Dec, dopo 20 anni il cammino non si ferma

Il consorzio Dec prepara tante novità: più formazione, legame tra sede centrale e soci più forte e tangibile, e riduzione della fatturazione centralizzata, in favore di altre tecniche di gestione degli accordi commerciali.

Dec, una crescita durata 20 anni, passata da 17 soci a 219. Un incremento che non lascia certo indifferenti. Non male per un gruppo della distribuzione edile che si presenta alla data del compleanno come un unicum nel panorama di gruppi e consorzi.

Lo conferma a YouTrade Enrico Adinolfi, direttore generale del gruppo che vanta 270 punti vendita, oltre 300 fornitori ed è presente in 17 regioni italiane.

Con quali presupposti è nato il gruppo Dec?

Il gruppo è nato con lo scopo esplicito di fungere da struttura di supporto per i propri consorziati, al fine di rendere più agevole il loro lavoro quotidiano in rivendita. Fin dall’inizio abbiamo voluto fornire ai consorziati Dec contatti e contratti con molti fornitori, prezzi, premi, informazioni, e tutela nelle varie situazioni di mercato.

Qual era in quegli anni la situazione dell’edilizia?

Il Dec nasce agli inizi del 2004. L’edilizia di quegli anni era tradizionale: l’esplosione dei sistemi costruttivi a secco e dell’isolamento a cappotto era ancora di là da venire, e ancora non si parlava di efficientamento energetico. Il mercato immobiliare era vivace, con un’ importante crescita ininterrotta nel periodo 2000-2006.

All’aumento delle compravendite si affiancava quello dei gruppi esistenti, e la nascita di nuovi gruppi, tra cui il consorzio Dec.

Unire le forze è stata anche una reazione rispetto alla crescita di altre realtà della distribuzione?

In parte è stato anche questo: Dec nasce in Emilia, dove erano già operativi alcuni gruppi. Ma, in realtà, la ragione principale della nascita del Consorzio fu la convinzione che dall’unione sinergica di un buon numero di rivenditori sarebbero sortiti risultati importanti.

Quali sono state le tappe fondamentali in questi 20 anni?

La prima tappa importante è stata la nascita stessa del Consorzio, i cui soci iniziali, con un’unica eccezione, non avevano mai fatto parte di altre aggregazioni, per cui mancava l’abitudine al lavoro di squadra.

La seconda tappa è stata la scelta di operare con un montepremi unico e con il metodo dei Pesi. La terza tappa, dopo qualche anno, la decisione di uscire dai confini prima della provincia di Reggio Emilia e poi dell’Emilia-Romagna, per diventare gradualmente un gruppo a carattere nazionale.

Ancora: la quarta è stata la scelta, sempre mantenuta, di ispirarsi a principi di sobrietà e di essenzialità nella conduzione nel Consorzio e nella gestione delle spese e degli investimenti, mentre la quinta la continua evoluzione della metodologia contrattuale, finalizzata anche a gestire una quantità importante di rapporti commerciali con i fornitori.

Infine, la sesta tappa, forse quella davvero fondamentale, è la perseveranza: la capacità di lavorare sodo e non mollare mai, che ha caratterizzato tutto il percorso dei 20 anni di Dec.

Che cos’è il metodo dei pesi che avete adottato?

Il metodo dei pesi è di fatto sia la tecnica di suddivisione del montepremi unico (il Dec non suddivide i premi per singoli accordi, ma li accumula in un unico montepremi) sia una vera e propria valutazione di tutti i fornitori (in base a gamma, qualità, servizio, prezzi, premi, grado di collaborazione, feedback da parte dei soci, marchio del fornitore, durata dell’accordo commerciale, puntualità nel pagamento dei premi e nell’invio dei dati di fatturato, e molto altro ancora), che diventa di fatto uno strumento per incentivare l’acquisto da parte dei consorziati. Sottolineo il verbo incentivare, in quanto Dec funziona per incentivi, non per obblighi.

È ancora valido il modello Conad?

Il modello Conad è sempre quello, non è mai cambiato, ma fino a oggi nessun Consorzio si è anche solo avvicinato a realizzarlo. Il modello Conad presuppone infatti la massima adesione del singolo socio a un set di regole qualitative e quantitative, e i rivenditori edili continuano invece a caratterizzarsi per lo spiccato individualismo.

Forse il brodo è da sempre troppo grasso, forse gli imprenditori di successo quali i rivenditori edili faticano a cambiare i propri comportamenti a fronte degli eccellenti risultati conseguiti. Di fatto il modello è quello, ma il percorso è ancora lungo.

