Nel panorama dei protocolli internazionali che misurano la sostenibilità dell’ambiente costruito, Living Building Challenge (LBC) si pone come il più ambizioso, in grado di consentire all’industria delle costruzioni di fare quel salto “quantico” necessario per rallentare in maniera consistente la progressione della crisi ambientale planetaria.
La robustezza di quella che è in primo luogo una filosofia, poi uno strumento di sostegno alla causa ambientale e infine una certificazione di terza parte, si fonda su due capisaldi.
Da una parte un approccio davvero olistico, basato su principi fondamentali condivisi, e lontano dalla logica delle “check list”, che punta a realizzare un edificio pienamente rigenerativo sotto il profilo architettonico e ingegneristico, senza soluzioni al ribasso (la crisi climatica ci impone di essere decisamente efficaci).
Dall’altra la serietà di un protocollo – praticamente l’unico al mondo – che basa la certificazione finale su dati reali delle principali prestazioni ambientali, monitorati nell’arco di un periodo di occupazione di almeno dodici mesi.
Seguendo la cosiddetta “metafora del fiore”, LBC immagina un edificio che funziona in modo armonioso ed efficiente come un fiore. Un fiore (o un albero) vive al meglio nel luogo in cui è radicato, utilizzando l’energia dal sole, l’acqua dalla pioggia, riciclando i propri residui, perfettamente integrato con l’ecosistema che lo circonda.
Siamo in grado di realizzare un edificio che funzioni in modo simile, così da avere un bilancio ambientale almeno nullo o addirittura positivo (ad esempio producendo più energia di quella che consuma)? Da qui la strutturazione del protocollo secondo sette “Petali” (sostanzialmente, delle aree tematiche) a loro volta suddivisi in venti imperativi.
Il primo di questi, il Petalo “Place” (luogo) richiede ai progettisti di concentrare la propria attenzione sulla necessità e opportunità di andare oltre l’ambito dell’edificio, agendo sulle relazioni tra questo e il contesto che lo circonda. L’intento è quello di riallineare il modo in cui le persone comprendono e si relazionano con l’ambiente naturale che ci sostiene. Il petalo articola chiaramente dove è accettabile costruire, come proteggere e risanare il luogo interessato dallo sviluppo edilizio e come incoraggiare la creazione di comunità basate sulla mobilità pedonale piuttosto che sull’automobile.
Il petalo Place è suddiviso pertanto in quattro imperativi:
1. Ecology of place (l’ecologia del luogo). L’intento di questo Imperativo è proteggere i luoghi ambientalmente significativi, incoraggiando la rigenerazione ecologica e potenziando la funzione delle comunità e dei luoghi dove gli edifici vengono realizzati. In particolare i progetti non possono essere realizzati su aree vergini, o sensibili dal punto di vista idrologico. Ai progettisti viene richiesto di fare un’analisi dell’area secondo lo schema Five-Star Method della Society for Ecological Restoration (SER), e di realizzare un piano di intervento per migliorare il sito. L’avanzamento di questo piano verrà controllato a un anno di distanza dall’inizio dell’occupazione dell’edificio, nell’ambito dell’audit previsto per la certificazione. Inoltre non possono essere impiegati fertilizzanti o pesticidi di origine petrolchimica.
2. Urban agriculture (agricoltura urbana). L’intento di questo imperativo è quello di integrare opportunità per collegare la comunità al cibo fresco prodotto localmente. Tutti i progetti devono dedicare una parte della loro area totale alla coltivazione di cibo, oppure una porzione più piccola ma combinata con un accesso settimanalea cibo locale sano che risponda a un’esigenza della comunità (mercato dei contadini, ad esempio).
3. Habitat exchange (scambio di habitat). L’intento di questo imperativo è proteggere, dato che il consumo di suolo sta diventando sempre più insostenibile. Tutti i progetti devono garantire la protezione permanente, tramite un programma riconosciuto dalla Land Trust Alliance, di una superficie di terreno di dimensione corrispondente all’area del progetto (con un minimo di 0,4 ettari) e lontana dal sito del progetto.
4. Human scaled living (vivere a misura d’uomo). L’intento di questo imperativo è quello di contribuire alla creazione di comunità pedonabili che riducano l’uso di veicoli a combustibili fossili. Tutti i progetti devono mantenere o aumentare la densità del sito – in modo da ottimizzare i servizi e ridurre gli spostamenti – e sostenere uno stile di vita improntato alla mobilità sostenibile e a scala umana. È richiesto inoltre di minimizzare la superficie impermeabile dei parcheggi.
di Carlo Battisti da YouTrade n. 133
Laurea in Ingegneria Civile al Politecnico di Milano ed esperienza di circa vent’anni in imprese di costruzioni. Master di secondo livello in Gestione aziendale e sviluppo organizzativo presso Mip, Business School del Politecnico di Milano. Professionista accreditato Leed e Well, Project manager certificato Ipma. Professionista accreditato Living Future, Reset e Gbc Italia. Usgbc Faculty e Well Faculty. Dal 2019 è presidente di Living Future Europe. www.living-future.eu