L’economia italiana ed europea è attraversata da fattori congiunturali ormai non più di breve periodo, che evidenziano una difficoltà a riprendere il trend di crescita che fino alla metà del 2018 aveva fatto ben sperare, quale viatico definitivo all’uscita della lunga crisi economica. Se in passato le crisi si risolvevano con nuove e lunghe crescite, nel nuovo scenario mondiale post crisi gli andamenti indicano che le certezze del passato non ci sono più e che lo scenario di galleggiamento, che dalle colonne di YouTrade abbiamo indicato ormami da tempo come la nuova normalità, è il vero nuovo ciclo, se di ciclo possiamo parlare.
Le regole del gioco
Come abbiamo più volte sottolineato, i dieci anni di crisi che hanno sconvolto l’economia, ma soprattutto l’edilizia, hanno cambiato i “fondamentali” del gioco, per cui se prima eravamo abituati a certi ritmi e certe regole, oggi il nuovo gioco impone altri ritmi e soprattutto altre regole. E la prima regola è che non ci sono più certezze, la seconda che l’Italia continua a viaggiare a ritmi più blandi di quelli medi europei e proseguirà a farlo, anche in ragione di quanto sta accadendo in questi giorni, con il coronavirus e gli effetti a breve ma soprattutto a medio termine con i quali dovremo confrontarci. Nel 2019 l’economia europea e in particolare quella dell’area Euro ha stazionato su valori di crescita non certo esaltanti, con un valore medio nell’ultimo anno valutabile in un +1,3%, ma in frenata a +1,0% a gennaio 2020. In uno scenario economico europeo in rallentamento, ancora una volta l’Italia mostra una dinamica del Pil ancora più lenta e come sempre lontana dalle medie degli altri paesi. Se l’Europa rallenta l’Italia frena, e la frenata nel 2019 è stat particolarmente significativo, con un primo trimestre di crescita zero, un secondo trimestre a valori di leggerissima crescita (+0,2%), con un valore del periodo post estivo, dopo la crisi di Governo, che sembrava prospettare migliori sorti (+0,5%), e con un inizio 2020 decisamente in frenata (+0,1%), con le previsioni Ocse a ricordarci, prima ancora del coronavirus, che la nostra prima malattia economica si chiama produttività. In un anno e mezzo siamo passati dal +1,8% del luglio 2018 all’attuale stagnazione, sulla quale peseranno ulteriormente le dinamiche dell’emergenza sanitaria.
Le costruzioni in Europa
In questo quadro macroeconomico l’output delle costruzioni a livello europeo presenta una dinamica di crescita sostenuta nei primi mesi del 2019, con un rallentamento nei mesi successivi e un indice medio di crescita nel secondo semestre del 2019 dell’1,3%, dunque in linea con la dinamica del Pil. A livello di Area Euro l’output delle costruzioni presenta una dinamica positiva fino a novembre, con valore più o meno in linea, se non leggermente più contenuti, di quelli dell’Europa a 27 Paesi, ma con una brusca e repentina frenata nel mese di dicembre 2019, che ha fatto registrare un -3,7%, primo valore negativo dopo 12 mesi di crescita ininterrotta. L’Italia ha di fatto anticipato la sofferenza europea, con i due mesi finali del 2019, novembre e dicembre, in flessione rispettivamente del -2,7% e del -1,3%. L’Italia peraltro partiva già a gennaio 2019 con una situazione non positiva per il settore, situazione che poi migliorava notevolmente nei mesi di febbraio e marzo, quando la crescita è stata addirittura superiore a quelle media degli altri paesi europei. Tuttavia seguendo il trend globale, ma con valori medi sempre inferiori a quelli europei, il settore delle costruzioni in Italia nel secondo e terzo trimestre 2019 ha presentato una dinamica di raffreddamento degli entusiasmi, fino a toccare il picco, se così si può dire, del +2,7% di ottobre, mese che aveva fatto ben sperare, ma che con la frenata di fine anno ha riportato il settore in una fase di incertezza, ben evidenziata dalle analisi Istat relative agli indicatori congiunturali e previsionali. La ripresa sperata, infatti, è stata rimandata a data da destinarsi, come evidenziano i dati di lungo periodo sulla produzione, che indicano il ritorno al livello produttivo del 2014, dopo alcuni mesi che avevano lasciato intravvedere un potenziale rientro perlomeno ai valori del periodo post Tangentopoli.