Come festeggiate il secondo decennio di vita?

Aldilà della festa che si è appena svolta, un anniversario è un’occasione per compiacersi del lavoro svolto e dei risultati ottenuti. Dal giorno dopo si ritorna a lavorare, il compimento del secondo decennio lo festeggiamo lavorando.

Qual è il filo che lega la crescita del gruppo?

Credo che sia il mix che comprende una struttura snella, ma efficace, il metodo dei pesi, la capacità di fornire risposte e risolvere i problemi, il buon ritorno economico fornito ai soci, e anche, almeno da parte di molti soci, il forte senso di appartenenza e di attaccamento al proprio Consorzio.

Qual è oggi l’identikit di Dec?

Per rispondere a questa domanda vorrei fare una riflessione sul concetto di gruppo, che è un termine a mio avviso largamente abusato. La parola “gruppo”, per me, presuppone l’acquisto coeso, la capacità di fare scelte e tagli, un comportamento strategico simile a quello dei multipoint.

Senza l’acquisto coeso di fatto una aggregazione è precisamente una struttura di supporto per il singolo rivenditore edile, che rimane quindi interamente responsabile del proprio destino.

E se sei una struttura di supporto anziché un’aggregazione che adotta comportamenti simili alle strutture multipoint proprietarie, anche scelte quali lo sviluppo dei prodotti a marchio proprio o la difesa dei propri confini dalle altrui acquisizioni diventano opinabili, e meritevoli di una seria riflessione.

Da queste argomentazioni consegue l’attuale identikit del Consorzio: Dec è una struttura di supporto per il lavoro del rivenditore edile, capace di servire sia il socio piccolo che quello più strutturato, con servizi importanti ed essenziali, e costi molto contenuti. E con la voglia di continuare a crescere e diventare anche qualcos’altro.

Qual è il punto di forza?

La concretezza, l’essenzialità e la capacità di cambiare le proprie modalità operative senza tradire la matrice originaria emiliana, che bada molto al sodo. Non vendiamo sogni, ma risultati tangibili.

Com’è organizzato il gruppo al suo interno?

La forma è quella della cooperativa, per cui l’assemblea è l’organo sovrano, che demanda le proprie funzioni operative a un consiglio di amministrazione eletto dai consorziati, e a un direttore generale, che coordina assieme al cda il lavoro della sede centrale e dei funzionari esterni.

Quanti sono i soci?

Oggi i soci sono 219, per un totale di oltre 270 punti vendita.

Come si fa a gestire tanti soci diversi?

La risposta è molto semplice: propensione al dialogo e lavoro sodo. Non ci sono trucchi e magie, le aggregazioni numerose esistono se si è in grado di rispondere a ciascuna richiesta proveniente dai soci. Fino a oggi ci siamo riusciti.

Come sono calcolati costi e premi?

I costi sono quelli derivanti dai dipendenti, più le spese di gestione. Il monte ristorni, cioè l’importo complessivo destinato ai soci, è pari al montepremi meno le spese totali, a fronte della natura cooperativa che impone la distribuzione di tutti gli introiti al netto delle spese (e dell’eventuale accantonamento nel fondo di svalutazione).

Il premio che spetta al singolo è la cifra derivante dalla moltiplicazione della sua percentuale di acquisto negli accordi Dec, corretta in base ai pesi, per il monte ristorni complessivo.

Oggi qual è la sfida maggiore?

Credo che la sfida maggiore sia quella di sempre: cercare di portare una sommatoria di singoli imprenditori sicuramente capaci e di successo a ricercare il comportamento strategico e l’acquisto coeso, a fronte di mutamenti degli attori e delle condizioni di mercato velocissimi. In due parole: cementare lo spirito di gruppo per operare al meglio in un mondo che cambia in fretta.

Il processo di concentrazione tra i distributori è destinato ad andare avanti?

Non ho dubbi in merito. L’incertezza riguarda le prospettive future e stimola sempre il processo aggregativo. Registriamo, inoltre, una crescente voglia di aggregazione anche nel Centrosud, a fronte di un Nord già caratterizzato da numerosi gruppi. Tuttavia, più che di processo di concentrazione parlerei di un processo di aggregazione.

La concentrazione presupporrebbe l’emergere di pochissimi grandi gruppi, capaci di incidere fortemente sul mercato. La tendenza, invece, sembra essere quella molto italiana di una distribuzione caratterizzata da un gran numero di aggregazioni, a scapito forse della effettiva possibilità delle aggregazioni stesse di incidere sul mercato.

