Che cosa comporta la crisi di governo per l’edilizia? Purtroppo niente di buono. A prescindere dalle opinioni personali sulla necessità o meno di far saltare il governo, le imprese dell’edilizia dovranno fare i conti con le conseguenze non desiderate di un nuovo turno elettorale. A partire dagli investimenti promessi con i due decreti Sblocca Cantieri e Crescita. Per esempio, lo Sblocca Cantieri prevede il via a 18 decreti che sono necessari a rendere operativi i commissari straordinari che dovrebbero oliare le grandi opere più urgenti, che peraltro non sono nemmeno state individuate: se nessuno li nominerà si rischia di allontanare l’obiettivo di rilancio degli investimenti tanto pubblicizzato. Non solo: per far funzionare lo stesso decreto sono necessari 27 decreti attuativi. Si va dalle linee guida del ministero dell’Ambiente sui rifiuti a quelle del ministero delle Infrastrutture (quello di Danilo Toninelli) per determinare le semplificazioni relative all’autorizzazione dei progetti a basso rischio in zona sismica. Non bisogna essere il mago Otelma per prevedere che non se ne farà nulla. Il decreto, insomma, sarà servito a poco.
E il nuovo (il terzo in tre anni) Codice degli appalti? I più ottimisti hanno calcolato in sei mesi il tempo necessario per la revisione del testo alla luce delle modifiche decise dal Parlamento. Testo che, prima di entrare in vigore, dovrebbe passare al vaglio finale dell’Esecutivo. Che, appunto, non c’è più: nel frattempo rimarrà in vigore il vecchio testo. Insomma, anche in questo caso tempo sprecato.
Ancora peggiore la sorte del decreto Crescita. L’unica crescita, infatti, è stata quella dei decreti attuativi da emanare: perché il provvedimento diventi efficace, infatti, serviranno 75 provvedimenti (tra decreti ministeriali e misure delle altre agenzie governative). E dire che il decreto aveva l’ambizione di rilanciare l’economia. C’è, poi, un altro aspetto che riguarda le imprese, ma anche le famiglie: l’aumento dei tassi. Con l’impennata dello spread i mutui costeranno di più, con buona pace di chi non vede una causa-effetto. E, allo stesso tempo, aumenta il rischio di credit crunch per le imprese, cioè una stretta nella concessione di liquidità.
Per finire, resta sul tavolo l’annosa questione dei bonus casa. Annosa è la definizione giusta, dato che la decisione sul rinnovo degli incentivi, che scadono il 31 dicembre (tranne per gli spazi comuni condominiali), si ripropone puntualmente ogni 12 mesi. Con un governo stabile e tranquillo si poteva confidare nella proroga per almeno altri 12 mesi e, nel migliore dei casi, in un provvedimento di consolidamento degli sconti fiscali. Ma l’estrema incertezza, che non esclude il ricorso all’esercizio provvisorio se nessun governo politico o tecnico si assumerà l’onere di proporre una legge di Bilancio senza sogni e promesse elettorali, lascia in alto mare questa speranza. Anzi, c’è il rischio concreto che per accontentare la campagna elettorale di chi promette più soldi per tutti le risorse possano essere reperite tagliando indiscriminatamente le agevolazioni fiscali, anche quelle (come i bonus casa) che in realtà fanno girare l’economia. Speriamo non sia così, naturalmente. Ma in vista di una nuova campagna elettorale è bene tenerlo a mente.