segmentare, ossia conoscere profondamente i clienti, è il primo passo per creare una proposta di valore, che non è solamente il grande assortimento, ma è il beneficio che il cliente raccoglie. E, ancora, sprecare spazio per avere tutti i prodotti possibili non è sempre un vantaggio, ma al contrario incide sui flussi dei ricavi. Lo stesso vale per la consulenza tecnica: se in eccesso e non in linea con le necessità dei clienti si traduce in un dispendio di tempo e quindi un costo.
In sintesi, individuare i clienti ideali consente di avere un posizionamento differenziato rispetto anche al mercato locale: «Solo a questo punto si può lavorare sul merchandising, sul layout strutturale, distributivo, merceologico, con progetti ad hoc sui marchi per rappresentare alcuni prodotti, piuttosto che lavorare sulla profondità di gamma, sulla rotazione di prodotto, sulla redditività, sulla rotazione, sugli stock, sulle promozioni. E solo a quel punto si crea un piano di comunicazione da proporre», ha concluso.
Come convincere
Aumentare le vendite in showroom non è una frase a effetto, ma il titolo dell’intervento di Veronica Verona, founder dell’Accademia dello Showroom. Argomento scelto perché, in maniera anche prevedibile, è il tema più importante emerso dal sondaggio condotto nella sua attività. «Il tasso di conversione medio dei preventivi in ordine nel nostro Paese è di 3,7 su 10, un dato piuttosto basso. Ciò significa che gli altri sei clienti hanno acquistato da un’altra parte, e deve esserci un motivo.
La disciplina del Neuromarketing studia i comportamenti d’acquisto delle persone, può aiutare a comprendere queste motivazioni perché si basa su una formula: il valore percepito, ovvero la cifra che una persona è disposta a spendere per un bene, è dato dalla qualità dell’esperienza vissuta moltiplicata per la cifra stessa.
Quindi, che cos’è quel qualcosa intangibile che influenza un acquirente indipendentemente dal prezzo?», si è chiesta Verona, che suggerisce ai distributori di porsi una serie di domande. Quando si tratta di costruire esperienze e fiducia, conoscere il nome della persona che abbiamo di fronte è il primo passo.
Ma quanti addetti si presentano effettivamente? E quanti s’informano sul budget del cliente? Il tema del prezzo, a parità di esperienza vissuta, diventa dirimente, eppure molte persone non chiedono questa informazione perché non sanno come farlo e temono sia scortese. «La verità è che bisogna superare questo tipo di condizionamento, perché se non si hanno le giuste informazioni non si potrà mai soddisfare il cliente», sottolinea l’esperta.
Anche il numero medio di proposte per categorie di prodotto è rilevante perché spesso alto: il cervello umano può sopportare solo un confronto di tre unità, alla quarta va in sovraccarico e non sceglie. In sostanza, se non c’è una formazione tecnica per comprendere come una persona prenda le decisioni e semplificare il momento dell’acquisto, c’è il rischio di peggiorare le cose.
Preventivo trappola
Un altro ostacolo è rappresentato dal preventivo: in showroom è un tema molto delicato, che di solito è rimandato a causa della difficoltà di avere il dato corretto.
I listini non sono aggiornati, oppure la quotazione deriva da accordi commerciali scritti spesso a matita sulla prima pagina del catalogo. Il risultato è che non si chiude la trattativa perché il preventivo inviato (e il tempo medio di attesa è di 15 giorni), risulta un elenco di codici che non dicono nulla e nella maggior parte dei casi il cliente non viene ricontattato. Di sicuro non è una best practice.
Non solo. «L’esperienza si crea su tre pilastri molto importanti. Il primo è l’ambiente: se lo showroom è trascurato, nonostante un’offerta alto di gamma il preventivo può essere percepito come eccessivamente oneroso, perché il cliente è meno disposto a spendere», è la conclusione di Verona.
Il secondo aspetto è quello di indurre al cliente a riconoscersi in uno stile: non ci si può limitare a un elenco di dati come il colore, il materiale, la lavorazione, la produzione, la stampa, che vanno argomentati valutando il gusto di chi si ha davanti.
Terzo punto: la creazione di un metodo di vendita che contraddistingua l’azienda, un cerimoniale che ne esprima i valori in tutti i punti vendita. Qualcosa che faccia dire al cliente che è entrato nel posto giusto.
«Un metodo che non basta. La formazione è fondamentale perché la nuova signora Maria, che ormai ha 85 anni, si chiama Giulia, il nome più comune della generazione Z, che va dai 25 ai 45 anni. Vendere a Giulia come si faceva con la signora Maria è come chiedere a un ottantacinquenne di impostare un navigatore satellitare: non funziona, perché non sa come si fa. Ecco perché è fondamentale avere una formazione sulla vendita, per imparare a parlare un linguaggio diverso e interfacciarsi con una persona che ha esigenze differenti».
In Italia, su dieci ristrutturazioni, sei riguardano la signora Giulia, mentre quattro riguardano gli over 65 che hanno esigenze diverse rispetto alla prima volta in cui hanno rifatto il bagno. Ecco l’occasione per parlare di temi che possono aumentare l’ordine medio senza fatica. Considerando una spesa che si aggira sui 4 mila euro, aggiungere al bagno elementi di sicurezza potrebbe far aumentare il conto di altri mille.
«E non dimentichiamo l’importanza del cross-selling, una necessità non espressa vista sulla piantina del progetto. Per esempio, le porte da vendere: è un’opportunità da cogliere se si hanno in showroom, quando il budget non è esaurito e prima che il cliente vada da uno specialista», ha suggerito Verona. Un’astuzia che richiede informazione e formazione, appunto.
di Monica Battistoni