A Intermat macchine e attrezzature green in cantiere

In vista della fiera Intermat di Parigi dedicata agli strumenti per il mondo delle costruzioni emergono i trend per macchine e attrezzature: green, elettrico, ma anche sensori e digitale per semplificare l’attività.

Un forte impegno verso la riduzione dei gas serra: gli sforzi dei costruttori nell’innovazione delle macchine per il settore edile passano dall’energia, che deve essere non solo green, ma capace di migliorare l’efficienza nei cantieri.

È questa la tendenza nel settore ed è quello che promettono gli organizzatori Intermat (in programma a Parigi dal 24 al 27 aprile), come ha spiegato durante il roadshow tenuto a Milano Massimiliano Ruggeri, direttore tecnico e project manager di Imamoter Cnr (Istituto per le macchine agricole e movimento terra), che ha partecipato alla selezione delle soluzioni non unicamente più nuove, ma completamente diverse rispetto all’ultima edizione del 2018 pre covid.

Secondo il manager, nel corso di questi sei anni le macchine si sono notevolmente evolute, come architettura e generazione dell’energia, ma anche come progettazione, che ora tiene conto delle esigenze degli operatori.

Inoltre, si sono riconosciute la natura del lavoro usurante e l’importanza cruciale della sicurezza sul luogo di lavoro. Così, i produttori hanno puntato a semplificare le operazioni  per ridurre lo stress e minimizzare gli errori dovuti alla stanchezza, orientandosi verso la robotizzazione e l’automazione delle attività.

Senza contare che la difficoltà nel reperire personale esperto è una forte spinta verso la standardizzazione della qualità dei processi e l’automazione delle macchine, in modo da ridurre la dipendenza dall’esperienza degli operai edili.

Tendenza green ala fiera Intermat

Robotica, automazione e oggetti di uso comune adattati per applicazioni professionali, come nel caso di un’azienda che ha impiegato videocamere GoPro per acquisire immagini in 3D, sono le principali novità.

Ma per Ruggeri il tema principale rimane quello dell’energia, ossia la riduzione dell’uso di combustibile, sia per motivi ambientali sia per aumentare l’efficienza degli impianti.

E cita come esempio un cilindro a ricircolo di sfere capace di sollevare 80 tonnellate con dimensioni comparabili a quelle dei martinetti idraulici e fino a 3 metri di lunghezza progettato da una ditta norvegese, il cui catalogo vanta anche una versione che può arrivare a 100 tonnellate.

Al singolo oggetto si affiancano interi ecosistemi elettromeccanici, capaci di gestire le macchine con una regia unica e sincronizzata, portando a una ristrutturazione dell’architettura delle macchine stesse.

In pratica, non si tratta più solo di generare potenza da fonti elettriche, ma di gestire veicoli completamente elettrificati, riassumibile nel concetto all-electric ecosystem, con un insieme di componenti che controllano l’intero processo di lavorazione.

C’è anche chi ha progettato piattaforme aeree in cui la parte elettrica potenzialmente a contatto con l’uomo è a bassa tensione. Per esempio, il cestello e la gestione del sollevatore a 48 Vdc, che scongiura il rischio di rimanere fulminati e semplifica così le certificazioni.

Oltre il diesel

Se l’elettrificazione è la strada da percorrere, che cosa succederà a tutte le macchine già presenti nei cantieri? In soccorso ecco le soluzioni plug and play per sostituire i powertrain diesel con quelli elettrici.

Un retrofit applicabile ad alimentazione, distribuzione, generazione e gestione del propulsore, con unità complete e integrate per rendere la transizione di camion, escavatori, bulldozer e altre tipologie di macchine più agevole, rispettando dimensioni e connessioni.

Anche se il peso e la durata limitata delle batterie rappresentano una sfida. Questo diventa particolarmente critico nei cantieri autostradali e nelle grandi opere, dove le macchine possono essere in uso anche 24 ore al giorno.

Per questo, qualcuno ha pensato di produrre e standardizzare batterie a moduli intelligenti, in grado di ricaricarsi tra di loro e di essere agevolmente montati e smontati dalle e tra le macchine.

