Se il superbonus condiziona, indirettamente, il mercato immobiliare residenziale, che cosa succede con quello commerciale? Una domanda a cui tenta di rispondere Scenari Immobiliari, il centro studi focalizzato sul business del real estate. La prospettiva, presentata a Milano in un focus, abbraccia però l’intero mercato europeo. Il settore, in generale, secondo Scenari Immobiliari resta interessante per gli investitori. Nel corso della prima metà del 2022 gli investimenti immobiliari sono aumentati rispetto allo stesso periodo del 2021 (circa 20 miliardi di euro e un incremento del 70% circa), per poi subire un rallentamento a causa degli elevati livelli di inflazione, dell’incremento dei tassi di finanziamento, e dell’aumento dei livelli di incertezza economica, dell’incremento dei costi dell’energia e del perdurare del conflitto russo-ucraino, compensato, però, da importanti transazioni concluse a fine anno che hanno portato i volumi totali a superare i livelli del 2021: 40 miliardi di euro di investimenti complessivi, per un incremento di circa il 20%.
Le previsioni per il 2023, però, risultano incerte e correlate alla sostenibilità economica dei canoni di locazione e alla loro capacità di incidere sui rendimenti. Francia, Germania e Regno Unito continuano a rappresentare i mercati più attrattivi per i capitali destinati agli immobili commerciali, con investimenti che nel 2022 hanno raggiunto rispettivamente 6, 8,25 e 8,1 miliardi, mentre in Italia si è registrata una contrazione, con un valore totale pari a poco meno di 1 miliardo di euro. Il Rapporto 2023 sul mercato immobiliare commerciale, insomma, non riserva la stessa prospettiva ipotizzata di quello residenziale.
«I consumatori, in Italia, in Europa, nel mondo, sono tornati nei negozi e, nello stesso tempo, le loro abitudini di acquisto online sono diventate continuative e definite. I luoghi del commercio, i negozi, le grandi superfici, stanno cambiando forma e rapporto con lo spazio pubblico. Gli investimenti immobiliari nel settore sono in crescita e, nello stesso tempo, gli investitori istituzionali sono diventati maggiormente speculativi», commenta Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari. «Una bipartizione di possibilità, interessi, costumi, sicuramente semplificativa della realtà ma molto descrittiva dell’attuale società. Una identificazione, anche generazionale, di mercato, di posizionamento, di possibilità, che porta a vivere in un mondo a due velocità, come spesso accade in periodi d’insicurezza. I servizi entrano prepotentemente nelle strade di vicinato e negli shopping mall sotto forma di oggetti immobiliari dedicati alla cura, all’intrattenimento, allo sport e alla cultura. I negozi, nella loro accezione tradizionale e alternativa sono inseriti di diritto nei processi di rigenerazione urbana che coinvolgono i luoghi della vita e del tempo libero, adatti a ogni tipo di domanda, sia attraverso interventi sul confine tra esterno e interno nel tessuto denso delle città, sia attraverso percorsi di riattivazione delle attività economiche negli ambiti rarefatti delle periferie, sia nella parziale o totale rimodulazione concettuale delle grandi superfici di vendita».
Le quotazioni, nel corso del 2022, in ogni caso, sembrano avere invertito l’andamento negativo fatto registrare nel corso del biennio 2020-2021. I valori di vendita e i canoni di locazione hanno mostrato, nei principali Paesi dell’Unione Europea, un incremento medio prossimo all’1% che, si prevede, possa essere seguito da un ulteriore rialzo, superiore al 4%, durante l’anno in corso. Crescita che è riconducibile, in prevalenza, al recupero dei livelli pre-pandemici da parte dei passaggi all’interno degli shopping center, del rapido riavvicinamento, nonché in alcuni casi del superamento, del numero di arrivi turistici registrati nel corso del 2019 nelle principali città del continente nonché del processo di riequilibrio tra acquisti online e acquisti presso i punti vendita fisici.
In Italia, lo stato di incertezza, con le sue dinamiche evolutive che hanno interessato e caratterizzato i diversi periodi dell’anno appena trascorso, ha influenzato direttamente e indirettamente il settore retail, soprattutto quegli asset immobiliari (retail park) situati al di fuori dei principali centri urbani. L’andamento degli investimenti registrato nella prima metà dell’anno, superiore ai 550 milioni di euro, ha sostenuto la crescita del settore compensando il successivo calo registrato nel corso dei due trimestri conclusivi che ha portato gli investimenti a superare, seppur di poco i 400 milioni. Il volume totale degli investimenti retail fatto registrare nel corso del 2022, pari a poco meno di 1 miliardo di euro (980 milioni), risulta inferiore di quasi il 26% rispetto a quanto fatto registrare nel corso del 2021 e di quasi il 50% rispetto al 2019. La Lombardia concentra più del 25% del totale degli investimenti a livello nazionale, circa 270 milioni di euro, seguita da Veneto ed Emilia Romagna, rispettivamente con quasi il 15% (134 milioni) e il 10% (84 milioni).
Nel corso del 2022 il mercato italiano degli immobili a uso commerciale ha fatto registrare un fatturato complessivo di quasi 6,5 miliardi di euro, derivante da attività di vendita e di locazione di spazi per il retail, in calo di 3,7 punti percentuali rispetto alla quota raggiunta nel 2021. L’attenzione degli investitori istituzionali si è andata a concentrare sulle high street di Milano (via Montenapoleone), Venezia (calle San Moisè) e Roma (via del Corso), positivamente condizionate dal ritorno dei flussi turistici internazionali ai livelli pre-pandemici.
Se si concentra l’attenzione sulle Grandi Superfici Commerciali, gli investitori hanno focalizzato la loro attenzione verso occasioni di natura opportunistica e value-add, che hanno riguardato asset immobiliari quali centri commerciali secondari in una serie di territori situati prevalentemente nel nord della Penisola (province di Brescia, Modena, Padova, Reggio Emilia e Varese) e all’interno dei vasti confini amministrativi della città di L’Aquila.
Gli asset posizionati nelle strade considerate maggiormente attrattive delle città hanno negli ultimi anni aumentato, in maniera più che proporzionale, il loro appeal, interessando fruitori ben oltre i confini comunali, arrivando ad intercettare consumatori provenienti anche dall’estero. Le secondary street attraggono, invece, un bacino di utenza prettamente locale e di massa.
Per l’edizione 2023 del Rapporto sul mercato del commercio sono stati rilevati circa 28 chilometri di high street e 42 chilometri di secondary street. Rispetto al 2021 è stato aggiunto il rilievo e analisi di Napoli, con la scelta di strade del lusso e strade secondarie ed è stata introdotta una nuova categoria, i centri turistici attrattivi, con Forte dei Marmi e Capri.
Il confronto con il biennio precedente ha permesso di osservare un consolidamento delle presenze dei marchi, dell’occupazione degli spazi e una sostituzione di parte dell’abbigliamento e servizi con luoghi per la ristorazione.