INCHIESTA

La formazione nell’edilizia

L’Inchiesta sulla Formazione nella filiera dell’edilizia, pubblicata sul numero di Giugno 24 della rivista YouTrade, evidenzia come l’esigenza di migliorare le competenze dei propri dipendenti (ma anche le proprie) sia un processo inevitabile e che deve continuare nel tempo in un mercato sempre più competitivo e che valuta il grado di servizio offerto.

È come nei sondaggi pre-elettorali: alle intenzioni di voto seguono, nel segreto delle urne, risultati diversi, a volte sorprendenti. Per la formazione del personale lungo la filiera dell’edilizia è uguale: le dichiarazioni di disponibilità e centralità di offrire ai clienti competenze e innovazione, che oggi i manager chiamano skills, si sprecano.

Poi, nella pratica, non è così. O, meglio, non è per tutti la priorità, perché ci sono le bolle da gestire, il materiale da caricare, i listini da aggiornare. Insomma, il tempo per diventare più bravi scarseggia. Ed è un peccato, perché la formazione è il prodotto che più distingue la distribuzione di materiali (e servizi) per l’edilizia da quella della grande distribuzione.

Coinvolgere tutti

Un altro problema riguarda la pervasività che il processo di formazione deve avere all’interno dell’azienda. La vera sfida è la formazione interna, che deve coinvolgere tutte le figure presenti in negozio, in showroom o nella rivendita, per garantire un’esperienza soddisfacente lungo tutto il percorso: dal trasportatore, al montatore, all’accoglienza sul punto vendita, o a chi gestisce le bolle e le fatture.

L’ultimo miglio è importante: se il cliente ha un’esperienza negativa con una delle figure a valle dell’acquisto, ricorderà questa fase e potrebbe rivolgersi altrove. Inoltre, la pandemia ha cambiato le abitudini di molti clienti: le persone sono state costrette a utilizzare la rete internet più frequentemente, anche per acquisti online di materiali come malta, colla o ceramica.

E questo non vale solo per il singolo privato, ma anche per chi gestisce acquisti o vendite in un ambito aziendale. Una novità, in ogni caso, è che nelle rivendite arriva un maggior numero di privati cittadini, finora spinti dall’incentivo fiscale, ma che probabilmente continueranno a frequentare la distribuzione specializzata. Sono clienti sempre più informati, che si presentano già preparati, con le schede tecniche del prodotto in mano, dopo aver consultato internet.

L’obiettivo

La formazione, insomma, è fondamentale: i venditori devono essere in grado di entrare nel dettaglio e sapere di più di quanto non conosca il cliente per mantenere il controllo della comunicazione senza lasciare alla rete e ai motori di ricerca questo compito. Attenzione, però, a come si fa formazione, perché porsi come obiettivo quello di migliorare le competenze dei propri dipendenti (ma anche le proprie) non è sempre facile.

Molte aziende, per esempio, trattano l’apprendimento come una semplice formalità. Per esempio, istruiranno i nuovi addetti alle vendite e al marketing sugli aspetti più immediati di un prodotto, spiegheranno le caratteristiche, a che cosa serve, perché è la migliore opzione sul mercato, come si utilizza.

Esamineranno magari tutti i dettagli amministrativi, come sottoscrivere un’assicurazione per il noleggio oppure compilare una nota spese. Se sono fortunati, i nuovi dipendenti riceveranno quindi una formazione di vendita di base. Ma è, appunto, il minimo sindacale della formazione.

La narrazione

Si può fare meglio. Per esempio, si può aggiungere la storia di un prodotto. Oggi la cosiddetta narrazione è un valore aggiunto: ripercorrere la cronologia della categoria di prodotto e le sue evoluzioni può essere una chiave di lettura che offre al futuro cliente una dimensione del valore di ciò che acquista.

Si può cominciare a immaginare un lavoro prima dell’introduzione di un determinato prodotto, e poi il valore aggiunto che lo stesso materiale offre. Formare significa anche imparare a ragionare, a raggiungere un traguardo.

Il prodotto da vendere, per esempio, non sarà utilizzato negli edifici solo perché i regolamenti edilizi lo richiedono o perché è proprio quello a cui sono tutti abituati. Un prodotto deve essere presentato come la soluzione perché soddisfa un’esigenza reale. E formazione significa utilizzare tutte le armi del marketing, oltre imparare le caratteristiche chimiche o strutturali di un materiale.

Contestualizzare

Un altro esempio: calare un prodotto nel suo contesto generale di mercato è un’arma in più per un venditore. Non è utile dire solo «la nostra garanzia è cinque anni più lunga di quella della concorrenza», ma funziona meglio spiegare «ecco perché il nostro prodotto è importante». Ed è sorprendente il numero di architetti, appaltatori e privati che hanno perso di vista le ragioni fondamentali per cui si utilizzano determinati materiali.

Dopo aver offerto una lezione sulla storia del prodotto, un altro aspetto su cui potrebbe convergere la formazione di un distributore è imparare qual è la catena distributiva su cui viaggerà il prodotto: i dipendenti devono avere una idea corretta di chi sono i veri decisori quando si tratta di scegliere gli acquisti.

Devono imparare anche chi può influenzare la decisione finale. Non c’è niente di più frustrante per un nuovo venditore pensare di aver effettuato la vendita solo per vederla annullata da un influencer, inteso come qualcuno che ne sa più di lui.

Esperienza sul campo

Inoltre, non si può dimenticare che una buona formazione si trova, per alcune soluzioni, direttamente in cantiere. Certo, una academy è comoda e più facile da organizzare. Ma non c’è niente di meglio che l’applicazione pratica per imparare le caratteristiche di un materiale.

Vedere come ciò che è sugli scaffali della rivendita è effettivamente utilizzato, installato e come funziona equivale a conquistare una laurea in distribuzione edilizia. Tra l’altro, in cantiere si possono osservare anche eventuali difetti del prodotto e capirne quando e come gestire questo aspetto al momento della vendita.

Le verifiche

Infine, un aspetto che è (quasi) sempre sottovalutato è l’effettivo successo della formazione in azienda. Come scoprire se è stato tempo perso oppure il corso di aggiornamento è stato utile? La soluzione è una sola: una volta che sono stati esposti tutti gli aspetti che riguardano un prodotto, chi fa formazione deve verificare quanto le informazioni sono state recepite.

Insomma, è il momento delle interrogazioni, come a scuola. Naturalmente c’è modo e modo di condurre una verifica, e nessuno va messo dietro la lavagna, ma le ore di formazione non possono essere ore di lavoro perse.

La formazione deve aggiungere capacità e necessita di una partecipazione attiva di chi ne è soggetto. A patto, però, che i formatori siano a loro volta formati. E non è una formalità.

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