In Italia è possibile importare in maniera perfettamente legale prodotti da costruzione, come le finestre, provenienti da paesi dell’Unione Europea senza pagare l’Iva. La denuncia pubblica era apparsa a inizio di giugno sulla newsletter di Finco, la Federazione delle Associazioni delle Industrie per le costruzioni, di cui Anfit (Associazione nazionale per la Tutela della Finestra Made in Italy ) è socia. Se, per esempio, un’azienda polacca vende a un’azienda Italiana il lotto dei prodotti da costruzione senza l’aggravio dell’Iva, a sua volta l’azienda italiana si autofattura l’imposta dell’Iva ed entro il mese utilizza lo strumento del reverse charge fra Stati per annullare l’imposta. Il paradosso è causato da una normativa comunitaria che risale del 1993, pensata allora come norma transitoria, ma che è rimasta tuttora in vigore. A causa dell’allargamento dell’Unione a Paesi fortemente competitivi per costo di manodopera e di energia e tassazione, oggi quello strumento si sta rivelando punitivo per le aziende italiane della filiera delle costruzioni. Penalizzate due volte: dai prezzi fortemente competitivi dei prodotti dell’Est e dall’assenza di IVA nelle fatture dei produttori est europei. Un vantaggio che può raggiungere il 22%.
La denuncia di Finco, che ha raccolto le preoccupazioni dei soci di Anfit, si è trasformata qualche giorno dopo in una interpellanza al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, con il plauso della presidente di Anfit, Laura Michelini.