Questi moduli, con un formato, una dimensione e un funzionamento uniformi, includono anche un sistema di gestione della batteria (Bms), che li rende compatibili, installabili e removibili facilmente.

Prova a idrogeno

Attenzione, futuro dell’energia non è esclusivamente elettrico: un gruppo americano ha realizzato il primo motore ibrido a idrogeno, sostituendo alcune parti di un propulsore tradizionale e integrando uno elettrico a batteria per massimizzare l’efficienza nel recupero di energia durante le fasi passive.

Questa tecnologia rappresenta lo stato dell’arte nell’alimentazione alternativa, poiché combina un motore a combustione che utilizza idrogeno con uno elettrico e una batteria per ottimizzare l’efficienza complessiva del sistema.

Sebbene possa richiedere tempo prima di arrivare sul mercato, apre nuove possibilità, specialmente in contesti dove l’adozione di veicoli completamente elettrici è problematica.

Automazione e flessibilità

L’energia deve essere non solo generata in modo sostenibile, ma va anche impiegata in modo efficiente per ridurre gli sprechi e ottimizzare le risorse durante i processi lavorativi.

Grazie all’integrazione elettronica e all’uso di sensori è possibile semplificare le operazioni e ridurre il carico di lavoro degli operatori. Ciò porta a una maggiore efficacia nel completare le attività e a una diminuzione dello stress, consentendo loro di concentrarsi su compiti più significativi.

Per esempio, si può spianare un terreno senza dover costantemente controllare la pendenza, poiché questo è gestito autonomamente e in modo automatico dalle livelle laser installate.

Certo, la novità non è lo strumento, ma la loro presenza su macchine di ridotte dimensioni, impensabile fino a poco tempo fa a causa del loro costo elevato, che ora è molto diminuito.

La diffusione della robotica porta benefici ambientali, risparmio di tempo, maggiore efficienza e precisione nei lavori. E anche in questo caso ci sono le tecnologie per il retrofit delle macchine esistenti.

Gli strumenti sono sempre più versatili e hanno una vasta gamma di funzionalità per semplificare il lavoro in cantiere: per esempio, anziché spostare l’intera macchina, è possibile modificare la configurazione dell’attrezzo per adattarlo all’angolazione corretta necessaria per svolgere il lavoro desiderato.

Questa capacità di regolare l’attrezzo  direttamente sul campo rappresenta un tipo d’innovazione estremamente interessante e promettente.

C’è, poi, l’azienda francese che sfrutta la teoria della relatività ristretta di Einstein e la muografia (tecnica di acquisizione di immagini digitali che produce una istantanea di un volume registrando il passaggio di particelle elementari) per fornire, tramite dei sensori, informazioni sulla densità del terreno anche a diverse decine di metri di distanza: un’applicazione particolarmente utile negli scavi e nei tunnel per prevedere eventuali difficoltà e tempi necessari per le future operazioni.

Più sicurezza

L’elettronica, presente ormai in tutte le macchine, consente l’integrazione di sensori per la sicurezza, come l’uso dei radar può evitare ostacoli o incidenti durante la retromarcia, così l’impiego dei sensori lidar consente di stabilire la traiettoria di una macchina in base all’angolo di sterzo e di conseguenza integrare il sistema frenante.

Quindi, grazie a sistemi by-wire (in pratica i movimenti del guidatore percepiti da un sensore vengono convertiti in un segnale elettronico digitale trasmesso a un’unità di attuazione elettromeccanica intelligente), e alla riduzione dei costi dei sensori, le macchine diventano più sicure.

Infine, ci sono applicazioni per smartphone che hanno l’obiettivo di facilitare il lavoro di tecnici e di responsabili di cantiere nella programmazione delle attività, nel monitorare e nel certificare i lavori eseguiti, nell’identificare elementi sotterranei dalle mappe, nella gestione dei dati.

Insomma, l’elettronica consumer abbinata a dispositivi con Gps o sensori inerziali che consente di acquisire forme, determinare volumi e riscostruire aree in immagini 3D è ormai realtà.

di Monica Battistoni

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