Non basta l’Aspirina del Pnrr, per le infrastrutture italiane ci vuole il bazooka. Se la ricetta dell’analisi di EY, una delle più grandi società globali di consulenza fosse attuata, per sistemare ponti, condotti, strade di comunicazione, telecomunicazioni, sanità e via infrastrutturando, ci vorrebbero 447,8 miliardi da investire nei prossimi cinque anni.
L’EY Infrastructure Barometer, una ricerca focalizzata sullo stato delle strutture fondamentali per il Paese, non lascia dubbi: ci vuole una mobilitazione generale per rimodernare l’Italia.
Le conclusioni sono anche il frutto di un sondaggio annuale, che ha coinvolto dirigenti di grandi aziende, investitori infrastrutturali, istituti finanziari e private equity attivi a livello mondiale nel settore delle infrastrutture e presenti anche in Italia.
Dal sondaggio è emerso che il 66% degli interpellati prevede un incremento dei potenziali investitori e degli operatori finanziari nelle infrastrutture italiane nei prossimi 12 mesi.
Uno dei focus, per esempio, è quello dei trasporti, con lo sviluppo di linee ferroviarie ad alta velocità (111,9 miliardi di euro dei 183,3 miliardi sono già stanziati per tutta la rete ferroviaria). Da rivedere sono anche le infrastrutture stradali.
Altro aspetto interessante: il 35% degli intervistati (+3% rispetto al 2023) ha intenzione di investire nel settore energetico, focalizzando l’attenzione sulle energie rinnovabili e sull’efficientamento energetico.
La sostenibilità è un altro dei settori su cui puntare. Gli investitori sono sempre più orientati verso i requisiti Esg (Environmental, Social and Governance) nella selezione dei propri investimenti.
C’è sempre più interesse a investire in transizione energetica, attività connesse con i cambiamenti climatici, sostenibilità sociale ed etica aziendale.
Anzi, secondo il 60% degli intervistati, i criteri Esg sono stati i principali driver nella selezione degli investimenti o delle opportunità di finanziamento in Italia.
E per il 35% degli investitori, sono anche i criteri utilizzati per identificare ed escludere gli investimenti non conformi ai principi di sostenibilità.
Solamente il 5% degli intervistati dichiara di non considerare i criteri Esg nella selezione e nell’analisi degli asset.
di Franco Saro