Piccola crescita, piccoli passi in avanti. Ma non basta: nel Veneto il 2016 ha visto la perdita di altri 14 mila lavoratori (-10%), mentre la continua diminuzione del numero delle imprese (-10.700 dal 2008 pari al 17,2%). È il risultato anche dello stallo dei lavori pubblici di importo medio-piccolo, frenato dall’incertezza prodotta dagli ultimi cambiamenti normativi come il codice degli appalti. Secondo Ance Veneto l’industria delle costruzioni del Veneto continua a mostrare segnali di debolezza, nonostante nel 2016, per la prima volta dopo 10 anni, gli investimenti siano tornati lievemente a crescere: +0,6% rispetto al 2015.
Il lieve aumento degli investimenti registrato nel 2016 dovrebbe consolidarsi anche nei prossimi mesi, con una stima di crescita a fine 2017 di un ulteriore +0,7 per cento. Per Ance Veneto, tuttavia, il dato non si traduce ancora in una ripresa apprezzabile. Il settore sconta ancora il grave ridimensionamento subito nell’arco dello scorso decennio. Dal 2008 gli investimenti complessivi in costruzioni si sono ridotti di circa 7 miliardi (-38,2%) e si attestano oggi a 12,5 miliardi. Gli occupati sono diminuiti di 95.600 unità, pari ad un calo in termini percentuali del 45,6%. Gli importi dei bandi di gara per lavori pubblici sono passati dai 4,2 miliardi del 2006 ai 1,2 miliardi del 2016.
Il lieve aumento degli investimenti in costruzioni del 2016 risulta dalla sintesi del prolungamento della crescita del comparto delle ristrutturazioni (+2%), che rappresenta ormai il 38,6% del valore complessivo del mercato. Leggera inversione di tendenza anche per opere pubbliche (+1,5%) e non residenziale privato (+0,5%). Ancora negativi, invece, gli investimenti nella nuova edilizia residenziale (-3%), che scenderanno anche nell’anno in corso (-2,1%). Il 2017 dovrebbe invece confermare la lieve inversione di tendenza nelle riqualificazioni (+1,7%), opere pubbliche (+2%) e non residenziale privato (+0,3%).
«Il settore continua a essere in grave difficoltà. Nonostante ciò», ha commentato Giovanni Salmistrari, presidente di Ance Veneto, «rappresentiamo ancora una fetta consistente dell’economia di questa regione, quasi il 9% del Pil e il 6% dell’occupazione complessiva. Riteniamo che debba aprirsi una riflessione seria sulle reali possibilità di ripresa degli investimenti in edilizia. Non chiediamo provvedimenti assistenzialistici e sappiamo che dobbiamo spingerci verso una ‘nuova frontiera’: quella della riqualificazione degli edifici, della rigenerazione urbana, delle infrastrutture strategiche e degli interventi di salvaguardia del territorio. Le sorti di questo settore, tuttavia, non dipendono solo da noi, ma anche dalla necessità di un rinnovato rapporto di fiducia e collaborazione con le istituzioni pubbliche, le banche, gli enti locali ai quali chiediamo una maggiora vicinanza».
L’associazione lancia anche una proposta: favorire la partecipazione delle imprese venete negli appalti di lavori pubblici regionali, come già avviene da due anni in Friuli Venezia Giulia. Obiettivo: rivitalizzare un settore che, nonostante qualche segnale di inversione di tendenza nel 2016, risulta ancora profondamente in crisi. Il provvedimento richiesto dall’Ance ricalca una direttiva vincolante applicata nel 2015 dalla Regione Friuli Venezia Giulia che prevede criteri di prossimità nell’assegnazione dei lavori pubblici sotto la soglia comunitaria di 1 milione di euro, finanziati dall’amministrazione regionale, con procedura negoziata e senza la pubblicazione del bando. Sono escluse le opere finanziate da risorse nazionali ed europee. La direttiva, che potrebbe essere adottata anche da una Regione ordinaria come il Veneto, non solo sosterrebbe una fetta importante dell’economia locale, ma sarebbe una garanzia, secondo l’Ance, della corretta esecuzione delle opere, sia sotto il profilo dei tempi che della qualità. I criteri della rotazione e del sorteggio, che contraddistinguono oggi l’assegnazione dei piccoli appalti, ovvero il 90% del totale, finiscono per penalizzare competenze e merito, denuncia l’Associazione dei costruttori.