Dove sta andando l’edilizia?

Se la domanda significa dove sta andando il settore edile in Italia, credo che le variabili esogene (contingenza economica e previsioni riguardanti il futuro, situazione politica, situazione demografica, cambiamento climatico e possibili fenomeni migratori di massa, eccetera) siano tali da rendere opinabile e azzardata qualsiasi previsione.

Se la domanda è,
invece, rivolta al settore della distribuzione edile, vediamo una possibile crisi del ceto medio, nel senso che a nostro avviso il mercato nei prossimi anni o lustri sarà caratterizzato dalla presenza sia di importanti catene proprietarie italiane e straniere sia di aggregazioni capaci di supportare le rivendite medio-piccole, soprattutto se queste ultime sapranno gestire il passaggio da strutture di supporto a gruppo effettivo.

Le rivendite grandi e medio-grandi saranno forse troppo piccole per reggere il passo con le catene proprietarie e troppo costose per reggere il passo da sole.

Il 2023 è stato un anno positivo anche per Dec?

Sicuramente sì. A fronte di un anno irripetibile come il 2022, il 2023 è stato il secondo anno più positivo nella storia dei nostri 20 anni.

Quali sono i settori che vanno meglio oggi?

Finita l’epoca del superbonus, non crediamo che finirà la tendenza all’utilizzo del rivestimento a cappotto, ormai entrato nel dna degli italiani, e crediamo che continuerà l’espansione dei sistemi a secco, così come la tendenza all’efficientamento energetico.

Questi sono e saranno i settori guida dei prossimi anni, subordinatamente agli effettivi sviluppi del surriscaldamento climatico e alle conseguenti possibili modifiche delle tecniche costruttive che ne potrebbero derivare.

Ci sono aree del Paese in cui l’edilizia sta meglio?

Domanda interpretabile in molti modi. L’edilizia sta meglio dove il parco abitativo è ottimale e c’è poco da costruire, o sta meglio dove il parco abitativo è vecchio e fatiscente e c’è molto da costruire? In ogni caso, la situazione dell’edilizia in Italia è caratterizzata da un’età media degli edifici abbastanza importante e da uno scarso efficientamento energetico degli stessi.

Per cui il Paese sta molto bene o molto male a seconda del punto di vista adottato. Di fatto, c’è molto da costruire e molto da efficientare.

Il tutto, però, subordinato ad almeno tre variabili: a) situazione demografica (il Paese è vecchio: si svuoterà o verrà riempito da un forte processo di immigrazione?); b) stato della liquidità (quanti soldi avranno in tasca gli italiani?); c) normative europee e modalità di finanziamento delle stesse (verranno effettivamente mantenute le linee guida annunciate, e chi ci metterà i soldi?).

Nel 2024 qual è il trend?

Con l’esaurimento della spinta data dal superbonus, il trend sarà quello di decrescita rispetto al 2023. Quanta decrescita dipende, per quanto concerne il settore delle rivendite, da quanta sarà la spinta effettiva data dal Pnrr, e da quanto tale spinta sarà effettivamente intercettata dal settore delle rivendite.

Ulteriore variabile sarà, inutile dirlo, l’evoluzione dell’inflazione e dei tassi, che determinerà l’evoluzione effettiva delle nuove costruzioni e delle compravendite immobiliari. Se il calo dell’inflazione e dei tassi dovesse essere lento e graduale, il 2024 risulterebbe a maggior ragione mediocre.

Quali sono le strategie più efficaci per un Consorzio

Se l’obiettivo principale non è quello dell’autoconservazione della struttura centrale, ma del benessere dei consorziati, credo che le strategie più importanti siano quelle che vanno nella direzione del passaggio da mera struttura di supporto a effettivo Gruppo.

Avete in programma iniziative?

Daremo particolare spazio e importanza alla formazione, sia nella sua accezione specifica relativa a materiali e fornitori sia in quella più allargata a tematiche di interesse più vasto.

Renderemo più forte e tangibile il legame tra sede centrale e soci, mediante l’inserimento di ulteriori figure di funzionari esterni, che facciano da veri e proprio collanti e organi di trasmissione tra Dec e i propri consorziati.

Infine, andremo sicuramente a ridurre in modo importante la fatturazione centralizzata, in favore di altre tecniche di gestione degli accordi commerciali.

di Paolo Caliari

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