Mentre i più anziani si apprestano a combattere l’ennesima battaglia, le giovani leve si buttano nella mischia con coraggio ed entusiasmo per rappresentare il futuro dell’edilizia: il mercato è in discesa, ma nulla li fermerà.
L’illusione è finita e ora inizia la consapevolezza che ha bisogno di nuove, solide basi per continuare a crescere. Nonostante tutto.
Non so da che parte cominciare: se dalle previsioni dell’Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) che prevedono (appunto) per questo 2024 una flessione del 7,4% del mercato delle costruzioni, oppure quelle ancora più funeste del Cresme, soprattutto in ambito ristrutturazione (intorno al -20%) che non saranno pienamente compensate dai lavori del Pnrr, già agonizzante in ambito di coperture finanziarie.
Uno scenario che riflette i balbettii dell’economia reale, del debito pubblico, dell’inflazione e dei costi degli interventi edili, dei ritardi dei pagamenti da parte della Pubblica amministrazione, che allontana le imprese dai cantieri e che ha anche il merito, se così lo vogliamo dire, di essere diventata ancora più farraginosa di prima (non credevo fosse possibile, eppure si sono superati!).
In questo scenario invero poco incoraggiante mettersi qui seduti a scrivere dei fatti nostri diventa un esercizio piuttosto deprimente. Ma, ovviamente, non ci arrendiamo.
I più anziani del settore si autoconfortano pensando che, in fondo, nella loro lunga carriera hanno superato ben altre calamità, mentre i più giovani sono sorretti da un invidiabile entusiasmo: investono e ci credono, si danno da fare e si inventano mercati e prospettive, come è giusto che sia.
L’unica certezza è che la rivendita edile tradizionale non esiste più. E questo potrebbe anche essere un bene. Ma non riesco ancora a vedere su che cosa possa posare le basi una rivendita moderna e di prospettiva. Naturalmente, a parte tutte quelle azioni di cui parliamo anche troppo spesso: formazione, prodotti alternativi, soluzioni costruttive innovative, edilizia green, e così via.
Mi chiedo, in sostanza, se davvero il mondo abbia la testa, se sia davvero pronto, per stravolgere le consuetudini costruttive radicate da secoli, seppure ampiamente ammodernate negli ultimi decenni da nuovi prodotti e da un modo più coerente e responsabile di costruire.
Perché, a mio avviso (e qui il «modesto» è d’obbligo) il cambiamento reale può avvenire solo come necessità e quindi esperienza collettiva, come un obiettivo da condividere pienamente.
Non bastano un architetto visionario, nemmeno un costruttore lungimirante, tanto meno un’industria fantasiosa e propositrice, un rivenditore mentalmente disponibile, un privato così sensibile alle problematiche ambientali da spendere una fortuna (perché oggi di questo si tratta) per rendere la sua casa supergreen e governata dalla domotica.
Occorrono tutte quante queste cose, ma insieme. Occorrerebbe in sostanza una prospettiva condivisa di filiera, ma come fai a mettere tutti d’accordo?
Inoltre, la lentezza nel cambiamento nel nostro settore è proverbiale e, tanto per dirne una, la pur meritoria e probabilmente necessaria rivoluzione digitale nel settore delle costruzioni in generale rischia di perdere troppa gente per strada.
Peggio per loro, qualcuno potrà obiettare, la modernità non aspetta. Peggio per loro, sì, ma «loro» sono il mercato reale, almeno per il momento. E noi, dopo la sbornia dei bonus, da «loro» dobbiamo ripartire.
Insomma, dobbiamo ridimensionare le aspettative senza perdere un minimo sindacale di entusiasmo per le possibili, speriamo anche probabili, nuove prospettive.
Però il ritorno del mercato reale allontana le illusioni ed è per questo che è importante definire e costruire basi solide anche nel nostro mondo del commercio edile.
È un pezzo che non siamo più solo dei commercianti, ma forse non tutti i clienti reali e potenziali se ne sono ancora accorti, e non è colpa loro. E, forse, anche molti colleghi non si sono ancora resi conto dell’oggettivo valore della loro presenza nel mercato.
Trasformare la distribuzione edile da opzione a priorità, da eventualità a necessità, lo possiamo fare solo noi. E non è un paradosso che la nostra impronta sul mercato dell’edilizia diventi ancora più necessaria proprio perché è iniziata la fisiologica e certamente prevedibile flessione della congiuntura di settore.
Ancora una volta, discorsi eterni che si rincorrono e si rinnovano nell’inevitabile percorso di cambiamento del nostro modo di essere e di proporci.
di Roberto Anghinoni