L enuove norme che regolano gli appalti, stabilite dal recente decreto (Dpr 207/2010) rischiano di stravolgere il sistema di qualificazione negli appalti a tutto danno delle imprese specializzate e altamente tecnologiche, oltre 1.200 quelle aderenti ad Anie Confindustria, che investono ogni anno in Ricerca e Sviluppo il 4% del fatturato e rappresentano più del 30% dell’intero investimento in R&S effettuato dal settore privato in Italia. A denunciarlo è l’associazione confindustriale, «La ricaduta sulle imprese Anie del Dpr appena pubblicato, che peraltro recepisce solo formalmente, ma non sostanzialmente, il parere del Consiglio di Stato dello scorso giugno», afferma Claudio Andrea Gemme (foto), Presidente di Anie, « è dirompente e va immediatamente sospeso». Il sistema di qualificazione dei lavori pubblici, secondo le imprese, così come delineato dal Codice dei Contratti pubblici e dal Regolamento, non è stato messo in discussione nei suoi principi fondanti dal parere del Consiglio di Stato. Non è, insomma, stata messa in discussione la distinzione, corretta e opportuna, tra categorie a qualificazione non obbligatoria e categorie a qualificazione obbligatoria. E neppure la distinzione tra categorie a qualificazione obbligatoria e categorie super specialistiche. Secondo Gemme, «è inaccettabile quindi che il provvedimento si limiti a cancellare delle norme con la conseguenza di paralizzare il mercato delle opere pubbliche e di stravolgere gli equilibri del sistema prevedendo di fatto che tutte le opere specialistiche (tra cui si annoverano, tra le altre, la realizzazione di impianti tecnologici quali elettrici, ascensori, sistemi antintrusione, illuminazione, trazione elettrica, segnalamento ferroviario, ecc.) non debbano più obbligatoriamente essere eseguite da imprese con adeguata qualificazione Soa, ma potranno essere eseguite direttamente dall’impresa generale, qualificata solo per la categoria prevalente dell’appalto». Così come, sempre secondo l’Anie, è inaccettabile che non venga riconosciuto il valore delle categorie super-specialistica, per le quali si richiedeva l’obbligo di costituire una Ati con l’impresa qualificata. «È una situazione ovviamente gravissima, che minaccia non solo la salute del nostro comparto e le nostre quasi 1.200 aziende, ma che ha ricadute gravissime sul Sistema Paese e su tutte le imprese ad elevata specializzazione tecnologica. Per non parlare della qualità degli interventi, che inevitabilmente verrà meno», attacca Gemme.