Un quarto di secolo
La dinamica della produzione degli ultimi 25 anni del settore indica che l’edilizia è in una situazione di impaccio, di galleggiamento, con andamenti altalenanti che in alcuni casi illudono il mercato e da altri lo deprimono significativamente. Chi cerca di non farsi deprimere in questo quadro è il sistema delle imprese, che nonostante tutte le difficoltà presentano un sentiment recente tendenzialmente positivo. Gli ultimi dati aggiornati a febbraio 2020 sul clima di fiducia delle imprese di costruzioni, indicano che dopo la frenata dovuta al cambio di Governo e alle attese per gli annunci relativi alle scelte e alle manovre economiche, i primi mesi del 2020 fanno intravvedere una ripresa significativa della positività, che tuttavia andrà valutata in ragione dei recenti accadimenti legati all’emergenza sanitaria e allo stop per tutte le attività avviato dal Governo con il DPCM dell’11 marzo 2020. Se, dunque, le imprese cercano di guardare avanti e di vedere rosa, i giudizi effettivi sulle attività di costruzione presentano ancora elementi contrastanti, con indici in calo, che tornano sotto la soglia anche psicologica dello zero, ovvero sono più gli operatori che hanno un giudizio negativo sull’andamento del mercato, rispetto a quelli con giudizio positivo. Il dato per certi aspetti sconfortante è vedere la forte curva di crescita tra i primi mesi del 2019, dopo il picco negativo di fine 2018, e il ritorno a condizioni di un certo impaccio nei mesi più recenti. Certamente questo «sentirsi impacciati» si può leggere nel giudizio sul portafoglio ordini relativo ai piani di costruzionie, che nel lungo periodo indicava un lento ritorno verso lidi positivi e invece nel breve mostra condizioni di rientro -20 punti percentuali, ovvero su 100 imprese, 40 hanno giudizio positivo e 60 negativo.
Fuori dal guado
Ma i nostri imprenditori, dopo un secondo semestre 2019 in controtendenza, vedono nei mesi recenti, soprattutto nei primi due mesi del 2020, condizioni di uscita dall’impasse, pur in una dinamica altalenante. E per tirarsi fuori d’impaccio usano, come sempre e nell’ultimo semestre in modo ancora più evidente, la leva del prezzo per restare in qualche modo competitivi. Contradditori, anch’essi, i dati sull’occupazione. Appena il mercato presenta segnali anche debolmente positivi le imprese tendono ad assumere, ma al contrario ai primi segnali di rallentamento l’occupazione è l’altra leva utilizzata dalle imprese per continuare a galleggiare. In un vecchio film dell’epopea di Star Wars l’astronave di Luke Skywalker finisce in un grande lago pieno di fango. La scena è molto famosa, perché è dove di fronte alla promessa di Luke di provare a tirar fuori l’astronave, ovvero loro stessi, da quel pantano il Maestro Yoda pronuncia la sua frase più famosa «no, non c’è provare, c’è fare o non fare» (che in inglese suona ancora più imperativa: Do. Or do not. There is no try). Non c’è provare, c’è fare o non fare. Sappiamo bene quanto i nostri imprenditori vorrebbero fare, ma non ci sono più aiuti esterni che possono dare una mano a levarsi di impaccio. Ancora una volta la forza è solo nelle mani di chi sceglie cosa fare. Viviamo tempi incerti, tempi indeterminati, con pantani che non abbiamo neppure mai immaginato e che, come nel caso del coronavirus, non ci permettono di provare. Semplicemente dobbiamo fare, e come ci insegnano queste settimane anche un ritardo di un solo giorno in una decisione può avere conseguenze negative. Impariamo anche da questa congiunture come reagire. Dal pantano non si esce se non avendo fiducia in ciò che siamo. La fiducia, in ciò che siamo e che sappiamo fare, è l’unica arma che può trarci d’impaccio. Le nostre imprese di sicuro lo sanno ma è bene, come Yoda, ogni tanto ricordarlo.
Sul prossimo numero di YouTrade un sondaggio speciale del Centro Studi YouTrade con le previsioni per l’edilizia.