Non sarà di sicuro una manna come il superbonus. Però qualche cosa di buono il decreto Salvacasa, da poco varato dal governo, al netto delle modifiche che il Parlamento può aggiungere al testo approvato dal Consiglio dei ministri, lo può fare. Certo, il provvedimento si riferisce a ciò che è stato già fatto alla data del 24 maggio. Ma il decreto legge 69/2024 ha anche l’obiettivo di sbloccare «lo stallo delle compravendite a causa di irregolarità formali».
I dati sono noti: il 2023 ha registrato 709 mila rogiti, con un calo del 9,5% annuo. Le compravendite sono calate essenzialmente per il rincaro dei tassi, e di conseguenza dei mutui. Inoltre, bisogna tenere conto che negli utili dieci anni la media delle compravendite è stata i 600 mila contratti l’anno. Detto questo, le piccole irregolarità all’interno delle abitazioni sono un ostacolo in più alle compravendite.
Il Salvacasa, insomma, non potrà incidere molto, ma qualcosa farà. Potrebbe, per esempio, favorire un aumento dell’offerta delle abitazioni regolarizzate. E un aumento dei rogiti significa anche più opportunità per iniziare lavori di ristrutturazione. Secondo il ministero delle Infrastrutture, le piccole difformità e le irregolarità strutturali interessano quasi l’80% del patrimonio immobiliare. La percentuale è frutto di una stima del Consiglio nazionale degli ingegneri di tre anni fa.
Lavori ancora da eseguire
Un altro aspetto che può interessare la filiera dell’edilizia, anche se si parla di piccoli lavori, riguarda le irregolarità che potrebbero rivelarsi non condonabili. Per esempio, un soppalco che non rispetta le altezze minime e i rapporti aero-illuminanti, oppure abusi per verande e sottotetti.
In questo caso sarebbe interesse del proprietario far rientrare la irregolarità nei limiti consentiti dalla legge, se il lavoro da fare è semplice: si tratterebbe di una procedura ai limiti dell’illecito, è vero, ma pochi resisterebbero alla tentazione.
Un esempio può essere quello di una mansarda in una casa unifamiliare, di modesta altezza e attrezzata con una camera da letto nonostante il titolo abilitativo e le risultanze catastali la riportino come ripostiglio (categoria catastale C/2), senza abitabilità. Se il sottotetto può rientrare nei requisiti di igiene e salubrità richiesti dalla normativa il locale può essere condonato.
A quel punto, però, il proprietario può renderla pienamente godibile alla luce del sole con una riqualificazione che la renda più confortevole.
Premesso questo, vediamo che cosa prevede il decreto, articolato in tre parti, studiato per gestire le piccole irregolarità presenti nelle case che, in effetti, se non comunicate al Comune diventano un problema in caso di vendita dell’immobile.
Piccole difformità formali
Con il decreto è più semplice provare lo stato legittimo di un immobile, perché non bisognerà più ricostruire tutta la catena di titoli edilizi che si sono susseguiti nei decenni. Lo stato legittimo è importante quando c’è necessità di istruire qualche pratica, come in caso di ristrutturazione.
L’attestato necessario riguarda lo status dell’immobile: va certificato che quanto era previsto nel progetto è in sintonia con quello che, negli anni, è stato dichiarato in Comune. Senza questi documenti una ristrutturazione (se è legata alla richiesta di bonus) si può bloccare.
Il decreto mette una pietra sopra il passato e stabilisce che sarà possibile considerare solo l’ultimo titolo edilizio. La giustificazione ufficiale è che così si valorizza l’affidamento del privato verso quanto hanno già verificato gli uffici tecnici comunali. Insomma, se le modifiche all’appartamento sono poco rilevanti, non possono essere contestate.
Modifiche all’immobile
Con il decreto le cosiddette difformità interne sono più tollerate. Il riferimento è alle differenze tra quello che è in realtà l’immobile rispetto ai progetti presentati in Comune.
Con il provvedimento è ora tollerato il minore dimensionamento degli elementi presenti negli immobili e gli errori di esecuzione. Per esempio, pareti in una posizione differente o con una forma diversa rispetto a quanto autorizzato.
Ci sono però ancora degli interrogativi: per esempio, potrebbero avere il via libera anche le finestre collocate in una posizione diversa o magari leggermente più grandi. Un punto ancora da chiarire.
Attenzione: le irregolarità finora sono state già tollerate se rimangono entro il 2% delle misure indicate nei titoli edilizi. Adesso, però, si allargano le maglie: il 2% è incrementato, a patto che riguardi interventi realizzati entro il 24 maggio 2024. I limiti diventano ora inversamente proporzionali alla dimensione dell’immobile. Dipende, insomma, se l’appartamento è grande o piccolo.
La tolleranza resta del 2% sopra i 500 metri quadrati di superficie, sale al 3% tra i 300 e i 500 metri, passa al 4% delle misure previste nel titolo abilitativo tra i 100 e i 300 metri quadrati. Per bilocali o trilocali e, più in generale, per gli immobili sotto i 100 metri quadrati, la tolleranza sale al 5%. Chi ha ricavato un locale supplementare di 4 metri quadrati nel proprio appartamento, insomma, non dovrà temere nulla.
Tolleranze esecutive
Le difformità legate alla realizzazione materiale delle opere indicate nel progetto in molti casi non costituiscono più un illecito. Un esempio è la porta che è stata spostata in una posizione diversa rispetto al progetto iniziale.
