Le previsioni sono fallaci per natura. Ma questo non vuol dire che si debba rinunciare a scrutare l’orizzonte e chiedersi quale sarà l’andamento dell’economia per il 2025. Premesso che ogni settore fa storia a sé, che i servizi non c’entrano con la meccatronica e l’edilizia non va di pari passo con l’agricoltura, vale la pena di fare il punto.
Anche perché è inutile farsi illusioni: il realismo è la migliore medicina per i tempi difficili. Anche se non bisogna fasciarsi la testa in anticipo. I numeri, però, mettono in guardia le imprese. Se è vero che ogni area di business ha i suoi tempi e la sua congiuntura, è altrettanto lapalissiano che se un paese vede incrementare il suo giro d’affari complessivo, cioè il Pil, la ricchezza in un modo o nell’altro si distribuisce, anche se magari non con gli stessi tempi e nello stesso modo. Allo stesso tempo, se il quarto trimestre del 2024 vede una crescita zero, che segue una crescita altrettanto nulla del terzo trimestre, un campanello d’allarme deve suonare. Anzi, una sirena.
Calma piatta
Il 2025, quindi, per la prima volta da quattro anni inizia senza una spintarella dei mesi precedenti. E c’è poco da essere soddisfatti se la media dell’Unione europea è di +0,1%, da paragonare a +2,3% degli Usa nell’ultimo trimestre, ancora in versione Joe Biden, che segue la crescita del 3,1% del trimestre estivo.
La non-crescita, oltretutto, impatta anche sui macro-conti dello Stato. Il dato definitivo del Prodotto interno loro per l’intero 2024 sarà disponibile solo il 3 marzo. Ma avrà un effetto retroattivo per quanto riguarda, per esempio, il rapporto deficit-Pil. Secondo le previsioni del governo dello scorso ottobre, in ogni caso, le prospettive per il 2025 mostrano una crescita 0,9%, principalmente per il rallentamento degli investimenti, mentre i consumi delle famiglie dovrebbero recuperare slancio grazie al più elevato potere d’acquisto delle retribuzioni. Ma già l’Istat a dicembre ha corretto al ribasso queste previsioni, con il Pil italiano in crescita dello 0,5% nel 2024 e dello 0,8% nel 2025, e un’economia italiana trainata dalla domanda interna (+0,8 punti percentuali). Sempre secondo l’Istat, i consumi delle famiglie continuano a essere sostenuti dal rafforzamento del mercato del lavoro e dall’incremento delle retribuzioni in termini reali. Previsioni che, però, il dato più recente mette in discussione: lo zero congiunturale dell’ultimo trimestre 2024 (+0,5% tendenziale, nel confronto con lo stesso trimestre del 2023), ha spiegato l’Istat «riflette una flessione sia del comparto primario sia dei servizi, mentre il settore industriale ha registrato, nel complesso dei tre mesi, una ripresa», in una tendenza confermata dai dati dei fatturati di novembre (+1,5% l’industria, -1,5% i servizi). E se per ora il comparto delle costruzioni tiene botta grazie agli appalti pubblici, vale la pena chiedersi che cosa succederà quando l’effetto Pnrr (oltre 200 miliardi forniti dall’Europa) cesserà.