Sono tollerati il «minore dimensionamento dell’edificio», la mancata realizzazione di «elementi architettonici non strutturali», le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, le irregolarità esecutive di muri esterni ed interni e «la difforme ubicazione delle aperture interne», gli errori progettuali corretti in cantiere e gli errori materiali «di rappresentazione progettuale delle opere».
Doppia conformità
Riguarda la dimostrazione all’amministrazione competente che l’intervento soggetto a sanatoria sia conforme alle normative urbanistico-edilizie sia al momento in cui sono stati eseguiti i lavori, sia quando presenta una richiesta di sanatoria.
Oggi, in caso di irregolarità si può ricorre a una sanatoria solo quando ci sia l’allineamento sia alla normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della realizzazione sia a quella in essere al momento della presentazione della richiesta.
Con il decreto la doppia conformità è stata eliminata, ma solo per le opere realizzate in parziale difformità rispetto ai titoli depositati in Comune, come la presenza di stanze in più o la realizzazione di verande. Non saranno, quindi, sanabili gli abusi totali.
Diventerà, invece, più facile regolarizzare le difformità parziali, con il pagamento di una sanzione commisurata all’aumento di valore degli immobili. Il prezzo può anche essere salato: la sanzione è in proporzione all’aumento di valore dell’immobile e può arrivare a 30.984 euro. Dovrebbe servire a regolarizzare le situazioni di difformità più pesante dai progetti depositati in Comune, come una stanza in più o una veranda chiusa, sempre che l’abuso sia stato compiuto prima del 24 maggio.
Non riguarda, però, i casi in cui ci sia totale mancanza di titoli edilizi: in quel caso gli abusi completi non saranno sanabili. La semplificazione riguarda solo la difformità parziale rispetto al titolo depositato in Comune.
Rimane, però, l’obbligo di osservare la disciplina urbanistica in vigore al momento della presentazione della domanda e a quella edilizia in atto quando è stato realizzato l’intervento. Per regolarizzarsi va presentata una Scia o aver richiesto un permesso di costruire in sanatoria, e saldata una sanzione compresa tra mille e i citati quasi 31 mila euro. La cifra si individua moltiplicando le sanzioni già previste in caso di sanatoria con doppia conformità.
Sarà lo sportello unico edilizia del Comune a condizionare la regolarizzazione a interventi considerati essenziali per garantire il rispetto di norme igieniche, di sicurezza, di efficientamento energetico o di rimozione delle barriere architettoniche. Infine, il decreto comprende anche semplificazioni sui cambi di destinazione d’uso senza opere, che però dovrebbe essere contestualizzato meglio in sede di conversione parlamentare del decreto.
Che cosa si può regolarizzare
Porte e muri
Le tolleranze esecutive allargate riguardano, per esempio, le aperture interne. Anche se si trovano in una posizione diversa rispetto a quanto dichiarato, questa è considerata legittima in automatico. Il principio vale anche per le pareti: è precisato che potranno avere una forma o uno spessore differente rispetto a quanto dichiarato al Comune. Ma va aggiunto che non in realtà una diversa disposizione dei tramezzi era già regolarizzabile con una Cila in sanatoria.
Verande
È una delle novità: la chiusura delle verande potrà rientrare nel nuovo accertamento di conformità ed essere sanabile a pagamento. Ma non sempre: la veranda chiusa deve essere compatibile con le regole urbanistiche del Comune, perché di fatto aumenta la cubatura dell’edificio. Inoltre, va confrontata con le norme del regolamento condominiale: un aspetto che il decreto, tanto per cambiare, ignora.
L’installazione delle vetrate, già liberalizzata dal governo Draghi, vale anche per i porticati. Ma le verande devono essere realizzate in modo da garantire un costante flusso di arieggiamento e non devono chiudere stabilmente spazi esterni, creando una variazione di volumi e superfici. Insomma, non si può aggiungere una stanza dove c’era un balcone o un porticato.
Le tende da sole ancorate a elementi fissi dell’edificio rientreranno, invece, in automatico nel perimetro dell’edilizia libera. Anche in questo caso è da verificare la compatibilità con i regolamenti del condominio.
Locali interni
La diversa dimensione deve rientrare nelle nuove percentuali di tolleranza (dal 2% al 4% secondo la metratura dell’appartamento). Insomma, se anche non sono quelle ufficialmente dichiarate possono ottenere il via libera, sempre che nuova cubatura sia compatibile con le regole urbanistiche dei Comuni. Nella sanatoria a pagamento rientreranno anche i soppalchi, purché rispettino le nuove regole sulla conformità.
I costi
Sanare le difformità non è gratis: il rilascio del permesso e della Scia in sanatoria sono legati a una sanzione, pari al doppio dell’aumento del valore dell’immobile in seguito alla realizzazione dei lavori. In ogni caso, anche per una piccola difformità la multa minima sarà di 1.032 euro, che può salire fino a 30.984 euro.
Un terzo delle somme recuperate va ai Comuni e dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) servire per la demolizione di opere abusive, la realizzazione di interventi di rigenerazione urbana, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi e per iniziative sociali, culturali o di recupero ambientale.
I tempi
Dal momento della richiesta il proprietario dell’immobile da regolarizzare può attendersi uno stand-by di 45 giorni al massimo. Dopo questo termine la richiesta è accolta in automatico.